21 giugno 2015

Nasce Mondo Futbol

E' iniziata l'esperienza di Mondo Futbol (www.mondofutbol.com), dovrà diventare il punto di riferimento degli appassionati del calcio internazionale. Io, Guido Montana, Aniello Luciano e tanti amici-colleghi ce la stiamo mettendo tutta. Seguiteci



01 giugno 2015

L'alfabeto del Mondiale Under 20





Nomi, giocatori e tante curiosità sulla manifestazione iniziata da pochi giorni in Nuova Zelanda. Altra delizia di Aniello Luciano:

Albiceleste. Nessuno ha vinto in questa categoria quanto l’Argentina (6 volte in 13 partecipazioni). Il gruppo di Humberto Grondona proverà, con buone chance di riuscita, ad incrementare il palmares, sull’onda del Sudamericano. Primo ostacolo proprio un biancoazzurro, Leonardo Pipino, bielsista dichiarato e tecnico del Panama. L’uomo giusto nel momento giusto, sia per testare le ambizioni della mini Selección, sia per l’importanza svolta dal trentasettenne di Boedo nella progressiva crescita del calcio canalero.

Bunjee Jumping. Attrazione turistica del paese (Nevis Highwire Bungy è una delle piattaforme per salto con l’elastico più alte del mondo) e acceleratore di emozioni. Ne sanno qualcosa Deklan Wynne e Clayton Lewis, due membri della formazione locale, che si sono cimentati in una suggestiva gara di palleggi sui tetti della Sky Tower di Auckland. Allo sconfitto un bel tuffo fra le nuvole.




Cento. Tanti sono i calciatori che militano in leghe straniere (504 il totale dei convocati), con gli Stati Uniti in testa (13). L’altra faccia della medaglia Myanmar, Uzbekistan e l’Ucraina di Eduard Sobol (terzino sinistro interessante per struttura fisica e temperamento) e Valeriy Luchkevych (esterno destro messosi in luce con il Dnipro in Europa League), rappresentate da soli ragazzi tesserati per squadre del campionato nazionale.

Dimensione nuova. Con 29 reti in 59 partite nella Liga Nacional honduregna Bryan Róchez sperava che l’impatto con la Major League Soccer fosse snello ed indolore. Così non è stato. Le difficoltà incontrate del talento bicolor, però, sono utili per ricordare che l’età ha il peso ed occorre pazienza. Tanta pazienza. Anche con chi è già una star in miniatura come l’ex centravanti del Real España. I tifosi dell’Orlando City hanno sì mugugnato ma sono stati dopotutto comprensivi. L’occasione per mostrare quanto paghino il tempo e il lavoro è qui servita.

Entusiamo alle stelle per una Nazione poco avvezza ai riflettori, per buona pace di Hobbit e Compagnia dell’Anello. L’evento internazionale ha risvegliato l’interesse dei neozelandesi per uno sport praticato con moderazione per anni, sfruttando i viridi campi non solo per fare da tappeto a lunghe passeggiate o da set cinematografici. L’OFC, la federazione calcistica del continente, si è messa in scia al carro della FIFA e ha sfruttato l’occasione per coinvolgere giovani locali di entrambi i sessi, curiosi e addetti ai lavori con una serie di iniziative di contorno, importanti anche per rendere meno astrusi alcuni concetti del mondo pallonaro. In quest’ottica si colloca il rafforzamento dei corsi per la Licenza B dedicata ai tecnici della Nuova Zelanda e isole vicine, sconosciuta fino al 2012. E partire dall’educazione non può non essere che un passaggio positivo. 
 
Fifa, nel senso di Federazione e di paura. Perché tanta è stata la preoccupazione che lo scandalo che ha investito il mondo del calcio in questi ultimi giorni potesse bloccare la macchina organizzativa di Nuova Zelanda 2015. Jeffrey Webb, presidente della CONCACAF e demiurgo della squadra per l’edizione oceanica, è finito in manette ma si andrà comunque avanti. Per fortuna di chi ama tutto quello che avviene solo ed esclusivamente nel rettangolo verde.

Generazioni a confronto. Maradona, Messi, Van Basten, Burruchaga e Ramón Díaz sono alcuni dei campioni che hanno messo in vetrina le proprie qualità nel mondiale U20. Per rivivere i momenti magici di questo torneo è stato montato un video che non ha bisogno di altre parole. Provare per credere.




Henry del Galles. Per tutti Principe Harry. È stato il reale britannico a dare il metaforico calcio di inizio alla manifestazione, partecipando ad una partita promozionale nella terra dei Kiwi. E stando alle immagini, oltre all’estrazione, anche il tocco di palla è regale.




Italians (don’t) do it better. Per la terza edizione consecutive la Nazionale azzurra U20 guarderà la Coppa del Mondo da casa. Ultima apparizione nel 2009 quando i ragazzi di Rocca chiusero nel peggiore dei modi (3 espulsi, eliminazione ai supplementari contro l’Ungheria) la campagna egiziana. Ci sarà comunque un briciolo di serie A al di là dell’Oceano Indiano. Dal vicentino Jesse Edge (Nuova Zelanda) al cagliaritano Godfred Donsah (Ghana), passando per il duo colombiano Andrés Tello (Juventus) e Alexis Zapata (Udinese) o per il messicano Kevin Méndez, prestato dalla Roma al Perugia. Ma non sono i soli. Bloccati a Fiumicino, invece, gli aquilotti Mamadou Tounkara e Moustapha Seck, in vista della final eight del campionato Primavera.

Licenziamento. Quello toccato a Alexandre Gallo, ct in sella alla Selecao U20 (e U23) da un biennio. La decisione è stato presa dalla CBF a meno di un mese dall’inaugurazione dal mondiale e due giorni dopo la consegna di una pre-lista convocati, nella quale comparivano anche il cagliaritano Caio Rangel e Kenedy, ragazzo d’oro del Fluminense che fa gola al Chelsea. Purtroppo per loro il sostituto di Gallo, Rogério Micale, ha preferito rivolgere lo sguardo altrove (Kenedy è out per una appendicite). Un bene per Malcom, che si apprestava ad andare in ferie ed invece andrà dall’altra parte della Terra con il passo del predestinato. Classe ’97, ruolo trequartista.

Myanmar. Il piccolo stato dell’Asia sudorientale è, al pari di Senegal e Fiji, al debutto nella manifestazione. Quella che può apparire come una squadra sprovveduta è invece un gruppo che, sotto la guida del tedesco Gerd Zeise, ha eliminato nelle qualificazioni Iran ed Emirati Arabi Uniti, prima di portare fino ai supplementari il campione d’Asia U19, il Qatar, anch’egli presente, di diritto, in Nuova Zelanda per fare più che bella figura. Quindi occhio alle asiatiche, da Myanmar (o Birmania che dir si voglia) alla Corea del Nord, ovvero colei che ha steso con un sonoro 5-0 Uzbekistan, altra qualificata, e mandato a casa Iraq e Giappone.

Nuova Zelanda. Paese affascinante come pochi, ricco di bellezze paesaggistiche, tradizioni e miti. Palcoscenico perfetto per chi è alla ricerca di una Terra di Mezzo attraverso la quale trovare la propria via, posizione nel Mondo. Un viaggio nella natura dell’uomo e un rito di iniziazione a più tappe (24 squadre, 6 gironi e 7 piccoli e deliziosi stadi) verso il calcio che conta.

Ottimizzare i tempi. Ci ha pensato la Colombia spostando, con largo anticipo, la preparazione atletica in Australia. Un modo per adattarsi al clima e al fuso orario e saggiare le condizioni della rosa con una serie di amichevoli di rilievo. I più in palla sono sembrati Jarlan Barrera, la cui presenza fra i titolari resta comunque difficile, e Alexis Zapata, altra scoperta del scout dell’Udinese.

Pecora nera. Si chiama Wooliam ed è la mascotte del torneo. Personaggio buffo, reso fenomeno virale attraverso i social network e un concorso, indetto da una nota casa automobilistica coreana, che ha premiato 52 fortunati, uno per ogni partita, provenienti da tutto il mondo. Fra questi anche Talia Chetty: dodici anni, sudafricana di nascita e una passione sfrenata per il calcio. Sarà lei ad accompagnare Wooliam durante Colombia - Qatar.

Qatar. Chi pensa che il primo assaggio di calcio vero l’emirato del Vicino Oriente lo avrà nel mondiale casalingo del 2020 si sbaglia di grosso. E proprio i giovani granata sono l’esempio giusto per indebolire l’impropria tesi. Difatti i qatarioti arrivano in Oceania forti del successo in AFC U19, conquistato con un percorso quasi netto, trascinato dal prolifico Al Saadi. Il giovane attaccante ha già avuto un tête-à-tête con il professionismo, rastrellando qualche presenza con l’Eupen nella seconda divisione belga. Chi sarà il prossimo ad accompagnarlo?

Riscatto. Parola chiave soprattutto per il Brasile, chiamato a cancellare la pessima stagione 2013 (fuori dal lotto delle partecipanti) e lo smacco argentino del recente Sudamericano, chiuso con un poco convincente quarto posto, davanti all’Uruguay. Celeste che farà di tutto per tornare in finale come due anni fa, quando si arrese allo strapotere della Francia di Paul Pogba soltanto ai rigori. Coito punta molto sul talento di Pereiro e Poyet (West Ham) ma confida che Guillermo Cotugno possa dare sicurezza alla retroguardia. Un reparto chiamato agli straordinari anche dal ct del Portogallo. Non prenderle sarà fondamentale come agli Europei U19 2014 (in finale, persa di misura contro la Germania). Al resto penseranno la prima punta André Silva e le frecce sugli esterni Ivo Rodrigues e Gelson Martins.

Sidy nome, Sarr cognome. La FIFA ha dedicato uno piccolo spazio fra le proprie news al centrocampista del Mbour Petite Côte, definendolo nell’occasione “humble hero”, un umile eroe.
Umile come il posto in cui è nato e cresciuto, sulle coste del Senegal, fra strade polverose e baracche di lamiere. Poi l’imponderabile. Due reti sbucate dal nulla, quando ormai tutto sembrava già svanire ai gironi di qualificazione. Risultato ribaltato in extremis (la gara terminerà 4-3, avversario il Congo) e da lì in poi, turno dopo turno, la conquista del Mondiale neozelandese. Ora che ci sono (- Non so nulla della Nuova Zelanda, se non che è lontana – ha scherzato il diciannovenne) perché non provarci? La qualità c’è, la modestia pure.

Tattoo. C’è chi il talento lo riconosce a pelle e chi il talento se l’è fatto imprimere sulla pelle. Provate a chiedere a Gaston Pereiro, sorprendente mancino di Montevideo, che si è tatuato sul braccio destro il volto de El Chino Recoba, idolo di una intera generazione celeste. Il sogno del l’ enganche bolso, però resta sempre quello di giocare al fianco di Cristiano Ronaldo. Sarà già bello per lui superare il turno, cosa per nulla scontata viste le contendenti del girone D: il Messico di Hirving Lozano, campione U20 CONCACAF, la Serbia di Andrija Živkovi , protagonista in Superliga con la maglia del Partizan Belgrado, e il Mali di Adama Traoré, due reti e venti presenze nella Ligue I francese.
 
Unione di sangue. No, non stiamo parlando della fortunata saga di Patricia Briggs ma di discendenze, lignaggio. Una questione familiare così come per casa Rufer. Wynton fu, con Giuseppe Bergomi, uno dei più giovani debuttanti al Mondiale del 1982, capocannoniere della Champions League ‘93/’94 ed è tuttora considerato il miglior giocatore della storia calcistica neozelandese. Suo fratello Shane ha giocato per anni in Svizzera, paese di origine del padre, sfiorando più volte il campionato inglese. Ora tocca ad Alex, figlio di Shane e nipote di Wynton, proseguire nella trasmissione del ‘’sapere’’. 
 
Verevou Iosefo, attaccante delle isole Fiji, si candida ad essere l’elemento di spicco del gruppo selezionato da Ravinesh Kumar. Protagonista, in qualche modo, lo è già stato ma fuori dal campo. Nel luglio del 2014 fu sospeso per motivi disciplinari, insieme ad altri compagni dell’U20, dalla Lami Football Association. Tre anni e una salata multa, poi ridotti. Meglio riservare le energie in altre sedi.

Zelalem. Quando nasci a Berlino, ti scorre nelle vene sangue etiope, ti innamori degli Stati Uniti e finisci per diventare famoso in Inghilterra, può succedere che la geografia diventi un intricato Risiko. Alla fine di una lunga battaglia burocratica (il centrocampista dell’Arsenal ha ottenuto la cittadinanza americana solo il mese scorso e secondo lo statuto della FIFA non avrebbe potuto indossare la maglia a stelle e strisce prima del compimento del ventitreesimo compleanno) i dadi hanno dato ragione all’U.S. Soccer: Gedion Zelalem giocherà per gli yankee. Una manna del cielo per il ct Tab Ramos, costretto a fare a meno (per scelta, è giusto sottolinearlo) a Romain Gall, capocannoniere del campionato nordamericano U20, Amando Moreno e Junior Flores.


@AnielloLuciano

25 maggio 2015

Europeo Under 17 - MondoFutbol elegge i migliori prospetti


Una top 11 per l'appena terminato Europeo Under 17? troppo poco. MondoFutbol, tra pochissimo on line, vi regala una rosa completa dei miglior prospetti della manifestazione dominata dalla Francia.



Portieri

Gianluigi Donnarumma (febbraio '99 – Italia - Milan)


Sky's the limit, per questo ragazzo che gioca, in ogni categoria ( e pure qui all'Europeo), da sottoetà, con una tranquillità da veterano. Ha già un fisico formato (spalle larghe e 195 d'altezza), riflessi super, favoloso nell'uno contro uno, sicuro nelle uscite, mai un problema a giocare coi piedi, anzi.

Luca Zidane (maggio '98 – Francia - Real Madrid)
Più di una imperfezione ( migliorabile nei tempi delle uscite alte), il figlio di Zizou è un giocatore di grande personalità. Velocissimo ad “andar giù”, si fida un po' troppo spesso del suo istinto, battezzando situazioni con eccessivo anticipo. Trascinatore, ai rigori contro la Russia si è esaltato parandone tre e calciandone uno alla Panenka (sulla traversa).
Difensori

Reece Oxford (dicembre '98 – Inghilterra - West Ham)


Fisico imponente, dietro si è fatto sentire, e nessun attaccante ha con lui avuto vita facile. Già cosciente dei suoi mezzi, buono di testa, attento nell'accorciare, ha pagato qualche pigrizia di troppo che non lo ha sempre mantenuto concentrato per tutta la gara. Attese e prospettive rimangono però enormi.

Alec Georgen (settembre '98 - Francia - PSG)

Viso acqua e sapone e fisico asciutto, in campo si trasforma in un ossesso che macina chilometri su chilometri lungo la fascia di competenza, la destra, appoggiando la manovra ma senza perdere di vista, cattivo il giusto, l’equilibrio difensivo. Piccoli Debuchy crescono.


Marc Cucurella (luglio '98 - Spagna - Barcellona)

I duetti con Olmo sulla corsia mancina spagnola sono fra le cose esteticamente migliori di Bulgaria 2015, ma è in fase difensiva, fra diagonali, recuperi e accesi corpo a corpo, che il terzino blaugrana ha mostrato progressi confortanti.


Wout Faes  (aprile '98- Belgio – Anderlecht )

Elegante difensore centrale che usa la testa non solo per mostrare i suoi dorati ricci: sicurezza, dominanza nel gioco aereo, capacità di lettura e di impostazione dell’azione. L’Anderlecht se lo coccola e fa bene. 

Nikita Kalugin (marzo '98 - Russia - Dinamo Mosca) 

Letale come l’omonima femme del cinema, Nikita Kalugin, gran fisico e discreta mobilità, si è dimostrato padrone dell’area russa a colpi di marcature strette e anticipi secchi. Lo dimostra la fatica fatta dalla Francia nel superare il muro eretto dal centrale della Dinamo Mosca.


Centrocampisti

Felix Passlack ('98 – Germania - Borussia Dortmund)


Fisico compatto ed esplosivo, leader naturale, Passlack ha avuto molto impatto giocando da esterno e venendo dentro al campo, piuttosto che nelle ricezioni tra le righe. Potente nella gambe, in futuro può anche arretrare il suo ruolo, partendo forse anche da più dietro.


Carles Aleñá (gennaio '98 – Spagna- Barcellona)

Ennesimo talento prodotto alla Masia, Aleñá è un centrocampista con svariate doti. Sa fare iniziare l'azione con quel magico sinistro che si ritrova, sa condurre, palla al piede, ha buone letture difensive e può essere pericoloso ai sedici metri. Talento vero, forse con una collocazione in campo ancora da definire nei dettagli.


Manuel Locatelli (gennaio '98 – Italia – Milan)

Torna finalmente ai suoi livelli di rendimento, dopo una stagione tribolata. Leader del centrocampo azzurro dove mostra doti di costruzione insieme a letture difensive. Ragazzo nato nell'Atalanta e cresciuto nel Milan, giocherà anche l'anno prossimo in Primavera ma assaggerà anche la Prima Squadra.
Marcus Edwards (dicembre '98 - Inghilterra - Tottenham)

Forse sarà troppo innamorato della sfera ma i suoi movimenti fra le linee sono state frecce di Cupido per i tifosi inglesi e non solo. Peccato sia lui che i Tre Leoni siano stati fugaci quanto un colpo di fulmine. Da incorniciare la rete inflitta all’Éire.

Thimote Cognat (gennaio '98 - Francia - Lione)

Una sorta di bigino del lingua parlata a centrocampo: dinamismo, “garra”, doti organizzative, creatività. Colui che ha incarnato meglio di tutti le due anime dell’U17 francese. Zero fronzoli e tanta (virtuosa) sostanza.

Nikola Moro (marzo '98 - Croazia - Dinamo Zagabria)
Così come per il connazionale Brekalo, è mancata la continuità, ma a sprazzi il croato ha illuminato la scena con una tecnica nello stretto e una rapidità d’esecuzione fuori dal comune. Ne sanno qualcosa gli azzurrini costretti a dire addio al Mondiale, puniti da una rete del numero 10 della Dinamo Zagabria.

Matisse Thuys (gennaio '98 - Belgio - Genk)

Elemento cardine del centrocampo dei Diavoli Rossi. Giocatore pragmatico che dà copertura alla difesa e appoggio alla manovra, mantenendo la medesima lucidità. In due parole: fosforo e corsa.

Attaccanti

Bilal Boutobba (agosto '98 – Francia - Olympique Marsiglia)

Già buttato nella mischia del calcio che conta dal Loco Bielsa, sgamato il giusto, si è fatto soffiare la copertina dal compagno di squadra Edouard. Certo ha però lasciato dettagli creativi, situazioni offensive spesso di transizione gestite con letture superiori ( imbucate, tocchi di prima, pause) grazie a quella postura da smilzo mancino che fanno salivare ai piani superiori.

Ismail Azzaoui (gennaio '98 - Belgio - Tottenham)

Destra o sinistra fa poca differenza. Il belga del Tottenham è un’ala che non lascia scampo quando ha la possibilità di sfruttare il campo. Progressione, dribbling e un innato fiuto per il gol che non guasta mai.

Nanitamo Ikone ( maggio '98 - Francia - PSG)

Altra freccia nella faretra del tecnico Giuntini. Scatti che fendono le difese avversarie, traiettorie che centrano il bersaglio. Una punta moderna che abbina qualità atletiche a primizie tecniche che fanno ben sperare, anche se qui deve migliorare per aspirare al top.

Johannes Eggestein (maggio '98 - Germania - Werder Brema)

Spirito e struttura fisica di chiara scuola teutonica, ecco un altro centravanti del Werder Brema che fa faville nelle nazionali giovanili. Rispetto a Selke, Eggestein sfrutta meno la profondità, amando il gioco d’area e il lavoro di squadra ma sottoporta sono gli stessi: implacabili.


Odsonne Edouard (gennaio '98 – Francia – PSG)

Miglior giocatore e miglior cannoniere del torneo, con una tripletta in finale contro la Germania: è nata una stella. Fisico strabiliante, anche per la coordinazione, ha bene letto situazioni spalle alla porta e ha saputo dettare la palla profonda. Buono anche fronte alla porta e nello stretto, possiede un educatissimo tocco (si veda lo scavetto in finale contro la Germania), quasi brasiliano, lui che è nato poco lontano da lì, nella Guyana francese.

CARLO PIZZIGONI @pizzigo
ANIELLO LUCIANO @AnielloLuciano

20 maggio 2015

Champions Asia 2015: com'è andata la fase a gironi/2

Ecco la seconda parte dello straordinario studio di Nello sulla Champions asiatica (c'è anche il Guangzhou Evergrande di Fabio Cannavaro). Uno stile che ci accompagnerà anche su mondofutbol.com il nuovo sito sul calcio internazionale presto, prestissimo online.




GIRONE E


Giappone e Sud Corea hanno la meglio su Cina e Vietnam. Questa la sintesi del girone.
Fin troppo superiori i nipponici del
Kashiwa Reysol, campioni nel 2006, e le “tigri asiatici” del Jeonbuk, club noto anche come General Motors per i legami stretti con la casa automobilistica della Hyundai.
Un viaggio a braccetto evidenziato dalla classifica (11 punti a testa) e dal doppio confronto, ad armi pari (ognuno superiore sul terreno amico) ma che ha premiato il Kashiwa, uscito indenne dal Jeonju World Cup Stadium solo per merito delle mani d’oro
Takanori Sugeno e della dea bendata (due gol annullati e una traversa per il Jeonbuk), e vittorioso nel paese del Sol Levante (Reysol, fra l’altro deriva dallo spagnolo, rey (re) e sol (sole), nda).
Al di là di tutto è stato interessante osservare i due opposti stili di gioco: aggressivi in ogni angolo del campo per favorire il recupero palla e l’affondo rapido i sudcoreani, leader indiscussi della K-League e per la loro mentalità assai apprezzati in Asia orientali, più meticolosi i giapponesi, capaci, però, di ingranare la sesta quando
Kosuke Taketomi e Masato Kudo si mettono a fare i brasiliani, copiando chi sotto l’Ordem e Progresso ha avuto i natali come Cristiano, trequartista ex-Coritiba, e Leandro.
Sparring partner del girone il Becamex Binh Doung (Vietnam), supportato dai talenti di casa
Le Cong Vinh, Nguyen Trong Hoang e Le Tan Tai e dagli africani (gli scattisti Cheikh Abass Dieng (Senegal) e Ganiyu Oseni (Nigeria) e il centrocampista Moses Oloya (Uganda)) e lo Shandong Luneng Taishan (Cina). Entrambi si sono fatti apprezzare per l’organizzazione generale, lo spirito combattivo e la volontà di giocare sempre all’attacco, anche a costo di regalare praterie.
Un nome da ricordare nel gruppo cinese?
Yang Xu, attuale capocannoniere del torneo in compagnia di Ricardo Goulart del Guangzhou Evergrande Taobao.
Le basi ci sono. Ora serve costruire.


GIRONE F

Senza dubbio, il gruppo che ha regalato le maggiori emozioni, con numerosi sali e scendi e tre squadre arrivate in fondo con gli stessi punti.
La chiave di volta è stata la sconfitta casalinga del Buriram United contro il
Gamba Osaka (Giappone), novanta minuti dominati dai thailandesi, passati in vantaggio con una pennellata dalla bandierina di Theeraton Bunmathan, terzino sinistro inserito dall’AFC nella Top11 della “group stage”, ma segnati da numerosi errori di mira, alcuni clamorosi, degli avanti di mister Alexandre Gama, fino all’inevitabile beffe dell’uno-due.
Un vero peccato perché i titolati della Thai Premier League, vicini al tris in campionato, hanno espresso un 4-2-3-1 in salsa carioca (dall’allenatore, vice-allenatore della Corea del Sud nella Coppa d’Asia 2011, ai finalizzatori
Diogo e Gilberto Macena) essenziale, qualitativamente alto, ricco di fraseggi e giocate a rimorchio.
Forse ha pagato l’inesperienza (squadra giovane in maniera particolare nel pacchetto arretrato), forse altro, fatto sta che la classifica avulsa ha dato ragione al Gamba Osaka (1°) e
Seongnam FC (Corea del Sud) di Kim Dong-Sub, centravanti rapido e muscolare, e dei compagni di reparto, il ’92 Hwang Ui-Jo e il paulista Ricardo Bueno.
I giapponesi si sono svegliati strada facendo, recuperando una partenza ad handicap (un pareggio nelle prime tre giornate) con il la dato dal passaggio ad un modulo più accorto e dall’avanzamento di
Takeshi Usami a supporto di Patric, una mossa che ha reso esplosivo il tandem protetto da capitan Yasuhito Endo.
Lontano dalla vetta il Guangzhou R&F (Cina) che aveva approcciato il torneo con una prestazione maiuscola in casa del Gamba (prima squadra cinese a vincere a Osaka) per poi perdersi nel momento in cui
Abderazak Hamed-Allah si è inceppato e la squadra non è riuscita più a seguire le idee del tecnico Cosmin Contra.


GIRONE G

A differenza del gruppo precedente qui i conti sono stati regolati, almeno sulla carta, in anticipo di due turni, tanto è vero che il Beijing Guoan (Cina) si è concesso il lusso di cedere tre punti a chi rincorreva (Brisbane Roar) prima di fari pari e patta con i sudcoreani del Suwon Bluewings, e godersi mano nella mano la traversata che porta alla “round 16”.
Il Gouan allenato da Gregorio Manzano, che i tifosi del Maiorca ricorderanno con assoluto piacere (i rossoneri devono allo spagnolo uno dei due trofei conquistati nella loro storia, la Copa del Rey 2002/03), ha saputo dosare le forze, palesando maturità e acume tattico. Non a caso la porta di
Zhi Yang, splendidamente sostituto da Hou Sen quando è servito, si è confermata come la seconda meno battuta di questa fase del torneo. A questo piccolo premio hanno contribuito il terzino sinistro Hejing Zhao, che giusto oggi (ieri per chi legge) compie 30 anni, e il mediano Xiaobin Zhang. Per quanto riguarda la fase di possesso chiedere informazioni a Dae-Sung Ha, centrale di centrocampo, intelligente nello scaricare palla nei piedi dell’argentino Pablo Batalla, colui che ispira il tridente capeggiato dal montenegrino Dejan Damjanovic.
Quanto a bomber non scherza nemmeno il Suwon che all’Europa ha preferito il Sudamerica, così come va di monda in Oriente. Capocannoniere della squadra, però, resta il coreano
Jung-Jin Seo, esterno alto di destra e compagno ideale di Kaio, vigorosa boa from Paraná, per tutti meno per Jung-Won Seo che ha gettato nella mischia lui e gli altri suoi connazionali (Léo Itaperuna e Santos) quasi sempre a partita in corso.
Ritorno nel Vecchio Continente con l’Urawa Reds, attrezzatasi con lo sloveno
Zlatan Ljubijankic e con l’allegria di un gioco “tutti all’attacco’’ che fa molto Capitan Tsubasa, il nostro Holly & Benji, per intenderci. La fantasia però non supera la realtà e i numeri dicono altro (5 reti all’attivo) e non mentono. Così come non mente la classifica del Brisbane Roar, giunto terzo. Gli australiani hanno fatto quel che hanno potuto, denotando una lampante mancanza di idee in prossimità dell’area avversaria, raggiunta in maniera egregia attraverso le intuizioni del playmaker tedesco Thomas Broich). Detto questo, non si può negare che sotto porta Brandon Borrello, italo-aussie di soli 19 anni, non abbia fatto il proprio dovere.


GIRONE H

Missione compiuta per Fabio Cannavaro, alla sua prima esperienza in solitaria in panchina, ma quanta fatica.
Una promozione non a pieni voti (3 vittorie, tutte di misura, e 2 pareggi), da soppesare con attenzione perché le avversarie erano di tutto rispetto e chiedere la luna, pur con un’invidiabile rosa e specie in questo periodo della stagione, può risultare eccessivo. Sotto il piano della qualità del gioco, certo, era lecito aspettarsi qualcos’altro. Come spesso accade in queste situazioni, a togliere le castagne del fuoco al campione del mondo azzurro ci hanno pensato i singoli, nelle vesti di
Ricardo Goulart, prelevato dal Cruzeiro a Gennaio vincendo la concorrenza di alcuni top club europei, e di Elkeson. Quel che conta per i supporters de Le tigre della Cina meridionale è che il Guangzhou Evergrande sia fra le prime sedici squadre del continente, pronto a giocarsi tutte le carte a disposizione per restituire a Canton un trofeo mollato nel 2014 al Western Sydney, avversario diretto nel girone di quest’anno. I motivi per pensare che un nuovo passaggio di consegne non sia pura coincidenza abbondano. Dalla presenza di un tecnico italiano ad un 4-3-3 con ali sudamericane, passando per un fase a gruppi superata per un pelo davanti ad una squadra coreana. Se allora alle spalle dei cinesi arrivò il Jeonbuk, quest’anno è stata la volta del Football Club Seoul, energico mentalmente forte come vuole Yong-Soo Choi, vincitore della AFC Coach of the Year Award nel 2013 nonché alla guida delle vecchie Lucky-Goldstars nella semifinale della scorsa stagione. Riuscissero a trovare con più facilità la porta potrebbe davvero far paura a chiunque, vista la compattezza fra i reparti e un centrocampo ben assortito con Myong-Jin Koh a tirare i fili manco fosse un maestro di bunraku. Un’arte che nonostante l’origine di questo particolare teatro con le marionette non è nelle corde del Kashima Antlers di Toninho Cerezo, sciupone come pochi e in mezzo ad un periodo di transizione. Nonostante tutto con Caio (piccola, per età e statura, ala brasiliana), Yasushi Endo, resistenza e buona tecnica, e Shoma Doi, trequartista giapponese classe ’92, arrivare ultimi con soli 6 punti grida vendetta.
Di delusione in delusione, ecco il Western Sidney, meno ricercati tecnicamente ma robusti. Gioco lento, tanti lanci lunghi a scavalcare il centrocampo verso la testa di Tomi Juric. La pressione della fascia iridata ha fatto il resto, togliendo tranquillità a Matthew Spiranovic, interessante centrale difensivo, e Kerem Bulut, di chiare origini turche ma calcisticamente mezzo ceco, incapaci davanti al pubblico di rispettare il ruolo di primadonna. E pensare che pure senza la sconfitta in zona Cesarini contro l’Antlers gli australiani sarebbero probabilmente usciti per lo scarto reti.
La legge di Murphy non lascia scampo.

@AnielloLuciano 
@MondoFutbolCom

19 maggio 2015

Champions Asia 2015: com'è andata la fase a gironi/1



Siamo quasi pronti, a breve sarò on line MondoFutbol, il nuovo sito dedicato al calcio internazionale ( siamo già online con un account twitter @MondoFutbolCom e potete già scriverci con suggerimenti e sengnalazioni a info@mondofutbol.com). Dopo la presentazione dell'Europeo under 17, ecco un'altra succosa anteprima di come MF tratterà il futbol del mondo. Qui il grande Nello, ci fa un riassunto della Champions asiatica. Oggi si concentra sui gironi dell'Ovest.





Corea del Sud e Uzbekistan sono lo zenit e il nadir dell’edizione numero trentaquattro dell’AFC Champions League, la massima espressione calcistica per club orientali, fac-simile del quasi omonimo torneo europeo.
Ad una attenta osservazione lungo l’arco delle sei giornate che hanno caratterizzato la “group stage”, però, ci si accorge che l’altezza e la depressione dei poli non hanno coinciso sempre con i valori dei club delle suddette nazioni.
Per farla breve, è stata una fase vibrante, ricca di incontri incerti e sorprese, nonostante ci si trovasse dall’altra parte del mappamondo, nella Confederazione asiatica, una porzione di Terra dove il pallone rotola ancora nella penombra e il futbol è ritenuto, a torto, materia minore.
Una fase che, come anticipato, è stata contraddistinta dall’en plein delle compagini sudcoreane, storicamente regine di questa manifestazione (dieci le affermazioni), per quanto riguarda la fascia orientale (gironi E-H), e della disfatta di quelle uzbeke nella metà occidentale (gironi A-D), con in mezzo l’eliminazione degli australiani del Western Sydney, campioni uscenti.
Andando per ordine e nel dettaglio, questi i verdetti. 



GIRONE A

Dopo un lungo testa a testa il Lekhwiya SC (Qatar) l’ha spuntata sul Persepolis (Iran).
Allenato da Micheal Laudrup, la cui intuizione migliore è stata quella di abbandonare il Sistema proposto nella gara d’esordio, il team di Doha ha cavalcato l’entusiasmo che anima l’emirato in vista dei Mondiali casalinghi del 2020, costruendo la propria qualificazione sul blocco straniero, pur ridotto a quattro unità (tre extra-continentali più un asiatico) dalle norme federali interne; una sorta di handicap considerate le rose delle avversari infarciti di giocatori provenienti da ogni parte del globo. Eppure, grazie all’esperienza e al cinismo di quei pochi che hanno saggiato un certo tipo di calcio, “I cavalieri rossi” hanno saputo esprimersi su discreti livelli, animati dall’imprevedibilità di Vladimír Weiss, vecchia conoscenza dei tifosi del Pescara, e di Tae-Hee Nam, attaccante esterno nato in Corea del Sud, per la cui Nazionale suda, e cresciuto fra Inghilterra (Reading) e Francia (Valenciennes), entrambi innescati dal delizioso destro del tunisino Youssef Msakni. Sventagliate improvvise, duetti stretti per vie centrali e attenzione difensiva (merito a Chico, spagnolo passato per la bottega genoana di Preziosi): una formula tanto semplice quanto efficace. Non è stato da meno il Persepolis, a tre anni dall’ultima partecipazione. Nell’economia della lotta alla prima piazza ha pesato l’infortunio patito da Fernando Gabriel (frattura del cranio, nda), autentico tesoro degli iraniani, non a caso venuto alla luce ad Eldorado, nello stato di San Paolo.
È stato lui a catalizzare per lunghi tratti il gioco dei Pirouzi, più fluido e arioso rispetto a quanto accade in Persian League contro rivali chiuse a riccio.
Grazie al sinistro potente del carioca è stato possibile proporre un’ alternativa alle incursioni e al pressing di Mohammad Nouri, accantonando di fatto il possesso palla prolungato in favore di una ricerca della profondità continua, habitat naturale di Mehdi Taremi, punta classe ’92 di grande personalità e intelligenza tattica, condiviso con Omid Alishah, ala tascabile poco lucida sotto porta ma importante in fase di ripiegamento. Altro elemento in vista Sosha Makani, portiere che fa a voce grossa nelle uscite alte e si sgola per far tenere le posizioni ai difensori, piuttosto disattenti in marcatura e superabili in campo aperto. Resta fuori il Bunyodkor (Uzbekistan), che ha pagato a caro prezzo qualche leggerezza difensiva, più dei singoli che di reparto, e l’assenza di un finalizzatore (2 le reti segnate), nonostante Sardor Rashidov abbia dimostrato qualità atletiche e tecniche sopra la media. Da segnalare il buon rendimento di Jovlon Ibrokhimov, centrocampista dal baricentro basso e dal moto continuo, e Akramjon Komilov, diciannovenne terzino sinistro di spinta. Salutano la manifestazione anche i sauditi dell’Al-Nasr Riyad, muscolari e poco creativi nella costruzione del gioco al punto da vanificare le folate offensive coordinate da Adrian Mierzejewski, trequartista polacco che ha vestito i colori sociali del Trabzonspor.



GIRONE B 

Habitué della contesa (12 partecipazioni, nessun altro come gli uzbeki), il Pakhtakor ammaina le vele prima del previsto, toppando gara sei contro il già eliminato Al-Shabab (Arabia Saudita). Colpito a freddo da un colpo di testa Mousa Al Shammari, l’undici di Samvel Babayan non ha saputo sfruttare il fattore campo e lo stato di grazia di Igor Sergeev, astro nascente della vecchia Oliy Liga, già ammirato ai mondiali U20 nel 2013.
Sono servite a poco pure la mobilità di Jamshid Iskanderov, centrocampista offensivo la cui esplosività non fa pari con la statura (solo 168 cm di altezza), la perspicacia di Sherzodbek Karimov e le proprietà senza palla del georgiano Kakhi Makharadze, tutte battute da un Naft Teheran regolare e indomito.
Uno spirito ben incarnato dalla spina dorsale della creatura di Ali Reza Mansourian: il reattivo Alireza Beiranvand in porta, da poco finito nel giro del Tim Melli, Alireza Ezzati a strappare palloni a centrocampo e Iman Mobali a imbeccare, in corsa o con calci da fermo, le punte, a loro agio sia nel gioco d’area che in quello di rimessa.
In quest’ultimo campo va a nozze l’Al-Ain (Emirati Arabi Uniti), prima forza del raggruppamento, con un motto urlato a squarciagola e concretizzato sul tappeto verde: – Vade retro catenaccio! -
La strategia adottata dai detentori della Coppa del Presidente aborrisce ogni forma di attendismo e punta a creare occasioni da rete sfiancando le rivali con una gestione di gara oculata e cambiando pelle attraverso l’ispirato Mohamed Abdulrahman, mezzapunta e fratello di quell’Omar applaudito a più riprese nell’Asian Cup dello scorso gennaio, anch’egli facente parte della rosa ma, causa noie muscolari, utilizzato col contagocce, o sganciando Myung-Joo Lee e Helal Saeed dai compiti di copertura per sfruttare penetrazioni centrali.
Si passa così dall’albero di Natale al 4-2-3-1 al sapore di rettangolo magico e viceversa.
Ma restando ai numeri è sulla regola del tre che si basano le fortune degli emiratini. Tre come i gol messi a segno da Asamoah Gyan e come i compagni di merende del ghanese (Miroslav Stoch, passato velocemente per Stamford Bridge, Ibrahim Diakye, ivoriano alla soglia dei 33, e Jirès Kembo-Ekoko, senza farlo apposta, 3 reti con la Francia U21). Manca solo l’ultimo tassello a completare il triangolo: la terza finale.
 


GIRONE C


Senza ostacoli il passaggio del turno da parte dell’Al-Hilal, una delle squadre di Ryad (le altre sono l’Al-Nassr e l’Al-Shabab) presenti a questa fase dell’AFC Champions League. Una qualificazione poggiata sulle due colonne greche, Georgios Donis in panchina e Georgios Samaras in attacco, e abbellita dalle linee di passaggio di Thiago Neves, bronzo olimpico a Pechino 2008 con la divisa verdeoro, e da una base solida come l’intesa fra Digão e Tae-Hwi Kwak, i due centrali di difesa. Tutto piuttosto facile. Per il resto a coprire le piccole pecche ci ha pensato la grande freschezza atletica (guida Ciprian Panait, tecnico rumeno con curriculum da preparatore atletico niente male), nonostante l’età media non sia la più bassa della manifestazione. Per questo è giusto segnalare i giovani Khalid Al-Kabi, prestante “delantero” a cui piace svariare su tutto il fronte d’attacco, Yasir Al-Shahrani e Salem Al-Dawsari, rispettivamente laterale basso e alto della catena di destra dei sauditi, nonché elementi molto utili per ottenere la superiorità numerica e passare agilmente, anche a partita in corsa, dal 4-2-3-1 al 3-5-2.
Più complicato l’accesso agli ottavi del Al-Sadd (Qatar), che ha dilapidato il vantaggio dell’andata (+ 4 sul Foolad Khouzestan (Iran)) mettendo a serio rischio le aorte dei propri tifosi. Tutto si è risolto nello scontro diretto, in un semideserto Jassim Bin Hamad Stadium e grazie al gol scaccia-paura del brasiliano Muriqui, fra i pochi volti degni di nota della squadra, se si pensa che vecchie volpi come Grafite e Nadir Belhadj tirano ancora la carretta, godendo, va ammesso, dell’ammirabile assistenza di Khalfan Ibrahim, folletto della trequarti qatariota.
Dopotutto, giusto così. Perché se è vero che la macchina di Houcine Ammouta si è ingolfata di punto in bianco, il Foolad del 19enne Hadi Habibinejad, scarso impiego ma un sinistro tutto da scoprire, non ha dato l’impressione di essere superiore sia nel doppio confronto che nel prosieguo del girone, racimolando in tutto una sola e soffertissima vittoria, all’ultima giornata, a spese del fanalino di coda, la Lokomotiv Tashkent, nella quale hanno salvato la faccia soltanto gli acquisti d’inverno, il centrocampista Sanjar Shaakhmedov, l’ala ex-Hajduk Spalato Temurkhodja Abdukholiqov e Sardor Mirzayev, di rientro dal prestito al Neftchi Fergana.



GIRONE D

Finalmente la maledizione è stata rotta. Dopo sei tentativi andati a vuoti l’Al-Ahli, il club più titolato degli Emirati Arabi Uniti, ha centrato lo storico passaggio agli ottavi nel momento meno fortunato per i rossi di Dubai, fuori dai giochi in Arabian Gulf League, un campionato stracciato poco meno di un anno fa. Una qualificazione sudata, raggiunta in extremis per mano, o meglio testa, di Ahmed Khalil, fra i migliori centravanti annusati nella recente Coppa d’Asia. Una rete che ha permesso di agguantare il Nasaf (Uzbekistan) a 8 punti e averne la meglio in virtù dello scontro diretto (0-0 in casa, 0-1 a Qarshi). Comunque sia, un risultato minimo per una compagine allestita con ben altre ambizioni da un presidente, lo sceicco Abdullah Saeed al Naboodah, tornato mattatore del mercato a suon di dirham. Nella lista dei nuovi ospiti dei lussuosi alloggi di Jumeirah sono finiti Éverton Ribeiro, autore della marcatura decisiva contro il Nasaf, Oussama Assaidi, ala marocchina proveniente dal Liverpool, e il centrocampista difensivo Kyung-Won Kwon, che si aggiungono ai noti Luis Jimenez, trequartista della prima Inter manciniana, e Ismail Al Hammadi, oltre cinquanta presenze con nazionale emiratina.
Un potenziale offensivo straordinario ma non sempre bilanciato da un’attenzione difensiva ad hoc, a partire dal portiere (disastroso Majed Naser, incerto Ahmed Mahmoud).
Il Nasaf ha patito il problema opposto. Fermi ai box Kenja Turaev e Azamat Allaniyazov, il tecnico Ruzikul Berdiev non ha avuto altra scelta che affidarsi alla fantasia del turkmeno Artur Gevorkyan, 3 reti ma anche tanti passaggi a vuoto. Scialbo il girone di Ilkhom Shomurodov, unica punta di rilievo a disposizione per gli uzbeki, di cui resta impresso una rete da cineteca al Tractor Sazi, il team iraniano di Edinho e Andranik Teymourian, e poco altro.
Spunti a raffica, invece, per un Al-Ahli Jeddah (Arabia Saudita) determinato, compatto in difesa e con delle incredibili bocche di fuoco in avanti, su tutte Omar Al-Soma, numero 9 che sa lavora bene con il fisico e diventa implacabile se gli si lascia spazio in area di rigore.
La sensazione è che sia il ventiseienne siriano, sia la squadra che supporta diranno tutto a partire dalla fase ad eliminazione diretta, convinti di far meglio del secondo posto del 2012.


Aniello Luciano (@AnielloLuciano)

15 maggio 2015

Euro U17. C'è Italia-Francia ai quarti


Iniziano i quarti di finale dell'Europeo Under 17 in Bulgaria.
Oggi si gioca Croazia-Belgio e l'imperdibile Spagna-Germania.
Domani, dopo Inghilterra-Russia tocca a Francia e Italia. Ancora una volta l’una di fronte all’altra, come in uno spaghetti western dall’epilogo incerto, irrisolto.
Lungo un secolo e oltre.
Dal 6-2 azzurro del 15 Maggio 1910, che segnò l’esordio assoluto della Nazionale italiana, transalpini e giocatori del Belpaese si sono ininterrottamente divisi gioie e dolori, shakerati in cocktail di coincidenze ed ossessioni che straripano oltre i margini del calcio.
Francia e Italia, insomma, è Storia.







A rinverdirla, domani, ci penseranno due formazioni under 17 diverse, come tradizione vuole, ma nate sotto un’unica stella polare: la coesione del gruppo prima del singolo. Non mancano però le individualità, e forse qui, specie nell'approccio offensivo, i francesi hanno più soluzioni.
I Blues di Jean-Claude Giuntini fin qui non hanno fatto sconti, travolgendo la Scozia (5-0) e domando con relativa tranquillità i pari età russi e greci.
Boutobba, pupillo del Loco Bielsa a Marsiglia ( ha già esordito coi grandi) è uno degli indiziati per la vittoria del Golden Player, e gioca al fianco di compagni che hanno dimostrato di saper gestire le proprie risorse fisiche (dal centrale difensivo Mamadou Doucoure all’istinto del centravanti Nanitamo Ikone, autore di un raffinato gol di tacco) che sono quasi illimitate, e mentali, grazie ad una tenuta di gara accorta tatticamente, senza legare la propria sorte nel possesso palla o nel gioco di rimessa esasperato.
Sotto questo aspetto l’Italia, invece, ha fatto più fatica.
Muscoli poco sciolti nel finale di gara e qualche scollatura fra i reparti non hanno permesso ai ragazzi di Bruno Tedino di esprimersi al meglio. Illuminati dal faro di Locatelli e protetti dalle manone sante di Donnarumma, portiere dal grande avvenire, sono comunque riusciti, dopo il KO iniziale contro la forte Inghilterra ( dove tuttavia hanno giocato un finale di gara di discreto livello), ad avere la meglio sull’ostica Irlanda e a gestire una complicata Olanda, che dopo un abbrivio pieno di errori, concettuali e tecnici, ha avuto la capacità di svoltare la gara su binari di una fisicità che gli azzurrini hanno a fatica, ma con pieno merito, contenuto.
Si sono intravviste qualità importanti e progressi rispetto all’esordio contro l’Inghilterra, in cui il genio sregolato di Marcus Edwards e la contemporanea assenza dello squalificato Scamacca fecero la loro parte, ma per andare a prendersi uno dei sei posti per il mondiale di categoria (a Ottobre in Cile), possibilmente passando per la porta delle semifinali, ci vorranno armonia, ritmo costante e orgoglio.
L'Under 17 dell'Italia ha dimostrato fin qui di marciare unita, e di rimanere, nonostante le difficoltà che gli si sono presentati di fronte, sempre molto concentrata. Sempre sul pezzo: merito del CT e di un gruppo di ragazzi che sarebbe davvero un peccato non vedere arrivare almeno nei professionisti di buon livello.

Aniello Luciano (@AnielloLuciano) con Carlo Pizzigoni (@pizzigo)
A breve on line il nuovo sito di calcio internazionale MondoFutbol.com. Già attivo l'account twitter, curata dall'amministratore e anima del sito, Guido Montana, @MondoFutbolCom



07 maggio 2015

Inizia l'Europeo under 17/2 L'Italia è nel girone di ferro


Sta per iniziare l'avventura di Mondo Futbol. Ma cosa sarà esattamente MF?

Sarà contenuti scritti e multimediali, audio e video.
Sarà calcio internazionale, news e approfondimenti.
Sarà contributi live e originali, dal cuore degli eventi seguiti. Seguiti per davvero, intendo...
Sarà storie e personaggi, non solo di calcio. Almeno in apparenza.
Perché, Josè Mourinho docet, "chi sa solo di calcio, non sa nulla di calcio".
Sarà tante cose che ancora nemmeno noi forse conosciamo, ma sarà sempre passione, competenza e profondità di analisi, ricerca di contenuti nuovi e interessanti.
Alla base, il profondo rispetto per il gioco del calcio e per gli aspetti tecnici e umani che lo caratterizzano.
Attorno, curiosità viva e apertura costante verso il mondo e le differenze capaci di arricchirci e renderci speciali. Tutti quanti. Per adesso ci trovate a @MondoFutbolCom

Grazie, a prestissimo con gli aggiornamenti sulla messa online del sito definitivo www.mondofutbol.com




Ecco la seconda parte della presentazione dell'Europeo under 17



GIRONE C

GRECIA
Deciso il CT  Vassilis Georgopoulos in un’intervista post-sorteggio dei quattro raggruppamenti dell’Europeo: "È un onore per tutti noi ", ha continuato, "rappresentare il Paese in questo importante torneo. La sfida è enorme ma ho fiducia nei ragazzi"
Parole di circostanza fino ad un certo punto perché gli ellenici hanno dimostrato la propria convinzione e saldezza sul campo, abbinate però a qualche carenza offensiva, esattamente come la Nazionale maggiore
Si segna poco e si subisce anche meno, nonostante ad oggi non sia stato eletto ancora il numero uno assoluto. Il piatto della bilancia, alla vigilia della sfida con la Russia, sembra propendere per l’imbattuto
Marios Siampanis, nato nel settembre del 1999 e pronto a tuffarsi nella scia di Kapino, altro portiere bianco-blu sbocciato in età Allievi ma il cui sviluppo è stato rallentato dall’ingente carico di responsabilità piovuto precocemente sul suo capo.
Maglia da titolare certa e mente libera, invece, per
Dimitris Nikolaou, custode della retroguardia dell’Olympiakos, e Spyros Natsos, faro di centrocampo monitorato dalla Roma.
Gioca per l’Atromitos, alle spalle di
Dimitrios Limnios, brasiliano da parte di madre e anch’egli con la Serie A nel mirino (Sampdoria, con la quale ha effettuato uno stage di tre giorni, e Juventus hanno chiesto notizie sul suo conto) dopo l’esordio in Super League, il terzo più giovane di sempre nella storia del massimo campionato greco. Nella linea a due Natsos sarà coadiuvato da Stathis Lamprou ma attenzione ai progressi di Ioannis Tsingos, sedici candeline da spegnere in Bulgaria con un desiderio concreto da esprimere: continuare il feeling con il gol.
Se lo è ripromesso pure
Vangelis Pavlidis, puntuale con il Bochum (sei reti e 5 assist nelle ultime 8 gare nella Bundesliga B-Junioren) ma ancora a secco in Nazionale.
Di certo sia loro che il resto della troppa non si accontenteranno di mezze promesse.


FRANCIA
Leggendo la distinta di gara della Francia U17, non si può rimanere indifferenti: numero uno Luca Zidane, primogenito dell’indimenticabile Zizou.
Il ruolo naturalmente è diverso ma un giorno, chissà, le loro carriere potrebbero collidere. In molti, osservate la reattività e la sicurezza negli interventi dell’erede galletto, sarebbero lieti di puntarci il canonico euro. Ma è l’insieme il grimaldello che intende adoperare Jean-Claude Giuntini per scardinare le barriere antagoniste. Un concetto ribadito a più riprese, fin dal primo ritiro, e ottimizzato tramite scelte chiare e condivise: selezione estiva del gruppo di lavoro, a cui sono state portate giusto un paio di correzioni in corsa, accento sulla tattica e sulle modalità del recupero della sfera, alto e nel minor lasso di tempo possibile. L'Idea di calcio delle giovanili francesi è sempre propositivo, alle volte pure velleitario, ma la qualità è il primo obiettivo.
Tutto sommato le consegne sono state rispettate e di conseguenza i Blues si candidano a recitare il ruolo di guastafeste della rassegna europea, a patto di conservare le distanze fra i reparti, velocizzando la manovra e gestendo con maggiore serenità il possesso palla rispetto a quanto visto con l’Inghilterra nella prima fase delle qualificazioni o in amichevole con l’Ucraina.
Riassumendo limitare gli invidualismi di talenti come
Timothé Cognat, fantasista dell’Olympique Lione, è solito specchiarsi nelle giocate di fino e gli eccessi d’agonismo (Jean-Victor Makengo e Dayot Upamecano, apprezzati dai top club inglesi, difettano ancora nel controllo della propria fisicità). Ancora poco definito ma certamente diamante grezzo è Bilal Boutobba, uno che ha rapito l'attenzione di Marcelo Bielsa, che, a 16 anni e tre mesim l'ha addirittura buttato dentro, nei cinque minuti finali del recente Monaco-OM. Svelto, tecnico, veloce nella finalizzazioni è un manicno che partendo da destra ama venire dentro al campo per sviluppare la giocata: certamente una delle figure più mediatiche di questo Europero.
Ha destato le impressioni migliori finora è colui che ha saputo coniugare al meglio rapidità e forza: Odsonne Edouard, punta del Paris Saint-Germain dalla progressione poderosa, figlia di una massa muscolare sviluppata ben oltre ciò che la carta di identità farebbe pensare.


RUSSIA
Il massimo con il minimo sforzo. Alla Russia sono bastati due pareggi e una roboante vittoria (4-0 ai danni dell’Islanda) per staccare il biglietto di sola andata verso la Bulgaria.
Un ruolino di marcia poco seducente che non deve trarre in inganno: battere i rossi dell’est non sarà una passeggiata. Non a caso con la pratica dei piccoli passi nel 2006, in finale con 4 gol all’attivo, e nel 2013, titolo con una sola vittoria nell’arco degli ottanta minuti, hanno sbaragliato la concorrenza.
Nonostante sia inverosimile che l’effetto a sorpresa si ripeta un’altra volta, tre indizi potrebbero fare una prova resistente ad ogni scherzo della sorte e della statistica.
Primo: un rodaggio mica male. Secondo: l’umiltà impartita dal tecnico Mikhail Galaktionov, mai sconfitto in partite ufficiali. Terzo: la confortante tenuta difensiva.
I russi hanno potuto prepararsi alla campagna bulgara senza particolari pressioni, diluendo le fatiche lungo l’arco dei primi mesi dell’anno, periodo nel quale hanno affrontato 12(!) esami, inclusi quelli proposti da nazionali di fasce d’età superiori, tenendo discretamente il campo. Squadra corta e pragmatica, con rare punte di talento. Su tutti si ergono
Georgi Makhatadze, centrocampista abile di dividersi equamente fra le due fasi di gioco, e Vladislav Bragin, centroboa della società più giovane di Krasnodar, il Futbol'nyj Klub.
Sono attese conferme anche dalla seconda punta della Lokomotiv Mosca
Artem Galadzhan e da Nikita Kalugin, perno difensivo dell’altra sponda moscovita, quella della Dinamo. 
 

SCOZIA
Robby McCrorie. Segnatevi questo nome perché potrebbe essere il nome a sorpresa tra i protagonisti della manifestazione. Ruolo portiere, cartellino in mano ai Rangers di Glasgow e, cosa di assoluta importanza, una rete subita, purtroppo per lui fatale, nelle sei gare di qualificazione a difesa dello specchio della porta scota.
Nei suoi guantoni c’è tutta l’essenza della nazionale che rappresenta: applicazione, vigoria e coraggio. Perché se da un lato la Scozia passa per squadra tipicamente operaia, da un altro regala guizzi inattesi.
Merito soprattutto di
Frank Ross, interno dalle movenze eleganti, e del trio made in Celtic composto da Regan Hendry, Jack Aitchison e Mark Hill. Il primo tatticamente è un elemento chiave. Si muove fra le linee, infastidisce il portatore di palla ed è lesto a scalare in mediana, trasformando il centrocampo a rombo in una linea a quattro, schieramento che offre ulteriore copertura ad una retroguardia spesso in sofferenza quando attaccata in spazi larghi, anche contando sul senso della posizione di Ian Wilson, mediano dalle leve lunghe e dal risicato dinamismo. La Scozia, però, necessita di un ulteriore sforzo se vuole conquistarsi i quarti.




GIRONE D

INGHILTERRA
Inutile girarci intorno, siamo al cospetto della favorita. Ormai l'Inghilterra degli ultimi tempi è tornata molto competitiva a livello under. Oltremanica, ovviamente, fanno già gli scongiuri, a maggior ragione dopo i brutti risvegli di febbraio quando Olanda (7-0) e Germania (2-0) hanno ballato sulle macerie e distrutto le certezze degli inglesi. Il rischio paventato da John Peacock ne è la naturale conseguenza: la paura di non riuscire a tener fede ai pronostici, interrompendo la propria corsa addirittura nel corso del girone D, ritenuto sulla carta il più ostico fra quelli sorteggiati da Jim Boyce, presidente della Commissione Calcio Giovanile e Dilettantistico UEFA. 
La rosa è piena di talento. Nathan Holland e il suo pregevole modo di portare avanti la palla, con l’esterno del destro, fra accelerazioni, dribbling e invitanti cross dal fondo. Oppure Layton Ndukwu, discendenze nigeriane, tecnica e micidiale se servito sul filo del fuorigioco. E ancora il capitano e mente della squadra Tom Davies ed Marcus Edwards, folletto della trequarti considerato in patria la next big thing del calcio giovanile sotto la Union Jack ( non giocherà sempre, però, insomma, quando è in campo, sicuro ci si diverte). Si potrebbe proseguire guardando anche a chi inizialmente si accomoderà in panchina, vedi Ike Ugbo, ma se una faccia della medaglia inglese raffigura il timore di non farcela, l’altra (brutta) nasconde fra gli intagli il pericolo di appare supponenti, dall’uscita palla fin sottoporta. È già capitato che la difesa alta comandata da un prospetto super interessante come Reece Oxford che al West Ham stanno già imponendo come nuovo e futuro leader degli hammers, con un precipitazione che insospettisce circa il talento che si sono ritrovati tra le mani ( e che hanno difeso: lo hanno rifirmato pochi mesi fa, levando cattivi pensieri a tanti club). Alto, falcata larga e potente, nessun problema nell'assumersi la responsabilità di giocare palla. Difesa che, nelal fase di uscita e di spinta può delegare anche il terzino sinistro Jay DaSilva: col Chelsea ha vinto la recente Youth League e le ultime due FA Youth Cup, nonostante un fisico che lo limita abbanstanza, sopratturo per questioni di altezza. E' veloce e, sopratutto, quando devi attaccare, lo trovi sempre disponibile sulla sula fascia a cercare di guadagnare la linea di fondo. 


IRLANDA
Vittima sacrificale del quartetto, l’Irlanda punta almeno a non sfigurare, allo stesso modo si è approcciata ai sei gradini scalati da settembre dello scorso anno ad oggi. Gibilterra e Isole Far Oer non erano vette insormontabile ma è nella Fase Elite che i The Boys in Green si sono regalati con merito la gita in Bulgaria. Ora che ci sono, com’è giusto che sia, non vogliono consumare una fugace colazione a sacco e far ritorno a casa. Vogliono godersi il viaggio con ciò che hanno, ovvero gioia e tranquillità. Possibilmente giocando un calcio grintoso ma slegato da atavici tatticismi. A viso aperto, insomma, come piace a Tom Mohan, in carica dal 2012 e capace in passato di far tremare i polsi ad Austria, Serbia e Olanda. Or dunque, 4-2-3-1 modello Mourinho con le ali Luke Wade-Slater e Trevor Clarke primi difensori, lesti nell’allinearsi a Connor Ronan e Corey O’Keeffe, schermi protettivi che muovono i loro passi in Premier League, uno al Wolverhampton, uno al Birmingham City, e a lasciare a Josh Barrett il compito di ispirare Jamie Aherne, punta di riferimento il cui fisico è tutto fuorché quello del granatiere. 

OLANDA
Insieme l’Inghilterra, forse l'altra grande favorita di Bulgaria 2015. E proprio come i coetanei britannici la partenza con il freno a mano tirato spaventa e rallenta la corsa verso la finale di Burgas.
Qualificazioni al piccolo trotto (vittorie di misura contro Malta e Serbia, pari contro Irlanda del Nord e Belgio) e assennata ricerca del bomber di razza agitano i sogni dei tifosi orange.
Nigel Robertha e i vari compagni di reparti provati da Maarten Stekelenburg non hanno lasciato un segno indelebile e il solo Javairo Dilrosun, il cui lavoro sull’esterno sarà cruciale per il destino dell’U17, offre buone garanzie.
Ad onore di cronaca, si tratta di trovare il classico pelo nell’uovo perché l’Olanda deve e può guardare al podio senza che le gambe tremino. Poche altre nazionali possono permettersi di lasciare nella terra dei tulipani Rodney Kongolo del Manchester City, fratello minore del chiacchierato Terence, o il lusso di panchinare il lanciere
Matthijs de Ligt, miglior giocatore della sesta edizione dell’AEGON Future Cup, un premio finito in passato nelle mani di Praet e Klaassen.
L’Ajax sarà però presente con la cerniera di centrocampo formata da
Reda Boultam e Carel Eiting, il massimo della complementarità: il primo il pallone lo strappa all’avversario, il secondo lo accarezza, lo telecomanda al compagno o le spedisce in fondo al sacco, in virtù delle stimmate da playmaker a tutto tondo. Una coppia che darà una mano allo scaltro Timothy Fosu-Mensah, centrale difensivo ma all’occorrenza terzino o centrocampista, giocatore dalle enormi potenzialità che il manchester United è andata a prelevare direttamente dall'Ajax per cifre che paiono davvero importanti. Con van Gaal in panchina sicuro si avvicinerà presto anche alla prima squadra, nonostante la giovane età, anche perché la prestanza fisica, c'è. Tutti cercheranno di proteggere la porta di Justin Bijlow e pungoleranno Teun Bijleveld, quando questi da mezz’ala si trasformerà nell’uomo in più fra le linee, e Rashaan Fernandes, uscito vincitore dalla lotta con Donyell Malen per un posto nella porzione destra del tridente di partenza.


ITALIA
Il sorteggio non ci ha aiutato ma il fatto che in tanti ci temano significa che, per una volta, le cose sono state fatte per bene anche in una under azzurra, differentemente da quello che avviene di solito. Questo gruppo ha davvero un'anima. La squadra del CT Tedino ha diversi giocatori di prospettiva,  quattro di essi giocano nel Milan. Innanzitutto il capitano, Andres Llamas, potente terzino sinistro che è stato sempre più spesso spostato in mezzo alla difesa anche per la sua capacità di lettura e di gestione di palla. Altro ragazzo su cui tutti giustamente scommettono è il portiere, Gianluigi Donnarumma, uno abituato a giocare sotto-età ogni competizione a cui prende parte: è un '99 ma, visto il fisico e le capacità ( favoloso nell'1contro1, senza paura nell'uscita bassa), non se ne accorge nessuno: nell'ultimo derby di Serie A è andato addirittura in panchina. In mezzo al campo ci sarà Manuel Locatelli. Ex Atalanta, l'anno scorso ha giocato una stagione davvero notevole, ha faticato molto di più in questa, cooptato dalla Primavera di Cristian Brocchi ha avuto qualche infortunio e calo di forma e non sempre si è imposto come titolare: le doti di tuttocampista e la naturalezza del suo calcio snon si discutono. La dorsale rossonera della squadra si chiude con l'attacco, dove gioca Patrick Cutrone. Bomber vero, si muove in funzione della segnatura: ha già timbrato anche in Primavera, giocando con ragazzi di almeno due anni più grandi. Davanti potrebbe dividere il posto con Gianluca Scamacca ( lui pure un '99: sarà assente nella prima gara, causa squalifica), ex centravanti della Roma volato in Olanda, al PSV a costruire una carriera che in tanti si aspettano ottima. Buona la batteria di attaccanti che comprende anche l'atalantino Simone Mazzocchi. Non l'unico rappresentate della Dea, che porta in Bulgaria anche l'elegante centrocampista Filippo Melegoni. Dopo il forfait per infortunio del portiere Rizzotto, c'è un solo rappresentante dell'Inter, il centrale Alessandro Mattioli, centrale difensivo dal buonissimo piede.

NELLO LUCIANO
CARLO PIZZIGONI 
@MondoFutbolCom