31 luglio 2007

[figura] Juan Roman Riquelme

Anche stavolta non ce l'ha fatta. La Copa America è finita in Brasile. E l'enigma Riquelme continua... Questo il mio pezzo apparso sul Guerin Sportivo, subito dopo la finale di Libertadores


Juan Roman Riquelme è il cubo di Rubik, ingarbugliato passatempo per ragazzi degli anni Ottanta, ancora non azzannati da Play Station e giochi di ruolo. Ridistribuire i quadratini secondo il loro colore muovendo le maglie di un cubo era il rompicapo di settimane intere: due decisioni sballate e dovevi ripartire da capo, due corrette ed eri a un passo dalla soluzione. Romancito ha accompagnato i suoi giudizi sulle montagne russe. Da genio illuminante a giocatore inutile: due scatti e potevi avvicinare il suo nome a una delle precedenti definizioni. Sottratto all’Argentinos Juniors e plasmato dai consigli sapienti dei maghi delle giovanili del Boca, Ramon Maddoni e Jorge Griffa, Riquelme ancora oggi che ha allietato platee di Sudamerica e Europa e al contempo è stato maledetto dai tifosi e vilipeso dagli addetti ai lavori, non ha ancora una definitiva collocazione all’interno degli Annales del Futbol. L’unica certezza che ormai fa giurisprudenza, e rimarrà incontestabile, riguarda il profilo “tattico-dialettico”: le squadre in cui gioca sono sempre, senza mezzi termini, le squadre “di” Riquelme, costruite intorno a lui, come direbbe un abusato refrain pubblicitario, non più e giammai “con” Riquelme. L’esempio più limpido è stato l’ultimo mondiale quando il CT dell’Argentina José Pekerman si giocò la carriera ad altissimo livello scommettendo esclusivamente sul genio che aveva allenato nelle selezioni giovanili e grazie al quale aveva trionfato nel Mondiale giovanile del 1997 in Malaysia: Riquelme e altri undici, che potessero in qualche modo assecondare e far risaltare le sue caratteristiche. Scommessa alla fine persa: faticata qualificazione negli ottavi contro il Messico, e solo grazie a un’invenzione di Maxi Rodriguez, ed eliminazione ai rigori con la Germania agli ottavi. Forse, una squadra impostata in un’altra maniera (come più di qualcuno reclamava, ma lo faceva sommessamente e lontano dal Rio de La Plata) avrebbe dominato una competizione che non ha mai trovato un vero padrone: due passaggi erano andati storti e il cubo non aveva trovato soluzione. Un vulcano di critiche avevano portato via Pekerman e soffocato il giocatore che mai è stato capace di gestire i rapporti con la stampa, rinchiuso in un carattere particolare che solo i suoi intimi amici e la sua sposa sanno gestire senza farlo esplodere, anzi implodere, dato che l’eruzione viaggia a rovescio e distrugge. “Non giocherò mai più in nazionale, ho visto piangere mia madre per le critiche che mi sono state rivolte.” Molti hanno pensato che quel giocattolo si era rotto, che le facce non avrebbero mai più combaciato, che la risoluzione dell’arcano non avrebbe trovato luce. Anche perché la sua squadra di club, da lui, specialmente da lui, essenzialmente da lui era stata posizionata sulla geografia del calcio che conta, Il Villareal “di” Riquelme aveva raggiunto le semifinali della Champions’ League del 2006, ma due movimenti erano andati storti e zac: rigore sbagliato proprio dal ragazzo di San Fernando in Buenos Aires e fine del sogno.

In riva al Mediterraneo sostenevano fosse finito. Il tecnico cileno del Sottomarino Giallo, Manuel Pellegrini rivedeva il fallimento di Pekerman e decideva che era terminato il periodo della squadra “di” Riquelme. “Si adatti a un altro modulo”. Ma uno con quelle caratteristiche, mentali e tecniche, non poteva recuperare palloni, andare nello spazio a autolimitarsi per giocare esclusivamente a due tocchi. Intanto a casa sua, giù in Argentina, al Boca, terminata in maniera burrascosa l’era Lavolpe, che voleva il lancio dei giovani e un gioco d’insieme che non è mai stato caratteristica della Casa Amarilla, tirava aria di Restaurazione. Il 4312 del “Coco” Basile aveva prodotto stagioni vincenti in serie e tutti, a cominciare dal presidente Macri, erano persuasi che doveva essere di nuovo la priorità dei bosteros. Emigrato però Insua e con Datolo non esattamente pronto, serviva un trequartista: vuelve Romancito. Mercé un sacrificio economico non indifferente Juan Riquelme riaccende le luci e i cori della Bombonera: un ultimo e solitario valzer (anzi, tango), però: Clausura e, soprattutto, Libertadores. Due scatti col cubo e sei a un passo dallo soluzione, el Mudo, come ossessivamente lo chiamavano anche a Barcellona (dove anche un oltranzista del gioco di squadra, Louis Van Gaal, aveva perso la testa per trovare una posizione a questo talento), torna a insegnare calcio. Parentesi Macri: quell’esborso economico che ha permesso il transcontinentale a Riquelme, e le successive gesta del suo numero 10, gli han consentito di portare a casa il primo grande risultato politico della sua carriera che sta, appunto, svoltando verso questa nuova professione-missione: è stato eletto sindaco della capitale, e probabilmente, sarà il prossimo rivale credibile alla successione del presidente Kirchner, o della moglie dello stesso, ambiziosetta il giusto e pronta a sottrarre all’attuale consorte il ruolo. Ecco, per vedere Macri che sistema le tende della Casa Rosada son necessari i voti della “Mitad Mas Un”, della “metà più uno”, come i tifosi del Boca si autocelebrano, riferendosi alla diffusione della passione azul y oro nel Paese. Roman aiuta. E’ sfuggito il campionato Clausura, finito al San Lorenzo di Ramon Diaz, ma i “Genovesi” hanno centrato il bersaglio grosso, la Copa Libertadores. Il Boca “di” Riquelme, con in panchina Miguel Russo, fa fuori il Vélez (gol di Roman), il Libertad, soffre ma ha ragione anche della sorpresa Cucuta: in finale contro i brasiliani del Gremio il 10 segna una super punizione all’andata e sigilla la vittoria con due gol all’Olimpico. Facile, facile: Juan Roman Riquelme eletto MVP, miglior giocatore, della manifestazione. Prima di tornare in Europa, anche se in Argentina sognano di farlo rimanere almeno fino al Mondiale per Club di dicembre, Basile lo richiama in Nazionale stravolgendo il 433 che aveva preparato per la Copa America: ancora una squadra “di” Riquelme, con l’esclusione dall’11 titolare di Tevez e lo spostamento a destra di Veron. In Europa attendono ancora curiosi, pronti a chiamarlo e a mettergli in mano un’intera squadra. Poi vediamo come gira il cubo…

CARLO PIZZIGONI

FONTE: GUERIN SPORTIVO


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