26 marzo 2007

[recap] Colombia - Svizzera 3-1




Eravamo rimasti alla sconcertante galoppata di giovedì notte, al successo quindi sulla Giamaica. Coordinate di partenza del tutto differenti per la seconda amichevole della nazionale elvetica in terra statunitense. Non più una semplice partitella – ma perché poi non l'hanno giocata addirittura con le casacchine d’allenamento? – ma una vera e propria gara di preparazione. Un avversario vero, la Colombia. Un pubblico vero finalmente. Insomma, una cornice decisamente più motivante.
Sorprendente per contro l’undici iniziale scelto da Kuhn, con i soliti elementi fuori posizione (Cabanas e Inler su tutti) e con alcune scommesse davvero improbabili sotto il profilo tattico. Irripetibile la presenza contemporanea in campo di Cabanas, Yakin e Vonlanthen. Da questo trio, spesso sotto ritmo e con caratteristiche poco eterogenee, forse il selezionatore nazionale si aspettava maggiore circolazione di palla, contro una squadra che si credeva soprattutto tecnica. La Colombia comunque, come varie nazionali sudamericane, punta sì sulla tecnica ma anche sull’atletismo soprattutto dei suoi uomini di difesa: Cordoba ne è l’esempio lampante. Cabanas addirittura è stato schierato da vertice centrale basso del centrocampo, con Yakin davanti a lui e con Vonlanthen a fluttuare alle spalle di Frei. Contrastati e ben imbrigliati, i tre non sono mai riusciti a dettare i ritmi, a tenere in mano il pallino del gioco. Inler è un centrale: perché non provare lui “alla” Vogel?
Con tre uomini sprecati, più un quarto spinto a rimanere troppo largo contro le sue reali caratteristiche, allora anche per gli altri è stato difficile entrare in partita. La Colombia ha saputo approfittarne. Taglio dalla sinistra e palla a Perea, che comodamente ha potuto appoggiare in rete sfruttando l’uscita titubante (ma và?) di Zuberbühler. Il portiere dello Xamax, deludente persino nel campionato di serie B svizzero (!), ha dimostrato una volta ancora di non essere affidabile. E allora anche in questo caso il dilemma resta senza risposta: ma non sarebbe meglio, non avendo a disposizione fenomeni, puntare unicamente su un portiere e provare a dare a costui – secondo noi dovrebbe essere Benaglio – totale fiducia?
In tutti i casi poi la Svizzera è riuscita a pareggiare in modo rocambolesco. Assegnato un rigore alla selezione di Kuhn, della battuta si è incaricato Frei. In un primo tempo il neo-capitano si è visto parare il suo tiro, ma il guardalinee ha intravisto un’infrazione dei colombiani durante la battuta, e allora lo stesso Frei ha avuto una nuova possibilità di trovare il pareggio. E l’ha sfruttata calciando di prepotenza.
Nella ripresa, diversi i cambi, con Spycher, Streller e Lichtsteiner al posto di Inler, Vonlanthen e Behrami (prima Kuhn dice che lo vede a centrocampo e poi la partita dopo lo schiera terzino). Nulla è cambiato veramente però. Le immagini da “salvare”, in questo senso, riguardano la dilettantesca immobilità della difesa elvetica sul secondo e sul terzo gol della Colombia; reti subite a causa della leggerezza degli elementi del reparto difensivo, che proprio non può fare a meno di Müller. Leader più silenzioso di altri forse, ma anche esempio più limpido e positivo... di questi stessi altri.

Svizzera verso gli Europei: Zero risposte alle troppe domande

Perché? Innanzitutto perché porsi queste cinque domande basilari? Semplicissimo, perché i dubbi che sollevano le scelte di Köbi Kuhn e le prestazioni dei suoi giocatori sono molti, moltissimi. Perché siamo preoccupati di questa continua involuzione della squadra che più amiamo. Perché non riusciamo proprio a capire quale sia la reale collocazione di questa nazionale: grande come prima dei Mondiali – e in parte anche durante – o piccola come quella vista nelle recenti uscite? L’abbiamo sopravvalutata forse? Oppure la stiamo sottovalutando ora, amplificando oltre il degno alcuni suoi problemi?
Chi? I protagonisti sono più o meno sempre gli stessi. In questo campo c’è però da chiedersi se Kuhn abbia “azzeccato” ad accordare fiducia a taluni a discapito di tal altri. Da questa ridicola tournée, cominciata con il siluramento di Vogel, abbiamo potuto capire chi sono i veri insostituibili del CT zurighese. Pensiamo allora ai titolari di entrambe le gare: Frei, nuovo capitano, Magnin, nuovo vice-capitano, Senderos e Barnetta. Diverso il caso di Inler, comunque positivissimo. Quei quattro uomini sono davvero insostituibili, sì, ma secondo noi Müller lo è ancora di più, e lo dovrebbe essere anche Behrami, unico elemento attualmente capace di cambiare marcia. Eppure Kuhn preferisce affidarsi ad altri, i suoi leader li ha scelti per il rumore che fanno – e per l’eco che alcuni “giornaloni” regalano loro – e non certo per la ponderatezza o... la vera esemplarità.
Dove? Scontati gli interrogativi legati alla scelta della location di questa tournée. Miami! Ho un amico che è appena partito per Miami. Vi chiederete: e a noi cosa ce ne frega? Intendo dire che questo amico ci è andato a festeggiare lo spring break, la famosa festa americana di inizio primavera, non certo per giocare a calcio. Miami e il pallone: mai si erano incontrati prima, o quasi. E poi dalla Svizzera c’è un bel viaggione di mezzo, ci sono i fusi orari, e laggiù non riusciamo proprio a capire cosa si potesse trovare che in Europa non abbiamo. Assurdo. Nota al presidente della federazione Zloczower? Un altro 3 secco secco. Bocciato? Macché, è appena stato rieletto!
Come? Com’è possibile gestire in questo modo una nazionale? La confusione dei giocatori è la confusione di Kuhn, rivelatasi allarmante ieri sia nelle scelte di inizio gara che a partita in corso. Non ci sono idee chiare, servono dei correttivi, bisogna avere il coraggio di cambiare. Ma non soltanto abbandonando in malo modo Vogel, che ha pagato gli errori di altri, non soltanto i suoi.
Quando? Quando arriveranno segnali dall’alto? Quando si muoveranno i vertici federali? Quando ci faranno davvero sentire la loro influenza? Quando decideranno di aiutare, o meglio, di sostituire il confusissimo Kuhn? Gross e Hitzfeld aspettano. E noi, per altri motivi, con loro.



reti: 5’ Edixon Perea 0-1; 39’ Frei (rigore) 1-1; 57’ Viafara 1-2; 85’ Chitiva 1-3.

Svizzera: Zuberbühler; Behrami (46’ Lichtsteiner), Djourou, Senderos, Magnin (73’ Regazzoni); Barnetta, Cabanas, Yakin (79’ D. Degen), Inler (46’ Spycher); Frei (66’ Müller), Vonlanthen (46’ Streller).

Colombia: Calero; Cordoba, Amaranto Perea, Mosquera, Arizala; Dominguez (86’ Torres), Vargas (79’ Banguero), Viafara, Ferreira (71’ Castrillon); Edixon Perea (69’ Chitiva), Rey (54’ Rodallega).

Orange Bowl di Miami, 25 marzo 2007

PAOLO GALLI
Fonte: Il Giornale del Popolo, Lugano

25 marzo 2007

[recap] Cina - Australia 0-2

Molto curioso mi metto davanti al video per osservare l'evoluzione di questi due nuovi universi calcistici e mi accorgo che ci vogliono pochi minuti per notare la differenza di una squadra in passato allenata da Hiddink e una in passato allenata da Milutinovic. Scherzi a parte, (ma nemmeno tanto, quando una federazione mette sotto contratto un allenatore deve tenere conto anche di quello che lascerà al Paese), onore e merito a Graham Arnold, CT dei Socceroos: si nota che il tecnico australiano è un tipo che il calcio moderno lo conosce, lo studia, lo applica. Nell'Australia ci sono alcuni medio-buoni giocatori e il resto non sono certo fuoriclasse, ma la manovra la gestiscono davvero alla grande. C'è movimento cordinato, il pallone scorre fluido, ogni giocatore sa cosa fare, riconosce le situzioni, aiuta il compagno. Il livello tecnico non è eccelso ma quello tattico e strategico sì. In più, bell'esordio tra i Socceroos di Carl Valeri, ex primavera Inter, ora nel Grosseto vincente di Cuccureddu. Deve sostituire Grella davanti alla difesa a 3 e lo fa con misura e personalità. Sostanzialmente, gli australiani giocano un 3331, con la creazione continua sul campo di visibili rombi che si allungano o si appiattiscono secondo le necessità del momento, adeguandosi alla palla e agli avversari. Il controllo del gioco rimane degli oceanici, specie nella prima parte del match dove anche Viduka, unica punta, con Bresciano a sinistra, Sterjovski a destra e Holman dietro, ha vita facile in mezzo ai centrali cinesi. Manca forse un po' di profondità nel gioco, e il grande volume di gioco spesso non si concretizzaa nel tabellino più importante, però è chiara la scelta di controllare la partita in questo modo: dato il livello medio, con altre formazioni andrebbero decisamente sotto.
La Cina è oltre il vergognoso. Una squadra senza capo né coda. Non si capisce cosa vogliano fare, hanno una paura clamorosa del pressing organizzato dagli australiani, tanto che ciclicamente scagliano il pallone in avanti senza pensarci troppo. Tatticamente ancora alle aste, non ci mettono nemmeno quel quid di cattiveria: non esiste che Viduka non venga mai anticipato. Il pubblico, si gioca a Guangzhou, segue con calore e partecipazione la squadra, non smette di incitarla e si esalta nell'ultima frazione della partita quando l'Australia molla un po' la partita e i cinesi attaccano a testa bassa. Con il potenziale umano a disposizione credo che i cinesi debbano pretendere dai propri dirigenti e tecnici qualcosa, anzi molto di più di questi spettacoli.

China 0
Australia 2 (Brett Holman 8’, Marco Bresciano 28’)

AUSTRALIA Mark Schwarzer, Patrick Kisnorbo, Lucas Neill, Shane Steffanuto (Jade North 66’), Luke Wilkshire, Carl Valeri (Jacob Burns 90’), Michael Beauchamp, Mile Sterjovski (Simon Colosimo 85’),Brett Holman (Archie Thompson 69’, )Marco Bresciano (Nick Carle 80’), Mark Viduka (Scott McDonald 76’)

24 marzo 2007

[libertadores] turno 20 -21-22 marzo




Gruppo 5
Flamengo - Parana 1-0 Favoloso match tra le due squadre brasiliane, squadre che vogliono ancora giocare a calcio veramente. Ney Franco, coach del Mengo, sempre più sorprendente: ancora una volta due punte, due meias, ottimi esterni che accompagnano sempre con qualità (Juan a sinistra e Leonardo Moura, autore del cross decisivo per il gol di Souza), Paulinho in mezo al campo che si aggiunge ai centrali difensivi per ricomporre l'equilibrio in campo. Bene anche il Parana di Zetti, continue, ostinare ed ordinate ripartenze: aggiungere la classe di Dinelson. Decide Souza, che poteva chiuderla anche prima. video

Real Potosì - Maracaibo 2-2 I boliviani si fanno fermare in casa dal Maracaibo e comprmettono il loro cammino in coppa. Il tecnico Félix Berdeja si assume la responsabilità del disastro e fa le valigie.

Gruppo 1
Banfield -America 2-1
Incredibile sconfitta dei messicani col Talandro, rivitalizzato da "Vitamina" Sánchez, il nuovo tecnico che esordiva proprio in questo match. Errori poco perdonabili hanno concesso le segnature a Lujambio (doppietta) e a Cvitanich, che si fa tutto il campo per sigillare la partita nel secondo tempo. L'America giungeva dalla vittoria nel clasico con las Chivas, è l'atteggiamento sbagliato dei messicani ad avere condizionato la partita.

Libertad - El Nacional 1-0 Salutano già la Libertadores gli ecuadoriani. I "militari", che pure in campionato non stanno brillando, non impensieriscono mai i paraguagi del Libertad che con questa vittoria consolidano la prima piazza nel girone.

Gruppo 2
Necaxa - San Paolo 1-2
Bella vittoria per questa squadra messicana di cui si parla sempre troppo poco: condividono solo con il Santos la marcia perfetta nella competizione: tutte vittorie.

Gruppo 3
Cerro Porteno - Cucuta 2-1
Rinasce il Cerro, che vince in rimonta e scavalca i colombiani in classifica. Bene Ramirez e Eder Godoy

Gruppo 4
Emelec - Nacional 1-0
Avevano un solo risultato gli ecuadoriani per continuare a sperare: l'hanno colto nei sudatissimi ultimi minuti della gara(Quiñónez in gol), su cui però ha pesato qualche errore di troppo della terna arbitrale (specie l'espulsione di Diego Jaume del Nacional). Uruguagi troppo frenati, volevano un punto e non hanno portato a casa nulla anche se probabilmente hanno avuto più occasioni, specie una con "Malaka" Martinez. Bene Cardaccio in mezzo al campo, sempre meglio il ragazzo.

Gruppo 6
FC Caracas - Colo Colo 0-4
Passeggiata del Colo Colo in Venezuela: favoloso Alexis Sanchez. il Nino Maravilla, già prenotato dall'Udinese per due milioni di dollari, autore di una tripletta. Per il Caracas, che aveva sbancato il Monumental di Buenos Aires, è tempo di risveglio, ma sono ancora in testa a un girone equilibratissimo.

Gruppo 7
Boca Juniors - Toluca 3-1
Boca in scioltezza. Si riprende i punti persi in Messico. Riquelme a pennellare ma ottima gestione in mezzo al campo per Ledesma e Banega. La scelta del giovane Mondaini dall'inizio accanto a Palermo ha ricevuto le critiche di Maradona. Bel gol nel finale di Boselli, subentrato.

Gruppo 8
GELP - Santos 1-2
Non male la prova degli uomini di Troglio ma il Santos di Vanderlei è uno schiacciasassi. Ripresa la partita nel finale gli argentini l'hanno ripersa al 90' per il gol di Zé Roberto, come rendimento ancora oggi miglior giocatore brasiliano no contest. Luxemburgo sceglie il 352, piuttosto propositivo e soprattutto equilibrato. Il gol di Marcos Aurelio a inizio match facilita la gestione della partita, anche se in mezzo al campo manca Maldonado e Cleber Santana non gioca la sua miglior partita.

19 marzo 2007

[figura] Ricardo Quaresma





Ha spezzato e poi deluso talmente tanti cuori che oggi sembra quasi impossibile sostenere che sì, finalmente, Ricardo Quaresma, esterno del Porto e della nazionale lusitana, ha messo la testa a posto, che ci si può fidare di lui. Gli innamoramenti e i messaggi teneri - dall’Italia hanno provveduto a inviare missive Inter, Juve e Fiorentina - arrivano in riva all’Oceano Atlantico con una frequenza che non lascia sospetti: Quaresma è pronto a fare la differenza per davvero, e stavolta nessuna ricaduta.

Le uscite con il nuovo Porto di Jesualdo Ferreira hanno levato parecchi dubbi su un giocatore che dal punto di vista tecnico e fisico illumina l’élite mondiale. L’ultimo salto di qualità, quello mentale, quello decisivo, l’ha ottenuto quest’anno.

Questa storia del carattere difficile Quaresma se l’è sempre portata dietro. Laszlo Boloni che lo lanciò in prima squadra allo Sporting lo soprannominava “Mustang”, come quei cavalli purosangue impossibili da irreggimentare.

Lisbona, Campo de Ourique, vicino Casal Ventoso. Cresce qui il giovane Ricardo Andrade Quaresma Bernardo. Mamma Fernanda e papà Antonio si lasciano presto e Ricardo da giovanissimo va matto per l’hockey a rotelle, ma la sua prima figura di riferimento, il fratello maggiore Alfonso, è pazzo di calcio e nel quartiere è già una star del piccolo “Desportivo Domingos Sávio”. L’ammirazione di Ricardo per Alfredo rimane ancora oggi sconfinata: “vieni con me che ti faccio giocare!” L’invito del fratello è un ordine nel cuore di Quaresma, così il Domingos Sávio aggiunge un nuovo attaccante e i pattini e il karate, altra passione del giovane, perdono un praticante che, dato il fisico, poteva venire fuori buono. Due volate nei campi polverosi e subito lo Sporting Lisbona, la squadra del più celebre vivaio portoghese, lo porta a casa, Quaresma ha otto anni. Tutto bene, no? Neanche per sogno. La figura paterna che non può essere presente pesa profondamente sull’infanzia di Ricardo: i celeberrimi tram della capitale portoghese accolgono le sue lacrime: “tutti i genitori venivano a prendere i propri figli, gli chiedevano com’era stato l’allenamento, cosa avevano fatto, salivano sulla macchina e se ne andavano. Per me non veniva nessuno, mia madre doveva lavorare continuamente per mettere qualcosa in tavola. Io rimanevo lì, poi me ne andavo a casa coi mezzi, da solo, quando mio fratello era impegnato nelle categorie maggiori e non aveva i miei orari. Il groppo alla gola lo scioglievo solo quando se n’erano andati tutti. Lo trovavo profondamente ingiusto, mi chiudevo in me stesso ed ero arrabbiato col mondo.” Il papà di Quaresma è di origine zingara e Ricardo è sempre andato fiero di questa sua “diversità” culturale, sempre sottolineata come una sua ricchezza. “O cigano”, un altro dei suoi soprannomi, è fiero. Mai ammette o ammetterà qualche battutina pesante nei suoi confronti: l’orgoglio gli fa dire che il Portogallo andrebbe meglio se fosse governato da zigani. Adesso è pieno d’oro, ha una serie incredibile di tatuaggi, adotta look spregiudicati, ha raggiunto uno status che lo lascia indifferente alle paternali di cronisti e osservatori invidiosi del suo successo: “ Si vede che sei di origine zingara?” “Mamma è di origine angolana, anche gli africani amano l’oro, e poi a me piacciono tanto gli orologi.” Proprio un fratello di Donha Fernanda (è bianca) era una star dello Sporting Luanda, anche se il nomignolo, cioè il battesimo calcistico dei giocatori nati in paesi lusofoni, viene da un lontano parente già capitano e difensore centrale del Belenenses, la squadra più antica di Lisbona: si chiamava Quaresma, Ricardo ne perpetuerà il nome. Le lacrime sui tram non finiscono, la scuola non ingrana nemmeno un po’, ma sul rettangolo verde Mustang non fa prigionieri: il suo talento rapisce tutti i migliori tecnici, César Nascimento, Osvaldo Silva (“quello che mi aiutato di più, un maestro di calcio e di vita” dice oggi l’attaccante), Paulo Leitão e Zézinho. Nelle “escolinhas” del club biancoverde fa sfracelli. Da “infantis” gioca due stagioni, realizza 63 gol e si laurea campione nazionale nella stagione 1994/95. Altre due stagioni nella categoria “iniciado” e altri 38 gol. Nella categoria “juvenis” ottiene finalmente il suo primo stipendio, 10 mila escudos. La stagione 98/99 è piena di soddisfazioni: vince il campionato anche grazie alle sue 33 segnature. Il passaggio tra gli juniores viene considerato superfluo dai dirigenti del Leone. Quaresma è subito assegnato alla squadra B di Alvalade: è la stagione 2000/01 e Harry Potter, un altro dei suoi nick, esordisce contro l’Olhanense. Viene poi convocato per l’Europeo under 16 di quell’anno: grande torneo e finale con la Rep. Ceca. 14 maggio 2000, Ramat Gan, Israele: Quaresma decide il match con il golden gol e porta la Selecçao a rinverdire i fasti della “Geraçao de Ouro”, quella dei Rui Costa e dei Figo che ha dominato i tornei giovanili. La stagione 2001/02 è quella dell’aggregazione alla prima squadra, proprio con Laszlo Boloni, quello del “Mustang”, un altro sbalordito dal talento del diciassettenne che deve allenare. Il contratto che viene sottoposto al suo manager di allora José Veiga (oggi direttore generale del Benfica, come cambia il mondo) scade nel 2004 ma la società, dopo pochissimo tempo richiama in società il calciatore: sente puzza di grande promessa, il contratto si allunga di un anno e la clausola rescissoria viene fissata in sei milioni di euro: stiamo parlando ancora di un minorenne ma a Lisbona qualcuno ha sbagliato i conti. La trafila tra le giovanili dello Sporting ha dato i suoi frutti, grande tecnica di base e coordinazione ineccepibile; il resto ce lo mette il giocatore che ha una forza fisica, un’eleganza e un’inventiva fuori dal comune. Visto il Paese: un’apparizione. Più di un tifoso, più di un osservatore sentenziarono che era dai tempi di Figo e Futre che non usciva un talento del genere dalle porte dell’Alvalade. Anzi, qui il potenziale è pure maggiore. Sotto i cieli biancoverdi sta sbocciando anche il giovane Cristiano Ronaldo, acerbissimo (ha due anni meno di Quaresma), che Ferguson (per merito di Queiroz, il suo vice) ha già adocchiato. L’estate del 2003 sarà la data di addio alla capitale portoghese per entrambi, chi svolta ad ovest, chi a est: per il Mustang non domato ci sono le praterie catalane ma il fantino sbagliato, Frank Rijkaard. Sei milioni di euro più Rochemback vanno allo Sporting, non un affarone. Incomprensioni con l’olandese fanno pure credere che la cifra sia eccessiva. In blau-grana si rianima il ritornello nato nel secondo anno allo Sporting: bravo, ma non è continuo, gli manca la testa. Parte titolare solo dieci volte in stagione: l’ex centrocampista del Milan, inizialmente innamoratosi, come tutti, diventa perplesso. Non gli piacciono certe attitudini, lo qualifica come cambio e resta un giocatore di complemento, senza fiducia né opportunità importanti. L’infortunio al piede destro verso il finire della stagione, che lo toglie dal ballottaggio per l’Europeo da giocare in casa, è una mazzata tremenda. Intervistato durante quell’estate è categorico, “o se ne va Rijkaard o me ne vado io dal Barça.” Opzione B per il presidente Laporta che per arrivare a Deco sacrifica il talento portoghese. Ritorno in Portogallo, stavolta a Nord, per Quaresma. Partenza col botto e coppa Intercontinentale messa in tasca. Poi una serie di alti e bassi, nel Porto sconclusionato del post Mourinho e le solite accuse. Scolari ha già costruito la squadra per i mondiali, ma il Portogallo chiede la convocazione di Quaresma per Germania 2006 : il battage mediatico infastidisce il permaloso Felipao che lascia all’under 21 l’attaccante esterno (ruolo, inoltre, decisamente coperto nella Selecçao). Quest’anno, come detto, è però super Quaresma e le sterline di Abramovich stanno già tintinnando: fuori gli euro oppure il Bem-vindo di Mourinho è sicuro.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo

11 marzo 2007

[recap] Estudiantes - Boca Juniors 1-3


Il video del secondo gol del Boca, con l'assist di Riquelme

Il tabellino non è tutto . Vero, la "rivincita" della finale dell'ultimo torneo Apertura la porta a casa piuttosto nettamente il Boca, ma l'avverbio riferito va evidenziato solo per la seconda parte della gara. Il Pincha comincia bene e fino a cinque minuti dalla pausa è strategicamente ed esteticamente superiore ai bosteros. Gioca meglio dell'anno scorso, palla a terra, combinazioni a più uomini, José Sosa piuttosto ispirato prima del passo d'addio, Veron che sventaglia a cambiare gioco, partecipazione attiva degli attacanti alla fase di costruzione (qui Calderon rimane un professore per movimenti e appoggi). Il Boca procede a strappi, sente tremendamente l'assenza del movimento di Palacio davanti, con Russo che sceglie il centrocampo tecnicamente migliore con Neri Cardozo, Banega e Battaglia (che uscirà alla mezz'ora per infortunio: Ledesma per lui): dietro alle punte Palermo e Marioni, Riquelme. L'Estudiantes ha perso perso un po' di garra rispetto alla bava alla bocca della scorsa stagione e viene steso da un uno-due di Palermo a fine prima parte. Il secondo gol è una perla di Riquelme che fa fuori raddoppi in serie prima di porgere al Loco, che torna a essere una sentenza proprio contro il suo Pincha. Un Pincha che nel secondo tempo non reagisce mentalente, ovviamente Veron comincia a dar di matto, Riquelme a salire sempre di più in cattedra e la partita finisce anzitempo. Bene come al solito Morel, autore dell'assist del primo gol, e buone opposizioni anche di Caranta.

Estudiantes: Andújar; Angeleri, Alayes, S. Domínguez (Mosquera 5'), Casierra (Benitez 46'); Sosa, Braña, Verón, Piatti (Vazquez 64'); Pavone y Calderón. DT: Diego Simeone.

Boca: Caranta; Ibarra, Maidana, D. Díaz, Morel Rodríguez; Battaglia (Ledesma 33'), Banega (Orteman 81'), Cardozo; Riquelme; Marioni (Barros Schelotto 87') y Palermo. DT: Miguel Angel Russo.

Goles: 39'PT Martín Palermo (BOC) , 44'PT Martín Palermo (BOC) , 17'ST Martín Palermo (BOC) , 40'ST José Calderón (EST)

Estadio Ciudad de La Plata, 10 marzo 2007

10 marzo 2007

[figura] Fabrizio Miccoli


“Mi Mi Miccoli!” Non c’è nessun altro coro tra quelli preparati dai tifosi del Benfica che coinvolge più di questo. Si può vincere o perdere, ma il gusto per la giocata entusiasma sempre, fa bene al cuore e non lascia indifferente nessuno. Men che meno un pubblico che, anche se in un’altra era glaciale, dominava in Europa e nel Mondo e nel referto poteva fregiarsi del nome di Eusebio.

Fabrizio Miccoli è tornato in prima pagina. Schierato titolare, segna i due gol decisivi nella sfida col Nacional che tiene vive le speranze di titolo delle Aquile ed è di nuovo Miccoli –mania.

Arrivato lo scorso anno a Lisbona il “Romario del Salento” è diventato subito “o pequeno bombardeiro” per il pubblico del Da Luz, ultimamente abituato a prestipedatori di inferiore lignaggio, e l’amore è scoccato subito. La barriera della lingua, inizialmente ostica per chiunque (i portoghesi fanno fatica ad essere compresi anche dagli altri stati che parlano, o dovrebbero parlare, il loro stesso idioma), non ha infreddolito l’affetto degli “adeptos” che, anzi, si sono innamorati subito della mimica facciale del giocatore di Nardò. Sempre pronto a scherzare fuori dal campo, Fabrizio fa davvero fatica a farsi qualche nemico nella ventosa Lisbona e in quella metà (e forse più) di Paese che ama il biancorosso.

Primo anno di ambientamento con un tecnico di nome ma non di livello come Ronald Koeman e una squadra che andava a strappi: Miccoli ha fatto il suo. Il secondo anno in Portogallo, questo, dopo che in estate le casse deserte del club della capitale lusitana non hanno nemmeno scalfito la volontà dei dirigenti della Juventus, ancora proprietaria in toto del cartellino del giocatore, potrebbe finalmente farlo tornare a brillare come un tempo. Un tempo colorato d’azzurro.

Il Benfica ha finalmente un allenatore che sta cercando di costruire un progetto, Fernando Santos, reduce da una bella stagione in Grecia dove ha portato l’AEK Atene fino alla qualificazione in Champions’ , ma soprattutto protagonista in passato della costruzione di quel Porto che poi con Mourinho avrebbe vinto tutto in Europa. Ancora oggi, uno degli uomini chiave di quel successo, Deco, ora approdato a lidi ancora più prestigiosi (e portato in Europa proprio dal Benfica), non dimentica il lavoro di Fernando Santos e, anzi, non manca di ricordare quanto sia stato decisivo l’incontro con il tecnico lisboeta.

Infaticabile lavoratore sul campo, ottimo stratega, “o Engenheiro”, come viene chiamato, sa che proprio Miccoli può regalare alla squadra biancorossa il salto di qualità decisivo. La querelle sul peso ha in alcune occasioni suscitato perplessità all’interno della società e forse infastidito l’allenatore che però ha sempre tenuto a sottolineare il buon rapporto col giocatore salentino. Il problema sono sempre stati gli infortuni muscolari: l’impossibilità di allenarsi con continuità è l’effetto non già la causa, come sostenuto da alcuni osservatori, del problema del peso, che però il talento meridionale ha sempre sostenuto assestarsi su un paio di chili in più. Questo leit motiv degli infortuni in Casa Benfica è un discorso che coinvolge ciclicamente anche l’altro elemento tecnico della squadra, Rui Costa, figliol prodigo tornato finalmente a casa, ma continuamente colpito da malanni.

Eletto miglior giocatore della partita contro il Nacional, Miccoli, con un portoghese senza inciampi, in un’intervista concessa alla tivù, ha tenuto a ribadire che le cose vanno sempre meglio e che la condizione fisica è in continua crescita. Proprio adesso che cominciano i mesi della verità. Usciti inopinatamente dalla Champions’ League, in un girone alla portata dei benfiquistas, con l’inarrivabile Manchester United, ma anche con Celtic e Fc Copenaghen, l’Europa, anche se quella meno luccicante, rimane alla portata degli uomini di Fernando Santos, che non ha nascosto le proprie ambizioni in Coppa Uefa. E poi c’è il campionato ancora tutto da giocare con il distacco dalla capolista Porto decisamente rimediabile. C’è bisogno di Miccoli: staff tecnico e società lo riconoscono, il pubblico non vede l’ora di ripartire col ritornello. Una cosa, però: a Torino stanno cominciando ad affinare l’orecchio e se il volume diventa veramente alto, Miccoli potrebbe salutare il suo amato mare. Lo attende un costume bianco e nero.

CARLO PIZZIGONI

Fonte: Guerin Sportivo