17 dicembre 2012

Millonarios campioni di Colombia




I Millonarios dopo 24 anni tornano campioni della Colombia, hanno battuto nella notte, in finale, il Medellin. Avevo presentato la sfida su Extra Time della Gazzetta:

Rinascita, è la parola giusta per il futbol colombiano. La Nazionale cafetera acquisisce appeal giorno dopo giorno, con Radamel Falcao che viene celebrato miglior attaccante del pianeta, James Rodriguez talento dal potenziale immenso, più una pattuglia di giocatori dal presente e dal futuro interessante.
Ma “Rinascita” è termine perfetto anche per fotografare il campionato colombiano. A giocarselo nelle due finali di domani e domenica ci saranno il Deportivo Independiente Medellin (DIM) e i Millonarios. A dirigere il Medellin c'è Hernán Darío Gómez, detto il “Bolillo”, il manganello, per la sua rigidità nei rapporti interpersonali. Gómez è una gloria del futbol nazionale: era l'uomo di campo che tramutava in realtà la filosofia di futbol del Pacho Maturana, di cui è stato assistente per anni, prima al Nacional, poi in Nazionale. Testa calcistica sottilissima, uomo genuino e un po' di grana grossa al Bolillo era stata affidata la guida di una Selezione di cui già si intuivano gli amplissimi orizzonti. Nell'ultima Copa America, giocata in Argentina, aveva iniziato a mostrare una modernizzazione di quel calcio cerebrale che anche Arrigo Sacchi aveva in più di una occasione elogiato. La squadra stava prendendo forma, nell'attesa di una maturazione definitiva degli elementi di grande talento. Nella notte del 6 agosto del 2001, il Bolillo entra barcollante nel pub “El Bembe” di Bogotá, la donna che lo accompagna, che non è sua moglie, da lì a poco sarà oggetto di un violento attacco di Gómez. Nasce una violenta campagna di stampa e opinione per opera di alcune associazioni di difesa delle donne. Il Bolillo è costretto alle dimissioni ed esposto al pubblico ludibrio: altro che allenare, manco può uscire di casa. Solo un club gli regala una chance, quel Medellin in cui è sì nato calcisticamente ma che nella vita ha più volte messo sotto da tecnico, con il Nacional, l'altra squadra della città dalla eterna primavera. La rete vittoria al 90' nell'ultima gara di playoff contro l'Itagüí guidato da Leonel Alvarez, già suo assistente nella Nazionale dell'ultima Copa America ma soprattutto polmone nel Nacional che vinse la Libertadores proprio col Bolillo in panchina da assistente di Maturana, ha ridato la vita, non solo calcistica, a Gómez. Che rinasce, come i Millonarios, la squadra che si troverà di fronte in finale e che dal 1988 non vince un titolo. Anzi: che ha promesso di restituire tutti quelli vinti quando a controllare il club c'era il “Mexicano”, Gonzalo Rodríguez Gacha, sodale di Pablo Escobar nel Cartello di Medellin. A guidare il Millos in panchina c'è Hernán Torres, ex portiere del Medellin, un tecnico a cui in pochi consegnavano chance di vittoria. Ora, la tifoseria più numerosa e appassionata del Paese, vuole il titolo. Capofila degli hincha proprio quel Radamel Falcao, simbolo della rinascita calcistica del Paese, che nella notte madrilena della sua cinquina contro il Deportivo è rimasto sveglio: non per l'emozione ma, come ha raccontato via twitter, per vedere la squadra del suo cuore, i Millonarios che si qualificavano per la finale.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Extra Time - La Gazzetta dello Sport

10 dicembre 2012

Liga. Real Madrid rimonta e vince a Valladolid

Vince 3-2 (doppietta di Ozil) a Valladolid il Real Madrid di José Mourinho, gioca un discreto calcio, soprattutto ci mette convinzione e voglia. Ma dietro manca ancora la concentrazione giusta e, nonostante un dominio piuttosto netto, gli uomini dello Special One devono sudarseli tutti questi tre punti che li pongono a meno otto dal Barcellona, in attesa della partita dei catalani col Betis a Siviglia.



Mourinho sceglie di partire con Callejon, esterno alto, e il canterano Nacho, terzino sinistro, nel suo abituale 4-2-3-1. Prova a comandare da subito il gioco, ma va immediatamente sotto. Al primo corner del Valladolid, marcatura superficiale in area, Casillas per niente reattivo e dopo un pasticcio nel mucchio, mette dentro l’angolano Manucho. Non sono passati nemmeno sette minuti. Il regalo viene restituito pochi minuti più tardi dal Pucela: errore in uscita di palla di Balenziaga, intercetta Callejon che mette in mezzo dove Benzema a porta sguarnita non può sbagliare. Il Madrid prende campo, ma lascia l’ennesimo gol su errore difensivo. Terzo corner del Valladolid, ennesima dormita di Casillas con Sergio Ramos che perde il duello con Manucho, che mette dentro il gol del 2-1 al 22’. Il ragazzo che aveva impressionato Sir Alex Ferguson in una coppa d’Africa, tanto da portarselo immediatamente a Manchester (dove però mai si integrò), dimostra di avere i numeri per giocare a buon livello nella Liga. Zona chiave la fascia destra del Valladolid, con Rukavina e Ebert, ma alla mezz’ora i padroni di casa perdono il tedesco per infortunio, si abbassano troppo e subiscono la pressione del Madrid. I Viola-bianco difendono con elevata densità, giocando parecchio per l’intercetto sulle linee di passaggio dei rivali, inoltre l’dea del tecnico Djukic è che i tre alle spalle di Manucho levino spazio a Xabi Alonso in costruzione. La squadra di Mourinho insiste molto nella zona centrale e poco, pochissimo sugli esterni: Il Valladolid inibisce la ricerca dei giocatori che trovano la profondità esterna davanti e lasciano l’appoggio semplice alla poca qualità che i terzini del Madrid possono offrire. Però proprio una delle tante giocate centrali, regala al Madrid il pareggio. Favolosa combinazione tra Ozil e Benzema: azione individuale del tedesco che va a a cercare la in area con l’ex Lione.  Benzema restituisce di tacco il dai e vai, e Ozil insacca. Golazo pochi attimi prima del fischio che manda le squadre al riposo. Mourinho deve allargare lo spazio di gioco e dal primo minuto del secondo tempo inserisce subito Di Maria, spostando Callejon a terzino, e finalmente sfida il freddo di Valladolid e si alza dalla panchina. Dopo alcuni minuti di predominio Blancos, la partita diventa un susseguirsi di transizioni, anche se il Madrid è molto più pericoloso: clamorosa la rete annullata a Sergio Ramos, per fuorigioco inesistente, al 64’. Gli uomini di Mourinho non si arrendono, e la pressione monta, esce Arbeloa, dentro Modric e Xabi Alonso scala a difensore centrale con Sergio Ramos a destra. Meritato il vantaggio al 72’, favolosa pennellata mancina, ancora di Ozil, su punizione da destra. I madridisti sfiorano in più occasioni il poker (più di una occasione per Cristiano), Varane sostituisce Benzema e riequilibra il sistema di gioco di Mourinho. Finale senza preoccupazioni.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it

06 dicembre 2012

NextGen. L'Inter batte il Rosenborg e si qualifica




Lancio lungo da destra, Thomas Pedrabissi, talento classe 1995, mette il corpo in modo da controllare la palla e immediatamente direzionarla: la sfera muore sul sinistro dell'attaccante, che poi di destro trova il palo lungo. Imparabile. Questo gioiello è incastonato nella rimonta dell'Inter sul Rosenborg: norvegesi alla fine battuti 3-1 e qualificazioni dell'Inter Primavera per il prossimo turno di Next Generation Series, la competizione ormai nota come Champions dei giovani. Il tecnico, Daniele Bernazzani,  aveva già da qualche minuto invitato “Tommy” ad adeguare la sua posizione sul lato debole, quando la palla correva lungo la fascia opposta: “stringi Pedra!” E' il 70' di una partita molto fisica, la giocata di Pedrabissi regala ai nerazzurri il 2-1.  L'Inter è andata sotto al 24', corner da sinistra, Dalle Vedove sbaglia il tempo dell'uscita ma viene palesemente caricato prima che Blakstad metta dentro. Il pareggio giungeva grazie a una giocata individuale di Bocar che pescava Forte davanti alla porta: lo Squalo, come lo chiamano a Interello, aveva messo dentro. Il 4-2-3-1 dell'Inter non ha sbocchi centrali, mancando di sponde efficaci, le situazioni nascono solo sugli esterni, specie a destra dove capitan Bandini è bravo a proporsi con i tempi giusti a supporto dell'attaccante di destra Belloni. Quando però Duncan entra in partita, centralmente l'Inter sale di colpi, e si sviluppano transizioni interessante, trascinate dal ghanese, anche oggi migliore in campo. L'ultima porzione di partita, Bernazzani la gioca con il 4-4-2, e l'Inter aumenta i ritmi di gioco e ha il controllo totale della gara; solo l'imprecisione sotto porta mantiene in bilico il risultato. L'ennesimo corner, a cinque minuti dalla fine, chiude la gara: ancora Forte, in mischia. Soddisfatto a fine gara Bernazzani: “ Abbiamo giocato una buona gara, non era facile rimontare. La scelta di Pedrabissi? Thomas sta facendo bene da un po' (In gol anche in Coppa Italia, ndr), e l'ho visto in forma per potermi anche fare la fascia, poi lui i colpi ce li ha...” Tra il pubblico, il direttore sportivo del Napoli, Riccardo Bigon: oltre a diversi giovani dell'Inter, avrà ammirato il centrocampista del Rosenborg Sakor, un '96 dall'ottimo fisico che gioca davanti alla difesa.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta dello Sport - Milano e Lombardia

INTER-ROSENBORG 3-1
Marcatori: 24' Blakstad, 37' Forte, 70' Pedrabissi, 85' Forte

INTER (4-2-3-1): Dalle Vedove; Bandini, Zaro, Mbaye, Ferrara; Duncan, Olsen; Belloni, Bocar (90' Colombi), Pedrabissi (77' Terrani); Forte. Allenatore: Daniele Bernazzani


ROSENBORG (4-3-3): Storevik; Kvande, Bjornstad, Togstad, Lundal (83' Haarberg); Strand, Sakor, Blakstad; Oien, Sorloth (77' Iqbalzadeh), Bjornholm. Allenatore: Stale Stenssas

03 dicembre 2012

Premier: Chelsea e City rallentano

Cade contro il West Ham (3-1, rimontato) il nuovo Chelsea di Rafa Benitez, che gioca un secondo tempo senza attenzione nel primo derby della 14ª giornata di Premier League: continuano le polemiche attorno al coach spagnolo. I Blues avevano iniziato però bene la gara. Rafa cambia il modulo e, dopo l’esperienza con Romeu davanti alla difesa e due intermedi, scegli di tornare al 4-2-3-1, col doble pivote formato da Mikel e Ramires, come ai tempi di Di Matteo (sempre invocato dai tifosi del Chelsea). Approccio molto buono dei Blues che spingono bene coi terzini, specie Azpilicueta a destra. Frequenti le ricezioni semplici dei tre dietro Torres, molto ispirato all’inizio, poi lentamente sparito. E proprio dal Niño nasce il vantaggio, taglio in profondità ben pescato da Moses, ricerca del fondo e poi palla dietro: le coperture del West Ham sono disastrose, e Mata mette facilmente dentro, al 13’: per l’ex Valencia è l’ottavo gol della stagione (più undici assist, niente male). Allardyce che è senza Andy Carroll (un mese out), propone l’ex Carlton Cole davanti: il senegalese Diamé parte stranamente dalla panchina. Il primo tempo è dominio Blues, ma rimane un solo gol di vantaggio. Allardyce cambia tutto nella ripresa, dentro finalmente Diamé: si alza il ritmo, il pubblico entra in gioco e il risultato si riequilibria per una rete di Cole (62’), che forse commette fallo nello stacco su Ivanovic (male comunque la difesa Blues). La gara si apre e fioriscono palle gol un po’ ovunque (la più ghiotta è il palo di Mata su punizione, al 65’), ma sempre il senegalese del West Ham è decisivo: assist di Cole e rete di Diamé all’86’, chiude Maiga (errore di Ashley Cole), nel recupero.

Bloccato in casa il Manchester City da un ottimo Everton. Mancini dirotta in panchina Balotelli, Aguero e Javi Garcia: davanti Tevez con Dzeko, Barry-Yaya Toure davanti alla difesa. L’Everton di David Moyes organizza dei blitz di pressione ultra offensiva, per poi scivolare indietro e prendere bene l’attacco posizionale del City. Che fa molta fatica, anche a causa della pessima vena di Nasri e David Silva (salirà di colpi nella seconda parte). Proprio da un recupero alto di palla giunge, dopo un match piuttosto equilibrato, la rete del vantaggio dei Toffees, al 33’: la palla viene girata a sinistra dove crossa Baines, deviazione in area che allunga la traiettoria sul secondo palo dove Fellaini sovrasta Zabaleta: compie un miracolo Hart, ma il secondo tocco del belga è decisivo. Ottava rete della straordinaria stagione di Marouane Fellaini, uomo chiave della squadra sia nel gioco diretto dove è imbattibile di testa, sia nella gestione dell’attacco a terra, apparendo in diverse zone del campo. Unica macchia della partita dell’ex Standard, la trattenuta in area compiuta ai danni di Dzeko su traversone da corner: trasforma il rigore Tevez al 43’. Seconda parte con Mancini che si gioca la carta Aguero, qualche fiammata di Maicon, ma senza costrutto: pochissime comunque le conclusioni verso le due porte, anche se la riconquista veloce della palla da parte del City permetteva agli uomini di Mancini di condurre il ritmo della gara. Dieci minuti di Balotelli nel finale, non aggiunge molto al forcing del City, che produce solo qualche mischia.

CARLO PIZZIGONI 
Fonte: Gazzetta.it

26 novembre 2012

Real Madrid quasi fuori: va KO a Siviglia col Betis




Abdica il Madrid? Brutta sconfitta per il Real in quel di Siviglia. La squadra di José Mourinho perde 1-0 contro il Betis, giocando un brutto calcio, e rimane lontanissimo, a otto punti, dal Barcellona che domani va a sfidare il Levante a Valencia.
Il Real Madrid inizia la partita con un buon ritmo, e riesce a sviluppare una buona transizione, rendendosi pericoloso in un paio di occasioni.  A difesa schierata fa però enorme fatica a trovare appoggi interni nello sviluppo della manovra. I padroni di casa reduci dalla brutta sconfitta contro i cugini del Siviglia (5-1) sono attentissimi nelle coperture e lasciano solo l’ex Madrid Juan Carlos ad appoggiare l’unico attaccante Ruben Castro, che cerca ricezioni sempre lateralmente, spesso nella zona di Arbeloa. Proprio da una pressione offensiva sulla sinistra, a seguito di un fallo laterale, nasce il primo tiro in porta del Betis: Di Maria rinvia male la palla, che giunge tra i piedi di Beñat al limite dell’area, eluso Khedira il basco trova l’angolo basso alle spalle di Iker Casillas. 1-0 al 17’. Il vantaggio è una iniezione di fiducia per gli andalusi, che raddoppiano le forze difensivamente e pungono in qualche contropiede (Iker è spettacoloso al 22’ su Ruben Castro). Raramente pericoloso il Real, a cui viene pure annullato, giustamente (fuorigioco), un gol a Benzema, poco ispirato stasera. Il Madrid prova a rimanere tranquillo senza lasciarsi prendere dalla frenesia, ma il ritmo si abbassa troppo, davanti non si accende mai Ozil tra le linee (unica eccezione alla mezz’ora: Di Maria va vicino al pareggio). Proprio il giocatore di origine turca rimane negli spogliatoi insieme al connazionale Khedira, all’inizio del secondo tempo: dentro Kakà e Modric.
Mourinho è nervoso e cerca disperatamente una reazione d’orgoglio dai suoi, che iniziano la ripresa con, almeno, maggiore intensità. Vanno vicino al pareggio in più di una occasione, con Ronaldo (58’) e Kakà (gran tiro da fuori, perfetto anche qui Adrian al 61’), il Betis di Pepe Mel, è costretto ad abbassarsi ma non perde concentrazione e sa essere lucido nelle ripartenze, in cui sfiora il raddoppio in più di una situazione. L’assalto finale del Madrid produce qualche mischia pericolosa in cui Adrian dimostra sicurezza. Il Real sabato sera gioca il derby contro l’Atletico: una gara già da ultima spiaggia per il campionato di Mourinho, che a fine partita va sportivamente a congratularsi con gli avversari e con Pepe Mel. Per lui,  una bella rivincita dopo la sconfitta pesante col Siviglia. Ma i taccuini saranno tutti per José, ancora una volta.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it

23 novembre 2012

Derby Allievi. La vittoria dell'Inter arriva da lontano

Difficile incrociare l'allenatore della squadra sconfitta che esordisce parlando della “bella giornata di sport” e dell' “assoluto fair play” in campo. Filippo Inzaghi, sconfitto 1-0 nel derby contro l'Inter, non recrimina sui due pali colpiti, non si appella alla sfortuna: riconosce i meriti dell'avversario ed è proiettato sulla successiva partita. “Anch'io faccio i complimenti al Milan – ricambia Salvatore Cerrone, allenatore nerazzurro. E' una bella squadra e ci ha messo in difficoltà, specie all'inizio. poi abbiamo ritrovato la nostra identità di gioco, quella che ci ha permesso di fare tante vittoria, ma il cammino è solo all'inizio, siamo solo alla decima giornata. Oggi, ci tengo a dirlo, si sono affrontate a viso aperto due ottime squadre, entrambe volevano vincere e ci hanno provato fino alla fine.”
Bello anche che una partita del genere abbia avuto una straordinaria cornice di pubblico. Familiari, amici, gli immancabili procuratori sportivi, più o meno famosi, ma anche tanti tanti appassionati. Segnale che il calcio giovanile possiede un respiro diverso, un senso di coinvolgimento che non si ferma allo spirito di parte, un interesse condiviso che rapisce anche spettatori neutrali, che hanno accolto con piacere anche l'iniziativa del sito Gazzetta che proponeva il match in diretta. Ha vinto l'Inter dopo novanta minuti di combattimento, ma senza nessun intervento scorretto, e si è guadagnata la nona vittoria stagionale grazie a una grande giocata di Simone Golia: da un suo uno contro uno sull'esterno è nato il gol di Dylan Romney. L'Inter ha giocato il suo calcio migliore, nella seconda parte di gara. Tutta la squadra ha beneficiato dell'entrata in campo di Federico Bonazzoli, un centravanti del 1997 promosso ormai stabilmente tra gli Allievi del 1996. Alcuni veri appassionati di calcio giovanile sugli spalti hanno ricordato gli esordi di Federico nei Pulcini C nerazzurri, la primissima categoria del calcio di base. I suoi compagni erano allora quelli di oggi: Matteo Lomolino, terzino sinistro, e Andrea Palazzi, centrocampista, due tra i migliore in campo anche nel derby. Dai pulcini C agli Allievi Nazionali e, pronosticano tutti, alla Primavera, poi chissà... Necessità economica o convinto e repentino cambiamento di rotta, è una politica che molte altre società stanno mettendo in atto, a cominciare dal Milan, che già quest'anno ha reso molto più combattuta la stracittadina in ogni categoria, e alcuni derby li ha conquistati meritatamente (l'ultimo, quello dei Giovanissimi Nazionali, proprio sul campo dell'Inter). L'Inter stasera festeggia anche guardando in Russia: un ex allenatore e un ex direttore del settore giovanile (Stramaccioni e Ausilio), più un numero considerevole di giocatori dell'attuale Primavera sono a Kazan per confrontarsi con il calcio europeo di alto livello. Il filo rosso unisce Prima Squadra e giovani, segno di un calcio che sta cercando di cambiare, nella direzione voluta dalle tante persone presenti ieri al derby di Interello.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta dello Sport - Milano e Lombardia

 

22 novembre 2012

Derby Allievi. Cerrone e Inzaghi, uguali e differenti

Pura passione per il gioco. I campionati giovanili sono soprattutto questo. Per chi li guarda, ma soprattutto per chi li gioca, per gli attori in campo e in panchina. Il derby tra gli Allievi Nazionali che si giova oggi a Interello, propone figure simbolo dell’amore per il gioco, testimonial perfetti per il calcio giovanile.
Filippo Inzaghi è diventato allenatore quest’anno. Non è venuto tra i giovani a scaldare la panchina: c’è venuto convinto, e lavora seriamente. Nessuno sa se diventerà un grande allenatore, tutto riconoscono però che nel suo breve percorso ha già lasciato un solco: non è questione di idee rivoluzionarie, ma di dialogo e credibilità coi suoi giocatori. Quando propone consigli, spiega le sue idee i ragazzi lo seguono incantati, e non c’è nessuna corsia preferenziale: anche il super talento del giovane Mastour deve aspettare il suo turno.
Salvatore Cerrone è un maestro di calcio e, dimenticate l’allure mediatica, ha la stessa passione per il gioco di Pippo. E’ cresciuto nelle giovanili del Milan (dove ha giocato con Franco Baresi) prima di attraversare tanti campi di serie C. Giocatore di qualità, il meglio però lo probabilmente conservato per la carriera di tecnico. Dopo che Piero Ausilio viene assunto all’inter, come segretario, la diaspora dalla Pro Sesto prosegue con il talent scout Pierluigi Casiraghi e, appunto, con Cerrone. Tutti loro, insieme a Beppe Baresi, Roberto Samaden e Giuliano Rusca, sono le pietre angolari che hanno fatto apprezzare ovunque il settore giovanile nerazzurro. Cerrone ha quasi sempre allenato i Giovanissimi, una categoria molto delicata, dove avviene la prima grande selezione, dove cominciano a forgiarsi i calciatori. Salito di categoria, ha mostrato di saperci fare anche qui, e non solo perché arriva al derby da imbattuto (8 vittorie e un pareggio, fin qui): le sue squadre hanno sempre identità di gioco e ogni suo calciatore cresce, tecnicamente e mentalmente. Lo sa bene Andrea Palazzi, il capitano di questi Allievi. Lui all’Inter c’è da quando tirava i primi calci a una palla: è l’orgoglio di una società sempre più indirizzata verso la creazione in casa dei giocatori. Palazzi fin dai pulcini è un leader, centrocampista di qualità e quantità, ha qualche difficoltà di crescita fisica, ma quando si mettono a posto centimentri e chili, ritrova la titolarità: quando si ha passione, non si molla. Sottoscriverebbe al locuzione anche un suo rivale odierno, Yusupha Yaffa. Nasce nella Gambia, un fazzoletto di terra africana, enclave del Senegal. Arriva a cinque anni in Italia, cambia indirizzo al seguito del padre diverse volte, poi si stabilisce da alcuni zii, a Brescia. Lì lo nota l’Inter ma dopo una serie di difficoltà burocratiche lo tessera il Milan. Non è facile, lontano da casa. Grazie all’amico senegalese Ameth Lo (difensore che proprio domenica ha segnato col Modena il suo primo gol), supera i momenti di difficoltà: vuole diventare un calciatore. Segue alla lettera i consigli di Inzaghi, che lo prende in simpatia e ne esalta le caratteristiche da centravanti: segna a raffica tanto da suscitare l’interesse di osservatori francesi e belgi. Osservatori che oggi gremiranno Interello: circondiamoli di appassionati, si inizia alle 14,30.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta dello Sport - Milano e Lombardia

20 novembre 2012

Brasileirão 2012. Il Palmeiras retrocede in serie B

Finita. Nemmeno le ultime scaramanzie, come l’hashtag #euacredito, io ci credo, disseminato su twitter, sono servite. Niente ha salvato dalla serie B il Palmeiras. La squadra fondata da immigrati italiani retrocede con due giornate di anticipo: il punto guadagnato dal pareggio col Flamengo non permette ormai matematicamente di raggiungere Bahia (vittorioso con la Ponte Preta) e Portuguesa (pari col Gremio), le quintultime a inizio giornata. Per credere al miracolo, erano arrivati tanti tifosi del Verdão a Volta Redonda, e per tutta la partita si sono sentiti solo loro, prima con i loro commoventi cori di sostegno, poi con le loro lacrime. Il Palmeiras era arrivato all’ennesima ultima spiaggia con una squadra completamente falcidiata dagli infortuni, l’ultimo, quasi simbolico, quello della bandiera Marcos Assunção, che non ha potuto essere del match. La squadra, diretta da Gilson Kleina, ha mostrato fin dalle prime battute di giocare esclusivamente sui nervi e però dopo un primo tempo davvero brutto e povero di conclusioni a rete, il Verdão aveva trovato il gol: Vinicius da fuori area piegava le mani al disattento portiere del Flamengo, Paulo Victor. E’ il 63’, il pubblico si rianimava, ma iniziava da quel momento l’ennesimo dramma dei tifosi della squadra paulista: ogni conclusione, ogni cross, perfino ogni avvicinamento del Flamengo all’area di rigore palmeirense aumentava a dismisura i battiti cardiaci della torcida verde. E come nelle più crudeli sceneggiature, il Palmeiras crollava all’89’. E c’è di più, la rete giungeva su un tiro deviato, effettuato da Vagner Love, centravanti cresciuto calcisticamente proprio nel Palmeiras... Le radioline, sempre accese negli stadi brasiliani, segnalavano la vittoria del Bahia, una delle concorrenti nella lotta salvezza: non restava che sperare nella sconfitta della Portuguesa, che giocava più tardi. Un gol annullato ingiustamente al Gremio nel match contro la Lusa era l’ennesima prova a cui doveva sottostare il povero tifoso del Palmeiras in questa funerea giornata. Nel secondo tempo arrivava la prima segnatura dei rossoverdi grazie a un rigore dubbio (fallo di Naldo su Moises, che poi trasformava dagli undici metri). Poi il raddoppio e la rimonta del Gremio, ma solo fino al 2-2. Quel punto condanna il Palmeiras, una grande del futebol brasileiro, che torna a vivere l’onta di una nuova retrocessione, esattamente dieci anni dopo avere vissuto il medesimo incubo, che pareva davvero un evento irripetibile. In questa stagione pazza, il Palmeiras ha vinto la Copa do Brasil, e si è quindi qualificato per la Copa Libertadores del prossimo anno. Questo successo è costato tantissimo. Felipe Scolari, il tecnico di inizio anno, che a Palestra Italia ha vinto pure una Libertadores, nel 1999, ha spesso sacrificato la squadra titolare nel week end per averla fresca a metà settimana, in più la gestione post Copa è stata davvero pessima, e il Palmeiras si è ritrovato nei guai molto presto. Nemmeno il cambio di allenatore, di moduli, di giocatori è servito. Il Palmeiras è in Serie B, e per risalire in fretta è necessario cambiare qualcosa anche a livello societario: si parla di un ingresso di soci e figure nuove per le elezioni del prossimo anno.
Nelle altre gare della giornata, sconfitta casalinga, contro il Cruzeiro, per i campioni del Fluminense. Ronaldinho segna nel recupero il gol del 2-2 che evita la beffa del suo Atletico Mineiro contro l’Atletico Goianiense: i padroni di casa colpiscono ben cinque pali, e l’ex Barcellona e Milan è protagonista anche qui, centrandone ben tre, quasi meglio della pubblicità (con immagini taroccate) di alcuni anni fa. Il Galo è comunque sicuro del posto in Libertadores. Vittoria in rimonta per il San Paolo contro il Nautico, davanti agli oltre sessantamila del Morumbi: segna ancora Rogerio Ceni su rigore e nella ripresa fa il suo esordio con la maglia Tricolor, Ganso. Con sei punti di vantaggio sul Corinthians, a due giornate dalla fine, la squadra di Ney Franco è tranquilla del quarto posto che dà la chance del preliminare di Libertadores, e può concentrare l’attenzione sulla semifinale di Copa Sudamericana, in programma mercoledì contro i cileni dell’Universidad Catolica.
In Serie B un altro verdetto ufficiale, oltre al già promosso Goias, grazie al pareggio casalingo con l’Atletico Paranaense, torna in Serie A anche il Criciuma.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it

19 novembre 2012

Derby day tra i più piccoli: regna l'equilibrio

Ovunque Derby. Il pomeriggio del Centro Sportivo Vismara ha vissuto ieri all’insegna della stracittadina, dallo stadio centrale fino ai campi secondari. “Forza! Dai! Tira!”, te ne accorgi dalla carica emotiva e dal vociare dei tanti familiari che circondano i terreni di gioco che non è una partita come tutte le altre, quella contro i cugini.
Quest’anno l’equilibrio è stato il tratto comune di tutte le partite. Oltre al pareggio tra i Primavera, ci sono stati due 0-0, tra Giovanissimi Regionali e Pulcini 2002, e l’unica vittoria della giornata è stata quella dei Pulcini 2003: 2-0 per il Milan (gol di Oronsaie e Coulibaly). Rossoneri che hanno mostrato quest’anno una decisa inversione di tendenza nei derby, nella scorsa stagione sempre persi, a testimonianza di una crescita significativa e generalizzata in ogni categoria.
La gara dei Giovanissimi regionali era molto attesa, entrambe le squadra hanno una classifica buona e sono alla caccia della capolista Atalanta. L’Inter ha recentemente visto partire il suo allenatore, Stefano Bellinzaghi, oggi assistente del tecnico della Primavera, Daniele Bernazzani, ma Marco Sala non ha modificato le idee di squadra e il 4-3-3 di partenza. Anche al Vismara i nerazzurri hanno fatto la partita, ma il Milan è stato pericoloso, ripartendo velocemente e con buoni principi di spaziatura, con l’esterno Mutti e Tsadjout e sfiorando il gol con Akuetteh. Bravo a chiudere anche in spazi larghi, il centrale difensivo dell’Inter Valietti: il bergamasco ha il talento anche per fare ripartire l’azione, risentiremo parlare di questo ragazzo. Davanti l’Inter ha provato spesso con azioni individuali, buone ma non premiate con successo le iniziative di Traoré e di Russo. Mercoledì si gioca un altro derby: gli Allievi Nazionali di Inzaghi vanno a Interello per tentare di fermare la marcia dei ’96 guidata da Mister Cerrone, ancora imbattuti.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta dello Sport - Milano e Lombardia @MiLoGazza

16 novembre 2012

Espérance - Al Ahly, il trono d'Africa si assegna domani nella finale di Champions

Dopo l'1-1 in Egitto, domani, allo stadio di Rades, appena fuori Tunisi, si gioca il ritorno della finale di Champions League africana tra Espérance e Al Ahly. Avevo presentato il match prima della gara di andata su Extra Time, l'inserto settimanale sul calcio internazionale della Gazzetta dello Sport.

Un Classico. La finale di Champions africana inizia domenica con l'andata, nello stadio gioiello di Borg El Arab, appena fuori Alessandria, tra l'Espérance di Tunisi e l'Al Ahly. I giallorossi tunisini, campioni in carica e due volte vincitori della Champions, giocano la loro terza finale consecutiva mentre i cairoti detengono il record delle Coppa Campioni del Continente: ben sei illuminano la loro sala trofei. Evidente, non sono due squadre come le altre: e il terreno di gioco non è stato il solo ambito di attività di Espérance e Al Ahly. I tunisini sono stati per anni diretti dal Slim Chiboub il potentissimo cognato di Ben Ali, mentre la storia dei rossi del Cairo si mescola con la politica fin dai tempi di Nasser, presidente onorario del club, e naturalmente non è stata immune al potere tentacolare dell'establishment di Mubarak. Il vento della Primavera araba ha spazzato via i satrapi, ma oggi sembra di cogliere solo un refolo di rinnovamento, nelle società nordafricane. E i due club subiscono questo limbo di incertezza e, pur continuando a vincere in Champions, sono ancora alla ricerca di una vera, nuova identità. L'Al Ahly ha eliminato la sorpresa del torneo, le Sunshine Stars della Nigeria, pareggiando 3-3 a Ijebu Ode e vincendo in casa grazie al solo gol di "Geddo" Nagy. Ha giocato le sue partite senza AbouTrika, mezzapunta talentuosa e controversa: è stato infatti messo fuori rosa per essersi rifiutato di scendere in campo nella gara di Supercoppa egiziana, a suo dire organizzata senza rispettare la memoria dei 74 morti nella tragedia dello stadio di Port Said (molti dei quali tifosi dell'Al Ahly), i cui responsabili non sono ancora stati condannati. Quel massacro ha messo in luce le enormi lacune in termini di sicurezza nell'organizzazione di questo genere di manifestazioni. Prudente e impossibilitato a mostrarsi debole, il nuovo governo del premier Mohamed Morsi, dei Fratelli Musulmani, in altri ambiti fortemente attivo, ha ordinato il posticipo della data di inizio del campionato. La finale di Champions ovviamente si giocherà, però con un numero minimo di tifosi, rispetto ai potenziali 86.000 dello stadio, e ad Alessandria: lontano da Piazza Tahrir e dal turbolento Cairo. E AbouTrika ci sarà, dopo essersi scusato con tutti. L'Al Ahly, tra polemiche degli ultras, manifestazioni di giocatori e campionato bloccato non sembra nemmeno un club di calcio ma anche l'Espérance, che pure ha eliminato i favoriti congolesi del TP Mazembe in semifinale, non vive giorni allegri. Diversi giocatori lasceranno la Tunisia dopo la finale di ritorno (il 18 novembre a Radès): su tutti il grande prospetto Youssef Msakni, che dopo alcuni abboccamenti europei (anche il PSG) ha scelto i dollari facili del Qatar. C'è un aria di smobilitazione generale, la stessa che si vive nel Paese, illusosi durante la Rivoluzione dei Gelsomini e oggi profondamente disorientato, con la Costituzione ancora da approvare e un senso diffuso di opportunità non colta appieno o, peggio, gettata via. C'è il calcio, c'è la Champions, ma non è più come prima, non può esserlo.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: ET Extra Time - La Gazzetta dello Sport @ETGazzetta

L'andata: Al Ahly - Espérance Tunisi 1-1:

15 novembre 2012

Zac quasi in Brasile, Giappone stende l'Oman



Alberto Zaccheroni può già preparare le valigie: con la vittoria oggi in Oman (2-1 il finale), il suo Giappone è sostanzialmente pronto per viaggiare in Brasile per il Mondiale 2014. La squadra nipponica ha oggi intascato i tre punti e si è proiettata a 13 punti, nel Gruppo B di Qualificazioni asiatica: nella prossima gara, a marzo in Giordania, anche un pareggio potrebbe bastare per la matematica conferma.
Gara molto complicata per il Giappone di Zac, quella di Mascate. L’Oman di Paul Le Guen, che ha ancora carte da giocare per la qualificazione, sia diretta (puntando al secondo posto del gruppo, oggi detenuto dall’Australia) sia per i playoffs,  è una compagine assolutamente dignitosa. Che inizia subito forte e va vicinissima al vantaggio, dopo 10 minuti Al Hosni mette sopra la porta un facile appoggio di piatto davanti alla porta sguarnita. Gli attacchi dell’Oman sono pericolosi ma disordinati, il Giappone ha più rigore e  sa riconoscere i tempi giusti della transizione, rimanendo sempre equilibrato in campo. In seguito a una ripartenza, l’ennesima, dell’interista Nagatomo, miglior uomo in campo, giunge il gol del vantaggio di Kyiotake. La mezzapunta del Norimberga, rispetto alla gara contro l’Iraq parte da destra, e chiude sul secondo palo il cross da sinistra del terzino nerazzurro: 1-0 al 20’. Il numeroso e vociante pubblico di Mascate non si arrende e, coinvolto dagli altoparlanti, continua a incitare la squadra che può regalare un sogno mondiale al sultanato della penisola arabica. All’inizio del secondo tempo, il francese Le Guen si gioca tutto, leva la stella Al Hosni, affaticato anche dalla finale di Champions asiatica, persa sabato contro i sudcoreani dell’Ulsan, e prova ancora ad alzare il ritmo di gara. Trova il meritato pareggio al 77’, con Ahmed Mubarak: il pubblico vuole la vittoria e spinge all’attacco i propri beniamini. Ingenuità pagato carissimo dato che, allo scadere del minuto 90, una azione fotocopia della prima segnatura nipponica, ancora con Nagatomo protagonista, manda in rete la mazzapunta dello Stoccarda Okazaki.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta

14 novembre 2012

Liga. Messi meglio di Pelé: Barça ok col Maiorca

Il Barça torna il Barça ma non è più il Barça. Vince a Maiorca 4-2, ma lascia diverse perplessità ai suoi esigenti ma affezionati tifosi in tutto il mondo. Quello che è certo è che Messi ha scritto di nuovo la storia: con 76 gol nel 2012 ha battuto il record di reti segnate in un anno solare. Superando nientemeno che Pelé, lasciato a 75 reti. Una leggenda.

L’inizio di gara è ottimo. Joaquin Caparros, tecnico del Maiorca, avrà maledetto gli astri che hanno deciso di allinearsi in settimana, permettendo il successo storico del Celtic contro il Barcellona. Dura bissare l’impresa. Il club delle Baleari ci prova con una partita difensiva, onesta e attenta, e forse avrebbe meritato maggiore fortuna. Tito Vilanova ritrova finalmente Piqué nella linea a 4 dietro, con Busquets riportato davanti alla difesa, Xavi e Fabregas liberi di inventare, Tello preferito a Pedro, David Villa a lottare con i centrali lasciando spazio a destra a Dani Alves. Il 4-4-2 di Caparros cerca di limitare le sponde interne micidiali dei catalani, facendo allargare il gioco ai blaugrana e rallentandolo sensibilmente. E’ anche pericoloso il Maiorca: l’attaccante israeliano Tomer Hemed è il primo, di testa, sugli sviluppi di un corner, a sfiorare la modifica del tabellino: bravo Victor Valdes in tuffo al 20’.

Proprio però una disattenzione su un raddoppio centrale (fallo di José Martì) regala al Barcellona una punizione dal limite. Tutti si attendono Messi, Aouate dispone una barriera extra large e non vede partire il destro di Xavi, che si deposita alle sue spalle. Ferito, il Maiorca ha un calo mentale sul finire della prima frazione e prende due gol in un due minuti: prima papera clamorosa di Aouate su conclusione centrale di Messi, poi bella giocata di Tello.  Il Barça non sembra più il Barça per la flemma con cui rientra in campo. Il calo di concentrazione generale dei catalani ridà spinta al pubblico sempre caloroso del Son Moix. Segnano Pereira (55’), dopo un brutto errore in uscita di Mascherano e, per un chiaro mani di Busqets in area, Victor Casadesus su rigore (58’). Il match si riapre, il Barcellona sbanda dietro, ma non ne approfitta il Maiorca che buca due clamorose ripartenze molto interessanti. E viene punito. Proprio su una ripartenza. Sul tiro di Messi è però irregolare la posizione di Alexis Sanchez: l’ex udinese è in fuorigioco e ostruisce la visuale al numero uno avversario. Nel finale, prima sostituzione della stagione per Mascherano: Vilanova inserisce Bartra per i minuti finali, che tutto sommato scivolano via senza troppi sussulti e il Barça tenta la fuga

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it

Maiorca - Barcellona 2-4

Maiorca, 2: Aouate; Ximo (Marc Fernández, m.81), Geromel, Conceiçao, Bigas; Nsue, Martí (Fontás, m.73), Pina, Pereira; Víctor e Hemed (Alfaro, m.46)
FC Barcelona, 4: Víctor Valdés; Dani Alves, Piqué, Mascherano (Marc Bartra, m. 83), Jordi Alba (Montoya, m.86); Busquets, Xavi, Cesc Fábregas; Messi, Villa (Alexis, m.65) e Tello 

13 novembre 2012

Giovanissimi Nazionali. Il derby è del Milan

Il Milan torna a vincere un derby nelle giovanili. La soddisfazione dei genitori e degli amici a fine gara è giusta e chiassosa, la sottolineatura enfatica del sito ufficiale rossonero (si parla di “impresa”) è inevitabile e sottolinea la liberazione da un peso che iniziava a farsi sentire. Il derby vinto con merito dai Giovanissimi Nazionali per 2-0 porta con sé una soddisfazione ulteriore, quello dell’aver battuto i rivali a casa loro. La gara è molto nervosa (espulso l’allenatore rossonero Walter De Vecchi per proteste) e il campo zuppo d’acqua non favorisce le giocate tecniche. Il Milan ci mette più raziocinio, interpreta molto bene la gara e sa ripartire con pericolosità in contropiede. A sbloccare la gara ci pensa uno dei miglior in campo, Andres Llamas: il suo gol è un capolavoro balistico, da fuori area indirizza col prediletto mancino un tracciante nel sette della porta dell’incolpevole. L’Inter, finora imbattuta in campionato, non reagisce e da un tiro di Cosimo La Ferrara, deviato da un selva di gambe, nasce la seconda rete milanista. Llamas è cresciuto fin da piccolo coi rossoneri, La Ferrara è al Vismara da tre anni, segno che la ristrutturazione del settore giovanile rossonero diretta da Filippo Galli, la volontà di investire con intelligenza sui giocatori del vivaio sta cominciando a dare i suoi frutti. Con la vittoria nel derby il Milan si porta a tre punti dalla capolista Inter, ma con una partita da recuperare.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta dello Sport - Milano e Lombardia

Inter - Milan 0-2 (Llamas al 35’ st, La Ferrara 37’st)

Inter: Pissardo; Facchinetti, Mattioli, Merlo, Cagnano; Nouaman (Granziera 17’ st), Donnarumma, Taufer; Goury (Vago 21’ st), Opoku (Sirigatti 30’ st), Piscopo. All: Cauet

Milan: Marson; Zucchetti, Spinelli, Malberti, Llamas; El Hilali (Zanellato 31’ pt), De Piano (23’ st Ndiaye), Locatelli, La Ferrara, Modic, Cutrone.

Ammoniti: Donnarumma, Opoku, Taufer, Locatelli, Malberti, La Ferrara

12 novembre 2012

Allievi Nazionali: continua la marcia dell'Inter

Gli Allievi Nazionali dell'Inter, battendo a Bergamo l'ottima Atalanta (1-0, rete di Golia), continuano la marcia al comando della classifica: solo vittorie per i nerazzurri di Mister Cerrone. Prima della gara avevo scritto un pezzo di presentazione sul dorso milanese della Gazzetta.

Replicare il filotto di vittorie e risultati positivi dell'Inter di Stramaccioni non è facile. In casa nerazzurra c'è però chi ha fatto meglio: gli Allievi Nazionali hanno vinto tutte le sette gare di campionato che hanno disputato. Il rinvio della gara contro il Milan di Inzaghi non può concedere ai giovani interisti la testa della classifica, dove invece, con un punto in più, c'è l'ottima Atalanta: il duello nerazzurro al vertice si consumerà a Zingonia, poche ore prima della gara che vedrà di fronte le prime squadre allo Stadio Azzurri d'Italia di Bergamo.
In casa Inter c'è molta aspettativa attorno ai ragazzi del '97, del '98 e dei '99: Allievi B e Giovanissimi hanno davvero tante individualità, che molto probabilmente faranno comodo all'Inter dei grandi un giorno non lontano. La categoria degli Allievi Nazionali, i classe 1996, conta però una squadra di straordinaria unità e forza mentale. Sembrano già piccoli professionisti. Non è un caso che ad allenarla ci sia Salvatore Cerrone, uno dei migliori istruttori di calcio di Interello. Le squadre del tecnico napoletano ex Pro Sesto, ma da molto tempo ormai all'Inter, sono celebri per la solidità difensiva e per la chiarezza della proposta calcistica: difficile vedere pasticci tattici e continue disattenzioni con lui in panca. Ad inorgoglire il responsabile del settore giovanile dell'Inter, Roberto Samaden, c'è un motivo in più: molti di questi ragazzi sono stati costruiti letteralmente in casa, con un buon numero che hanno indossato il nerazzurro fin dalla categoria Pulcini. A cominciare dal capitano, Andrea Palazzi, giocatore di qualità e quantità in mezzo al campo, che domenica scorsa ha deciso la partita contro il Cittadella nel recupero, con una rete e una esultanza che dice tutto delle sue straordinarie doti caratteriali. In mezzo lo affianca un altro combattente, il triestino Demetrio Steffè, uno dei nazionali di questa squadra. Il genio estroso è Simone Golia, un attaccante esterno di grande qualità: origini calabresi, lui pure non manca di voglia e determinazione. Qualità ce n'è pure dietro, con Giacomo Sciacca, pluripremiato nei migliori tornei giocati in questi anni, e nei colpi di classe dell'ex Padova, Riccardo Gaiola, giunto all'Inter insieme a Isaac Donkor, ragazzo ghanese del 1995 già titolare della formazione Primavera.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta dello Sport - Milano e Lombardia

09 novembre 2012

NextGen. L'Inter pareggia a Dortmund


Un punto: sudato, voluto e sofferto. Ma è un punto buono quello che l'Inter Primavera guadagna
nella trasferta di Dortmund contro il Borussia, dove ha giocato il quarto turno di Next Generation Series. L'1-1 finale soddisfa il tecnico Daniele Bernazzani che, sollevato  dopo il triplice fischio, davanti a tv e taccuini riconosce che “ è stata una partita dura e difficile, ma rimango molto contento della prestazione”, sottolineando poi lo spirito agonistico della sua squadra.
Le complicazioni della gara sono iniziate prima dei 90 minuti. Nelle convocazioni di Bernazzani mancavano Ibrahima Mbaye (squalifica), Bianchetti (infortunio), Pasa, Livaja e Benassi, cooptati da Stramaccioni per la trasferta di Europa League a Belgrado.
Il tecnico è quasi obbligato a schierare il consolidato 4-3-3 e l'approccio alla gara gli dà ragione; una verticalizzazione lunga di Garritano coglie impreparata la difesa del Borussia: Belloni accarezza al volo l'assist e mette dentro con il prediletto piede sinistro. Dopo 3' minuti l'Inter è avanti, ma non chiude la gara. Prendono coraggio i ragazzi tedeschi, che si giocavano molto della  permanenza nella Champions dei giovani, e si meritano il pareggio, giunto per un errore di posizionamento generale della linea difensiva: al 36' solo davanti alla porta mette dentro Weber. Nel secondo tempo l'eroe nerazzurro diventa Raffaele Dalle Vedove. Classe 1994, ragazzo di Pordenone educato e rispettoso, giunto all'Inter già nella categoria Giovanissimi, Raffaele compie una serie di parate salva-risultato e dimostra che il futuro della porta interista è garantito. Dalle Vedove è l'ennesimo numero 1 di ottima prospettiva lanciato dall'Inter in tempi recenti, dopo Bardi (che si sta facendo le ossa a Novara) e Di Gennaro, reduce da un infortunio e già aggregato ai più grandi.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta - Milano Lombardia


Borussia – Inter 1-1 (Belloni 3', Weber36')
Borussia Dortmund (4-2-3-1)Wilmes; Deelen, Zeugner, Langesberg, Bandowski; Deichmann, Nothnagel; Knystock, Dudziak (65' Beutler) , Bohmet; Weber (88' Benkarit). All. Eickel
Inter (4-3-3) Dalle Vedove; Bandini, Zaro, Donkor, Ferrara; Olsen, Duncan, Acampora (Del Piero 87'); Belloni, Forte, Garritano (82' Terrani). All. Bernazzani

04 novembre 2012

Liga. Barça liquida la pratica Celta: è di nuovo primo in classifica in solitaria

Una fiesta.
Forse per rendere omaggio al piccolo Thiago il primogenito di Messi, nato ieri, Barcellona e Celta organizzano un party anche divertente al Camp Nou. Unica non invitata: la Fase Difensiva. Vince il Barça, ovviamente, un Barça nettamente superiore (3-1 il finale che poteva pure essere più ampio) ma un Barça lontano dalla perfezione di un tempo.
Nella perenne ricerca di trovare un equilibrio, dopo gli infortuni di Piqué e Puyol, uno affianco all’altro nella tribuna dello stadio catalano, Tito Vilanova organizza un 3-4-3 piuttosto azzardato. Mascherano è al centro della linea difensiva che prevede anche Jordi Alba e Adriano, i quali rimangono liberi di accompagnare l’azione, a turno: il solo Busquets a riequilibrare. Un guazzabuglio che coinvolge anche Xavi, spesso fuori posizione, e di cui però non approfitta pienamente il Celta, se non in un paio di contropiedi. Offensivamente il Barça non ha difficoltà anche perché la squadra galiziana sceglie la densità difensiva ma priva totalmente di aggressività. I Blaugrana cambiano gioco sugli esterni, trovano l’appoggio centrale, dialogano sostanzialmente come e quando vogliono. Il gol è questione di mira: prima sbagliano Fabregas e Messi, al 20’ Adriano mette dentro un assist di Pedro che termina un’azione cominciata proprio dall’ex Coritiba. La festa è appena cominciata. L’allegra difesa catalana è totalmente priva di equilibrio e concede l’ennesimo contropiede, che stavolta il Celta, squadra che ha fatto esordire, da giocatore, Tito Vilanova, trova il pareggio. Valdes devia una conclusione di Alejandro Lopez, ma Mario Bermejo anticipa tutti e pareggia: è solo il 24’. Due minuti dopo ancora vantaggio Barça: David Villa pesca il taglio verticale di Iniesta, la difesa collassa totalmente sull’uomo con la palla, ma senza la necessaria aggressività, e Don Andres trova in mezzo all’area il Guaje, che nessun avversario ha seguito. Il festival dell’errore difensivo prosegue, ma gli attacchi non riescono a capitalizzare. Tito mette fine alla sperimentazione e all’inizio della seconda frazione concede finalmente fiducia al giovane centrale Bartra, costruendo un logico e razionale 4-3-3 in cui ogni uomo gioca nella sua posizione naturale (Busquets si era abbassato nell’ultima parte del primo tempo). Una combinazione spettacolare tra David Villa e Jordi Alba è alla base del gol della sicurezza per il Barça, realizzato dal catalano: 3-1 al 61’ . Cala l’intensità, cala la concentrazione: Messi prova a fare un regalo personale a Thiago, e anche il Celta si scuote un po’ davanti: la rete non si muoverà più. Piccolo spavento finale per un allungamento innaturale della gamba di Messi, ma è solo un fastidio. Applausi per tutti e fine della rappresentazione.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it


Barcellona - Celta 3-1 (1-0, m. 21: Adriano. 1-1, m. 24: Mario Bermejo. 2-1, m. 26: Villa. 3-1, m. 61: Jordi Alba)

FCB: Víctor Valdés; Adriano (Alves, m. 39), Mascherano, Alba; Busquets, Cesc (Bartra, m. 46), Xavi, Iniesta; Pedro, Messi, Villa (Alexis Sánchez, m. 78).
Celta: Javi Varas; Mallo, Jonathan Vila, Túñez, Roberto Lago; Augusto (Toni, m. 87), Oubiña, Krohn-Deli, Alex López (Park, m. 80), Bermejo (De Lucas, m. 67) y Aspas.




01 novembre 2012

Copa del Rey: Madrid passeggia con i giovani




Nella notte di Halloween Mourinho presenta un Real Madrid in maschera per la sfida in Copa del Rey contro l’Alcoyano. Vince 4-1 senza fatica, ma essendo Mourinho, regala a tutti anche lo scherzetto: l’ennesimo. Dopo aver passato una settimana tra le polemiche, gonfiate ad arte, sulla cantera madridista, propone oltre a una serie di panchinari (Adan in porta, Ricardo Carvalho in mezzo alla difesa, Callejon davanti), anche un trio di giovani del Castilla. Tra i primi 11 Blancos del referto c’è il capitano della squadra B del Real, Nacho, cha aveva già assaggiato la panchina del Bernabeu, Alex a gestire il gioco insieme a Essien in mezzo e Alvaro Morata. L’Alcoyano parte bene, buone combinazioni, qualche discreto spunto, ma è un fuoco fatuo: dopo 20’ il Madrid è già in vantaggio. Una serie di errori difensivi, due colpi di testa sballati dei giocatori dell’Alcoyano, lasciano Benzema davanti  alla porta che, sempre di testa, è quasi costretto a mettere dentro il vantaggio. Poco dopo la mezzora tocca a Kakà a levarsi una soddisfazione personale e porta i suoi sul 2-0. La mancanza di equilibrio nel risultato toglie interesse e ritmo alla gara. La riaccende, con un lampo, un altro canterano, José Rodriguez, che su assist di Benzema realizza il 3-0 con un bel tiro a giro dal limite dell’ara di rigore. La partita ritorna a sbadigliare, e proprio una dormita, quella del portiere madridista Adan (già indeciso in un paio di uscite), consente all’Alcoyano di accorciare le distanze: su punizione segna Javi Lara. A tre minuti dalla fine, chiude la pratica Benzema, dopo un uno-due con Alvaro Morata. Mourinho chiude la sua serata scherzando in panchina con i sorridenti e infreddoliti Di Maria e Higuain.

Alcoyano - Real Madrid 1-4 ( 0-1, m.21: Benzema. 0-2, m.36: Kaká. 0-3, m.67: José Rodríguez. 1-3, m.72: Javi Lara. 1-4, m.89: Benzema)

Alcoyano: Unai Alba, Arkaitz, Javi Selvas, Pereira, Alcántara, Jhon Edison (Fran Piera, m.47), Javi Lara, César Remón, Ferrán Tacón (Devesa, m.72), De Dios (Omar, m.56) y David Torres.
Real Madrid: Adán, Albiol, Varane, Carvalho, Nacho; Essien (Modric, m.59), Álex (José Rodríguez, m.46); Morata, Kaká, Callejón; Benzema.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: gazzetta.it

31 ottobre 2012

Copa del Rey. Alaves - Barça 0-3. Ma il Mendizorroza per una notte torna in massima serie

Fonte: Gazzetta.it



Inizia dai sedicesimi di finale il cammino del Barcellona in Copa del Rey, e inizia naturalmente con una vittoria, stavolta per 3-0, ai danni dell’Alaves. I blau-grana si presentano a Vitoria senza, tra gli altri, Messi e Xavi: Tito Vilanova, fedele al suo 4-3-3, ritrova dopo un mese Dani Alves, e in mezzo lancia Sergi Roberto (classe 1992, naturalmente prodotto della Masia) al fianco di Busquets e Iniesta. Davanti, Fabregas riferimento centrale pronto ad aprire il gioco per gli uno contro uno sugli esterni di David Villa e Alexis Sanchez.
L’Alaves, che tempo fa respirava l’aria delle competizioni europee, è sprofondata in Segunda B, il terzo livello del campionato spagnolo, ma non ha perso l’affetto dei propri tifosi. Il Mendizorroza è una bolgia, e lo spettacolo visivo è altrettanto coinvolgente, con un mosaico che copre l’intero stadio. Non è per niente disprezzabile nemmeno la proposta calcistica della squadra basca: nessuna “palla lunga e pedalare”, certo un 4-4-2 difensivo con le linee vicine, ma anche eleganti uscite di palla dalla difesa, non abituali in squadra di divisioni così basse.
Dura 39’ minuti la resistenza basca, peraltro senza eccessivi patimenti. Un recupero in mezzo al campo dell’esordiente Sergi Roberto inizia l’azione che indirizzerà la gara: la palla giunge ad Iniesta che trova in verticale David Villa, la difesa sbaglia la copertura, e il Guaje si gira e infila dal limite dell’area il portiere avversario. L’azione del raddoppio inverte i fattori assistman-goleador: dopo un recupero di Fabregas su un errore in disimpegno dell’Alaves, David Villa pesca Iniesta che con un tiro a giro tranquillizza i tifosi culè: sono passati cinque minuti nella ripresa.
Da lì in poi è la solita esibizione del Barça, che con il freno a mano porta a casa l’ennesima vittoria della stagione, sigillata a due minuti dalla fine da Fabregas, che mette dentro di testa un cross dalla destra di Dani Alves.

Alaves - Barcellona 0-3 (Villa 39', Iniesta 50', Fabregas 87')

Alavés: Urtzi; Oscar Rubio, Agustín, Javi Hernández, Manu García; Jaume, Beobide; Guzmán, Jonan (Sendoa, m. 71), Barahona (Luismi, m. 71); Viguera (Sergio Llamas, m. 81).
Barcelona: Pinto; Alves, Bartra, Mascherano, Montoya; Sergi Roberto, Busquets (Song, m. 54); Iniesta (Dos Santos, m. 75), Villa (Tello, m. 69), Fabregas,  Alexis
 CARLO PIZZIGONI


30 ottobre 2012

Premier. Everton - Liverpool 2-2 e spettacolo

Fonte: Gazzetta.it

Tiratissimo, finisce in parità, 2-2, il derby di Liverpool. L’intensità delle due squadre in campo regala ai fortunati spettatori una gara emozionante e divertente, un grande spot per il football.
Si comincia subito forte, al 13’, con il giovane spagnolo Suso che riceve sul centrosinistra, lascia spazio per l’inserimento al connazionale José Enrique e lo pesca in profondità: il cross teso del terzino attraversa l’area e sul secondo palo c’è Suarez a raccoglierlo. L’uruguayano tira al volo e incoccia la gamba di Baines, che infila la sua porta. Sette minuti dopo, errore di posizionamento dell’Everton su una punizione centrale di Gerrard che trova libero ancora Suarez davanti ad Howard: facile 2-0. L’Everton ha lo spirito della squadra britannica, gioca a ritmo altissimo e non si arrende mai. Pure british anche l’1-2: in mischia segna Oman dopo una respinta maldestra di pugno del numero 1 Jones. Britannico ma lucido in panca Moyes: insiste nel cercare di allargare la difesa avversaria, non efficacissima nel contenimento sui lati. Rodgers cambia la posizione degli avanti Sterling e Suso, ma nemmeno lo spagnolo riesce a evitare l’uno contro uno di Mirallas sul giovanissimo Wisdom (che nasce centrale, peraltro). Non arriva nemmeno il raddoppio di marcatura di Allen a sinistra e il belga è decisivo in una serie di situazioni, anche in quella che regala il 2-2 ai padroni di casa, con Fellaini che pesca Naismith davanti alla porta. Rodgers deve proteggersi, fuori l’abulico Sahin e il leggero Suso, dentro Coates, difesa a 3, e Shelvey in mezzo al campo. Le occasioni da rete si distribuiscono per tutto il secondo tempo, e nel recupero viene annullato, per un fuorigioco inesistente, un gol a Suarez. Alla fine solo applausi a Goodison Park: this is football.

Everton - Liverpool 2-2

Everton (4-4-1-1): Howard, Coleman, Jagielka, Distin, Baines, Naismith (Oviedo 6), Osman, Neville, Mirallas (Gueye), Fellaini, Jelavic. (Mucha, Hibbert, Heitinga, Hitzlsperger, Vellios) All. Moyes
Liverpool (4-2-3-1) Jones, Wisdom (Henderson), Skrtel, Agger, Enrique, Gerrard, Allen, Suso (Shelvey), Sahin (Coates), Sterling, Suarez. (Reina, Assaidi, Downing, Carragher) All. Rodgers



CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it

29 ottobre 2012

Premier. Chelsea - Manchester United 2-3, la partita prima delle polemiche

Fonte: Gazzetta.it


Decide il Chicharito Hernandez, in posizione di fuorigioco, al 75’, il big match tra Chelsea e Manchester United, che porta a meno uno in classifica i Red Devils dai Blues.
Una partita, terminata 3-2, ma due gare ben distinte: la prima, fino al 68’, giocata alla pari, la seconda, complici due espulsioni, in 11 contro 9: rosso Ivanovic per chiaro fallo da ultimo uomo, e doppio giallo (il secondo per simulazione) a Torres. Di Matteo certo non sarà tenero nei confronti della terna arbitrale.
Incubo finale per il Chelsea, ma incubo anche a inizio gara. Il 4-4-2 di Ferguson è compatto, non esce sulla prima fase di costruzione dei Blues, anzi la favorisce: quando avviene il recupero nella trequarti, la palla viene giocata quasi sempre sul Toño Valencia, giocatore chiave di inizio gara. Ashley Cole è altissimo, legge male alcune situazioni e, anche per i mancati rientri di Hazard sul lato, lo United trova una falla sul lato destro del campo. In quella zona di campo nascono i gol, e tutti in giocate di transizione: il primo è una sfortunata carambola sul corpo di David Luiz dopo un palo di van Persie (3’), il secondo è tutto dell’olandese (12’). I Blues costretti a costruire da dietro sono poca cosa, con un centrocampo formato da Ramires e Obi Mikel, e una trequarti totalmente ostruita dalla densità difensiva dello United.Una punizione di David Luiz è l’unico lampo di questa fase di partita, che cambia con la salita in cattedra di Juan Mata. Lo spagnolo si sottrae alla marcature dello United, trova tante ricezioni interessanti interne ed esterne, che iniziano a preoccupare gli uomini di Ferguson. E’ proprio del numero 10 anche la rete, fantastica, su punizione, al 44’, che riapre la partita e accende, finalmente, Stamford Bridge. Ed è ancora lui, a controllare magicamente un lancio di Oscar, che dà il la alla rete di Ramires di testa (53’). Poi le due espulsioni, e la partita che cambia direzione.


Chelsea - Manchester United 2-3 (David Luiz autogol 3, Van Persie 12, Mata 43, Ramires 53, Hernandez 75)

Chelsea (4-2-3-1): Cech (c); Ivanovic, Cahill, David Luiz, Cole; Ramires, Obi Mikel; Mata (Bertrand 71), Oscar (Azpilicueta 66), Hazard (Sturridge 82); Torres. (Turnbull, Romeu, Marin, Moses). All. Di Matteo
Manchester United (4-4-2): De Gea; Rafael, Ferdinand, Evans, Evra (c); Valencia, Carrick, Cleverley,Young (Hernandez 64); Rooney (Giggs 73), Van Persie. (Lindegaard, Anderson, Scholes, Nani, Welbeck). All. Ferguson

CARLO PIZZIGONI

28 ottobre 2012

Liga. Il Barça passeggia a Vallecas

 Fonte: Gazzetta.it



La pericolosa trasferta di Vallecas, si tramuta in una tranquilla passeggiata per il Barça. Vincono 5-0 i Blaugrana, in casa del Rayo, grazie a una partita perfetta nella sua fase di gestione. Non luccica più il futbol del Barcellona, che in alcuni momenti gioca anche un calcio speculativo, ma questa capacità di leggere i momenti della partita, di scegliere la marcia adeguata alla bisogna, fa ancora più paura a tutti gli avversari della Liga.

Fa fatica a entrare in partita il Barcellona, e non riesce quasi mai a costruire l’azione da dietro.Tito Villanova propone Song davanti alla difesa e Sergi Busquets sulla linea dietro al fianco di Adriano (riproposto centrale), con Montoya e Jordi Alba sugli esterni. Xavi è costretto troppo spesso ad abbassarsi per pulire la costruzione, rallentata dalla buona pressione organizzata dal Rayo. I padroni di casa riescono a guadagnare la palla oltre la metà campo, ma ai sedici metri non finalizzano con pericolosità. La squadra di Vallecas propone sempre un calcio di limpidezza sopraffina, ha un’uscita di palla da dietro esteticamente apprezzabile, ma manca sempre un po’ di punch nel suo futbol. Le preziose giocate di Leo Baptistao e di un ispirato José Carlos non portano a nessun esito felice.
Anticipando le giocate blaugrana con molto coraggio, il Rayo evita che il Barça giochi il solito palleggio estenuante e produttivo e comando il ritmo di gioco. Alla prima occasione buona, però, l’inerzia della gara cambia definitivamente.
Un clamoroso errore del “Chori” Dominquez, in fase di uscita di palla, lascia scoperta la linea difensiva: Fabregas è bravo a riconquistare palla e dai trentacinque metri trova il taglio di David Villa che tiene dietro il recupero difensivo e mette dentro l’1-0. E’ il 20’, e lo spirito del Rayo è già KO. I vallecanos hanno troppo calcio nella testa per smettere di giocare, ma sono meno sicuri e meno convinti e, al di là di qualche estemporanea situazione, non riescono a impensierire Valdes. E’ anzi il Barcellona che va vicino al raddoppio, prima con Fabregas e poi con Messi.
L’inizio del secondo tempo non aumenta l’autostima del Rayo: dopo tre minuti arriva il secondo gol del Barça. Montoya si fa trenta metri di scatto sulla fascia destra per andare a prendere il suggerimento di Pedro, accorcia il passo, alza la testa e pesca Messi in mezzo all’area, libero grazie al solito dono della capacità di smarcamento. Dal centro dell’area Leo segna la rete numero 72 del suo 2012. Dopo il doppio svantaggio una reazione di nervi del Rayo c’è, la carica non a caso arriva dall’uomo con maggiore garra dei biancorossi, Javi Fuera, che sfiora il palo di Valdes con una conclusione da fuori. Il Barça sceglie la modalità gestione e con un ritmo appena più accelerato il Rayo ci prova con forze fresche (dentro Lass, Ronni Nielsen e l’ex Palermo Fran Vazquez): fuoco fatuo. un paio di ripartenze del Barça mettono al tappeto i padroni di casa. Jordi Alba serve l’assist per il gol, in spaccata, di Xavi (79’), Pedro regala a Fabregas la palla del 4-0, chiude ancora Messi a due minuti dalla fine, col destro. Attesa domani la replica della co-capolista Atletico Madrid, in casa contro l’Osasuna.

CARLO PIZZIGONI



26 ottobre 2012

Un Tigre de Oro: l'Atletico Madrid sponsorizza Radamel Falcao per il Pallone d'Oro


Una hastag su twitter, #untigredeoro, e un video di appoggio: per l’Atletico Madrid el Tigre, Radamel Falcao, merita il Pallone d’oro. I successi dell’Atleti di Diego Simeone (per noi una delle squadre dell’anno, senza limitazioni geografiche: davvero ottimo il lavoro del Cholo), sono arrivati anche e soprattutto grazie alle prestazioni e ai gol del Tigre. Perché premiare sempre gli stessi? L’attaccante nato a Santa Marta, Colombia, merita rispetto e considerazione: untigredeoro!


Fonte: Tropico del Calcio - Gazzetta.it

22 ottobre 2012

Brasileirão. Ronaldinho trascina l'Atletico: Fluminense battuto e campionato riaperto

Fonte: Gazzetta.it


Galoucura. E' l'inarrestabile entusiasmo dello stadio Independencia l'istantanea di questo turno di Brasileirão che vede riaprirsi la lotta al vertice. L'Atletico Mineiro fa rinascere l'entusiasmo tra i propri tifosi sconfiggendo tra le mura amiche, colme di pubblico, la capolista Fluminense. 3-2 per il Galo il risultato finale della partita dell'anno, piena zeppa di emozioni e di ottime giocate, situazioni in cui si è esaltato Ronaldinho, migliore in campo e giustamente osannato a fine gara. L'Atletico è ora a meno sei dalla vetta, mentre l'altra inseguitrice, il Gremio, è bloccato in casa dal Coritiba.
L'Atletico Mineiro comanda la partita dall'inizio, il Fluminense palesa da subito che il mantenimento dei nove punti di vantaggio in classifica è il principale obiettivo. Il 4-2-2-2 di Abel riparte raramente e anche i due meia, Deco e Thiago Neves, sono costretti al lavoro pesante fatto di tackle e rincorse. La pressione del Galo è costante, sostenuta a gran voce da un magnifico pubblico, che è costretto a mordersi la lingua quando l'arbitro annulla la rete del vantaggio atleticano, una perla di Ronaldinho su punizione resa vana dal fallo in barriera di Leonardo Silva. Fischio non consueto ma l'attività del difensore in barriera (sposta vistosamente gli avversari) è sospetta. La spinta continua dei due terzini, Marcos Rocha e Junior Cesar avvolge il fortino carioca, che si difende come può: dove non arriva il portiere Diego Cavalieri, in uno straordinario momento di forma, ci sono un paio di pali a salvare il Fluminense nel primo tempo: li colgono Bernard, su deviazione dell'ex riserva di Antonioli, e Jo (conclusione in area sporcata da Gum). Sembra una gara stregata, e diventa un incubo quando una delle rare ripartenze del Flu si conclude con la rete del vantaggio degli ospiti. Recupera palla Thiago Neves, Fred pesca in verticale Wellington Nem che infila lo 0-1. L'Atletico si ribella alla classica ingiustizia di questo meraviglioso sport, ma Leandro Donizete coglie il terzo palo della gara dell'Atletico con una conclusione da fuori area. Ronaldinho è il condottiero del Galo: R49 si concede un paio di cambi di direzione degni dei tempi di Barcellona e appoggia lateralmente a Jo che trova l'angolo giusto per il pareggio. E' il piccolo Bernard a pescare ancora il centravanti ex City per il vantaggio bianco-nero, poi Fred, mineiro ed ex Cruzeiro, con il suo 16esimo gol, un fantastico gol da vero attaccante, in anticipo su cross dal fondo di Carlinhos, ammutolisce l'Independencia a pochi minuti dalla fine. E' ancora un Ronaldinho old style a trovare con estrema precisione Leonardo Silva sul palo lungo: nel recupero della gara il difensore dell'Atletico Mineiro segna la rete del 3-2 e riporta i suoi a meno sei dalla capolista.



Bloccato il Gremio dal Coritiba, fa pure peggio il San Paolo che perde a Rio de Janeiro col Flamengo. Decide il cileno Gonzalez, al suo primo gol in rubronegro, su assist del giovane e talentuoso Adryan, sempre più protagonista. Sullo 0-0 Luis Fabiano si fa parare un rigore da Felipe.
Triste sconfitta del Santos di Neymar, che cade a Campinas contro la Ponte Preta. Perde solo uno a zero (rete di Luan) ma è protagonista dell'ennesima prestazione senza sangue, con un solo tiro pericoloso verso la porta, di André, nella ripresa: la zona retrocessione è lontana ma qualche punto da qui alla fine il Peixe lo deve portare a casa...

CARLO PIZZIGONI

21 ottobre 2012

Premier: Chelsea inarrestabile: KO il Tottenham dell'ex Villas Boas. United e City inseguono

Fonte: Gazzetta.it

Il Chelsea è una maledizione per André Villas Boas. I Blues consolidano il primato in classifica andando a vincere a casa del Tottenham (2-4 il finale) e interrompendo la striscia di 4 vittorie consecutive in Premier degli Spurs. Il match clou dell’ottava giornata è però povero di contenuti tecnici e ricco di errori, specialmente nella prima frazione, dove è il Chelsea a farsi preferire, e non solo per il vantaggio ottenuto al 17’ grazie a una gran volèe di destro di Cahill sugli sviluppi di un angolo. Tottenham senza il suo uomo migliore, Bale, perfetto per giocare una gara di tanti strappi come quella di White Hart Lane. Out negli Spurs anche Dembelé, e difficoltà nella costruzione con il duo Huddlestone -Sandro, meglio il Chelsea con un gioco di ripartenze in cui spicca Ramires. La seconda parte è da fuochi d’artificio, riprende il vantaggio il Tottenham con Gallas, testa su assist di Vertonghen (ancora terzino sinistro), e Defoe. Poi una dormita di Gallas e un favoloso filtrante di Hazard mandano due volte in gol Juan Mata (66’ e 69’). Chiude i conti Sturridge al 90’.



Manchester non rinuncia alla rincorsa sul Chelsea. Con modalità totalmente differenti. Se lo United vince senza problemi il match casalingo contro lo Stoke City, il City fatica sul campo del West Bromwich e solo al 92’ riesce a ottenere i tre punti, grazie alla doppietta di Edin Dzeko, rimasto in panchina fino al 78’ e poi decisivo nel finale. Così come decisivo è stato Hart: il portiere del City, sul risultato di 1-1 compie una gran parata al 90’, su rovesciata del giovane Lukaku, riscattandosi dopo le tante critiche subite per l’errore in Nazionale, contro la Polonia. La conclusione pericolosa del giovane belga è stata una delle rare finalizzazioni del West Bromwich Albion nonostante dal 23’ potesse disporre di un uomo in più: errore di  Kompany nella fase di costruzione, pressione di Mulumbu, recupero palla e verticalizzazione di Morrison per Long che viene steso da Milner prima di entrare in area. Rosso per l’ex villans e strada in salita per il City di Mancini. Ma il WBA non cambia il ritmo di gioco, non cerca la superiorità in nessuna parte del campo, gioca la stessa partita che avrebbe disputato con un avversario al completo. La polifunzionalità di Yaya Touré permette al Mancio di non effettuare cambi strutturali con l’ivoriano che si abbassa di qualche metro.  Il suo City è però pericoloso solo su giocate individuali: la più bella la regala Mario Balotelli, al 40’ del primo tempo, con un’azione solitaria che parte dall’estrema sinistra e che si conclude davanti alla porta, dopo aver fatto ballare tutta la difesa del WBA: manca il sigillo del gol. La strategia speculativa di Clarke viene premiata oltremisura al 67’, ma il merito dello scozzese è quello di aver ravvivato la fase offensiva con l’entrata in campo del nigeriano Odemwingie. Mancini ha in panchina bocche da fuoco di ben altro livello, e trovatosi sotto inserisce prima Aguero (out Balotelli, che si siede tranquillo in panchina), poi Dzeko. Il bosniaco assaggia il campo di Hawthorns ed è subito gol, di testa, in mischia, complice un’uscita maldestra di Foster: è l’80’. Dilettantesca la gestione di fine gara del WBA: dopo il miracolo di Hart, la maggioranza dei giocatori di casa si catapulta in avanti per saltare sull’angolo successivo: una semplice ripartenza di Aguero permette al City di presentarsi in vantaggio numerico nel contropiede figlio della ribattuta del corner. Dzeko non spreca l’assist del Kun e regala tre punti sudatissimi a Mancini.

Rimane a meno 4 dalla capolista Chelsea anche lo United, che però centra l’obiettivo con maggiore relax. Grande protagonista, Wayne Rooney, nel vittorioso match di Old Trafford. Prima segna un autogol nella propria porta che dà il vantaggio allo Stoke (De Gea titubante nell’uscita), poi trova il pareggio grazie anche a un ottimo assist di van Persie. Dopo il 2-1 dell’olandese ex Arsenal, è ancora il giocatore di Liverpool a prendersi il proscenio: assist per la rete di Welbeck e sigillo del 4-2 dopo la rete Kightly.
Vince contro il Reading (1-0) il Liverpool dei giovanissimi scelti da Rodgers per rilanciare la stagione. Partono dall’inizio due 1993, lo spagnolo Suso, giovane dotato di superba tecnica, e il britannico Wisdom, sulla linea difensiva, ma a decidere la gara è il talento giamaicano Raheem Sterling, nato a Kingston ( ma nazionale inglese) nel 1994!
Torna alla vittoria lo Swansea di Laudrup: due gol in due minuti appena dopo l’ora di gioco, apre Pablo Hernandez, raddoppia Michu. accorcia solamente, per il Wigan, Boyce. Tre punti anche per il Fulham (1-0 all’Aston Villa) e il West Ham (4-1 al Southampton).

CARLO PIZZIGONI

16 ottobre 2012

Hachim Mastour, quando la predestinazione è un dolce pericolo

Qualche settimana fa. sull'inserto milanese della Gazzetta, ho presentato un focus sulle giovanili del Milan. Abbiamo deciso di affiancarci una presentazione di Hachim Mastour, il giovane talento prelevato quest'estate dalla Reggiana, eccola:

“Predestinato” è l'etichetta peggiore che ti possono appiccicare addosso. Tentatrice, ti lusinga, ti compiace, rischia di farti perdere l'umiltà, poi ti presenta il conto. Quando sei un ragazzo nato nel 1998 come il fresco talento rossonero Hachim Mastour è ancora più complicato conviverci.
La guerra subdola contro questa etichetta Hachim la combatte praticamente dai primi tocchi che fece a un pallone.
Una storia differente, la sua: quasi per avvalorare il carattere di unicità di predestinato.
Figlio di una coppia marocchina ormai integrata da anni in Emilia (la mamma ha la cittadinanza italiana), Mastour si fa subito notare per l'incredibile familiarità che intrattiene con la palla, prima al Reggio Calcio poi, nemmeno decenne, nella Reggiana. Impossibile rimanere insensibili.
L'Inter lo convince a giocare alcuni tornei ma non può tesserarlo, essendo minore di 14 anni e fuori regione: si crea subito un gentlemen's agreement con la società granata.
E' un numero 10 che con altri due ragazzi del 1998, Mel Taufer e Justice Opoku, incanta i tornei di mezzo Stivale. Tre black italians, come il sociologo Mauro Valeri ha per primo catalogato i nuovi ragazzi italiani di origine africana, tre ragazzi che sognano di giocare insieme nella Nazionale di un Paese che sta cambiando.
Poco prima del compimento del 14esimo compleanno un blitz di mercato lo porta in rossonero. Arrigo Sacchi ne parla entusiasticamente a Adriano Galliani, che muove sul territorio Mauro Bianchessi e convince il neo-procuratore del ragazzo, Dario Paolillo: Mastour è del Milan.
Il sottofondo che accompagna questa operazione (che per alcuni sfiora addirittura il milione di euro, tutto compreso, anche se da Via Turati negano recisamente) è sempre la stessa: “questo ragazzo è un predestinato”.  Talentuoso, tocco di palla setoso ed elegante, piedi educati montati su una armatura tutt'altro che disprezzabile per un 1998: ha un gusto giovanilistico per la giocata ad effetto. Le telecamere di Sky lo hanno immortalato mentre palleggia maradonianamente con le arance. Pericoloso gonfiare l'etichetta di predestinato. Ora, dopo una tribolazione alle visite mediche, superate poi senza problemi, procuratore e società, che lo ha assegnato agli Allievi di Inzaghi (una categoria oltre la sua età: se la vede coi '96), vogliono smorzare i riflettori e farlo lavorare sul suo straordinario talento. L'unica cosa che potrà incenerire la pericolosa etichetta di predestinato.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta - Milano e Lombardia 

Il suo procuratore ha pubblicato su Youtube le immagini del suo esordio in rossonero (Milan- Albinoleffe 7-0)

15 ottobre 2012

Capo Verde in Coppa d'Africa, eliminato il Camerun

Capo Verde perde 2-1 in Camerun ma si qualifica per la prima volta alla Coppa d'Africa, che si disputerà nel principio dell'anno prossimo in Sudafrica. Per Extra Time, l'inserto della Gazzetta dello Sport sul calcio internazionale,  avevo scritto un pezzo per presentare la sfida, eccone un estratto:

Sodade, cantava così l’amore per la sua terra, Capo Verde, la voce inconfondibile di Cesaria Evora, mescolando portoghese e creolo. Un amore condiviso da un altro capoverdiano, Nani, l’attaccante del Manchester United che appena può sollecita il bagnasciuga di Sal. Eppure nella gara che potrebbe consegnare a Capo Verde la prima qualificazione alla Coppa d’Africa, dopo il 2-0 dell’andata rifilato al Camerun, Nani non difenderà i colori del suo Paese, perché ha scelto il Portogallo.
A Yaoundé, domenica pomeriggio, non ci sarà nemmeno Rolando, centrale difensivo cercato questa estate da mezza serie A, né Gelson Fernandes, ex Chievo e Udinese. Tutti nati nell’arcipelago, senza nessuna “Sodade” calcistica. Refrain che si ripete: non hanno vestito la maglia creola nemmeno, tra gli altri, Patrick Vieira e Henrik Larsson, che avevano origini familiari capoverdiane. Altrimenti la casella delle partecipazioni di Capo Verde alla Coppa d’Africa non segnerebbe uno sconsolante zero. Ma a un certo punto la storia può cambiare. A un certo punto, era il 2007, un Paese come Capo Verde è riuscito, primo dopo l’exploit del Botswana, a venire cancellato dall’elenco dei Least Developed Countries, in cui l’ONU infila tutte le economie più povere del Mondo. Alla guida del Paese, che ha conosciuto una crescita economica del 6% annuo, c’era il Presidente Pedro Pires. In panchina dei Tubarões Azuis, gli squali celesti, c’è Lucio Antunes, che ha vinto l’unico trofeo della storia del calcio capoverdiano, la  medaglia d’oro ai Giochi della Lusofonia 2009. E non si deve convincere il WTO o qualche dipartimento delle Nazioni Unite ma battere il Camerun con i gol di Ryan (Lille) o di Djaniny (Olhanense).
La tristezza di una morna, la musica tipica di queste isole, accompagna però l’annuncio del ritorno nel Camerun di Samuel Eto’o. All’andata, infastidito per l’atteggiamento della Federazione e non in buonissimi rapporti con l’ex CT Lavagne, aveva dato forfait. Forse gli sarà scappato un mezzo sorriso alla vista della caporetto della squadra capitanata da Alexander Song, uno che nello spogliatoio voleva ruggire più forte di lui.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: ET-Gazzetta



12 ottobre 2012

Brasileirão: Il Fluminense va in fuga, cade il Galo

 Fonte: Gazzetta.it


Sembra davvero la fuga giusta. Il Fluminense vince a Salvador contro il Bahia e accumula ben nove punti di vantaggio sul primo inseguitore, l’Atletico Mineiro, ieri vedovo di Ronaldinho e sconfitto dall’Internacional al Beira Rio. Flu a parte, giornata nera per le squadre carioca: brutti k.o. casalinghi per il Botafogo di Clarence Seedorf, messo sotto in casa dal Santos senza Neymar, e per il Vasco (corsaro a São Januario il sempre più convincente San Paolo di Ney Franco). Sconfitta pesante del Flamengo che subisce la rimonta del Corinthians.

“Campeão, campeão!” I tifosi del Fluminense cantavano allegramente all’interno del Pituaçu al termine della vittoriosa trasferta nel Nordest brasiliano. Annotare un asterisco al fianco di questa partita forse decisiva: se il Flu dovesse diventare realmente campione, quest’anno, ricordarsi dell’ennesima fantastica prestazione del portiere Diego Cavalieri (incidentalmente passato anche per Cesena, senza mai giocare), ieri favoloso in almeno quattro interventi all’interno della vittoria per 2-0 del Fluminense. Tre punti maturati tutti nel secondo tempo, grazie al vantaggio di Bruno (ma perché un terzino così non ha mai avuto una chance europea? misteri...) e al raddoppio dell’ex Betis Rafael Sobis.  

Procede la lunga preparazione che il Corinthians ha in programma per arrivare a uno degli impegni più importanti della sua storia centenaria, il Mondiale per Club di dicembre. Anche senza Paulinho, in Europa con la Seleção, il Timão batte in rimonta il Flamengo (3-2 dopo la rete iniziale di Renato Santos). Partita non esattamente spettacolare e condita da diversi errori, anche arbitrali: la rete del vantaggio flamenguista è chiaramente irregolare, con diversi giocatori, tra cui l’autore del gol, in fuorigioco: distratta la guardalinee Tatiana de Freitas. L’appassionato pubblico corinthiano ha chiesto a gran voce l’esordio del cinese ZhiZhao, che però è rimasto seduto in panchina per tutti i 90 minuti.

Nella lotta per un posto in Libertadores bello scatto in avanti del San Paolo, che batte una diretta concorrente a domicilio, il Vasco (2-0 il finale). Sugli scudi l’immortale Rogerio Ceni e l’ottimo Luis Fabiano, che segna la rete del vantaggio e raggiunge nella classifica cannonieri Fred a 14 gol, senza però aver segnato una sola rete su rigore. Crollo casalingo del Botafogo, che regala la prima vittoria in trasferta, senza Neymar, al Santos. In rete André, uno dei tanti ragazzi cresciuto all’ombra del fenomeno di Mogi das Cruzes (sfortunato alla sua prima esperienza europea, nella Dinamo Kiev), e l’ex Colo Colo Miralles. Due legni centrati da Elkeson, in preoccupante calo di rendimento dopo un ottimo avvio: il giocatore, cercato anche dall’Italia questa estate, è stato sostituito al 70’. Stasera gara decisiva, in ottica salvezza, per il Palmeiras: una vittoria sul Coritiba ridurrebbe a soli tre punti il distacco in classifica del Verdão dai paranaensi, quintultimo club della classifica . Il club di Palestra Italia si sta muovendo sul mercato e spera quanto prima di trovare l’accordo con Alex, ormai un ex del Fenerbahçe e già protagonista in maglia verde, con cui ha vinto la Copa Libertadores del 1999.

03 ottobre 2012

Champions Asia: Lippi eliminato da Caneda

Fonte: Gazzetta.it

 
La settimana nera di Marcello Lippi diventa nerissima. Dopo aver perso la testa della classifica del campionato cinese, esce dalla Champions Asiatica, l’obiettivo principe del suo Guangzhou Evergrande. Merito dei sauditi dell’Al Ittihad che dopo il 4-2 di Jedda, contengono la sconfitta in Cina: l’1-2 al 90’ vale un posto in semifinale. Raul Caneda, tecnico spagnolo allievo di Juan Manuel Lillo e raccomandato al Al ittihad da Pep Guardiola, porta i suoi uomini al trionfo dopo una partita emozionante messasi subito bene per Lippi ma poi ribaltata con volontà e intelligenza dai gialloneri di Jedda.

Straordinaria l’atmosfera allo stadio Tiahne: oltre 50mila persone ululanti, completamente vestite di rosso che regalano un contributo unico alla squadra cantonese. Il Guangzhou vuole un ritmo altissimo, anche a discapito di alcuni errori di precisione: per forzarlo alza tantissimo la zona di pressione, rischiando non poco, data la leggerezza di alcuni movimenti nello scivolamento difensivo. Deve recuperare, e inizia subito forte e senza paura. La camicia a righe bianco-azzurro di Lippi pare una bandiera sventolante a bordocampo, data l’agitazione del tecnico viareggino. L’Al Ittihad, abituato molto di più a un calcio di possesso, fa fatica: i cinesi guadagnano troppo spesso sponde davanti all’area di rigore, la manovra si chiude sempre con conclusioni, anche pericolose. Lucas Barrios, attaccante argentino ex Borussia Dortmund, è un maestro spalle alla porta: prende posizione e arriva al tiro, al 17’ coglie l’incrocio dei pali, due minuti dopo sblocca il risultato con un bel destro rasoterra. Lo stadio, se possibile, aumenta l’intensità del tifo. Dario Conca ci provo un paio di volte sfiorando il gol, sempre da fuori, sempre da quella posizione centrale che l’Al Ittihad non riesce a schermare a dovere. I sauditi, che avevano trovato per primi la rete, poi annullata, costruiscono non frequenti ma buone transizioni, rivelandosi però imprecisi, precipitosi ai sedici metri. L’incapacità a gestire il ritmo li porta emotivamente ai bordi della partita, accettano la gara di corsa cogli avversari, che certo non favorisce il loro maggiore tasso tecnico, il loro calcio di tocco. L’ennesima iniziativa di Lin Gao, attivissimo attaccante di Lippi, si conclude con il fischio di un rigore generoso (arbitro coreano Him ha sbagliato molto e in tutte le direzioni): due minuti di proteste poi l’ex Fluminense Dario Conca trasforma alla destra del portiere, 2-0 e qualificazione in pugno.

La partita è aperta, emozionante. Il secondo tempo è un fiorire di occasioni da gol da una parte e dall’altra (clamoroso palo di Conca allo scoccare dell’ora di gioco, pochi minuti prima si era divorato una occasione a porta sguarnita): le squadra sono spezzate in più tronconi: è gara di impeto, volontà, più che di testa e attenzione tattica. Un paio di mosse di Caneda, tecnico dei sauditi, cambiano la partita: due cambi e una maggiore ricerca del gioco diretto verso la punta centrale. Al 78’ si zittisce di colpo lo stadio: spizzata di testa del possente centravanti Naif Hazizi, destro e rete del 2-1 di Fahd Al Mullawad, entrato al posto del polemico Noor. Lippi ha tolto da pochi minuti un esausto Lucas Barrios, la sua migliore arma offensiva. La generosità dei suoi ragazzi produce alcune palle-gol, ma nessuna rete. Marcello Lippi è fuori dalla Champions ed entra d’improvviso nell’occhio della critica  

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it

02 ottobre 2012

Liga. Il Barça si salva di fronte a un ottimo Siviglia

L’aggiusta, ancora una volta, nel finale il Barça. I gol al 89’ di Fabregas e al 92’ di Villa danno una vittoria (3-2) al Barcellona contro un grande Siviglia. Ma è una vittoria poco limpida, segnata chiaramente da almeno un paio di errori arbitrali. Molto discutibili i fischi di Antonio Miguel Mateu Lahoz che è frettoloso nell’espellere Medel e valuta male un fallo di mano nell’azione del 2-2 di Fabregas. Sono tre punti, ma il Barça non esce certo brillando da Siviglia. 


L’ambiente al Sanchez Pizjuan è sempre fantastico e l’inno del Siviglia cantato a squarciagola da tutto lo stadio è qualcosa di unico: carica la squadra ma non le toglie lucidità. Il tecnico Michel, scudiero di Butragueno nel Madrid anni Ottanta, sa che i primi venti minuti sono importanti col Barcellona e investe soprattutto sull’attenzione a non concedere spazi. Il Barcellona, che alle assenze storiche di Piqué e Puyol, somma quelle pesantissime, dell’ultimo minuto di Iniesta e Adriano, prova con le ricezioni centrali e, con la velocità di pensiero e di esecuzione, di rompere il muro biancorosso. Fabregas parte sulla linea mediana ed è bravo a trovare lo smarcamento e a rifinire la migliore azione blaugrana: Xavi-Cesc -Messi che trova l’angolo basso dove però Palop ci arriva: è il 13'. Il Siviglia difende con tanti uomini ma sa ripartire: l’uomo chiave è lo svizzero-croato Rakitic, che è libero nel ricevere il passaggio di apertura e molto bravo nella conduzione della transizione. Proprio su questa situazione il Siviglia trova il gol del vantaggio. Song, schierato difensore centrale al fianco di Mascherano, erra ancora una volta nella lettura di una situazione e si trova fuori posizione nella transizione del 26’, ancora una volta gestita da Rakitic: il fantasista trova Medel che va al tiro, il rimpallo finisce si piedi di Trochowski che brucia di sinistro Victor Valdes. 

Il 4-3-3 del Barça, con Messi assistito da Pedro e Alexis Sanchez, reagisce con volontà ma sempre in maniera disordinata, per limitare le ripartenze di Rakitic Tito Vilanova sposta Busquets nella posizione di Xavi. Col vantaggio sul tabellone il Siviglia guadagna anche quello in campo: la possibilità di trovare lucidamente con il gioco diretto a Negredo, un centravanti che spalle alla porta è un vero portento e fisicamente non soffre i due centrali avversari. Solo da una situazione di sovrapposizione di Jordi Alba viene fuori pulita e per poco i blaugrana non pareggiano: Maduro si immola sulla conclusione di Messi e il Siviglia esce tra gli applausi del suo pubblico. Bravo Michel a creare una squadra che sa leggere i momenti della partita, sa quando è necessario difendere anche con tanti uomini, e sa riconoscere il tempo in cui appoggiare maggiormente gli avanti. Inizia coi fuochi d’artificio nel secondo tempo. Un passaggio di costruzione di Busquets a Messi, che si era abbassato molto, viene facilmente letto da Medel, verticalizzazione del cileno e uno contro uno vinto con troppa semplicità da Negredo su Song: tocco sotto e 2-0 sull’uscita di Victor Valdes. 

Cinque minuti dopo, al 53’, accorcia le distanze Fabregas con una sventola da fuori dopo una sponda di Pedro. La partita è davvero tirata, spettacolare e aperta e il Siviglia finalmente si gode un Jesus Navas ispirato, e un appoggio a sinistra che fa molto male al Barça. Spettacolo rovinato a venti minuti dalla fine dall’arbitro, che diventa malauguratamente il protagonista della gara: Medel è ingenuo, appoggia la testa su Fabregas che finge di essere colpito duramente: espulsione per il cileno. La partita cambia ancora punteggio, e c’è un altro errore del fischietto: l’azione del gol di Fabregas che fissa il punteggio sul 2-2 nasce da un mani chiaro di Thiago: Michel esplode e viene allontanato dal campo. La tensione e la rabbia obnubila la mente dei giocatori del Siviglia che si fanno sorprendere al 93’ dal Guaje Villa. Inizia una settimana impegnativa che prosegue con la trasferta a Lisbona per incontrare il Benfica e termina domenica sera con il SuperClasico contro il Real Madrid. Non basterà questo Barcellona per ottenere un buon risultato.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it