31 luglio 2007

[figura] Juan Roman Riquelme

Anche stavolta non ce l'ha fatta. La Copa America è finita in Brasile. E l'enigma Riquelme continua... Questo il mio pezzo apparso sul Guerin Sportivo, subito dopo la finale di Libertadores


Juan Roman Riquelme è il cubo di Rubik, ingarbugliato passatempo per ragazzi degli anni Ottanta, ancora non azzannati da Play Station e giochi di ruolo. Ridistribuire i quadratini secondo il loro colore muovendo le maglie di un cubo era il rompicapo di settimane intere: due decisioni sballate e dovevi ripartire da capo, due corrette ed eri a un passo dalla soluzione. Romancito ha accompagnato i suoi giudizi sulle montagne russe. Da genio illuminante a giocatore inutile: due scatti e potevi avvicinare il suo nome a una delle precedenti definizioni. Sottratto all’Argentinos Juniors e plasmato dai consigli sapienti dei maghi delle giovanili del Boca, Ramon Maddoni e Jorge Griffa, Riquelme ancora oggi che ha allietato platee di Sudamerica e Europa e al contempo è stato maledetto dai tifosi e vilipeso dagli addetti ai lavori, non ha ancora una definitiva collocazione all’interno degli Annales del Futbol. L’unica certezza che ormai fa giurisprudenza, e rimarrà incontestabile, riguarda il profilo “tattico-dialettico”: le squadre in cui gioca sono sempre, senza mezzi termini, le squadre “di” Riquelme, costruite intorno a lui, come direbbe un abusato refrain pubblicitario, non più e giammai “con” Riquelme. L’esempio più limpido è stato l’ultimo mondiale quando il CT dell’Argentina José Pekerman si giocò la carriera ad altissimo livello scommettendo esclusivamente sul genio che aveva allenato nelle selezioni giovanili e grazie al quale aveva trionfato nel Mondiale giovanile del 1997 in Malaysia: Riquelme e altri undici, che potessero in qualche modo assecondare e far risaltare le sue caratteristiche. Scommessa alla fine persa: faticata qualificazione negli ottavi contro il Messico, e solo grazie a un’invenzione di Maxi Rodriguez, ed eliminazione ai rigori con la Germania agli ottavi. Forse, una squadra impostata in un’altra maniera (come più di qualcuno reclamava, ma lo faceva sommessamente e lontano dal Rio de La Plata) avrebbe dominato una competizione che non ha mai trovato un vero padrone: due passaggi erano andati storti e il cubo non aveva trovato soluzione. Un vulcano di critiche avevano portato via Pekerman e soffocato il giocatore che mai è stato capace di gestire i rapporti con la stampa, rinchiuso in un carattere particolare che solo i suoi intimi amici e la sua sposa sanno gestire senza farlo esplodere, anzi implodere, dato che l’eruzione viaggia a rovescio e distrugge. “Non giocherò mai più in nazionale, ho visto piangere mia madre per le critiche che mi sono state rivolte.” Molti hanno pensato che quel giocattolo si era rotto, che le facce non avrebbero mai più combaciato, che la risoluzione dell’arcano non avrebbe trovato luce. Anche perché la sua squadra di club, da lui, specialmente da lui, essenzialmente da lui era stata posizionata sulla geografia del calcio che conta, Il Villareal “di” Riquelme aveva raggiunto le semifinali della Champions’ League del 2006, ma due movimenti erano andati storti e zac: rigore sbagliato proprio dal ragazzo di San Fernando in Buenos Aires e fine del sogno.

In riva al Mediterraneo sostenevano fosse finito. Il tecnico cileno del Sottomarino Giallo, Manuel Pellegrini rivedeva il fallimento di Pekerman e decideva che era terminato il periodo della squadra “di” Riquelme. “Si adatti a un altro modulo”. Ma uno con quelle caratteristiche, mentali e tecniche, non poteva recuperare palloni, andare nello spazio a autolimitarsi per giocare esclusivamente a due tocchi. Intanto a casa sua, giù in Argentina, al Boca, terminata in maniera burrascosa l’era Lavolpe, che voleva il lancio dei giovani e un gioco d’insieme che non è mai stato caratteristica della Casa Amarilla, tirava aria di Restaurazione. Il 4312 del “Coco” Basile aveva prodotto stagioni vincenti in serie e tutti, a cominciare dal presidente Macri, erano persuasi che doveva essere di nuovo la priorità dei bosteros. Emigrato però Insua e con Datolo non esattamente pronto, serviva un trequartista: vuelve Romancito. Mercé un sacrificio economico non indifferente Juan Riquelme riaccende le luci e i cori della Bombonera: un ultimo e solitario valzer (anzi, tango), però: Clausura e, soprattutto, Libertadores. Due scatti col cubo e sei a un passo dallo soluzione, el Mudo, come ossessivamente lo chiamavano anche a Barcellona (dove anche un oltranzista del gioco di squadra, Louis Van Gaal, aveva perso la testa per trovare una posizione a questo talento), torna a insegnare calcio. Parentesi Macri: quell’esborso economico che ha permesso il transcontinentale a Riquelme, e le successive gesta del suo numero 10, gli han consentito di portare a casa il primo grande risultato politico della sua carriera che sta, appunto, svoltando verso questa nuova professione-missione: è stato eletto sindaco della capitale, e probabilmente, sarà il prossimo rivale credibile alla successione del presidente Kirchner, o della moglie dello stesso, ambiziosetta il giusto e pronta a sottrarre all’attuale consorte il ruolo. Ecco, per vedere Macri che sistema le tende della Casa Rosada son necessari i voti della “Mitad Mas Un”, della “metà più uno”, come i tifosi del Boca si autocelebrano, riferendosi alla diffusione della passione azul y oro nel Paese. Roman aiuta. E’ sfuggito il campionato Clausura, finito al San Lorenzo di Ramon Diaz, ma i “Genovesi” hanno centrato il bersaglio grosso, la Copa Libertadores. Il Boca “di” Riquelme, con in panchina Miguel Russo, fa fuori il Vélez (gol di Roman), il Libertad, soffre ma ha ragione anche della sorpresa Cucuta: in finale contro i brasiliani del Gremio il 10 segna una super punizione all’andata e sigilla la vittoria con due gol all’Olimpico. Facile, facile: Juan Roman Riquelme eletto MVP, miglior giocatore, della manifestazione. Prima di tornare in Europa, anche se in Argentina sognano di farlo rimanere almeno fino al Mondiale per Club di dicembre, Basile lo richiama in Nazionale stravolgendo il 433 che aveva preparato per la Copa America: ancora una squadra “di” Riquelme, con l’esclusione dall’11 titolare di Tevez e lo spostamento a destra di Veron. In Europa attendono ancora curiosi, pronti a chiamarlo e a mettergli in mano un’intera squadra. Poi vediamo come gira il cubo…

CARLO PIZZIGONI

FONTE: GUERIN SPORTIVO


27 luglio 2007

[reportage] Mondiali under 20 - La rissa

Il Mondiale under 20 appena conclusosi in Canada è stato ottimamente organizzato ed è stat davvero una festa di calcio. Purtroppo rimane la macchia di una sera. Una brutta macchia.
Di seguito il mio reportage, apparso su La Stampa, sui fatti di quella sera. cp

Canadians? Friendly people. E’ una formula che siamo pronti a controfirmare: in venti giorni di Canada tutto è filato più che liscio ovunque. Ecco, poi ci sono le zone franche: gli stadi gestiti dalla security comandata dalla FIFA. E proprio in queste sedi è successo un fatto increscioso, di cui siamo stati testimoni diretti, nell’antistadio dell’impianto di Toronto, tra l’uscita degli spogliatoi e il pullman della squadra cilena, che aveva appena perso la semifinale del Mondiale under 20 contro l’Argentina: una lite furibonda tra poliziotti, Sicurezza e calciatori. Pugni che si agitavano, parole che volavano, sputi, manganellate, sotto una coltre di fumo provocato dagli spray a disposizione dei poliziotti che hanno colpito la gola e gli occhi di buona parte delle persone che si trovavano lì vicino.

Come è iniziato il tutto?Noi eravamo usciti con alcuni colleghi nigeriani dalla porta che conduceva alla mix zone. Avevamo assistito alla conferenza stampa dei due tecnici. Il CT cileno José Sulantay aveva mascherato, e forse in parte sbollito, rispetto a quando era in campo, la rabbia nei confronti dell’arbitro tedesco Stark, colpevole di un arbitraggio davvero mediocre che “innervosisce ancora di piú i giovani che sono poco abituati a queste situazioni: le persone specie quelle inesperte fanno fatica a mantenere la calma...” In effetti, l’arbitraggio è stato sbagliato fin dall’inizio: un’espulsione affrettata, poi il tentativo di compensare alcuni falli di irruenza, poi di nuovo il pugno duro, con alcuni giocatori cileni che perdevano la testa: primo fra tutti Arturo Vidal (firmato dal Bayer Leverkusen prima del torneo), protagonista di una partita inqualificabile, sia dal punto di vista tecnico che da quello disciplinare. Insomma, un bailamme in cui non ci ha più capito nulla il mediocre Stark, col pubblico cileno inviperito e quello neutrale disgustato per una partita terminata undici contro nove. Al fischio finale solito capannello attorno al direttore di gara, intervento di qualche saggio paciere e via negli spogliatoi. Percorso non molto semplice per Stark, invece, che temeva per la sua incolumità poiché il rientro negli spogliatoi era giocoforza disponibile solo sotto la tribuna occupata da minacciosi tifosi cileni: carte, bottiglie, ma la capoccia, se l’è salvata. Tutto finito? Pare. Invece, il peggio deve ancora venire. “ I giornalisti nella mix zone” sollecita un delegato Fifa nell’antistadio.“ Ma se voglio stare dieci metri più qui che cambia”. Solite immotivate rigidità. Passiamo accanto al pullman dei giocatori, ci avviamo verso l’uscita che ci viene sbarrata: c’è un gruppo di tifosi cileni che urla e tifa come se ancora si stesse giocando il match.“Viva Chile”, al massimo:“argentinos maricones”, niente di piú. Nei giorni passati tutte le tifoserie si erano appostate proprio in quel punto: bello il bagno di folla dei polacchi che hanno chiamato i loro idoli e hanno ottenuto baci, foto e autografi. Intanto, dalle parti del pullman sentiamo urla e vediamo l’accorrere di poliziotti: un ragazzo cileno a terra e sopra una zuffa tra poliziotti e giocatori: una poliziotta prende un colpo al cappellino, e, in difesa, punta l’indice contro il presunto aggressore e comincia a spruzzare lo spray in dotazione. La situazione è paradossale: il pullman è bloccato e quando una catena di poliziotti avanza verso di esso, ma parliamo di pochi metri, lo spazio e’ stretto, i giocatori rimontano sul veicolo cacciando insulti. Alcuni aprono i finestrini del pullman e gettano di tutto verso gli agenti. Un ragazzo cileno si reggeva a malapena in piedi e viene portata dentro lo stadio, dove vengono spinti anche i giornalisti. Riusciamo a trovare una via d’uscita e da fuori la situazione sembra essersi tranquillizzata, ma quando il pullman cerca di uscire prosegue la “battaglia”, che coinvolge anche i tifosi e prosegue per un po’, quando la notte è calata da tempo su Toronto. I calciatori cileni fermati dalla polizia vengono subito rilasciati, dice il portavoce FIFA John Schumacher, che sottolinea come la situazione sta per essere valutata dalla Polizia, dal Comitato Organizzatore e dalla FIFA. Presto avremo le condanne.Certo, la gestione degli organi sopracitati non è stata impeccabile, e le responsabilità inevitabilmente dovranno toccare anche loro.

CARLO PIZZIGONI

Fonte: La Stampa

Qui il video della rissa di quella sera

[analisi] Mondiali under 20 - Ha vinto l'Argentina

The Chosen one, il Prescelto. Cosi’ Sports Illustrated ribattezzo’ LeBron James, super talento giovanile destinato a dominare la pallacanestro contemporanea. Nell’hockey si e’ parlato di “The Next One”, quando sono venute alla luce le smisurate possibilita’ di Sidney Crosby, gia’ designato erede di Wayne Gretzky che era, appunto, “Tre Great One”. E sempre sotto i cieli del Canada, patria, se ne esiste una, dell’hockey, nell’ultimo mese, per tutto il Campionato Mondiale under 20, ha mostrato tutte le sue capacita’ Sergio Aguero, uno che quando ha debuttato nel massimo campionato argentino era piu’ giovane perfino di Maradona. Scuola Independiente, “el Kun”, suo nomignolo, non ha mai smesso di stupire e l’anno scorso l’Atletico Madrid ha dovuto sborsare quasi 25 milioni di euro per fargli attraversare l’oceano. Il Canada non e’ pero’ piu’ solo la terra di Gretzky e Lemieux, ma ha cominciato a riapprezzare il basket NBA grazie al lavoro di Brian Colangelo ai Raptors e spera in un prossimo futuro di avere altre squadre di calcio nella maggior lega del Nord America, la Major League Soccer (ora in prima pagina piu’ per le bizze di David Beckham, appena giunto ai Los Angeles Galaxy), oltre all’attuale, i Toronto FC. Un segnale importante viene dal pubblico che allo stadio ha applaudito Aguero, compagni e rivali: e’ stato battuto il record di presenze agli impianti che durava dal Mondiale under 20 del Messico datato 1983. Applausi scroscianti per il Kun, miglior marcatore e miglior giocatore della manifestazione: un suo gol ha sistemato le cose in finale, quando la super favorita Argentina era andata sotto 1-0 contro la Repubblica Ceca e si temeva la beffa. Sua la rete del pareggio, su assist illuminante di Ever Banega: poi vittoria grazie al gol di Mauro Zarate all’85’. Le ultime tre righe evidenziano i motivi del ruolo di favorita che tutti gli addetti ai lavori hanno assegnato fin dal primo giorno all’Argentina. Banega ha giocato e vinto da protagonista la Copa Libertadores con il Boca Juniors, Mauro Zarate e’ un attaccante fenomenale e solo il tintinnio delle monete gli hanno fatto optare sconsideratamente per il Qatar, quando molte squadre di rango in Europa erano pronte a sottoporgli un contratto. Esplosione di talenti in Argentina? sicuramente si’. Pero’ c’e’ dell’altro. La squadra che ha vinto il Mondiale under 20 e’ formata da giocatori che, per la quasi totalita’ giocano, pur giovanissimi, da titolari nelle rispettive squadre di club in un torneo difficile come quello argentino. Maxi Moralez ha disputato un buon torneo (terzo capocannoniere e pallone d’argento del torneo dietro al compagno Aguero) e gioca da tempo, con risultati alterni, nell’undici del Racing Avellaneda. La stessa cosa si puo’ dire di Di Maria al Rosario Central (mondiale superbo per questo straordinario e pazzo talento), di Escudero al Velez (ma qui ha giocato poco per infortunio), di Piatti all’Estudiantes del “Cholo” Simeone. L’esigenza di dover esportare in Europa ma anche in Messico i propri migliori giocatori spinge i club argentini a far esordire giovanissimi i prospetti piu’ interessanti: l’esperienza , la malizia, la capacita’ di concentrazione sono doti che spesso sono maggiormente necessari del talento in una manifestazione come un Mondiale dove ogni giorno si giocano partite da “dentro o fuori”. Lo stesso discorso, in linea di principio, puo’ essere fatto per il Brasile che, pero’, nel Mondiale canadese, stranamente aveva pochi “titolari” di squadre indigene e, soprattutto, un solo grande talento: Alexandre Pato, che ha fatto bene ma sicuramente puo’ dare di piu’ anche perche’ e’ pure piu’ giovane dei big visti all’opera quest’anno, dato che e’ nato nel 1989. Un’altra squadra favorita, la Spagna (fatta fuori dai cechi ai rigori nei quarti), ha pochissimi giocatori che stabilmente militano nell’undici titolare di squadre di club, secondo l’assioma (in realta’ tutto da verificare, ma la mentalita’ e’ chiaramente questa) che questi non possono permettersi il lusso di “aspettare” un giovane: non possono permettersi gli errori che per inesperienza il giovane tende maggiormente a commettere. Equivalente discorso per il Messico, squadra che ha messo in difficolta’ proprio l’Argentina nei quarti di finale: delle tre stelle ammirate, Villaluz gioca pochissimo nel Cruz Azul, in patria, Giovani Dos Santos e’ retrocesso in Tercera nel Barcellona B (ed e’ continuamente ignorato da Rijkaard) e Carlos Vela, di proprieta’ dell’Arsenal, e’ stato spedito a “farsi le ossa” al Salamanca, in nella seconda divisione spagnola. Un po’ poco. Troppo poco, per vincere.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Giornale del Popolo - Lugano

Aggiungo qui di seguito il post di Michael Angelici, un altro super appassionato di calcio internazionale:

La formazione ideale di questo torneo u20, l’ho fatta mixando sia le prospettive del giocatore, sia la qualità delle prestazioni (ad esempio Cavani ha un futuro enorme, ma non ha giocato al suo meglio...essendo anche reduce da un infortunio, quindi non l’ho inserito).

-------------------Blanco

-----------------(Messico)

Mano---------Isla-----Mazuch-----Echiejile

(Portogallo)-(Cile)-(Rep. Ceka)-(Nigeria)

---------Pelè-------------Banega

-------(Portogallo)----(Argentina)

Moralez---------Aguero--------Diego Capel

(Argentina)---(Argentina)-----(Spagna)

----------------Adrian Lopez

-----------------(Spagna)

Portieri: Il n1 dei messicani, Blanco si è segnalato per alcuni interventi strepitosi. Fisico potente, compatto, grandi riflessi e rapidità. Ha qualcosa di Carrizo. Ottimo anche Romero dell'Argentina, fisico longilineo, bravo sui palloni aerei, ama giocare molto "alto".

Difesa: Come terzino destro non si è visto moltissimo. Mano del Portogallo è bravissimo in fase difensiva, insuperabile nell'1vs1, veloce, potente e senza fronzoli. Discreti Barragan (potente, offensivo, ma un pò grezzo) e Amaral (io volevo Eduardo...). Al centro ci va di diritto Isla, che ha fatto un torneo fantastico, ma lo si poteva pure schierare a centrocampo. Grandissima personalità, bravissimo nel leggere lo sviluppo dell'azione e nell'anticipo, rapido e con buoni fondamentali. Mazuch, ceko e neoviola si è confermato un centrale di gran prospettiva. Completo e fisicamente notevole. Impossibile non nominare due centrali, di sicuro avvenire e gran talento come David Luiz (nonostante l'espulsione nella seconda partita) e Piquè (discreto torneo). Da segnare anche Fazio (Argentina), Sturgis (Usa), Luizao (Brasile) e Caceres (Uruguay).

A sinistra ottimo il nigeriano Echiejile, decisamente offensivo, fisico potente ed atletico, destro bravo sia nelle conclusioni, che nei cross. Bene anche Antunes (Portogallo), un pò meno Marcelo (ma la qualità è stranota).

Centrocampo: Banega ha giocato alcune partite a livelli fantascientifici. Straordinaria visione di gioco, tecnica sublime, riesce a districarsi in mezzo a nugoli di avversari con un'abilità incredibile, trattando la palla con una qualità che è di pochi. Si applica con efficacia, anche in fase difensiva anche se non è il suo punto forte. Pelè, centrocampista centrale portoghese, riesce ad unire le qualità di un 10 e di un interditore, in maniera impressionante. Benissimo il cileno Vidal -difficile trovare qualcosa che non sia capace di fare...sia a livello tecnico, che tattico- (chiudiamo un occhio sulla semifinale). Olufemi (Nigeria) e Sunny (Spagna), sono due centrocampisti difensivi di gran livello anche se con caratteristiche molto differenti. Fisico monumentale, longilineo potente, gran falcata, bravo sui palloni alti, il primo; rapido, aggressivo, dinamico e tecnicamente affatto trascurabile il secondo. Di prospettiva (anche se non al loro meglio in Canada) Ji Paranà (Brasile) e Roman (Uruguay). Non male neanche Bradley (Usa).

Parlando di centrocampisti con caratteristiche più spiccatamente offensive, impossibile non citare, il pallone d'argento del torneo, l'argentino Moralez. Centrocampista brevilineo, tecnicamente dn gran livello, perennemente in movimento, inesauribile nei suoi spunti offensivi. Capel, pur non essendo un esterno di ruolo, ha giocato su gran livelli. Imprendibile nelle sue accelerazioni palla al piede, con continui cambi di direzione, va via in dribbling che è un piacere. Deve però capire che gioca in una squadra e che il tutto non si riduce solo a dribblare avversari su avversari.

Lampi di classe immensa da Fabio Coentrao, mancino portoghese. Di Maria, ha fatto un gran mondiale. Partiva in prima linea, ma non è un attaccante. Mancino, dall'ottimo destro, tecnicamente eccezionale, notevole gioco di gambe, bravo in percussione. Positivo Vidangossy (Cile), che tratta la palla in maniera sublime (anche se la tocca un pò troppo); inesauribile, velocissimo, ottimi fondamentali, ma molto concreto Lee Chung Yong (Corea); mentre Leo Lima è stato ancora una volta uno dei migliori brasiliani (poca roba da Renato Augusto e Carlos Eduardo). Gama bene solo a tratti.

Peccato per l'infortunio di Escudero.

Attacco: Aguero. Pur non essendo una prima punta e partendo spesso qualche metro dietro, va considerato un delantero. Il suo Mondiale non ha bisogno di commenti. Adrian Lopez, dopo i lampi nella Liga, ha mostrato tutte le sue qualità. Freddo sottorete, rapido, veloce, verticale, sa dare profondità, calcia bene, bravo di testa. Vela, era stato capocannoniere al mondiale u17, di due anni fa, questa volta non ha fatto neanche un gol, ma il talento non è in discussione. Mancino, di gran movimento, rapido, elegante, ottimi fondamentali. Il suo socio nell'attacco messicano, Gio Dos Santos è stato descritto in tutte le salse. Continuano a paragonarlo a Ronaldinho, intanto gioca da 9 (come ruolo). Altro mancino di livello, è Jo Alves centravanti brasiliano, longilineo (gioco aereo decisamente da migliorare, però), buon calcio, rapido nei movimenti. Adu è un Martins calcisticamente più evoluto, mentre l'Udinese con Sanchez -seconda punta, potente, veloce, tecnicamente eccellente, dal gran dribbling e gioco di gambe-, si è portata a casa un gran giocatore (e già con notevole esperienza vista l'età). Okotie (Austria), fisico potente, bravo a difendere palla spalle alla porta, è da sgrezzare, ma ha prospettive decisamente interessanti. Ottimi pure Fenin (Rep. Ceka), Janczyk (Polonia), Bala (Nigeria), Altidore (Usa), Zequinha (Portogallo), Hoffer (Austria).

Inutile parlare di Pato.

MICHAEL ANGELICI


16 luglio 2007

[analisi] Mondiali under 20 - l'Austria

Incredibile. L'Austria in semifinale dei mondiali under 20. E vittoria con gli USA strameritata. L'altra semifinale chiama il Cile e la favoritissima Argentina, che ieri col Messico ha avuto molta fortuna e mostrato i soliti limiti di gioco collettivo. Però ha illuminato il match Di Maria, finalmente.





La Restaurazione. Durante l'ultimo paio di lustri, venti rivoluzionari
hanno appiattito ed emarginato l'Austria dall'Europa del Calcio che
conta. Oggi, pero', potrebbe aver ritrovato i connotati reali. Ecco,
non proprio reali, magari principeschi, tanto per adeguarci alla
realta'(e all'eta') che vede l'Austria in semifinale nel Campionato
Mondiale giovanile di calcio che si sta svolgendo in Canada.
Comunque vadano gli ultimi match, e' certamente di buon auspicio
rivedere l'Austria nell'elite del calcio proprio nell'anno che precede
l'Europeo da giocarsi in casa. Probabilmente, i migliori tra i giovani
di Paul Gludovatz, il tecnico della nazionale giovanile, faranno da
supporto alla nazionale maggiore e non e' detto abbiano esclusivo
ruolo di comprimari. Uno dei giocatori chiave del sistema di Gludovatz
e' senz'altro Rubin Okotie, l'attaccante centrale: grande fisico
(sfiora il metro e novanta ma e' molto coordinato), tanto movimento,
qualche ruvidezza tecnica da limare, ma grande prospettiva. In forza
all'Austria Vienna, (altro nome eclissatosi nel panorama europeo, ma
cercatela sotto il nome di Austria Magna, lo sponsor ha le sue
esigenze), prodotto dall'Accademia Frank Stronach (presidente che
rilancio' i Veilchen negli anni Novanta, almeno a livello nazionale),
ha una genealogia personale che e' uno spot per la giornata
antirazzismo che la FIFA ha voluto celebrare il giorno magico – per
gli austriaci- dei quarti di finale: e'nato a Karachi, Pakistan da
padre nigeriano e mamma austriaca. Ai prosaici osservatori
internazionali interessa molto di piu' quello che questo ragazzo
riesce a fare sul campo di gioco: piu' di qualcuno ha cominciato a
segnalarlo a club di alto lignaggio, meglio muoversi in fretta. La
struttura del gioco austriaco prevede lui come punto di riferimento
centrale, e questo costa il sacrificio, nell'undici inziale, di Erwin
Hoffer
, che e' pero' uno specialista nel riscaldarsi, gettare la tuta,
entrare e decidere la partita. L'ha gia' fatto diverse volte
quest'anno con il Rapid Vienna, lo ha ripetuto sotto gli scostanti
cieli canadesi in questo torneo: suoi i gol decisivi per arrivare fin
qui, agli ottavi col Gambia (rete del 2-1) e nei quarti con gli USA,
addirittura nel supplementare e solo pochi minuti dopo il suo ingresso
in campo. La partita con gli States e' stata pero' decisa da un mossa
tattica di Gludovatz che poco dopo la mezz'ora del primo tempo ha
affiancato una punta a Okotie, scegliendo il dinamico Harnik: da li'
la partita e' girata e l'Austria meritava di portarla a casa ben prima
del 120', visto l'incredibile numero di occasioni create. Mossa
tattica che non puo' non richiamare alla mente un genio assoluto di
questo sport, Ernst Happel. Mozart delle panchine e con buona pace
della nostra introduzione, di Metternich e forse della storia
austriaca Happel e' stato un vero rivoluzionario del gioco, rinnovando
la figura del tecnico e rivestendola di significati al limite del
taumaturgico. Esageriamo, ma nel suo caso nemmeno tanto, per
informazioni chiedere a Giovanni Trapattoni, che ora baldanzosamente
domina i campionati austriaci con il Salisburgo, di una fresca notte
ateniese del 1983: oh, la Coppa dei Campioni, Happel l'aveva messa in
salotto anche tredici anni prima col Feyenoord. Certo, non sara' un
mago Paul Gludovatz, pero', la mossa giusta che ha scombianto il 442
americano l'ha trovata, e il centrocampo a tre ha retto grazie anche
alla prova superlativa, in fase difensiva e di proposizione di Veli
Kavlak
, altro giovane di bellissime speranze che ha gia' assaggiato
l'emozione del debutto nella nazionale maggiore, nel marzo di
quest'anno nell'amichevole con il Ghana. Buone, nel match e nel
torneo, anche le prove del fantasista Zlatko Junuzovic, serbo di
nascita ma anche lui gia' testato dal CT "dei grandi" Hickersberger, e
il capitano Sebastian Proedl, gigante (192 cm) della difesa, attento e
grande colpitore di testa. Lo stadio di Toronto si e' colorato il
giusto di biancorosso e su un bus abbiamo incontrato un ragazzo con la
sciarpa Osterreich che ci ha detto come la popolazione emigrata dalle
Alpi fin dentro questa incredibile ed efficiente societa'
multiculturale canadese, non e' numerosa ma si fara' sentire: lui
vuole vedere la "sua" nazionale in finale. Per raggiungere la partita
piu' prestigiosa, la nazionale a cui piacerebbe rispolverare, anche se
solo per gioco, il nomignolo di Wonder Team (leggendaria nazionale
austriaca che dominava il panorama calcistico degli anni Trenta)
incrocia i tacchetti con un'altra cenerentola del torneo, la
Repubblica Ceca, che ha fatto fuori la Spagna, una delle favorite. I
sognanti ragazzi di Gludovatz sono gia' partiti per Edmonton,
localita' dove verra' disputata la semifinale, in un viaggio che e'
anche contro il tempo e attraverso di esso, per tornare a far
luccicare ancora le divise bianche sul prato verde. Marcia di
Radetzky: l'Austria e' tornata.

CARLO PIZZIGONI


Fonte: Il Giornale del Popolo, Lugano

15 luglio 2007

[analisi] Mondiali under 20 - Gli USA

Gli USA sono stati eliminati dall'Austria nei quarti di finale dei Mondiali Giovanili in Canada (e appena possibile cerchero' di scrivere un recap su questo match che ho visto allo stadio di Toronto). Pero', seppure favoriti, gli States portano a casa buone indicazioni per il futuro. Ho scritto il pezzo di seguito sul Giornale del Popolo (che ha sede a Lugano, in Svizzera) nei giorni scorsi, per cercare di trovare alcune di queste indicazioni.


My Way. La via degli Stati Uniti al calcio e' differente, ed e' forse
stata definitivamente tracciata. Dopo aver scimmiottato l'Europa,
ricercato negli altri sport, specie i piu' diffusi negli States, i
valori e modelli di riferimento, il Team USA ritorna ad avere una sua,
precipua identita'. La predicava tempo fa Bruce Arena, selezionatore
Stars and Stripes in un grande mondiale Nippo-Coreano, per poi
dimenticarsene in quello successivo, quando il grande numero di
giocatori che hanno attraversato l'Atlantico per la pagnotta hanno
pesato troppo all'interno dello spogliatoio. Il calcio statunitense ha
metodo, disciplina tattica e forza fisica: lo stanno dimostrando i
ragazzi dell'under 20 impegnati nei campionati mondiali giovanili,
gia' giunti ai quarti di finale con la preziosa scorta di due scalpi
celebri, il Brasile (nel girone eliminatorio) e l'Uruguay negli ottavi
giocati l'altra notte. Proprio in questo ultimo match si sono
evidenziati i limiti e la forza di un calcio che puo' crescere solo se
mantiene un'idea precisa di gioco e di applicazione. La disciplina
tattica della squadra di coach Thomas Rongen e' esemplare, e non deve
essere un caso che il tecnico sia olandese (cittadinanza, questa, che
di norma certifica un tipo di calcio rigoroso), anche se ormai vive
negli Usa dalla fine degli anni Settanta. Rongen vuole un 442 come
recita il manuale e in questo i giovani gli regalano un'applicazione
ferrea: paradigmatico come a inizio partita i giocatori prendano una
posizione precisa in campo, quasi fosse un primo down da conquistare
nel football americano. Diversi giovani schierati sono ai primi anni
di professionismo (quasi tutti nella Major League Soccer, la rinata
lega americana di calcio) e alcuni stanno ancora frequentando il
College, dove, secondo tradizione americana, lo sport ha spazi
importanti.
La cura dell'aspetto fisico e' importante e molto curato (anche per
l'esperienza maturata negli altri sport americani, basket e football
su tutti) ma e' naturale che a questi giovani difetti l'esperienza:
manca la malizia e a volte si trascende in totale sconsideratezza.
Nella partita degli ottavi, gli americani avevano di fronte l'Uruguay,
squadra giovane solo sulla carta: la maggior parte dei giovani guidati
da Gustavo Ferrin ha esperienza di prima squadra in un campioanto duro
come quello uruguagio, quando non esperienza internazionale: Mathias
Cardaccio ha giocato da leader la Libertadores col Nacional
Montavideo, facendo pure una bella figura, Luis Suarez gioca nel
Groningen, in Olanda, ed ha gia' indossato la Celeste dei "grandi", lo
stesso dicasi per Edison Cavani (novello Batistuta) che a Palermo,
nella serie A italiana, ha fatto gia' la differenza in alcuni match.
L'esperienza conta, e infatti grazie a una bella giocata di Suarez e,
a seguito di un colpo di testa di Cavani, a una mezza papera del
portiere Usa Perk (gioca a UCLA), l'Uruguay ha artigliato il
vantaggio, senza sostanzialmente rischiare nulla dietro. Ecco, pero',
spuntare l'eccezione: negli Usa c'e' un ragazzo (anche se alcuni
ironizzano sulla sua carta d'identita', non noi) differente dai
compagni: l'unico che accarezza la palla, che la gioca di esterno con
tranquillita', che anche (se non soprattutto) spalle alla porta "vede"
gioco, e lo apre, trovando spazi dove non esistevano. Freddy Adu e'
ghanese, ha il passo rapido. una frequenza di appoggi veloce, e una
cadenza di corsa tipica dell'africano dell'Ovest, la zona dove e' piu'
sviluppato questo sport nel Continente Nero. Adu sprona i compagni, ha
carisma, protesta con l'arbitro per ottenere crediti, e nella parte
finale del match riesce a spaventare gli Uruguay andando a cercare un
rigore che poteva anche essere concesso e calciando un angolo sul
secondo palo dove palesemente per tutta la partita Irrazabal, il
portiere uruguagio, ha avuto difficolta': uscita alta imperfetta,
mischia e poi gol del pareggio.La rete che fa sognare gli States e li
quota gia' ora come favoriti per la partita dei quarti contro
l'Austria (vincitrice del Gambia per 2-1) e' siglato da Michael
Bradley, mediano di metacampo, forte fisicamente e geometricamente
buono ( e' lui il delegato alla ricezione della palla dai difensori
che da' il la all'inizio dell'azione da dietro degli Usa) che gioca in
Olanda...Esperienza? Esperienza. Quella che e' mancata al Brasile nel
difficile match con la Spagna: in vantaggio, a una decina di minuti
dal termine si sono fatti uccellare da Javi Garcia che ha calciato una
punizione dal limite quando ancora il portiere Cassio stava sistemando
la barriera... Poi sono crollati. Mancanza di esperienza unito, in
questo caso, a non-gioco assoluto: Nelson Rodrigues, CT del Brasile,
dovra' spiegare come con una serie di talenti (Pato su tutti, ma non
e' il solo) si possa andare a casa negli ottavi dopo aver preso sei
gol dalla Polonia ed essersi qualificati come migliore terza nel
girone eliminatorio. O trova buoni avvocati o (forse) prende la strada
del Qatar, dove non si trova ( e non si cerca) identita' nel calcio,
esattamente come nelle nazioni piu' evolute calcisticamente dell'area
asiatica: qui in Canada non ne e' rimasta piu' nessuna (eliminato
anche il Giappone, dopo l'harakiri perpetuato quando avevano due gol
di vantaggio). "For what is a man, what has he got? If not himself,
then he has naught" Se non e' se stesso, l'uomo non conta nulla,
cantava Sinatra. Vale anche per le squadre, Frank.

CARLO PIZZIGONI


Fonte: Giornale del Popolo, Lugano

13 luglio 2007

[analisi-recap] Mondiali under 20

Si sono giocati gli ottavi di finale del Mondiale under 20, in Canada.
Abbiamo assistito ai due match di Toronto. Ecco i brevi resoconti.

USA - URUGUAY 2-1



Applicazione, rigore e forza fisica. Con queste armi hanno meritatamente vinto la partita gli Usa. 442 come da manuale, l'olandese Thomas Rongen in panchina vuole gli esterni alti. Le capacità di lettura dei suoi ragazzi non sono però sempre lucide, Zizzo è molto spesso troppo schiacciato, non dà fastidio alla difesa avversaria e noncollabora con l'esterno basso. Nel secondo tempo viene sostituito. Gli USA partono palla a terra, Bradley viene a prenderla e comincia il gioco. Altidore davanti è un punto di riferimento importante, prima che Caceres lo timbri per l'ultima volta (sul difensore dell'Uruguay nessuno ha più dubbi, è bravo e il Villareal ha fatto bene a prenotarlo, però deve limitare il furore) e sia costretto a uscire. Adu cerca collaborazione, sprona i compagni ma subito in partita non entra e gli USA perdono molto quanto a inventiva, praticamente tutto. L'Uruguay schiea un 433 molto interessante: certo un gioco non metodico ma che rimane bello anche per le ottime letture dei tre di centrocampo, chiavi della struttura di Ferrin. Cardaccio (qui, a differenza rispetto alle partite col Nacional, cerca di fare anche il suggeritore ma non trova mai Cavani), Roman e Arismendi non hanno posizioni fisse, le intercambiano. Non giocano mai la palla a inizio azione: a difesa schierata l'Uruguay cerca sempre l'ala, Surraco (che nell'Udinese si è un po' perso) e Luis Suarez del Groningen, assolutamente miglior giocatore del match per le improvvise accelerazioni e le giocate pregevoli che accendono l'attacco uruguagio. Tuttavia, la palla che spesso lancia Caceres arriva male agli esterni tanto che nel secondo tempo Arismendi è deputato allo spostamento laterale per raccoglierla. Cavani dovrebbe chiudere le azioni, ma riesce a farsi notare solo a fine tempo quando con un bel colpo di testa mette in crisi Perk, il portiere USA sostituto del titolare Seitz, e permette il gol del vantaggio a Suarez. 1-0. L'Uruguay comincia la gestione e... leva Suarez. Ferrin rinuncia al suo miglior giocatore, che poteva ancora essere utile specie tenendo palla in zone poco pericolose, e subisce il pareggio negli ultimi minuti, quando Adu prende in mano la squadra procurandosi un quasi-rigore e battendo il calcio d'angolo che scatena la bagarre del gol del pareggio. Brivido per un palo uruguagio di Roman in zona Cesarini. Nel supplementare viene fuori anche la fisicità degli USA (notiamo anche la tecnica di McCarty, bravo in diverse giocate anche di disimpegno difensivo), che chiudono la partita meritatamente. Rongen in conferenza stampa, sorprendendo un po' tutti infila nel suo inglese la parola cojones per meglio rendere il carattere della sua squadra. Ora avrà l'Austria nei quarti, ci vogliono ancora quelli.
CARLO PIZZIGONI

ARGENTINA - POLONIA 3-1


Basta leggere la formazione per notare come non può non essere favorita l'Argentina in questo torneo. A questo punto però io dico, basta leggere chi gioca con il numero 10. Aguero fa la differenza, non l'Argentina, anche se potrebbe. E non tiriamo fuori gli infortuni di Zarate e di Escudero, che sono ovviamente di un'altra categoria, ma giocatori di buonissimo livello ce ne sono anche tra i "sani". La Polonia gioca un calcio di ripartenze, bene nel primo tempo, e non sfigura, anzi, grazie all'allegra linea difensiva argentina, più volte mette un proprio giocatore davanti alla porta. E' spesso Janczyk, e non sempre è preciso: segna il gol del vantaggio ma si divora un gol diversi minuti prima. Ecco, l'Argentina dietro fa veramente paura. Salvo Fazio, e posso fare lo stesso con Mercado, schierato terzino destro, che spazza continaumente ma almeno riconosce la sua posizione quando è sul lato debole. Cosa che Insua proprio ancora non comprende. L'anno a Liverpool ha palesemente stoppato la sua crescita. Poi c'è il caso Cahais, ormai un giocatore totalmente insicuro dai giorni dello spareggio scudetto Boca-Estudiantes. Gli ultimi due confezionano il regalo il primo gol, poi ci pensa Aguero. Lui pesca Moralez che mette in mezzo per il gol di Di Maria (che è un nostro pallino, siamo andati da lui durante l'ultimo allenamento, però anche ieri ha avuto diversi, troppi minuti di letargo), lui porta in vantaggio i suoi con un gol capolavoro e chiude poi il match con un'altra segnatura. Tocalli vuole un mediano fisso davatni alla difesa, Yacob, e lo affianca a un creatore di gioco come Banega, sinuoso, elegante, appariscente palla al piede ma non azzecca una palla in profondità: anche perché lì davanti tra Moralez, Piatti e DiMaria insieme ad Aguero, è tutto un cercare uno-due, ma non ci sono movimenti di squadra. E scordatevi le sovrapposizioni: i terzini sono bloccati e quando scendono non fanno certo bella figura in quanto a tempo di inserimento (anche qui si distingue Insua...). La Polonia, spinta dal pubblico, in stragrande maggioranza biancorosso, dà tutto, ma gli manca qualche giocata di qualità davanti. Buon Mondiale però, per loro: come ha detto in conferenza stampa il tecnico Globisz in quella curiosa lingua che è il polacco, "siamo usciti con i più forti, niente da recriminare".
CARLO PIZZIGONI

02 luglio 2007

[preview] Mondiale Under 20


Lo spot che un TV cilena dedica all'avvenimento



Il domani è adesso. “Ma quale esperienza, qui non siamo in gita premio, l’Argentina va al Mondiale under 20 in Canada per vincere, e vincere bene.” Così parlò Julio Grondona, presidentissimo della Federcalcio Argentina. Registriamo le due indicazioni: nessuna vetrina, questa è una competizione vera, e si deve sputare sangue per vincere. Secondo rilievo: l’Albiceleste deve vincere e, senza mezzi termini, se leggiamo i nomi non possiamo non considerarla la favorita. In una squadra che poteva benissimo schierare Leo Messi, impegnato però diversi chilometri più a sud nella Copa America, e che deve rinunciare a Gonzalo Higuaín, gli attaccanti saranno Sergio Agüero dell’Atletico Madrid e Mauro Zárate, “ragazzini” che hanno assaggiato da mo’ i campi delle serie maggiori e hanno già dimostrato di poter fare la differenza ad altissimo livello. Il Kun, un tipino che ha esordito in Primera Division con l’Independiente battendo ogni record riguardante l’età, 15 anni, (è arrivato prima di un certo Diego Armando), è già partito per l’Europa con le credenziali giustificate da 24 milioni di Euro, sottoscritte dall’Atletico Madrid. Ma il talento non finisce certo qui. Ci saranno giocatori come Ever Banega, titolare del Boca Juniors, Damián Escudero del Vélez, Angel Di Maria del Rosario Central e Pablo Piatti, lanciato dal Cholo Simeone all’Estudiantes. Hugo Tocalli, una vita al fianco di José Pekerman a lanciare giovani, ora tornato, dopo l’amara esperienza del mondiale tedesco in cui aveva seguito il suo mentore, ad occuparsi delle selezioni che meglio conosce, deve trovare l’assetto adatto. Tocalli, non solo per la sua esperienza ma anche per le sue capacità di uomo di campo e di stratega tattico, non ha paura di soluzioni spurie, non ricerca nessuna coperta di Linus (leggi: moduli predefiniti) perché nei giovani crede molto, anche sulle loro capacità di lettura, il talento farà il resto. Dici Mondiale e non puoi non dire Brasile. Sebbene la Seleção agli ordini di Nélson Rodrigues non presenti un calcio bailado, anzi diciamo pure che offre spettacoli miseri e frequentissimi brani di anarchia, però risulta spesso crudelmente concreta. E i pezzi da novanta, ovviamente, non mancano. Primo fra tutti, naturalmente, Alexandre Pato dell’Internacional, già obiettivo di svariate squadre dell’Europa che conta. Suo partner d’attacco potrebbe anche essere il suo rivale “cittadino” Carlos Eduardo, del Gremio. Anzi, l’ala gremista della città, che è più numerosa, sottolinea come “il loro” ha ricevuto più attenzione da parte del CT Dunga e che quindi dovrebbe ricevere maggior pubblicità. Non gli credete. Sempre davanti, altri due pezzi forti: Jô del Cska e Luiz Adriano, già compagno di Pato nell’Inter e reduce da un complicato e poco brillante finale di stagione con lo Shaktar, in Ucraina. In mezzo al campo, ma col solito fiuto del gol che lo attirerà nelle vicinanze dell’area, Lucas, firmato dal Liverpool dopo il corteggiamento di Milan e Inter. Attenzione anche a Renato Augusto del Flamengo. Precettato, e libero finalmente di spingere dopo la stagione con Capello, pure il terzino sinistro Marcelo. La risposta europea alle potenze sudamericane, in attesa che il Portogallo si svegli da un letargo poco giustificabile (gli uomini per fare bene ci sarebbero, vedi Bruno Gama), è senz’altro la Spagna. L’ossatura è quella dei reduci dell’Europeo under 19, stravinto, medesimi saranno anche i canoni del gioco: possesso palla e esterni larghi. E proprio sugli esterni, grande qualità: a destra ballottaggio Toni Calvo (grande talento senza fronzoli del Barça)- Iriome (Tenerife, ha esordito quest’anno in Segunda), a sinistra Marcos (esploso al Villareal)- Diego Capel (del Siviglia, talento ma qualche pasticcio di troppo), coi primi due favoriti. Seconda punta, la gemma Juan Mata, che il Real Madrid, alla ricerca del nome esotico, ha perso in favore del Valencia. Giocatore capace di cambiare il match con un paio di giocate deve essere più continuo ma i numeri ci sono. Il posto dell’altro attaccante se lo giocano Adrian Lopez (begli scampoli al Deportivo) e Bueno, pure lui al Castilla, la squadra B del Madrid, allenata da Michel che vedrà in questa rassegna canadese la presenza di suo figlio Adrian, centrocampista di belle speranze. La Spagna ha grande solidità difensiva, grazie alla linea a 4 dietro guidata da Piqué, talento scippato dal Manchester alle giovanili del Barça e ora impegnato al Saragozza, e ai due centrali di centrocampo Javi Garcia (Castilla) e Suarez, che ha contribuito alla bella stagione del Valladolid, fresca promossa nella massima serie spagnola.
Le sorprese ad alto livello potrebbero essere Messico, Cile e Uruguay, curiosi di vedere il Canada ( e il “nostro” Andrea Lombardo, giovanili Atalanta ora al Toronto FC) , che ha organizzato magnificamente l’evento – qui è anni che chiedono, inascoltati, le Olimpiadi avendo adeguate strutture in più città - mentre qualcosa di pirotecnico potrebbe venire fuori più dall’Africa che dall’Asia. Il gruppo del Tri che vinse il Mondiale under 17 nel 2005, mettendo sotto 3-0 il Brasile (che però aveva perso Anderson per infortunio), vuole altre soddisfazioni. I nomi dei messicani cominciano a circolare anche in Europa: su Giovanni Dos Santos nel Barcellona (quest’anno però il suo Barça B è retrocesso in terza divisione) e Carlos Vela, al Salamanca ma di proprietà dell’Arsenal, scommettono in tanti. A questi si aggiunga César Villaluz del Cruz Azul. Sospeso fino all’ultimo il destino del Cile che poteva perdere i due giocatori di maggior caratura, Alexis Sánchez (al Colo Colo ma già dell’Udinese) e Arturo Vidal, appena acquistato dal Bayer Leverkusen. Il CT della nazionale maggiore Nelson Acosta voleva portarli con sé in Copa America, fortunatamente dissuaso da stampa e collaboratori. L’Uruguay di Gustavo Ferrín deve recuperare fisicamente Edison Cavani per puntare in alto, anche se la squadra, a partire dal difensore già firmato dal Villareal Martín Cáceres e dal centrocampista di rottura Cardaccio (buona la sua Libertadores col Nacional), rimane solida. Ultima curiosità: Freddy Adu, presentato con troppo anticipo su copertine prestigiose come nuovo re del calcio mondiale (è del 1989), è il capitano della nazionale USA, dove gioca anche il sampdoriano Gabriel Ferrari.

CARLO PIZZIGONI
(Ha collaborato Valentino Tola di Calciospagnolo)

Fonte: Guerin Sportivo