23 settembre 2011

Gasp, l'Inter e la difesa a tre: la rivoluzione mancata




A inizio stagione due squadre di vertice, Inter e Roma, manifestavano l'intenzione di proporre un calcio diverso, quest'anno. Le idee nuove erano veicolate dai due tecnici, entrambi responsabili di un percorso sportivo insolito e forse anche solo per questo diversi. Luis Enrique e Gasperini volevano cambiare. Il tecnico romanista è arrivato in una nuova società disposta, almeno così pare, a supportarlo nonostante i risultati e le prestazioni finora ancora lacunosi, com'è ovvio quando si inizia a intraprendere un percorso tutto nuovo. Gasperini all'Inter è già stato licenziato.
L'Inter è un mondo strano. Mai però come quello che gli gira attorno, tra stampa e tifosi: voci incontrollate (quasi mai verificate, la cui fonte è sempre anonima) diventano verità assolute, cliché diventano dogmi, polemiche diventano casi di stato. Il posto peggiore per costruire una rivoluzione tecnica, com'era nei fatti il progetto di Gasperini, forse anche oltre la volontà del tecnico e le aspettative della società.

Prima della fatal Novara, Gasp parlava così "questa squadra, secondo me, non può più giocare come negli anni vincenti, non ha più gli uomini per ripartire velocemente."

L'idea principale era quindi quella di cambiare il sistema di gioco dato che la squadra, rispetto all'età dell'oro di Mourinho e al periodi di Mancini, era cambiata poco aumentando così l'età media, e sopratutto perso quei giocatori da ripartenza veloce, prima il caso Balotelli (ceduto per l'ingestibilità del soggetto), poi la cessione di uomo chiave come Samuel Eto'o.

Cambiare, da subito e in fretta, senza un adeguato periodo di preparazione, con le partite ufficiali da giocare (e da vincere) come unici test di verifica.

Non ha funzionato, le rivoluzioni riescono raramente, quasi mai. All'Italia ne sono riuscite due, ad altissimo livello: il periodo di Sacchi al Milan e quello di Mourinho all'Inter, entrambi esauritesi molto presto.

Cosa ci ha lasciato il campo: cos'è stato Gasperini all'Inter?

L'idea di base era il suo 343, e la ormai famigerata difesa a 3. Gasperini non ha scelto una difesa a tre a sistema puro, nulla a che vedere con l'Ajax di van Gaal o il Barcellona di Cruyff. La necessità di Gasp era mantenere l'equilibrio nell'ultima linea: gli esterni si alzavano contemporaneamente, cercando di sviluppare il gioco in ampiezza ma correggendo con dinamiche di gioco e contromovimenti l'equilibrio dietro, così che la linea difensiva rimaneva a 4. L'utilizzo degli esterni, seppur di non elevatissima qualità (molto ha pesato l'infortunio di Maicon) è certo stata una delle cose positive del periodo gaspariniano.

Il problema principale dell'Inter di Gasp è stato sicuramento lo spazio concesso tra i reparti. Se la squadra rimaneva a difesa schierata, rimaneva compatta e attenta, riusciva ad abbassarsi senza concedere nulla (vedi match contro la Roma a San Siro), le paturnie nascevano nelle fase di transizione. La rigidità dei tre settori (anche determinate da scadenti letture dei giocatori, e da una certa, evidente, indigeribilità a una nuova situazione) impediva di mantenere la palla nel settore offensivo, concedendo così maggiori spazi, una squadra spezzata, con transizioni ingestibili per una squadra che soprattutto in mezzo ha scarse capacità dinamiche, evidenti limiti di corsa.

Nella costruzione offensiva sono poi mancati gli appoggi centrali (dovuti anche alla scarsa forma di Milito, nettamente il migliore, teoricamente - come dimostrò a Genova proprio con Gasperini - a concedere le sponde), così che la squadra era costretta continuamente su uno dei due lati. Scadenti anche i risultati nell'applicazione del fuorigioco come arma tattica per mantanersi corti, a causa di continui errori di coordinazione tra difesa e centrocampo.

L'idea rivoluzionaria del 343 di Gasperini rimane valida, anche con interpreti di questa qualità e capacità. Certamente è mancato il tempo: Gasp non è riuscito in un periodo così limitato a "convincere" davvero la truppa a giocare in un modo differente, non ha avuto la capacità di "entrare sotto pelle", di modificare il pensiero unico conservatore che naturalmente alberga nella testa di ogni calciatore di questi anni, specie di altissimo livello, assolutamente restio a entrare in un nuovo mondo, abbarbicato alle proprie (limitate) certezze. Per questa trattasi di pensiero rivoluzionario quello del Gasp.

Chi ama il calcio, il gioco, non può che essergli grato almeno per il tentativo.

Claudio Ranieri si è da poco insediato e ha promosso immediatamente una restaurazione filosofica, che probabilmente nel medio-breve pagherà dividendi interessanti in termini di risultati.

Brasileirão: Vasco spreca il turno favorevole, San Paolo e Corinthians sono sempre a contatto

Il Vasco capoclassifica, pareggiando in casa contro il non irresistibile Atletico Goianiense, getta al vento l’opportunità di allungare in classifica dopo lo 0-0 tra le immediate inseguitrici, San Paolo e Corinthians. Le vittorie di Botafogo e Fluminense, e la buona marcia del Santos, che deve ancora recuperare due partite, restringono le distanze nell’alta classifica e ora ci sono ben cinque squadre (potenzialmente sei, con il Peixe) nel giro di soli sei punti.

La partita del São Januario rappresentava per il Vasco una prova di maturità. Sostanzialmente fallita, nonostante la Croce di Malta rimanga in vetta alla classifica. Ancora Diego Souza, caldissimo in questo periodo, pareggia la rete di Anselmo dell’Atletico Goianiense, ma il Vasco, nonostante alcune buone opportunità non mostra quella volontà e determinazione necessaria, e ora diventa molto delicata la trasferta nel week end contro il Cruzeiro, bisognoso di punti dopo l’ennesima sconfitta, a Curitiba. (continua su Gazzetta.it)

20 settembre 2011

Inler, il (mezzo) turco-napoletano


Fonte: Max on line



Se il Napoli è oggi la squadra con più appeal d’Italia non è solo merito dei tre tenori davanti, Hamsik, Lavezzi e il bomber Cavani. La certezza che la squadra di Mazzarri sia competitiva ad alto livello in Europa, dopo il pareggio a Manchester contro il City plurimiliardario di Roberto Mancini, è dovuta anche al fatto che è arrivato un nuovo direttore d’orchestra in mezzo al campo, il (mezzo) turco napoletano Gökhan Inler.
Niente però atteggiamento sopra le righe alla Totò, Inler fuori dal campo è una persona fin troppo seria, tanto che per animare la conferenza stampa di presentazione il presidente Aurelio de Laurentiis gli ha messo in testa una maschera da leone.
Avranno sorriso su a Olten, nel nord della Svizzera, dove nacque il movimento letterario più celebre della storia elvetica contemporanea, con Friedrich Dürrenmatt e Max Frisch. A Olten lo conoscono Gökhan, lo hanno visto crescere: figlio di una famiglia turca, esultarono quando giovanissimo era quasi certo il suo passaggio al Fenerbahce di Istanbul. E invece Inler rimase in Svizzera, e grazie alla Svizzera si è affermato: dopo essere stato scartato dal Basilea è Lucien Favre a scoprirlo e lanciarlo nello Zurigo. Favre, probabilmente il miglior allenatore della Svizzera dei nostri lustri (sta facendo un lavoro eccezionale anche al Borussia Mönchengladbach, quest’anno), tira fuori da Inler il meglio da questo ragazzo taciturno, introverso, (troppo) sensibile, incline all’apatia ma dai mezzi tecnici fenomenali.
Il sangue turco, l’educazione (anche sportiva) svizzera ha sortito un mix unico, da maneggiare con cura: soprattutto da sollecitare con i giusti toni. A Udine lo hanno scovato prima di tutti, allo Zurigo, dove giocava con Dzemaili (ora suo compagno al Napoli) e con il più talentuoso di tutti Margairaz, che come da copione si è perso, e lo hanno gestito in maniera perfetta, stimolandolo quando era il caso, costruendo anche moralmente il giocatore. La scelta della Nazionale ha un po’ deluso tanti fratelli turchi, Inler ha preferito la Svizzera, quando quasi tutti i giocatori con doppio passaporto (da Kuzmanovic a Rakitic) sceglievano di allontanarsi da Berna. Chi si attendeva da Inler un proclama, dopo questa preferenza, non lo conosce: “ehm, veramente ho scelto chi mi ha chiamato prima!” Gökhan Inler è un centrocampista che sa fare tutto e lo sa fare bene, è un cristallo da lucidare costantemente e con cura, brillerà, e con lui il Napoli.

19 settembre 2011

[San Siro - Analisi Live] Inter - Roma 0-0

Lo dice chiaramente Gian Piero Gasperini, nella conferenza stampa post partita: “questa squadra, secondo me, non può più giocare come negli anni vincenti, non ha più gli uomini per ripartire velocemente, difendere e ripartire.” La frase è chiara e nel seguito, Gasp sottolinea i suoi propositi: “ dovremo essere un poco più alti, un po' più compatti, l'azione deve partire da dietro, o la palla deve essere recuperate più alta: stiamo lavorando per questo.” Questo approccio lo pone in diretta contrapposizione con un suo sfortunato predecessore: Rafa Benitez credeva in un 442, più o meno mascherato da 4231 (un refrain della sua carriera, d'altronde), per rianimare questa squadra dopo il Triplete. Un progetto sostanzialmente fallito. Gasperini prova con diverse modalità e approccio a strutturare la squadra, modificando anche di partita in partita il sistema di gioco, un po' per far rendere al meglio i suoi uomini, un po' perché deve trovare un'identità precisa.

Con la Roma, il processo (dopo un mercato lunghissimo e sempre col sottofondo di polemiche molto spesso pretestuose) è cominciato dalle fondamenta. Dopo i buchi in zona centrale nella partita contro il Palermo, contro la Roma la difesa schierata con tre difensori puri (Lucio-Samuel-Ranocchia)ha rischiato solo in rare occasioni. Interssante la marcatura quasi a uomo nella zona di Ranocchia e Lucio, e in generale la presa di consegna di un uomo nella fase difensiva anche dai centrocampisti, un po' alla maniera di van Gaal. Il giro palla dei giallorossi è stato lasciato sbollire lontano dalla zona pericolosa: la palla non è mai stata cacciata alta,ma si è preferito la copertura e il raddoppio. L'obiettivo era non retrocedere troppo con i tre dietro, non appiattirsi: salvo alcune situazioni, tra primo e secondo tempo (dove Gasp ha sofferto di più il possesso romanista), la squadra è rimasta concentrata e attenta. Non prendere gol rimaneva un dogma, a questo è stato anche sacrificato un certo tipo di accompagnamento nella ripartenza: con Gasperini si dovrà studiare meglio la fase di rimorchio dei centrocampisti.

352 spurio, quasi un 3142 con Cambiasso sempre davanti alla difesa, a cercare di infastidire Totti, che partiva dal ruolo di centravanti ma si abbassava tantissimo, favorendo il possesso ma alcune volte anche a scapito della pericolosità nei 16 metri. Sneijder in una posizione ibrida tra il centrocampista e il rifinitore, Forlan praticamente da seconda punta e Milito riferimento offensivo. La squadra è rimasta spesso compatta, le rare volte, specie nel primo tempo, in cui è uscita a blizzare con un pressing alto (Zanetti, Nagatomo) è scivolata bene all'indietro: si tuazione che dovrà essere ripetuta con maggiore frequenza e consapevolezza nelle proprie capacità. Difficoltà a costruire da dietro, specialmente nel secondo tempo. Nella prima frazione, nonostante il pressing alto della Roma, l'opzione Sneijder era sempre disponibile (anzi: più volte l'olandese si è lamentato della mancata ricezione) e i difensori lo hanno trovato, dopo è diventato più difficile, il numero 10 si è abbassato meno, e i difensori sono andati più volte in affanno, sparacchiando palle lunghe.

Il possesso palla della Roma è stato molto lodato da critica e tifosi. In generale c'è molto entusiasmo rispetto a questo modalità, non solo all'interno dell'ambiente giallorosso. Contro l'Inter, si è però di nuovo palesata la mancanza di un riferimento credibile, in mezzo. Inoltre, il solo Totti, abbassandosi, ha trovato l'uomo nello spazio in verticale. Borini e Osvaldo non hanno concluso tanto, anzi. Il pressing ultra offensivo voluto da Luis Enrique ha messo più volte in difficoltà l'Inter: manca ancora però un'adeguata seconda fase: dopo il superamento della prima linea, l'Inter ha avuto diverse situazioni di transizione quasi in parità numerica; c'è da lavorare, ma la linea è tracciata. I due terzini adattati, Perrotta e Taddei, oltre che in appoggio al possesso, sono serviti anche per accorciare sulle fasce: opzione interessante, anche se poi, nel finale di partita la Roma ha sofferto moltissimo a sinistra, con Zarate che ha più volte saltato Taddei nell'uno contro uno (dando origine, anche, all'azione più pericolosa della gara, con Sneijder che ha colpito a botta sicura da posizione favorevole all'interno dell'area di rigore).

Il cambio Forlan-Muntari ha acceso le critiche di stampa e tifosi. Tuttavia, l'ingresso del ghanese ha ridato equilibrio all'Inter (spostamento di Sneijder a seconda punta, con Zarate però comunque largo). Tutto ciò ha dimostrato, al di là di mille congetture, che il tecnico pensa (eventaualmente sbaglia) solo con la propria testa, senza obbedire a diktat dall'alto, come conferma pure la scelta di Alvarez spedito in tribuna. I giocatori appaiono col tecnico, disponibili ad assecondare una nuova via, necessaria per rilanciare la squadra dopo i successi degli anni passati.
I due tecnici hanno le idee chiare sul progetto da costruire, sono ancora all'altezza delle fondamenta e reclamano tempo e pazienza.

INTER-ROMA 0-0
INTER (3-5-2): Julio Cesar; Lucio, Samuel, Ranocchia; Nagatomo, Zanetti, Cambiasso, Sneijder, Obi (dal 17’ s.t. Jonathan); Milito (dal 13’ s.t. Zarate), Forlan (dal 34’ s.t. Muntari). (Castellazzi, Bianchetti, Castaignos, Pazzini). All. Gasperini.
ROMA (4-3-3): Stekelenburg (dal 17’ p.t. Lobont); Perrotta, Burdisso, Kjaer, Taddei; De Rossi, Pizarro (dal 13’ s.t Gago), Pjanic; Osvaldo, Totti, Borini (dal 33’ s.t. Borriello). (Cassetti, Rosi, Heinze, Bojan). All. Luis Enrique.

15 settembre 2011

[San Siro - Analisi Live] Inter - Trabzonspor 0-1

L'Inter di Gasperini fa il suo esordio stagionale in Champions con una sconfitta. Il Trabzonspor gioca una gara esclusivamente difensiva e raccoglie più di quanto ottenne al Da Luz contro il Benfica dove affondò molte più volte e mise in maggiore difficoltà l'avversario. La critica calcistica si perde dietro mezze verità, interpretazioni di sospiri, esegesi delle mimiche facciali. Una sconfitta casalinga contro una squadra dal nome folcloristico alimenta le polemiche in un periodo dove l'Inter ha necessità di estraniarsi dall'ambiente (marcio) che la circonda. Anche perché segnali positivi, di ripresa rispetto alla performance di Palermo, ce ne sono stati, in campo.

L'Inter inizia con il 4321: Pazzini riferimento centrale, Snejider a sinistra, dove le giocate gli riescono meglio e Zarate che prova i suoi uno contro uno da destra. La squadra ha equilibrio, riconosce le distanze, soprattutto, nella transizione difensiva, con recuperi palla anche ultra offensivi: manca la velocità nel ribaltamento, una volta conquistata palla: il solo Sneijder, che viene presto a prendere palla più basso, tramutando il sistema di gioco in un fotografabile 4312, ha la capacità della giocata disequilibrante ripetuta. Zarate prova qualche uno contro uno, riesce a trovare in un paio di occasioni la porta ma non a segnare. In generale la squadra manca però di profondità: il riferimento centrale di Pazzini è poco credibile e i turchi che fanno densità difensiva, anche ripetuta, senza curare il contropiede,riescono a reggere.

Il sistema difensivo è stata la chiave dell'ottimo campionato dell'anno scorso del Trabzonspor, oltre che marchio di fabbrica di un tecnico preparato come Senul Gones. Ho visto diverse volte questa squadra nella passata stagione, specificamente all'inizio, dove volava (anche perché davanti aveva Teofilo Gutierrez...), e nel finale, dove faceva parecchia fatica trovare la porta. Anche a San Siro, al di là della novità (ottima) dell'aggiunta in mezzo al campo di un centrocampista difensivo come Zokora (peraltro spedito queasi subito quasi a uomo su Sneijder), rinnova questa qualità difensiva. Ordine, coperture, raddoppi ma anche mentalità, forza psicologica. Manca la fase di ripartenza: non c'è accompagnamento, ma anche poca lucidità nel passaggio d'apertura: Alanzinho si spegne presto (parte a sinistra, poi nel secondo tempo cambia la posizione con Altintop, in mezzo), Ylmaz non c'è, Paulo Henrique, riferimento offensivo unico del 4231 turco, si vede pochissimo.

Gasperini prova a inizio secondo tempo a mutare i flussi di gioco adottando il 4231. La ricerca sistematica di Sneijder è leggibile con troppa facilità dal Trabzonspor, si prova a coinvolgere altri nella manovra. Obi a destra però non funziona, e Gasp cambia uomini, inserendo Alvarez e Milito, per Obi e Pazzini (in serata no: nel primo tempo manca, di sinistro, una facile conclusione andando a vuoto davanti alla porta). Il Trabzonspor prova ad alzare la linea e l'Inter non approfitta di una partita che diventa improvvisamente più aperta, con maggiori spazi. Ecco, questa dell'incapacità di ribaltare velocemente l'azione rimane una situazione da studiare con attenzione da parte di Gasperini: il Trabzonspor difende comunque benissimo la transizione negativa. Lascia però qualche falla sui lati: da una iniziativa di Jonathan a destra nasce l'occasione più ghiotta della partita, capita a Milito, che da solo davanti al portiere, sbaglia.

A cambiare la sostanza del match giunge, inaspettata, la rete dei turchi. Disattenzione difensiva in area interista, poca cura di una situazione delicata e gol del Trabzonspor. La situazione psicologica per l'Inter diventa un fardello pesantissimo. Eppure c'è ancora spazio per l'assalto finale, dove il più attivo è Coutinho, entrato a surrogare Zarate (anche nella posizione, parte largo a sinistra): è il giovane brasiliano, grazie all'ennesima invenzione di Sneijder, a cercare l'angolo dove però Tolga Zenin, portiere ispirato, non si fa sorprendere. Finisce 0-1, gioia turca e ritorno, per noi, triste, all'ordinaria "fiducia di Moratti".


INTER: Julio Cesar; Jonathan, Lucio, Ranocchia, Nagatomo; Zanetti, Cambiasso, Obi (55' Alvarez); Sneijder, Pazzini (55' Milito), Zarate (77' Coutinho). A disp. Orlandoni, Samuel, Faraoni, Bianchetti. All. Gasperini.
TRABZONSPOR: Tolga; Celustka, Kacar, Glowacki, Cech; Colman, Zokora; Serkan, Alanzinho (64' Sapara), Altintop (88' Akgun); Paulo Henrique (74' Vittek). A disp. Sevim, Mustafa, Brozek, Ferhat. All. Gunes.

Gol: 76' Celustka

13 settembre 2011

L'ammazzainter Devis Mangia, prima di Miccoli ringrazi quel gol al Gavirate


Fonte: Max on line


Devis Mangia, l’eroe per caso che con il suo calcio di movimento e pressione ha battuto l’Inter nella giornata che dava il via al campionato di serie A, non deve ringraziare solo Fabrizio Miccoli o Abel Hernandez.

In cima alla lista della riconoscenza il buon Devis da Cernusco sul Naviglio dovrebbe metterci uno sloveno, ma non quel Ilicic che ha dato il via alla rete del 2-2 contro i nerazzurri, no. Grazie Sanel Sehic. Chi? Sehic, per quanti frequentassero poco le minors calcistiche lombarde, è un super bomber di categoria.

Nella sua stagione d’oro, 2004-05, Sehic con la maglia biancorossa del Varese infilò 24 gol, due dei quali nella semifinale dei playoff per l’accesso in Serie D contro il Gavirate. L’AS Varese era appena rinata grazie al Lodo Petrucci e alla volontà di Riccardo Sogliano, ex direttore sportivo ma soprattutto ex giocatore del Varese (c’era in campo pure lui quando i biancorossi al Franco Ossola rifilarono 5 gol alla Juventus: lì si mise in luce Pietro Anastasi, con una tripletta, correva l’anno 1968). Sehic segnò un gol in extremis che permise l’accesso alla finale (poi persa con la Tritium) ma che consentì al Varese di essere nella posizione giusta per essere ripescati l’anno successivo.

Così puntualmente successe, per la gioia di Devis Mangia, il nostro Devis, che quell’anno, da allenatore della Beretti, aveva preso la squadra in corsa, sostituendo mister Belluzzo. Il neo allenatore del Palermo ci mette ancora del suo, Sehic pure, e l’anno dopo il Varese torna tra i Pro e accede in C2.

Mangia prova l’avventura lontano dalla Città Giardino, ma è proprio quel periodo magico delle due “promozioni” che lo fa apprezzare dalla famiglia Sogliano. Il figlio di Riccardo, Luca Sean, lo richiama in biancorosso per affidargli la Primavera del Varese, l’anno scorso, quando la promozione in B della squadra condotta dall’ottimo Sannino si tramuta da sogno a realtà.

Con i giovani Mangia sfiora il titolo nazionale, rifiuta la panchina della Primavera dell’Inter perché annusa quella del partente (per Siena) Sannino, poi si fa convincere dal suo mentore Sogliano junior di seguirlo a Palermo. Pioli e Zamparini, fanno il resto, ma tutto parte da quei gol di Sehic, che ancora infila le reti delle categorie minore lombarde, da domenica sera però con un pizzico d’orgoglio in più.

12 settembre 2011

[Champions africana] Penultimo turno dei gironi, vicini i verdetti per le semifinali

Nel Gruppo B larga, e prevedibile, vittoria dell'Esperance di Tunisi che con 9 punti è quasi in semifinale. Nell'altro match del girone, l'Al Ahly di Manuel José sfiora il colpaccio a Casablanca, va in vantaggio con Gedo, ma alla fine non va oltre il pareggio, e ora il Wydad mantiene il vantaggio sugli egiziani e gli basterà battere l'MC Alger per raggiungere la finale. Ultima giornata, scontro tra big: Esperance-Al Ahly

Esperance - MC Alger 4-0


Wydad Casablanca - Al Ahly 1-1



Nel gruppo A i nigeriani dell'Enyimba battono i sudanesi dell'Al Hilal e accedono alle semifinali. L'Al Hilal viene raggiunto così in classifica dal Cotonsport. Ultima giornata con i camerunesi che incrociano i nigeriani già qualificati e l'Al Hilal impegnata contro il Raja di Casablanca, ormai eliminati.

Enyimba - Al Hilal 2-1


Cotonsport - Raja 2-1

10 settembre 2011

[Analisi - San Siro Live] Milan - Lazio 2-2



Partita di inizio stagione, diverse imperfezioni e condizione atletica non ottimale.
Il Milan non entra subito in partita, manca anche un pizzico di concentrazione, ne approfitta una Lazio che invece comincia con entusiasmo. Uno contro uno sul lato di Cissé, ribaltamento veloce dell'azione, accompagnamento di centrocampo e difesa. Tutto bene in fase offensiva per la Lazio e possibilità di sfruttare la fascia sinistra del Milan, dove Antonini è in difficoltà, anche fisica, su Mauri, Aquilani non ha i tempi del raddoppio e Ambrosini (poi van Bommel, che entra per Gattuso) non si muove dalla zona centrale. Mauri col suo sinistro, dalla fascia destra, offre i due assist per i gol dove a peccare è anche Nesta, battuto in uno contro uno da Klose in area di rigore nella prima segnatura, e anticipato da Cissé sulla seconda.

Il Milan inizia con poca applicazione, la prima reazione dopo le reti subite è quella di aumentare il ritmo, e attaccare anche in maniera scomposta. Si notano immediatamente almeno un paio di mancanze della Lazio di Reja: non ha la lucidità per gestire questa situazione di estremo vantaggio (ripartenze in spazi larghi), né la forza e l'organizzazione per pressare i portatori di palla avversari, segnatamente nella zona intermedia della fase offensiva milanista. Lì, ai 25-30 metri, si sviluppa la fase chiave dell'attacco rossonero a difesa schierata. Ricezione, molto spesso di Ibra, e possibilità di trovare il taglio dentro. Ledesma non ha la dinamicità per uscire a pressare, Brocchi è generoso ma non solo non ha sempre i tempi giusti, è spesso mal coordinato con le altre linee: segnatamente il lato debole è difeso malissimo. Reja non chiarisce quale deve essere la difesa in questa situazione: Zauri rimane sempre in mezzo alla giocata, mai supportato: dopo una prima fase in questa difficoltà Hernanes è costretto a rientrare da quel lato (Cissé non ci pensa neppure). Mancanza di pressione in mezzo, libertà quindi di trovare sempre gli sbocchi: così il Milan rientra in partita, anche per un'altra disattenzione di Zauri, che si perde Cassano sul calcio d'angolo del pareggio.

Il secondo tempo la Lazio trova almeno un briciolo di identità, il 4231 iniziale diventa 442, con Hernanes esterno sinistro (francamente uno spreco assoluto). Questa idea del giocatore di qualità che deve essere disposto al sacrificio è corretta ma incompleta: deve essere messo in grado di sfruttare le sue capacità, e lì Hernanes, giocatore sublime, viene completamente declassato. Dopo l'uscita di Klose Hernanes cambia per la terza volta ruolo e va a giocare seconda punta.

Grande densità, lotta su ogni pallone, la Lazio la spunta così, ma rimane con Klose che, costretto a recuperi e scatti, perde autonomia e va in apnea molto presto. Il contropiede, l'unico ben costruito, con cui Cissè si trova davanti Abbiati e sfiora il gol, convince Reja a proporre il franco-ivoriano in mezzo: mossa tardiva, anche Cissé, spompato troppo sulla fascia, non la vede più da punta centrale. Le ripartenze poi non hanno più un appoggio, una costruzione lineare.

Il Milan che nel primo tempo ha sofferto parecchio dietro (anche Abbiati non sicurissimo) rimane meno compatto del solito, martella palla dentro per Ibrahimovic, prova la giocata diretta di Thiago Silva e approfitta della linea sempre più bassa della Lazio, che minuto dopo minuto si avvale della sola densità per difendere la porta dell'ottimo Bizzarri (prontissimo in più di una occasione, e bene negli uno contro uno: salva su Aquilani e su Ibra); le occasioni da gol non vengono però sfruttate, e alla fine finisce 2-2. Milan impreciso, poco attento ma rimane l'identità dell'anno scorso, la Lazio manca di mentalità e rimane un progetto, ad oggi, dove gli uomini chiave sono queasi più i mediani che gli uomini di qualità. Ma siamo solo all'inizio, e si vede.


Milan - Lazio 2-2

Milan: Abbiati, Abate, Nesta, Thiago Silva, Antonini; Gattuso (20' Van Bommel), Ambrosini, Aquilani (68' Nocerino); Boateng (76' Pato); Cassano, Ibrahimovic. All. Allegri.
Lazio: Bizzarri, Konko, Biava, A. Dias, Zauri; Ledesma, Brocchi; Mauri (80' Lulic), Hernanes (85' Matuzalem), Cissè; Klose (68' Gonzalez). All. Reja.
Reti: 12' Klose (L), 22' Cissè (L), 29' Ibrahimovic (M), 33' Cassano (M)

09 settembre 2011

Brasileirão: Vincono tutte le prime della classe, Corinthians braccato da Vasco e San Paolo

Fonte: Gazzetta.it

Non è un campionato (solo) per vecchi, quello brasiliano. Nella giornata che vede la vittoria delle prime della classifica, il Brasileirão celebra i giocatori datati ma mette in luce anche nuovi, interessanti, talenti. Tre punti quindi per le prime tre della classe. Il leader Corinthians vince in rimonta una partita molto nervosa contro il Flamengo di Ronaldinho: la doppietta dell’ex Sporting Lisbona Liedson mantiene il Timão al comando del campionato. Tengono botta le principali inseguitrici. Il Vasco relega il Coritiba a São Januario grazie al piedino sempre magico del figliol prodigo Juninho Pernambucano, tornato al club carioca dopo gli anni al Lione e la parentesi dorata in Qatar: il primo gol lo segna direttamente su punizione, un classico del numero 8, nella seconda rete della Croce di Malta il giocatore nordestino propone un assist al giovane Romulo. Il San Paolo resta, insieme al Vasco, a meno due dalla capolista dopo la vittoria sull’Atletico Mineiro, nella partita numero mille in maglia Tricolor dell’icona del club, Rogerio Ceni. Decidono il match Dagoberto e il giovane e ormai ricercatissimo Lucas...

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08 settembre 2011

Miralem Pjanić, perla bosniaca a Roma




Fonte: Max on line

È arrivato all’ultimo minuto ma è destinato a lasciare il segno. Miralem Pjanić è stato l’acquisto meno pubblicizzato del mercato della Roma guidato dal DS Walter Sabatini ma è certamente quello di maggior valore.

Ventuno anni di spropositato talento, un piede destro da favola e quella capacità di vedere calcio propria dei geni dei Balcani. Figlio di una famiglia di bosniaci musulmani, nasce proprio durante la sanguinosa guerra slava, viene presto trasportato da papà Fahrudin, giocatore della seconda divisione yugoslava, e mamma Fatima in Lussemburgo, dopo una breve sosta in Germania.

Cresce nel Granducato, senza troppi soldi in tasca ma con la compagnia dei fratelli Mirza e Emina e soprattutto di quell’oggetto sferico con il quale ha subito elevata confidenza. Tira i primi calci al FC Schifflange e frequenta da subito le nazionali giovanili del Granducato: lì lo pescano quelli del Metz, 50 chilometri dalla frontiera lussemburghese e lo portano in una delle terre più appassionate di calcio dell’intera Francia, la Lorena.

Il presidente del club, Carlo Molinari, sulle cui origini c’è poco da discutere, se ne innamora subito, ma all’ombra della splendida cattedrale dedicata a Santo Stefano, in cui anche Marc Chagall volle misurare il suo talento, tutti impazziscono per il suo calcio. A Metz, dove sono passati, tra gli altri, Ribery e Drogba, il calcio lo capiscono: riconoscono che dopo il centro di formazione e una sola stagione nella prima squadra, il giovane bosgnacco, seppure imberbe, appartiene a un altro livello di football.

E infatti arriva il ras del calcio francese, Jean-Michel Aulas, a portarlo a Lione, consegnandogli l’eredità di un simbolo del club lionese come Juninho Pernambucano: la maglia numero 8. Nel frattempo Pjanić sceglie di difendere la maglia della patria natia, optando per la Selezione maggiore della Bosnia: le pratiche per l’ottenimento del passaporto sono però lunghe e, si dice, osteggiate da qualche funzionario che certifica come, nei fatti, la simpatia tra i popoli slavi che hanno partecipato alla guerra deve ancora ritrovarsi.

Si muove Željko Komšić in persona per vidimare il documento: l’attuale presidente della Bosnia Erzegovina, che gode di poca simpatia tra i nostalgici di Franjo Tudjman, “regala” al giovane Miralem il sogno di giocare per la sua patria. Uno così, con una storia così, non si turba per un paio di polemiche su Totti o Luis Enrique, i tifosi giallorossi possono rimanere tranquilli: il gioiello bosniaco è pronto a farli sognare.


Carlo Pizzigoni

05 settembre 2011

Brasileirão: Ecatombe in vetta: ko Vasco e Corinthians. Rivaldo decisivo, risorge Rafael Sobis




Ecatombe nelle parti alta della classifica del Brasileirao. La ventunesima giornata segna lo stop delle prime due della classe, Corinthians, sconfitto dal Coritiba, e Vasco, messo sotto addirittura dall’America, lanterna del campionato. Brutta figura anche per il Flamengo che, senza Ronaldinho, tornato in Nazionale per la partita di stasera contro il Ghana, viene sconfitto in casa, all’Engenhão, per merito del Bahia.

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04 settembre 2011

[Africa Qual. Can 2012] Sierra Leone - Egitto 2-1. Faraoni clamorosamente eliminati

L'Egitto, campione d'Africa in carica (ha vinto le ultime tre edizioni della Coppa d'Africa=, è matematicamente eliminato e non parteciperà alla prossima CAN 2012 che si svolgerà in Gabon e Guinea Equatoriale. A estromettere definitivamente i Faraoni la sconfitta contro la Sierra Leone dei giovanissimi Bangura.




Sierra Leone:
Christian Caulker (1) Sheriff Suma (11) David Simbo (15) Umaru Zaingallay Bangura (17) Ibrahim Marcel Koroma (12) Ibrahim Obreh Koroma (6) Rodney Strasser (8) (subbed 45th min) Alfred Zagalo (13) (subbed 86th min) Kei Kamara (7) Mohamed Pobosky Bangura (5) and Ibrahim Teteh Bangura (9)
Panchina: Mohamed Medo Kamara- in 45min, Mohamed Fornah (18) John Tyre, Obi Metzger Jr, Samuel Barley – in 86min, Desmond Wellington, and Ibrahim Kamara.

Egitto:
(1) Abou Gabel Mohamed, (3) Sobhi, (6) Hagazi, Abdel EL Fatthai (4), (12) Ramadan, (8) EL Soolia, (2) EL Magoy, (Captain) Ahamed Hassan (17),(10) Sallah, and (9) Mohamed Mohsen
Panchina, Lofty, (16), (18) Samir Saad Eldin, (5) El Hemawy Moaz, (13) Abd El Baset, and EL Karim Said (7)

01 settembre 2011

Brasileirão: Il Vasco per Ricardo Gomes, resiste in testa il Corinthians, crolla il Flamengo

Para Ricardo. La storia di questa 20ª del Brasileirao, infrasettimanale, ruota attorno al dramma di Ricardo Gomes, ex difensore del PSG e attuale tecnico del Vasco, che sta combattendo per la vita in un letto d’ospedale dopo l’emorragia cerebrale che lo ha colpito durante il derby contro il Flamengo e che è appena uscito dal coma Il suo Vasco, finalmente competitivo dopo tanti anni, continua la rincorsa alla capolista Corinthians: la vittoria contro il Cearà (doppietta di Elton e rete di Eder Luis, tutto in un quarto d’ora) è ovviamente tutta dedicata al tecnico. La commozione di una situazione così delicata relega in un cantuccio l’aspetto sportivo, che però è stato notevole anche in questo turno.
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