27 giugno 2007

[copaamerica2007] Perù - Uruguay 3-0



Davvero una bella sorpresa il Perù. Questo 3322 spurio di Uribe, tanto criticato, ha alla fine funzionato. La squadra rimane compatta, le distanze non si perdono anche quando si ribalta velocemente l'azione, anzi. Buona la partecipazione degli attacanti in tutte le fasi, con Guerrero davvero ispirato. Pazzesco l'Uruguay di Tabarez: la scelta di Cebolla Rodriguez a destra nella ripresa, senza specifici adeguamenti del settore difensivo è veramente incommentabile. Lugano vedeva sbucare giocatori liberi, faccia alla porta, un po' ovunque.

Di seguito la cronaca di un entusiasta Jorge Barraza su "El Comercio":


Antes de que los clarines inaugurales sonaran en San Cristóbal, hubo un partido en Mérida, en el que Perú aplastó a Uruguay. Lo barrió con juego, con fibra y con goles, desde el minuto uno hasta el noventa. Y puso en alerta a todo el continente de cara a la Eliminatoria: cuidado, apareció otro fuerte obstáculo en el camino a Sudáfrica. Este Perú no fue la expresión lánguida e inofensiva de los últimos 25 años; tuvo delanteros de raza (Guerrero, Farfán), zagueros que quitaron y salieron jugando (Acasiete, Rodríguez, Vílchez) y medios que tocaron la bola a la peruana, es decir, con calidad, peinando el césped en su deslizar. Vale sincerarse: teníamos fuertes aprensiones por la línea de tres hombres que presentaba el fondo de la selección incaica. El jugador peruano siente más el dominio del balón que la marca. Y el campo es muy ancho para apenas tres zagueros. Sin embargo, defendió con la misma eficacia que lastimó adelante. ¡Qué buen jugador, Bazalar! Prolijo, sabio, la entrega siempre redonda. ¡Qué revelación Pedro García! Aúna técnica y lucha. ¡Qué golazo el de Mariño! Claves las atajadas de Butrón. Firmísimos los tres del fondo; fino y picante Guerrero, importante Farfán. Difícil elegir un héroe, la estrella fue el equipo. No es difícil, en cambio, individualizar el antihéroe: Pizarro; parecía más uruguayo que peruano. Calurosas felicitaciones para Uribe. Apostó a jugar al fútbol (no al fulbito), agrupó mucha gente técnica y la arropó con orden, con marca, con actitud. Hace años no vemos un Perú así. Es todo mérito suyo. Estos jugadores estaban hace tiempo: nadie los hizo funcionar con tal eficiencia y estética. Los muchachos del 'Maestro' Tabárez recibieron una lección de fútbol. Pero no se las dio su técnico.




URUGUAY: Fabián Carini; Carlos Diogo, Diego Lugano, Diego Godín, Darío Rodríguez; Diego Pérez, Pablo García, Fabián Canobbio (46' Cristian Rodríguez); Fabián Estoyanoff (79' Gonzalo Vargas), Diego Forlán, Vicente Sánchez (65' Sebastián Abreu)
All.: Oscar Washington Tabárez

PERÚ: Leao Butrón; Santiago Acasiete, Miguel Villalta, Alberto Rodríguez, John Galliquio, Pedro García (56' Juan Carlos Mariño), Juan Carlos Bazalar, Walter Vílchez, Jefferson Farfán (79' Juan De La Haza), Claudio Pizarro (77' Andrés Mendoza), Paolo Guerrero
All.: Julio César Uribe

Marcatori: 26' Miguel Villalta (P), 69' Juan Carlos Mariño (P), 88' Paolo Guerrero (P)

25 giugno 2007

[analisi] Superliga 06/07 - Porto campione





Doveva essere Porto, e Porto è stato, ma che fatica, e che emozioni! A fine spettacolo, ecco il risultato: Porto 69 punti, Sporting 68, Benfica 67. Un applauso per tutti, specie per tre tecnici. Jesualdo Ferreira è arrivato ai Dragoni durante la preparazione del campionato in sostituzione di Co Adriaanse e ha centrato l’obiettivo mantenendo praticamente sempre la testa della classifica e facendo una buona figura anche in Europa. Paulo Bento ha portato i suoi ragazzi, molti dei quali appena ventenni, a lottare coi migliori, Fernando Santos è riuscito a costruire una base di gioco solida per il suo Benfica, che darà frutti a breve. Agli ultimi due sono mancati, oltre alla qualità della rosa del Porto, anche un marcatore affidabile in casa Benfica (quest’anno Nuno Gomes è diventato Nulo Gomes…)e un po’ di creatività nel centrocampo dello Sporting.

Pur non avendo l’appeal dei maggiori campionati europei la SuperLiga portoghese ha offerto, come ogni anno, una quantità considerevole di giocatori interessanti: proviamo a scovarli affiancandoli alle star consacrate in una top eleven, con l’aggiunta di qualche riserva

In porta, dritto su Hélton. Nonostante la papera in Champions’ che ha sostanzialmente condannato il Porto all’eliminazione, in tutta questa stagione ha offerto sicurezza alla sua difesa e Dunga lo ha promosso titolare della Seleçao. Nel sottobosco della Lega benissimo Fernando del Leiria, ennesimo esponente brasiliano in quella che è diventata la migliore scuola del mondo nel ruolo! Menzione anche per lo svizzero Benaglio del Nacional, pronto a prendere la porta anche della sua nazionale. La difesa del Porto, ritornata a 4 con l’arrivo di Jesualdo ha beneficiato soprattutto del lavoro sulle fasce di Fucile e di Bosingwa, recentemente “titolarizzato” da Scolari nella Selecçao. Affidabile anche il benfiquista Leo, ex Santos, e attenzione ad Antunes (classe ’87) del Paços de Ferreira (squadra che ha raggiunto l’incredibile traguardo della qualificazione UEFA), laterale sinistro a cui si stanno interessando le big d’Europa. Al centro, bene, ma non è una sorpresa, Pepe del Porto: oltre ogni previsione il compagno di reparto Bruno Alves (giocare organizzati aiuta). Tra i giovani da tenere d’occhio Tiago Gomes, che il Benfica ha spedito a inizio stagione all’Estrela Amadora.

A centrocampo, rivelazione dell’anno, Miguel Veloso dello Sporting: davanti alla difesa ha mostrato doti di lettura del gioco eccellenti: di lui si parla ancora poco ma in ottica mercato chi di dovere ha notato questo 1986.

Lucho Gonzales, Moutinho e Petit perfetti come sempre, i nomi da appuntarsi sono però altri due: Rubem Amorim (1985) mediano del Belenenses, giocatore chiave della bella stagione dell’altra squadra della capitale (finita quarta). Stagione fantastica anche per il polacco Kazmierczak (solo Kaz per i portoghesi, e li capiamo) del Boavista, sinistro educatissimo, buono di testa, pure cinque gol e missive in serie da Beenhakker: era solo in prestito in Portogallo, il Pogon se l’è portato a casa e aspetta offerte danarose. Citazione anche per Katsouranis del Benfica, grinta da vendere e da frenare: una sua entrata ha rischiato di terminare la carriera del gioiello Anderson, del Porto, finito allo United in questi giorni

Davanti, Quaresma sopra tutti. Conferme importanti per Liedson e Miccoli (quando gli infortuni gli han permesso di illuminare gioco). Decisivo, e sorprendente, il finale di stagione di Adriano del Porto, fallito il lancio di Renteria, per i Dragoni i gol del brasiliano sono stati autentico ossigeno. Tra le sorprese Dady, 25enne di Capo Verde: sembrava perso per i palcoscenici importanti; invece il Belenenses ci ha scommesso sopra andandoselo a prendere all’Odivelas, in seconda divisione. Dopo una stagione interlocutoria, quest’anno ha infilato 12 gol risultando vice-capocannoniere dietro al cecchino Liedson.

CARLO PIZZIGONI

(ha collaborato Mario Ventura di Finta e Remata)

Fonte: Guerin Sportivo

23 giugno 2007

[analisi] Il Belgio all'Europeo under 21

C’era un’aspettativa febbrile in Belgio per le prestazioni dei piccoli Diavoli Rossi all’Europeo olandese di categoria. I pessimi risultati della nazionale maggiore del resto non possono dare adito alla benché minima illusione; il tunnel è ancora lungo e luci all’orizzonte non se ne vedono. L’unica speranza resta il futuro prossimo, ed ecco allora spiegato il grande interesse attorno all’under-21. E’ stato un buon torneo quello degli uomini guidati da Jean-Francois De Sart, che è riuscito a centrare l’obiettivo minimo della qualificazione alle Olimpiadi 2008 proponendo una squadra ordinata e molto compatta, magari un po’ carente di fantasia, capace però di lottare fino in fondo, come dimostrato dalla vittoria su Israele (1-0) ottenuta a una manciata di minuti dal termine dopo aver disputato buona parte della gara in dieci uomini (espulsione di Fellaini per doppia ammonizione dopo un quarto d’ora di gioco). Lo 0-2 contro la Serbia ha stoppato il sogno di una finale comunque apparsa alla portata dell’undici belga, infondendo però nell’ambiente una piacevole ventata di ottimismo. Privi del loro miglior talento, quel Moussa Dembele messo ko da un infortunio muscolare a pochi giorni dalla kermesse (ed è stato un vero peccato non poter vedere questo piccolo campione in divenire misurarsi in un contesto così prestigioso e competitivo), a livello globale i giovani belgi non hanno deluso. Analizziamo brevemente protagonisti e comprimari di questi Jonge Duivels.

Portiere. Logan Bailly è un po’ come una cometa, emana bagliori accecanti ma poi si dissolve nell’oblio dell’oscurità. La parola chiave per sbloccare la sua carriera è continuità; ha carisma, è deciso nelle uscite e sicuro negli interventi, poi però al momento sbagliato arriva la mezza-papera (l’errore sulla punizione di Drenthe che è valso il momentaneo 2-1 dell’Olanda) che rischia di compromettere tutto. Restiamo in fiducia attesa.

Difesa. Un uomo su tutti, Nicolas Lombaerts, a guidare il reparto arretrato con la sapienza del veterano. Fisicità e buon senso della posizione, è pronto per fare le valigie da Gand per approdare ad una realtà maggiormente competitiva. Accanto a lui si sono alternati Thomas Vermaelen, Laurent Ciman e Jan Vertonghen; il migliore è stato quest’ultimo, un mastino rognoso che non ha lasciato respiro all’avversario di turno, sia quando è stato schierato in mediana sia al centro della difesa. Dopo il prestito all’Rkc Waalwijk l’Ajax farebbe bene a non allontanarlo nuovamente da Amsterdam, uno tipo così da Edgar Davids può imparare parecchio. Detto di un Ciman deludente nonché scientificamente in ritardo in ogni chiusura e di un Vermaelen discreto ma con poca personalità (solito problema, nella Eredivisie gioca bene finché ha Stam da parte, qui ha trovato in Lombaerts un bel sostegno), passiamo alle fasce. Sulla destra bene Sepp De Roover, nemmeno considerato titolare alla vigilia, che ha confermato gli ottimi progressi mostrati nel corso della stagione appena conclusa con lo Sparta Rotterdam; gioca un calcio pulito e tatticamente disciplinato, rappresenta la semplicità al potere. A sinistra invece ci si attendeva qualcosa di più da Sebastien Pocognoli, che ha però nobilitato il suo torneo siglando la rete qualificazione (con la complicità del portiere oranje Vermeer) contro l’Olanda.

Centrocampo. Tutti aspettavano le invenzioni di capitan Maarten Martens, che però sono arrivate col contagocce. Le 61 partite stagionali (e l’infortunio prima della semifinale con i serbi) che il ragazzo aveva sul groppone evidentemente hanno pesato più del previsto. Un problema, quello della stanchezza, che non poteva invece assolutamente lamentare Anthony Vanden Borre, spettatore non pagante per almeno metà Jupiler League (dove a un certo punto l’Anderlecht lo ha messo addirittura fuori rosa), vivace e tonico durante l’Europeo. De Smet gli ha dato piena fiducia facendolo giocare nelle posizioni che più gradisce, ovvero esterno-interno destro di centrocampo (dipende se il modulo adottato era un 4-5-1 o un 4-3-3), ed è stato ripagato con prestazioni all’altezza della fama di baby-talento. Deve migliorare la freddezza nell’ultimo passaggio, per il resto ci siamo. Parere positivo anche per Marouane Fellaini, gigante dalla leve lunghe ottimo nell’esordio contro il Portogallo e ingiustamente espulso contro Israele. Un bel frangiflutti davanti alla difesa che poteva cambiare il torneo dei Diavoli Rossi quando ha girato alto in piena area un traversone di De Mul; due minuti dopo i serbi sono passati in vantaggio. Bene anche Jonathan Blondel, annegato quest’anno nella stagione-no del Bruges, ricomparso sui livelli abituali in Olanda. Un altro che, come Vertonghen, gioca quasi da invasato (contro l’Olanda il cartellino giallo è arrivato dopo cinque secondi) senza per questo avere i piedi da fabbro ferraio. Sufficienti infine Faris Haroun e Killian Overmeire.

Attacco. Gioca nel Lille e in Francia lo chiamano, esagerando, Le Ronaldo des pauvres, ma Kevin Mirallas è stato, dopo Lombaerts, il miglior belga del torneo. Rapido, tecnico, sa far reparto da solo e lotta su ogni pallone. Ha deciso con caparbietà l’incontro con Israele, ha colpito nuovamente contro l’Olanda, è stato lasciato troppo solo contro la Serbia. Il suo fiuto del gol può e deve migliorare ancora (vedi le occasioni fallite nello 0-0 all’esordio contro il Portogallo), per il resto pollice favorevole. Delusione invece per Tom De Mul, leggerino e involuto. Dicono si sia montato un po’ la testa, i recenti capricci per lasciare l’Ajax e volarsene in Spagna al Siviglia sembrano confermarlo. Sul campo, almeno nell’ambito Euro under-21, ha mostrato più immaturità che numeri. Diciamo che a volte i Diavoli Rossi davano l’impressione di giocare in dieci più De Mul.

L'Europeo del Belgio:

*Belgio-Portogallo 0-0. Formazione (4-5-1): Bailly; De Roover, Lombaerts, Vermaelen, Pocognoli; Vanden Borre (Overmeire), Fellaini, Martens (Haroun), Vertonghen, Blondel (De Mul); Mirallas.

*Belgio-Isreale 1-0. Formazione (4-5-1): Bailly; De Roover, Lombaerts, Vermaelen, Pocognoli; Vanden Borre (Overmeire), Fellaini, Martens (Haroun), Vertonghen, Blondel: Mirallas (De Setter). Reti: Mirallas

*Belgio-Olanda 2-2. Formazione (4-3-3): Bailly; De Roover, Ciman, Lombaerts, Pocognoli (Mulemo); Vanden Borre (Blondel), Overmeire, Haroun; De Mul (Witsel), Mirallas, Martens. Reti: Mirallas, Pocognoli.

*Belgio-Serbia 0-2. Formazione (4-3-3): Bailly; De Roover, Lombaerts, Vertonghen, Pocognoli (Martens); Fellaini, Haroun, Blondel; Vanden Borre, Mirallas, De Mul (De Smet).


ALEC CORDOLCINI

19 giugno 2007

[figura] Oscar Cardozo



Arriva da lontano, può andare lontano, vuole andare lontano. Oscar René Cardozo, classe 1983, centravanti paraguagio del Newell’s Old Boys ha ancora fame. Passata quella “fisica”, che in gioventù ha dovuto subire, non ha cancellato quella metaforica che descrive la voglia di arrivare. Passo dopo passo si sta issando al ruolo di cannoniere principe del campionato argentino, contendendo il trono, nel campionato Clausura in corso, a un re della specialità, Martin Palermo. Un traguardo mascherato da nuovo start verso obiettivi sempre più prestigiosi. L’entroterra paraguagio è ancora uno dei posti più curiosi e meno decodificabili del continente sudamericano. Saranno stati i gesuiti che qui svariati secoli scelsero i microcosmi delle “Reducciones” per ricreare insieme agli Indios una cristianità nuova e più profonda (prima che gli spagnoli si scocciassero, cancellando la Compagnia di Gesù), sarà per la l’impenetrabile giungla del Chaco, ribattezzato l’”Inferno Verde”, sarà per l’inetichettabile e pluritrentennale dittatura di Alfredo Stroessener, certo è che il Paraguay, anche oggi, rimane poco catalogabile, specie fuori da Asunción. Cardozo arriva da quell’entroterra: cresce a Juan Eulogio Estigarribia, piccolissima località nel dipartimento di Caraguazú, 300 chilometri e una galassia dalla capitale. Fino a otto anni parla solo Guaraní, lingua delle popolazioni indios, ancora oggi diffusissima e che mantiene il carattere di ufficialità affianco del castigliano. Famiglia che va un po’ per conto suo, studi pressoché inesistenti, ma amore per il fútbol sconfinato, anzi “voglia di diventare un centravanti” praticamente innata. Dura dimostrarlo sui campi spelacchiati della Liga Pastoreo, il torneo dilettantistico delle regioni dell’entroterra paraguagio. A qualcuno non sfugge però la confidenza con la rete del “Tacuara”, il suo nomignolo, che indica il nome – di origine guaraní - di una pianta alta e sottile che, ci perdonino i botanici, assomiglia al bambù. Cardozo è infatti alto (193 cm) e magro, ma è resistente come pochi. In più, ha un sinistro affidabile e potente, una bella confidenza di testa e ottima coordinazione per la sua altezza: oddio, quando il 3 de Febrero se lo porta via per meno di cinquecento dollari non era forse così pronto: chi ci ha visto qualcosa meriterebbe una citazione. Come la merita Héctor Enrique, titolare di una delle migliori battute di ambito calcistico: dopo lo slalomistico gol di Maradona contro l’Inghilterra nei mondiali messicani ironizzò: “se Diego non avesse segnato dopo il mio stupendo passaggio, sarebbe stato da uccidere…” Ecco, l’”assistman” e Diegol condivisero la vittoria anche con il portiere Pumpido. Anni dopo, la telefonata per quello che era diventato responsabile tecnico del Newell’s ,“Nery – disse “el Negro” Enrique – , in Paraguay c’è un grande attaccante, prendilo!” A dire il vero Enrique, cuore Milionario, aveva avvertito prima il River ma a Nuñez non furono persuasi, salvo poi tentare, ancora oggi, di mettere insieme un’offerta per convincere il padrone dei “Lebbrosi” di Rosario, Eduardo Lopez, che fa circolare invece l’aneddoto di come sia stato in realtà lui a scoprire il gioiello paraguagio. Dettagli. Lopez, che lo prelevò per 900 mila dollari dal Nacional di Asunción, la squadra dove Cardozo si affermò (63 presenze, 27 gol), ha già rifiutato a fine 2006 le offerte della Real Sociedad e del Cruz Azul: vuole non meno di 10 milioni di euro. “Lei cosa preferirebbe?” “Dove mi offrono di più, la mia famiglia ha sempre bisogno di me”, chiude qui la conversazione il Tacuara, prende l’ascensore sale al decimo piano dell’Holiday Inn di Rosario, dove risiede da più di un anno, e attende che dal primo gli squillino che è pronto il pranzo. “ Mi pare un tibetano”, dice qualcuno. Uno dei pochi che lo conosce veramente, Justo Villar, portiere paraguagio sempre del Ñuls, “come lui ce ne sono pochi, anche e soprattutto dentro il campo. Farà benissimo anche in Europa.”

CARLO PIZZIGONI

Fonte: Guerin Sportivo

16 giugno 2007

[figura] Gabriel Milito

Gabriel Alejandro Milito è un inaffondabile. Il “Mariscal”, suo nomignolo, ha le spalle larghe, prende di petto le difficoltà e soprattutto non va mai sotto mentalmente, l’ideale spirituale per una difesa juventina che deve essere ricementata.
Milito dà tutto, non per niente è ancora considerato l’ultimo idolo dell’Independiente e uno dei grandissimi della società di Avellaneda dietro l’inarrivabile, per l’hinchada del Rojo, Ricardo Bochini. Diventare un “totem” alla Doble Visera, lo stadio del club, significa avere temperamento, orgoglio e determinazione, però ricevere la prima chiamata nella nazionale Albiceleste da un tecnico come Marcelo Bielsa, sperimentatore e a suo modo rivoluzionario, significa capire il gioco. Il “Loco” richiedeva spesso una linea a tre quasi “a sistema puro” cioè usufruendo al massimo di un laterale di ruolo a centrocampo: questo significa, per un difensore, riconoscere i tempi del gioco e mantenere la concentrazione perenne sugli spazi occupati. Arrivato all’Independiente bambino riuscì a convincere i tecnici a differenza del fratello Diego che venne scartato e optò per i rivali del Racing: dieci anni dopo erano a contendersi il primato in Primera División e a guardarsi torvi duranti i “clásicos” di Avellaneda, in Buenos Aires, una delle partite più infuocate della stagione, e che per intensità, attese e pressioni non teme nemmeno il paragone con Boca-River. Nel novembre del 2001 un urto con Rafael Maceratesi del Rosario Central gli manda in frantumi i legamenti del ginocchio destro: torna come e meglio di prima con la sua faccia spensierata che non si cura degli scettici che non scommettevano sul pronto recupero. Lo cerca il Real Madrid, lo vuole Valdano, che l’ha visto dominare con il Rojo, a soli 21 anni, il campionato Clausura 2002: l’Independiente cede alle lusinghe ma il luminare prof. Del Corral giudica a rischio il suo ginocchio: 14 giorni dopo firma per il Saragozza, continua a comandare la difesa e si rialza per l’ennesima volta da un colpo che avrebbe steso tanti. D’altronde non ebbe paura nemmeno nella trattativa coi rapitori del padre Jorge, che gestì direttamente e portò a termine con successo.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Tuttosport

13 giugno 2007

[preview] Finale Libertadores: Boca - Gremio

Sarà come al solito un’autentica bolgia, questa notte, la Bombonera. Si gioca la finale di andata di Copa Libertadores tra Boca Juniors e Gremio, e il più impressionante stadio d’Argentina rappresenterà certamente un fattore importante. Il Boca, giunto in finale eliminando la squadra sorpresa del torneo, il Cucuta, non effettuerà variazioni nell’undici titolare: Caranta in porta, difesa a quattro con la scelta di Morel al fianco di Diaz e Clemente Rodriguez a sinistra ( Silvestre in panchina) e solito rombo a metacampo con il piccolo e giovane Banega davanti alla difesa e Ledesma e Neri Cardozo ad appoggiare Riquelme. Davanti, il movimento di Palacio e il cecchino Martin Palermo. Molti i misteri legati alla formazione dei brasiliani. Mano Menezes potrebbe rischiare sulla linea difensiva l’ex di turno, Rolando Schiavi, già panchinato da molto tempo dal sergente di ferro dei gauchos del Brasile. Il lungo difensore argentino conosce bene i suoi ex compagni ma la sua affidabilità rimane limitata, come potrebbero testimoniare i tifosi dell’Hercules di Alicante che l’anno passato l’hanno visto trotterellare per il campo senza costrutto. Poi rappresenterebbe una scommessa che Menezes non crediamo voglia compiere nella partita chiave della stagione. Sicuramente in campo l’altro argentino del gruppo, Sebastian Saja, portiere che ha trascorsi italiani (a Brescia nel 2004). Per il Gremio (arrivato in Argentina con un ritardo mostruoso per problemi all’aereo Varig), squadra equilibrata capace di accelerazioni improvvise, il centrocampo sarà il reparto chiave. Il promettente Lucas (corteggiato da Liverpool, Milan e Inter) ha perso il posto per un infortunio e non è più rientrato mercé lo splendido lavoro di Sandro Goiano in aggiunta al paraguayo Sergio Gavilan. I due mediani fanno uno splendido lavoro di rottura e rilancio e con loro il Gremio ha difficilmente penato. Davanti, attenzione al nuovo astro nascente del calcio brasiliano Carlos Eduardo, già interrogato da Carlos Dunga e interpellato da alcuni club europei: si temeva un forfait per infortunio ma gli ultimi allenamenti sembrano aver allontanato ogni dubbio sul suo impiego. Al suo fianco ballottaggio Tuta – Douglas con l’ex Venezia (fu protagonista dell’incredibile gol “non voluto” nella sfida tra lagunari e Bari…) favorito. In panca, con meno probabilità di vedersi faccia a faccia “La Doce” (la mitica tifoseria del Boca), c’è anche Amoroso, ex di Udinese, Parma e Milan. Nella semifinale con il Santos, squadra più quotata che però ha bucato completamente il match di andata all’Olimpico di Porto Alegre, il gol decisivo, insieme a un’ottima partita, è stato realizzato da Diego Souza, talento sempre sul punto di esplodere ma che mai ha completamente persuaso, il cui cartellino è stato ritirato tempo fa dal Benfica. In mezzo al campo sarà molto importante la capacità di sacrificio di Tcheco, giocatore tecnico ma di grande temperamento che ha già detto di non temere il pubblico di Buenos Aires. La pressione della Bombonera ne ha stritolati tanti. Vedremo.

CARLO PIZZIGONI

05 giugno 2007

[recap] Cúcuta - Boca Juniors 3-1



I colombiani si confermano senza dubbio una buona squadra con individualità interessanti e qualità sia dal punto di vista tecnico, che atletico. In fase di non possesso schierano un 4-4-2, abbastanza ordinato e ben disposto in campo, con Torres che parte largo a sinistra, ma con licenza di accentrarsi appena riconquistata palla. Il Boca si presente con il solito schieramento a rombo a centrocampo con Banega vertice basso, Riquelme alto ed ai lati Ledesma e Neri Cardozo. In porta Caranta viene preferito a Bobadilla.
L'inizio della partita è abbastanza equilibrato, con il Cucuta che si fa preferire per l'intensità di gioco e per la diversità delle soluzioni offensive. Oltre a sfondare diverse volte sulla fascia destra con quel carrarmato di Del Castillo (fisicamente impressionante, tecnicamente modesto, ma quando prende velocità è inarrestabile), la manovra si sviluppa anche dall'altra parte con l'eccellente Martinez (vivacissimo, sempre in movimento, tecnicamente ottimo, ha un destro sensibilissimo, rapido nel breve e sa anche rendersi utile anche in fase difensiva) che si allarga e prova a puntare spesso Ibarra, creando superiorità numerica. Gli argentini giocano assecondando i ritmi di Riquelme e se non fosse per Palacio (in gran forma), non riuscirebbero a creare praticamente niente. Proprio da uno spunto dell'attaccante ex Banfield, sulla sinistra (Bustos da censurare), arriva l'assist che permette a Ledesma di infilare sul primo palo Zapata (Hurtado ha la reattività di un bradipo).
Dopo il gol aumenta la pressione dei colombiani (complice anche la sostituzione di Castro con Cordoba, un centrocampista offensivo brevilineo mancino che si va a posizionare sulla trequarti sinistra, Torres va a destra a disegnare una sorta di 4-2-2-2), che colpiscono anche un palo e creano alcune opportunità per rimettere in sesto la partita. Su una ripartenza il Boca si fa cogliere impreparato, Diaz è fuori posizione, Torres serve Blas Perez (davvero bravo, prima punta, fisico longilineo atletico, buone doti acrobatiche, calcia con entrambi i piedi ed è freddo sottoporta), che elude l'intervento di Ibarra (diagonale tardiva) e segna.
A parte la sostituzione di Caranta (infortunato) con Bobadilla, all'inizio del secondo tempo le squadre si presentano con le stesse formazioni del primo. L'iniziativa dei colombiani non è poi cosi incisiva come ci si aspetterebbe visto il risultato, ed anzi, il Boca riesce a concedersi qualche break, che fruttano un paio di conclusioni (velleitarie) di Riquelme e Banega. Proprio su un tentativo di ripartenza gli argentini commettono un grave errore con Palermo che si fa soffiare palla da Bustos, con la squadra in uscita (e quindi sbilanciata), Torres riceve, alza la testa e serve con un passaggio in profondita Blas Perez che taglia alle spalle di Morel Rodriguez: Diaz (oltre a tenerlo in gioco) è in ritardo con la diagonale di chiusura, Bobadilla sta troppo basso e quando esce è tardi...pallonetto del panamense e gol del 2 a 1. Bernal non si accontenta e modifica lo schieramento passando ad un ancor piu offensivo 4-3-3, con Pajoy che va ad affiancare Martinez e Perez davanti (al posto dell'interditore Rueda), mentre Florez si mette in cabina di regia (rilevando Cordoba). La voglia di entrambe le squadre di vincere (anche il Boca, toglie Cardozo per Datolo), la stanchezza, allungano in maniera determinante gli schieramenti in campo e si assiste a continui ribaltementi di fronte (un palo di Ibarra ed un miracolo di Bobadilla su bomba da fuori area di Florez le azioni piu incisive). La gara si chiude definitivamente, quando su una percussione (ancora con il Boca sblinciato dopo un calcio d'angolo in suo favore) Bustos va via a Ledesma, serve Torres che viene atterrato da Silvestre: gran punizione a girare sopra la barriera dello stesso fluidificante destro e 3 a 1.
Il Boca in linea di massima, non ha sfigurato a livello di prestazione globale (nonostante un Riquelme che ha fatto scena muta) ed è stato punito per distrazioni francamente evitabili con un po' piu di attenzione. Se alla Bombonera qualcuno darà una mano a Palacio, nonostante il colombiani siano un squadra assolutamente adeguata al contesto, la qualificazione non è poi impresa totalmente impossibile.

Cúcuta: Zapata 6; Bustos 6,5, Hurtado 5,5, Moreno 6, Gonzalez 6; Rueda 5,5 (Pajoy sv), Castro 6 (Cordoba 6,5->Florez sv), Del Castillo 6, Torres 7; Martinez 7, Perez 7,5

Boca Juniors: Caranta 6,5 (Bobadilla 6); Ibarra 6, Diaz 5, M.Rodriguez 5,5, C. Rodriguez 6 (Silvestre sv); Ledesma 6,5, Banega 5,5 Neri Cardozo 5,5 (Datolo sv), Riquelme 5; Palermo 4,5, Palacio 6,5.

Estadio "General Santander", 31 maggio 2007

MICHAEL ANGELICI

04 giugno 2007

[recap] Svizzera - Argentina 1-1




A Kuhn avevamo chiesto un miracolo per riuscire a limitare l’Argentina, e lui ha risposto positivamente al nostro richiamo. Il pareggio ottenuto dalla nazionale svizzera sabato a Basilea contro la selezione di Alfio Basile è stato ottenuto con merito e persino convincendo. Le precedenti disastrose uscite ci avevano preoccupato alquanto, spingendoci alla negatività più estrema, ad un pessimismo che non ha riguardato solo la “solita” stampa ma anche gli stessi tifosi. Il fatto che il St. Jakob non abbia fatto il pienone per una gara di simile livello è in questo senso piuttosto preoccupante. Soltanto attraverso queste prestazioni allora i rossocrociati riusciranno a rientrare nel trend pre-Mondiali, quello caratterizzato da costanti bagni di folla, bagni che mancano ai giocatori ma anche... alla folla stessa.

Köbi Kuhn ha riposto nel cassetto inadeguati schemi avveniristici – a ben pensarci, si trattava di una contraddizione, parlando del tecnico zurighese – ed è tornato a proporre un centrocampo più solido, con due interditori, con due esterni alti, liberi di pungere in alternanza, e con Margairaz ad agire qualche metro più avanti. Non tutto è andato nella direzione auspicata da Kuhn, ma tanti sono stati comunque gli spunti positivi da ritenere per il futuro (Euro 2008 compreso). Grazie anche alla presenza di Inler come diga mediana – mal supportato da un Wicky anacronistico –, la difesa ha finalmente e soprattutto potuto godere di minore affanno e da questa base ne ha tratto giovamento la sicurezza dell’intera squadra, parsa decisamente più tonica rispetto alla tournée nordamericana. Il fatto che Müller e compagni siano riusciti a tamponare, senza andare in confusione, i vari attacchi di Crespo, Tevez e Messi, è significativo.

L’Argentina, un pertugio per ferire Benaglio, l’ha comunque trovato, ma solo al 50’, dopo un mezzo pastrugno di Magnin e grazie all’incornata in tuffo di Tevez su cross di Messi. I due talenti di West Ham (!) e Barcellona danno l’impressione di poter sfasciare il mondo, individualmente e ancor di più in coppia, ma poi troppo spesso finiscono fuori dal gioco, accontentandosi di creare aspettative che il più delle volte si trasformano in fumo. E la loro intesa con Crespo al momento è inesistente. Meglio per la difesa svizzera, che infatti ha rischiato di subire il raddoppio in due sole occasioni, in particolare quando un tiro a botta sicura di Cambiasso è stato respinto da Degen sulla linea. Al 64’ addirittura Streller ha poi ributtato in partita i rossocrociati, sfruttando una mischia che ha visto tra i protagonisti più attivi Barnetta e Margairaz. La punta basilese, considerata riserva di lusso presso la squadra campione di Bundesliga, ha dimostrato una volta ancora il suo fiuto del gol. Fastidioso lungo tutto il restante arco della gara, Streller ha avuto il merito – e non è poco – di consentire alla Svizzera di ottenere un pareggio prezioso contro un avversario tra i più prestigiosi al mondo. Se Streller passa così – grazie alla sola palla toccata – tra i “più” di questo incontro, tra i “meno” ci restano Margairaz e Vonlanthen, entrambi fuori posizione. Il loro impiego in ruoli non del tutto abituali sottolinea per l’ennesima volta uno dei limiti più evidenti di Kuhn: la fase offensiva. Se questa nazionale riesce, nei periodi di luna buona, a contenere, non con altrettanta naturalezza riesce ad offendere, a fare male, e allora ecco che Kuhn appunto tenta strade improbabili già sulla carta. Dopo il periodaccio passato, il fatto di aver ritrovato almeno una certa tenuta difensiva possiamo però considerarlo sufficiente... per ora.

Reti: 50’ Tevez 0-1; 64’ Streller 1-1.

Svizzera: Benaglio 4; P. Degen 4 (89’ Djourou NG), Müller 5, Senderos 4,5, Magnin 4; Vonlanthen 3,5 (46’ Gygax 4,5), Inler 5 (82’ Cabanas NG), Wicky 3,5 (46’ Huggel 4), Barnetta 4 (86’ Spycher NG); Margairaz 3,5 (71’ Yakin 3,5); Streller 4.

Argentina: Abbondanzieri 4; Zanetti 4, Ayala 4,5, G. Milito 4, Heinze 4; Luis Gonzalez 3,5 (67’ Mascherano 4), Gago 4,5, Cambiasso 4; Messi 4 (89’ Saviola NG); Crespo 3,5 (67’ D. Milito 4), Tevez 4 (79’ Aimar NG).

St. Jakob Park, Basilea, 29.000 spettatori; arbitro Messina (It). Svizzera senza Behrami, Dzemaili, Frei (infortunati)

PAOLO GALLI, Giornale del Popolo
da Basilea