30 dicembre 2008

[note] Gilberto Gil - "Drão"


Discover Gilberto Gil!





Drão!
O amor da gente
É como um grão
Uma semente de ilusão
Tem que morrer pra germinar
Plantar nalgum lugar
Ressuscitar no chão
Nossa semeadura
Quem poderá fazer
Aquele amor morrer
Nossa caminhadura
Dura caminhada
Pela estrada escura...

Drão!
Não pense na separação
Não despedace o coração
O verdadeiro amor é vão
Estende-se infinito
Imenso monolito
Nossa arquitetura
Quem poderá fazer
Aquele amor morrer
Nossa caminhadura
Cama de tatame
Pela vida afora

Drão!
Os meninos são todos sãos
Os pecados são todos meus
Deus sabe a minha confissão
Não há o que perdoar
Por isso mesmo é que há de haver mais compaixão
Quem poderá fazer
Aquele amor morrer
Se o amor é como um grão
Morre, nasce trigo
Vive, morre pão
drão!
drão!

E' il favoloso pezzo scritto da Gilberto per la sua ex moglie, Sandra (Drão)

Messico: Toluca campione

Un campionato diviso in due con Apertura e Clausura con stagione regolare e play off, deciso poi nella finale ai rigori. Il Messico di questi lustri, ormai travolto dalla cultura statunitense pure nello sport, ha scelto nella celebrazione dei testa a testa, che stimolano l'evento (anzi l'Evento) il modo per assegnare il titolo. Niente noiosi campionati piene di gare inutili. No, tre gironi preliminari, con le migliori che si battagliano in andata e ritorno nella Liguilla, perché pur copiando con la carta carbone la struttura dei campionati professionistici degli yankee (per non parlare delle cheerleaders a bordo campo), rimane sempre la forma da salvare... Essia. Così, quindi, come nella migliore tradizione statunitense, l'importante è arrivare nella forma migliore quando si entra nella Liguilla. Concetto che bene rende proprio il campionato Apertura del Toluca, che dai rigori della finalissima è uscito campione e che invece non aveva brillato granché nella stagione regolare. Ecco, la formula farà storcere il naso ai più però sicuramente in questa occasione ha regalato sorprese e suspense fino all'ultimo minuto e il titolo si è deciso all'ultima palla, manco fosse un match di baseball. Tra le sorprese la rinascita del Cruz Azul, probabilmente la terza squadra per tifosi nel Paese, dopo America e Chivas Guadalajara, che quest'anno sembrava così destinata a ritornare a capo dell'impero azteco, una volte fatto fuori l'Atlante di Cancun, uno dei dominatori della fase a gironi. E vai con le rotative: dopo il dominio degli anni Settanta la “Maquina Cementeria” (il club fu fondato da un impresa di cemento a Hidalgo, poi si trasferì nella capitale) tornerà nel ruolo che gli compete (lo ha fatto solo una volta da allora, nel 1997)! Essì, perché la Cementeria per investire investe: in squadra si trovano elementi esperti come Gerardo Torrado e giovani prospetti come Villaluz (la terza stella del Messico dei giovani rampanti campioni del Mondo under 17, dopo Carlos Vela – Arsenal - e Giovani Dos Santos – Tottenham, quest'ultimo decisamente precipitato nella trasferta inglese), tutta gente da Tri, la nazionale messicana ora guidata da Eriksson. Eppure per un motivo o per un altro la Maquina chiude sempre la stagione piena di rimpianti. Come stavolta: forse spossati, più mentalmente che fisicamente, per la semifinale nel sud del Messico, e probabilmente abbastanza (pure troppo) sicuri di mettere sotto senza eccessivi patemi il Toluca, gli uomini di Benjamin Galindo hanno preso due diretti in 22 minuti che nemmeno uno dei tanti pugili di queste parti, e ce ne sono stati di grandissimi, avrebbe saputo incassare: 2-0 in meno di mezz'ora e favolosa partita del capitano del Toluca Paulo Da Silva. Sì, quel Paulo da Silva che fa fischiare le orecchie in Laguna: il nostro ha giocato, proveniente dal Perugia dei Gaucci (2 match), sette scampoli di partita nella stagione 2000/2001 nel Venezia ed è passato per Cosenza, toccata e fuga, prima del ritorno a casa, in Paraguay. Poi, la chiamata dei pesos messicani. Eccoci, solita figura da cementari, illudono e poi... E via col refrain. Il ritorno poi il Toluca lo doveva giocare sul suo campo, il Nemesio Diez, che qui soprannominano la Bombonera per il baccano che accompagna la squadra di casa. Pronostico chiuso, anche perché la squadra orchestrata in mezzo al campo dal brasiliano naturalizzato Zinha fa della solidità la sua arma migliore. Insomma... Il Cruz Azul, che ama sorprendere, gioca una partita favolosa, anche rimanendo in dieci, rimonta i due gol di svantaggio e si gioca tutto ai rigori. Il protagonista diventa il portiere argentino Hernan Cristante, 39 anni suonati, al “Diablo” da dieci anni, quest'anno segnalatosi per aver battuto il record di imbattibilità , 746 minuti, che durava da 14 anni nel futbol messicano. Dopo 12 rigori trasformati va sul dischetto Almzan del Toluca, legnata direttamente sulla traversa ma, solita sfiga cementera, schiena del portiere Yosgart e rete. Tiro successivo, Cristante si getta a sinistra e devia il pallone calciato da Alejandro Vela. Toluca Campeon e il “Chepo” De La Torre sugli scudi, è lui l'autore del miracolo, l'allenatore che ha dato la svolta decisiva alla squadra e che, riconosciamolo, ha pure portato un po' di fortuna a Toluca De Lerdo, il nome completo della nuova città dei campioni, anche se certo c'è più convinzione ora rispetto agli anni di José Pekerman. L'ex CT dell'Argentina, mago delle giovanili e un po' meno mago quando gli han messo in mano la Formula Uno della nazionale maggiore in Germania nell'ultimo Mondiale, ha sì il merito di aver costruito questa squadra (è giunto in Messico nella primavera del 2007) e di averla sempre portata alla Liguilla, ma nessuno ha mai percepito quello spirito di battaglia che è esistito invece in questo campionato Apertura. Poi, va da sé, Quetzal, il serpente piumato venerato dagli aztechi, simbolo del ciclico risorgere della vita dalla morte, quest'anno si è posato sulla spalla di De La Torre. E il Toluca ha volato altissimo.

CARLO PIZZIGONI

Fonte: Guerin Sportivo

29 dicembre 2008

[Mondo Brevi] Gohi Bi al Charlton


Cyriac Gohi Bi è stato eletto miglior giocatore e premiato col Pallone d'Oro ivoriano. Il talento dell'Asec, classe 1990, anche miglior marcatore del campionato ivoriano con 21 gol, giocherà da gennaio nel Charlton, team che possiede una partnership con i gialloneri di Abidjan.

28 dicembre 2008

Suzuki Cup (ex Tiger Cup): vince il Vietnam

Dopo la vittoria a Bangkok, il Vietnam, probabilmente il Paese con maggiore passione per il calcio del Sudest, strappa un pareggio ad Hanoi e vince la Suzuki Cup.

Semifinali:


Vietnam - Singapore 0-0
Singapore - Vietnam 0-1 (Nguyen Quang Hai 74')

Indonesia - Thailandia 0-1 (Teerasil Dangda 6')
Thailandia - Indonesia 2-1 (Teerathep Winothai 73', Ronnachai Rangsiyo 89'- autorete Chonlatit Jantakam 9')

Finali:


Thailandia - Vietnam 1-2 (Ronnachai Rangsiyo 75' - Nguyen Vu Phong 39', Le Cong Vinh 42')

Vietnam - Thailandia 1-1 (Le Cong Vinh 90'+3'- Teerasil Dangda 21')

27 dicembre 2008

[Mondo brevi] Flu scassinato

A Larajeiras volevano continuità, così va letta la conferma di René Simões, il tecnico che ha risollevato il Fluminense nell'ultima parte di campionato, evitando guai seri dopo l'ubriacatura della Libertadores, persa in finale con Renato Gaucho in panchina. Ok, via Thiago Silva. Ora in blocco partono il centravanti Washington, capocannoniere della squadra, Junior Cesar, l'interessante esterno vera rivelazione della Libertadores, e il centrocampista Arouca, anima della squadra da diversi anni: tutti fanno rotta su San Paolo, sponda Morumbi. Col Flu che non mette in tasca nemmeno un real. Complimenti al presidente Roberto Horcades, bell'esempio di gestione. Poi ci si lamenta che a Rio non si vince nulla...
A proposito di Rio, col Vasco retrocesso, Madson, una delle poche note liete dell'anno (insieme a Alex Teixeira)del Gigante da Colina, si accasa al Santos.

24 dicembre 2008

Il Boca vince il titolo Apertura

Il Boca vince lo spareggio a tre con Tigre e San Lorenzo e artiglia il 23esimo titolo nazionale della sua storia.

La mia analisi su Gazzetta.it


Il gol di Lazzaro nell'ultimo match tra Tigre e Boca

21 dicembre 2008

Manchester United - Liga di Quito 1-0: United Campione




FONTE: Gazzetta.it


Nel prossimo febbraio l'Inter di José Mourinho incontrerà i nuovi campioni del Mondo. Nella finale di Yokohama, non senza difficoltà, il Manchester United batte la Liga de Quito 1-0 e diventa la prima squadra inglese a vincere il Mondiale per Club, la nuova competizione voluta dalla Fifa per sostituire la Coppa Intercontinentale.
FONDAMENTALE - Vince lo United di sir Alex Ferguson, all'ennesimo trofeo della sua carriera, grazie a un gol di Wayne Rooney su assist di Cristiano Ronaldo, ma il merito è tutto del centravanti inglese che, al 73', si allarga sulla parte corta dell'area, riceve dal Pallone d'Oro, e fulmina il portiere con un bel diagonale sul palo lungo. I Red Devils giocano praticamente tutto il secondo tempo con un uomo in meno per l'espulsione di Vidic (gomitata a Bieler dopo pochi minuti della ripresa, brutto gesto ma non eccessivamente violento) e il tecnico scozzese dimostra molto senso pratico proprio in questa fase: nonostante abbia sostanzialmente dominato il primo tempo, non si fa ingolosire dall'assenza di attaccanti veri della Liga ma inserisce immediatamente il giovanissimo nordirlandese Evans al fianco di Ferdinand e non ingarbuglia il suo 4-4-2 che diventa così 4-4-1 perché a lasciare il campo è Tevez. Confermate quindi le due linee di 4 con in mezzo Carrick e Anderson (gran partita del brasiliano, classe '88, il Gremio meno di tre anni fa lo vendeva per sei miseri milioncini) a pressare e a costruire gioco.
TATTICA - La partita è la ricerca continua degli spazi di una squadra con l'altra, la Liga, interessata solo a non concederne e attentissima pure a non lasciarsi sorprendersi alle spalle: quindi linea difensiva bassa degli ecuadoriani e densità davanti all'area. Il Manchester comincia forte, aggredisce alto, riuscisse a segnare nel primo tempo indirizzerebbe chiaramente e forse definitivamente il match, spreca qualche occasione, prova qualche tiro da fuori ma non riesce a far cadere il muro davanti al “Pancho” Cevallos, buone parate col solito stile non convenzionale. Cristiano Ronaldo parte a sinistra ma finisce poi a destra, regala parecchi “oooh” alla platea ma nessuna conclusione pericolosa anche se mette Park davanti alla porta a fine prima parte con un bell'assist sprecato malamente dal sudcoreano. Non c'è ovviamente ricerca diretta delle due punte, Rooney e Tevez, che combattono e si muovono proprio nel ventre della difesa ecuadoriana, ma lo United tenta continuamente col possesso palla di trovare gli spazi per le giocate dei suoi uomini migliori, esplorando anche le fasce.
BLOCCATI - La Liga difende compatta ai venticinque metri con l'imperativo di non lasciare gli uno contro uno, isolando il solo Claudio Bieler davanti, che non la vede mai, e prova ad affidare al “Piojo” Manso, favoloso match il suo, ritmi e tempi dell'attacco: la mezzapunta argentina, recuperata dal “Paton” Bauza ai livelli dei suoi esordi nel Newell's, fa il possibile, compie anche giocate importanti, aperture sugli esterni (poco in giornata sia Bolanos che Neicer), qualche conclusione, nella prima occasione del match, dopo tre minuti, offre a Campos una palla da spingere solo in porta, che invece il difensore ecuadoriano non inquadra. Nel secondo tempo c'è qualche iniziativa in più della Liga, maggior controllo della palla e vere conclusioni che sporcano i guanti a Van der Sar, ma gli ecuadoriani non vogliono cambiare ritmi e inerzia della partita, anche con l'uomo in più.
FINALE - Edgardo Bauza evidentemente pensa che l'unica chance di vittoria passi per una partita sottoritmo: aumentare i tempi di gioco può “spezzare” la sua squadra e concedere situazioni favorevoli agli avversari, la cui maggiore qualità farebbe senz'altro male. Gli ultimi attacchi, un po' disordinati, con troppi errori negli appoggi e poca fantasia nelle giocate certificano l'assunto precedente e confermano che arrivare fin qui è stato davvero un miracolo per i Centrales. Minuti finali per il capitano Phil Neville, in rappresentanza della vecchia guardia del club (Giggs e Scholes in panchina) e per un briciolo di sofferenza in più per meglio assaporare la vittoria finale. Davanti a un grande del Manchester United che fu, Bobby Charlton, in tribuna, si celebra ancora una volta la creatura di Ferguson: una dinastia di trionfi in poco più di ventanni di conduzione tecnica del Signore di Glasgow. Una squadra, da oggi, ancora di più, nel mito.

CARLO PIZZIGONI

20 dicembre 2008

[note] Cassia Eller - "Por enquanto"


Discover Cássia Eller!



Mudaram as estações
E nada mudou
Mas eu sei
Que alguma coisa aconteceu
Está tudo assim tão diferente...

Se lembra quando a gente
Chegou um dia a acreditar
Que tudo era prá sempre
Sem saber
Que o pra sempre
Sempre acaba...

Mas nada vai
Conseguir mudar o que ficou
Quando penso em alguém
Só penso em você
E aí então estamos bem...

Mesmo com tantos motivos
Prá deixar tudo como está
E nem desistir, nem tentar
Agora tanto faz
Estamos indo de volta prá casa...

(Testo e Musica di Renato Russo)

18 dicembre 2008

Manchester United - Gamba Osaka 5-3

Fonte: Gazzetta.it

Il Manchester United come da pronostico rifila 5 gol al Gamba Osaka (subendone 3) e vola alla finale del Mondiale per Club che disputerà domenica contro gli ecuadoriani della Liga di Quito. Tutto previsto, sì ma non nel senso che è stato sostanzialmente un massacro. Previsto, invece, perché si ribadisce la crescita tattica, definitiva, del calcio extra europeo (i giapponesi hanno giocato un'ottima partita e tenuto benissimo il campo), e soprattutto la reale differenza tra “noi e loro”: la qualità negli ultimi sedici metri. Lo United, senza Berbatov e con Rooney all'inizio in panchina, schiera Carlitos Tevez, Cristiano Ronaldo e Nani davanti, con Anderson e Ryan Giggs in appoggio: gente che non necessita di movimenti fissi o lineari, ma incredibili interpreti nella lettura degli spazi che la difesa concede, e favolosi giocatori per uno contro uno o assist al bacio.
GOL - Vero, i gol che smuovono il tabellino arrivano entrambi da calcio da angolo (primo gol di Vidic, secondo di un Cristiano Ronaldo che già reclama tutti i flash dello stadio, zeppo di gente partecipante), ma le azioni che hanno prodotto i tiri dalla bandierina sono l'applicazione pratica di quanto esposto: mezze transizioni in cui i giapponesi possono anche raddoppiare con ordine e metodo per sollecitare l'errore avversario ma finiscono per soccombere sempre, anche ottenendo l'obiettivo di rimanere in superiorità numerica nelle zone della palla. In sostanza, la qualità dello United può produrre occasioni da gol in qualunque situazione. Si aggiunga anche la disabitudine del Gamba, e in generale di tutte le squadre della periferia calcistica del Mondo (a cui evidentemente non appartiene l'élite del Sudamerica), ad affrontare squadre di questa qualità offensiva, una disabitudine che si paga anche mentalmente, con la paura di far brutta figura in ogni uno contro uno e di prendere il gol a ogni attacco convinto.
RIPARTENZA - Il tecnico della squadra giapponese, Akira Nishino, prepara bene la ripartenza: la gioca soprattutto sulla sinistra, dove schiera il brasiliano Lucas, tecnicamente tra i miglior della squadra, e la sovrapposizione del giovane Michihiro Yasuda, ma il Gamba vuole controllare il ritmo, giocare la palla, cercare di farla girare, attaccando in maniera ordinata così da ottenere una squadra sempre corta e una transizione difensiva equilibrata. A orchestrare i giapponesi il piede destro e la bella testa calcistica di Yasuhito Endō, da cui passano sostanzialmente tutti i palloni della manovra della squadra di Osaka e che impegna severamente più volte Van der Sar con un paio di sberle da fuori area, prima di segnare il rigore a partita non più in bilico.
RIPRESA - Il secondo tempo regala venti minuti con la medesima sceneggiatura del primo e una serie di fuochi d'artificio a cavallo del 75', accorcia strameritatamente le distanze il Gamba con Masato Yamazaki, ma nell'azione successiva lo United riallunga sul 3-1 col neo entrato Rooney. Qui i giapponesi crollano mentalmente, le tossine fisiche accompagnano la caduta, e viene fuori tutta la distanza qualitativa tra le due squadre: diventa un tiro al bersaglio e in pochi minuti i gol dello United diventano cinque (Fletcher e ancora Rooney i marcatori). Finisce con l'ultimo scatto orgoglio del Gamba che accorcia sul 3-5, col penalty di Endō e un bel destro di Hashimoto ben pescato da un assist di Lucas. Tanti gol, emozioni: meritati applausi finali per tutti.

CARLO PIZZIGONI


17 dicembre 2008

Liga - Pachuca 2-0

Gli ecuadoriani della LDU di Quito battono i messicani del Pachuca e si giocheranno il Campionato del Mondo per Club domenica, contro la vincente di Manchester United - Gamba Osaka.

Mia analisi del match su: Gazzetta.it

Mondiale per Club 2008 - Semifinaliste

Ho preparato dei brevi ritratti delle quattro semifinaliste del Mondiale per Club su Gazzetta.it.

Li trovate qui:

PACHUCA

LDU

GAMBA OSAKA

MANCHESTER UNITED

Presentazione del torneo

15 dicembre 2008

ANALISI LIVE. Inter - Chievo (da San Siro)

Vince netto la squadra di Mourinho, ma per un'ora buona è forse una delle peggiori di quest'anno. Forse è vero che l'Inter aspetta le difficoltà per esaltarsi: andata in vantaggio al primo affondo convincente (gol di Maxwell, dopo un ottimo movimento di giocatori e palla), tende a sedersi. Il primo tempo è quasi totalmente del Chievo. Bella l'idea di Di Carlo di giocare con due playmaker, Italiano e Marcolini davanti alla difesa, e con l'ispirato Bentivoglio dietro l'unica punta Pellissier. Non solo non vanno in difficoltà per il pressing offensivo dell'Inter, invero condotto con troppa superficialità, quasi senza voglia (una mancata apertura a Maicon, fa andare in escandescenza il brasiliano che si disinteressa totalmente del rientro), ma il doppio costruttore di gioco aiuta anche la rotazione della palla quando l'Inter si abbassa (con Mourinho che per l'unica volta si arrabbia in panchina urlando a Cordoba e a Samuel di alzare la linea). Bene anche l'appoggio degli esterni, Langella e Luciano, non di elevatissima qualità ma bella corsa e continua opportunità di appoggio. Dietro difesa a 4 davanti a Sorrentino, oggi come oggi, a mio parere il miglior portiere italiano dopo Buffon. L'Inter è indolente e gioca praticamente tutte le palle direttamente per Ibra, ma non c'è un appoggio continuo della squadra.
Nel secondo tempo l'Inter entra in campo con voglia di aggredire e costruisce un gol favoloso per partecipazione e movimento. Conclude magnificamente Stankovic di sinistro (volendo c'era pure l'extra passaggio per l'accorrente Cambiasso), ma i meriti vanno condivisi con tutta la squadra, finalmente tale.



Poi ritorna il rilassamento: non c'è nessuna pressione sul tiro da fuori di Pellissier che sorprende Julio Cesar e riapre al partita. Il Chievo non gioca ordinato come nel primo tempo ma è molto più convinto. Obinna ha fatto il suo e lascia il posto a Balotelli, che meglio protegge il pallone e può gestire meglio il possesso-palla (il giovane però non lascia segni sulla partita e non sempre ha ragione della marcatura di Frey). Ma un minuto dopo, il Chievo pareggia, sfondando a sinistra con Mantovani, dalla mischia esce vincente Bentivoglio, perso da Cambiasso nell'inserimento centrale. Il forcing finale è seguito con appoggio crescente da parte del pubblico, molto partecipe dopo una partita sonnecchiante.
Mourinho inserisce Crespo, che ci mette tanta voglia e sacrificio ma i risultati sono poco convincenti e Valdanito sbaglia non solo controlli ma anche gol... alla Crespo. E' la mossa di inserire Figo però che dà il la ai due favolosi gol di Ibra, le sovvrapposizioni di Maicon e l'appoggio di Stankovic (rimesso in mediana al fianco di Cambiasso con Zanetti terzino sinistro) fanno il resto. Giocate di squadra davvero importanti che mostrano le potenzialità di una squadra in formazione ma che regala già situazioni di gioco interessanti, con partecipazione di più elementi alla manovra. La classifica favorevole aiuta la crescita.

14 dicembre 2008

Gamba Osaka - Adelaide Utd 1-0

Ennesima vittoria (meritata) del Gamba Osaka sugli australiani dell'Adelaide United, stavolta per un solo gol dopola finale di Champions asiatica, giocata in due partite e terminata sempre coi giapponesi sugli scudi. Ora sotto con il Manchester United.

13 dicembre 2008

Pachuca - Al Ahly 4-2 (dts)

Incredibile occasione sprecata dagli egiziani che conducevano 2-0 al termine del primo tempo (Abou Treika è un grande) e si sono fatti rimontare nella ripresa, per poi scoombere definitivamente nei supplementari. Partita tra due buone squadre che stanno attraversando un pessimo momento di forma col Pachuca che addirittura è rimasto fuori dalla Liguilla (diciamo i play off dei messicani), mentre l'Al Ahly è addirittura quinta in un campionato che dovrebbe dominare.

12 dicembre 2008

Giovani Ghanesi


Va sempre più di moda il Ghana, nell'Europa che conta.

Allora, cominciamo dal diciassettenne Daniel Opare, al Real Madrid (che se però gli vuol far fare la fine a cui son stati destinati ragazzi meraviglia della cantera - vedi Juan Mata - meglio lasci perdere).



Poi viene il Portsmouth che soffia Torric Jibril all'Arsenal.




E c'è Saddick Adams (1990) all'Atletico Madrid



Ora: pare Samuel Inkoom al Barça



pare Francis Boadi (1991) all'Arsenal


Già detto, l'Africa è il futuro (spero)...

11 dicembre 2008

Adelaide Utd - Waitakere Utd 2-1

Primo tempo:


Gol decisivo di Dodd:

ADELAIDE UNITED al Mondiale per Club 2008

L'Adelaide United è stato fondato recentemente e da subito è stato protagonista prinicipe del calcio austrliano. Fondato nel 2005 per sostituire l'antico club della città (Adelaide City), molto amato tra gli appassionati di soccer dall'altra parte del Mondo. I "Reds" non hanno ancora vinto un campionato nazionale ma sono riusciti ad arrivare alla finale della Champions asiatica, motivo per il quale si trovano da queste parti.

Il giocatore più noto dello United è Travis Dodd, centrocampista, capitano e miglior cannoniere della stagione. Nella Champions per due volta ha realizzato una tripletta. La difesa è retta dall'esperienza di Angelo Costanzo e Sasa Ognenovski. Attenzione però anche ai giovani talenti del club, il laterale Scott Jamieson, il centrocampista Kristian Sarkies e il difensore Daniel Mullen. Gli unici stranieri, in un team tutto made in Australia, sono brasiliani: Il terzino sinistro Cassio (l'unico con un passato vero in Brasile: Flamengo e Internacional), il centrocampista Diego e l'attaccante Cristiano, oltre al "cambio" Alemão.

Nel caso vinca, come da pronostico, il preliminare di oggi con i neozelandesi del Waitakere, incontrerà il Gamba Osaka, nella rivincita della finale della Champions asiatica.

IL TECNICO:
Aurelio Vidmar. Già capitano dei Socceroos, ha avuto una buona carriere in Europa con tappe significative in Belgio, Olanda, Svizzera e Spagna. Ha iniziato ad allenare qui, prima come assistente e poi come tecnico principale.

FORMAZIONE BASE: 541. Galekovic; Cornthwaite, Valkanis, Ognenovski, Jamieson e Cássio; Sarkies, Dodd, Diego e Reid; Cristiano.

COME GIOCA?
Formazione molto equilibrata, difende basso e sa anche ripartire da dietro. Discreta squadra che nella Champions ha mietuto scalpi eccellenti a cominciare dal Bunyodkor di Rivaldo con Zico in panchina.

Ritorno della semifinale di Champions asiatica: Adelaide United v Kuruvchi Bunyodkor. 8 ottobre 2008

10 dicembre 2008

WAITAKERE UNITED al Mondiale per Club 2008

Il Waitakere United è naturalmente la Cenerentola di questa manifestazione, e anche qualcosa di meno. I vincitori della O League (la champions dell'Oceania) sono una squadra creata nel 2004 da un pulviscolo di altre piccole entità e presenta ancora giocatori semi-professionisti

Hanno partecipato anche l'anno scorso al Mondiale, uscendo ovviamente subito, al primo match, perso contro gli iraniani del Sepahan (tra l'altro in modo piuttosto imbarazzante, dopo pochi minuti era già sotto 2-0). Quest'anno hanno forse qualche chace in più, visto che incontrano l'Adelaide United, in qualche modo a loro più nota, se non altro poiché gli australiani un tempo disputavano le competizione oceaniche.

In squadra ci sono reduci da ben tre Mondiali per Club consecutivi: il portiere Richard Gillespie, il difensore Jonathan Perry e i centrocampisti Paul Seaman e Neil Sykes, giocarono il torneo del 2006 con l'Auckland City. Ad accendere i due attaccanti, Daniel Koprivcic e Benjamin Totori, un brasiliano (classe 1982), Adriano Pimenta, già passato nel campionato giapponese (Yokohama).

IL TECNICO: Chris Milicich. Istituzione del club, ex portiere (ha giocato solo in Nuova Zelanda) iniziò proprio con questo club la sua avventura sulla panca, nel 2004. Ritorna l'anno scorso, dopo fruttuose esperienze in patria, e si gioca il Mondiale per Club col WU.

FORMAZIONE BASE: 3412. Gillespie; Rowley, Perry e Scott; Emblen, Butler, Bale, Campbell; Adriano; Totori e Koprivcic.

COME GIOCA? Buona forza fisica, football di energia, secondo il metodo britannico declinato all'australiana (riferimento unico del calcio dell'Oceania). Pochi fronzoli. Se si riesce ricerca diretta della punte.

ATTENZIONE A: Benjamin Totori. Classe 1986, attaccante, veloce fuscello (meno di 170 cm e poco più di 60 chili), nazionale delle Isole Salomone, entità calcistica tra le poche credibili nell'universo pacifico che sceglie sempre la palla ovale. Ha firmato per i Portland Timbers, team di una lega minore statunitense.

Mondiale per Club 2008






Inizia domani il Mondiale per Club, la manifestazione che ha sostituito la Coppa Intercontinentale. Seguirò sul blog e con alcuni pezzi sulla Gazzetta.it il torneo.
La prima partita è una sorta di preliminare, in cui la rappresentante dell'Oceania (Waitakere United) incontra la squadra campione del Giappone. Avendo il Gamba Osaka vinto la Champions asiatica, sarà sostituito dalla finalista (Adelaide United) in questo preliminare.

Gli altri match:

Quarti di Finale:

Sabato 13 dicembre: Al Ahly (Africa) - Pachuca (Nord e Centro America)

Domenica 14 dicembre: Vincente del Preliminare - Gamba Osaka (Asia)

Semifinali:

Mercoledì 17 dicembre: Liga di Quito (Sudamerica) - Vincente gara del 13/12

Giovedì 18 dicembre: Manchester United (Europa) - Vincente gara del 14/12

Finale:

Domenica 21 dicembre

L'anno scorso vinse il Milan in finale sul Boca Juniors:

09 dicembre 2008

Thiago Silva e Hernanes

Sono certamente Thiago Silva e Hernanes le due vedettes del Campionato Brasiliano. Il loro futuro è certamente l'Europa. Thiago Silva annuncia il suo addio dal Fluminense nello show di Galvao Bueno:



Hernanes pare non essere ancora giunto a questo passo:

08 dicembre 2008

Vasco in Serie B

Niente da fare, dopo un'annata disgraziata il Vasco scende per la prima volta in Serie B. Primo responsabile, mi spiace, ma è il presidente Roberto Dinamite.

Per tirarci su il morale inserisco un video di soli dieci anni fa (semifinale di Libertadores al Monumental, favolosa punizione di Juninho Pernambucano, commento di Luis Roberto), quando il Vascao dominava a livello continentale...

05 dicembre 2008

[note] "Fio Maravilha" - Jorge Ben Jor


Discover Jorge Ben Jor!


E novamente ele chegou com inspiração
com muito amor, com emoção, com explosão e gol
sacudindo a torcida
aos trinta e três minutos do segundo tempo
depois de fazer uma jogada celestial em gol
tabelou, driblou dois zagueiros
deu um toque driblou o goleiro
só não entrou com bola e tudo
porque teve humildade em gol
foi um gol de classe
onde ele mostrou sua malícia e sua raça
foi um gol de anjo
um verdadeiro gol de placa
que a galera agradecida assim cantava
Fio maravilha nós gostamos de você
Fio maravilha, faz mais um prá gente ver

JORGE BEN JOR



Fio Maravilha, nome d'arte di João Batista Sales, è nato il 19 gennaio 1945 a Conselheiro Pena, nello stato del Minas Gerais. E' stato un discreto calciatore tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70, giocando per il Flamengo dove fu portato dal fratello Germano (che giocò anche nel Milan). Non ne diventò mai una stella di prima grandezza, anche se giocò 281 partite segnando ben 77 gol con la maglia rossonera: era famoso soprattutto per il suo disarmante (chiamiamolo così) sorriso e per la caratteristica andatura caracollante. Accadde che nel 1972, durante un amichevole con i portoghesi del Benfica alla quale assisteva Jorge Ben, grande tifoso del Mengao ed ex promessa dello stesso Flamengo, Maravilha sedesse in panchina. Jorge ricorda che ad un certo punto i tifosi di casa inneggiarono a Fio ("Fio Maravilha nós gostamos de vocé" praticamente "vogliamo Fio Maravilha" ) tanto da convincere Mario Zagallo a farlo entrare. E al trentatreesimo minuto del secondo tempo, sempre secondo le parole della canzone, Maravilha fece la giocata "celestiale", saltando i difensori come birilli, dribblando anche il portiere, evitando di umiliarlo non entrando in porta con il pallone. Jorge ne rimase talmente colpito da scrivere la famosa canzone, volendo celebrare un certo modo di intendere il calcio, fatto di allegria e improvvisazione ma anche rispetto dell'avversario, tipico dal suo punto di vista dei calciatori afro americani, e intitolandola con il nome del nostro Maravilha. E qui cominciano i guai, e non per il cantante.
O meglio i guai iniziano sì per lui, perchè Fio consigliato da un amico avvocato, intenta causa al cantante per l'uso non autorizzato del suo nome. Ma fu, possiamo dire mal consigliato, o mal rappresentato perchè perse la causa e fu costretto a pagare sia le spese processuali che quelle dell'avvocato di Jorge Ben. Quest'ultimo, non è chiaro se costretto dal giudice o amareggiato dall'atteggiamento del giocatore, cambiò il titolo in Filho Maravilha.
Fio ancora oggi si rammarica di aver citato Jorge Ben, del quale era anche amico: "Questo avvocato mi disse che avremmo potuto ricavarne qualcosa, mi feci tentare anche se non ero convinto. La causa inizò nel modo peggiore per noi, chiesi all'avvocato di lasciar perdere, ma lui volle insistere."
Le cose anche sui campi erbosi continuarono ad andare sempre meno bene a Fio, che dopo essere stato ceduto dal Flamengo a squadre brasiliane minori come Paysandu, CEUB, Desportiva e São Cristóvão, all'inizio degli anni 80 decise di emigrare negli Stati Uniti attratto dai possibili guadagni. Giocò invece sempre in squadre minori, come New York Eagles e Monte Belo Panthers, chiudendo la carriera nei San Francisco Mercury. Rimasto nella citta del golden gate, Fio si guadagna ancora oggi da vivere consegnando pizze a domicilio e allenando i giovani. Recentemente la controversia con Jorge Ben è stata chiarita, tanto che Jorge può cantare la sua canzone con il nome originale.
(Fonte: "oldsubbuteo.forumfree.net")

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Reportage: Fio Maravilha

Aggiungo una nuova dimensione al mio blog: la musica che accompagna la mia vita. Cercherò di inserire almeno un pezzo alla settimana. Inizio, of course, con un pezzo che mescola musica e calcio (anche se è di un flamenguista...).

04 dicembre 2008

Copa Sudamericana. Internacional campione



Fonte: Gazzetta.it

Alla fine è stato Nilmar, centravanti brasiliano di enorme valore e sicuro futuro, pronto a tornare in Europa dopo l'esperienza di Lione, a incidere indelebilmente la finale di Coppa Sudamericana e a consegnare il trofeo all'Internacional di Porto Alegre. Un gol da opportunista, nell'area piccola, all'ottavo minuto del secondo tempo supplementare della gara di ritorno, istantanea questa di una partita e, in generale, di una finalissima davvero equilibrata e con pieghe interessanti di bel gioco.
PINCHA IN CORSA FINO ALLA FINE - Onore comunque all'Estudiantes guidato in campo da Juan Sebastian Veron: qui al Beira Rio, uno stadio colmo di tifosi e pronto a festeggiare ancora prima del fischio d'inizio dopo il buon risultato di La Plata (1-0 per l'Inter), il Pincha ha ribaltato la situazione e condotto per larghi tratti l'incontro, mantenendo l'inerzia della partita e sfiorando il secondo gol che avrebbe imbarcato la coppa sponsorizzata Nissan per l'Argentina.
BENE D'ALESSANDRO - La prima parte del match è un po' il continuum della finale di andata, con i brasiliani che mantengono il ritmo della partita: il movimento delle due punte, Nilmar e il capocannoniere del torneo Alex, l'accompagnamento di un ottimo D'Alessandro e l'appoggio del centrocampo con Andrezinho (interessante prova) al posto dello squalificato Guinazu, lascia l'Estudiantes nelle retrovie a soffrire. Gli argentini, difesa a tre, volevano trovare gli esterni per "uscire" ma solo un commovente Angeleri a destra reagisce alle sollecitazioni; davanti Boselli attaccante unico e due mezze punte alle spalle, Fernandez e Benitez (a destra), entrambi poco ispirati. Eppure la squadra del "Jefe" Astrada sa soffrire, va poco in difficoltà anche per la buona prova dell'ex portiere del Palermo, Andujar, sicuro nelle uscite e nelle prese a seguito dei tiri prevalentemente da fuori area dei brasiliani.
VERON CRESCE ALLA DISTANZA - Poco dopo la mezz'ora l'ottimo arbitro Larrionda annulla, tradito dall'assistente, un gol buonissimo di Boselli segnalando un fuorigioco che non c'è (e le polemiche post-partita non mancheranno). Quest'episodio però cambia la direzione della partita con l'Estudiantes che prende definitivamente fiducia. Il secondo tempo affievolisce la pressione della squadra gaucha verdeoro, il Pincha guadagna campo, Veron riesce a trovare più spazio e un cambio di Astrada muta l'inerzia del match: fuori il giovanissimo Iberbia dentro Enzo Perez. Ora a anche a sinistra l'Estudiantes riesce a sfondare. E proprio da un uno contro uno sul lato del nuovo entrato, i biancorossi di La Plata cavano una punizione. L'esecuzione è buona, meno la disposizione del Nal in area: Alayes, altro commovente cuore Pincha, è solo in area e mette dentro.
SUPPLEMENTARI DECISIVI - Il Beira Rio ammutolisce, l'esercito di Astrada, con testa (tattica e strategia) e cuore, è vicino all'impresa, e l'ex tecnico del River Plate certifica la superiorità inserendo un altro attaccante, Josè Luis Calderon, per chiudere definitivamente i conti. I brasiliani non riescono più a portare su la palla, provano contropiedi estemporanei, e sono poco pericolosi. Il supplementare regala una sorpresa, l'ennesima di questa bellissima finale. L'Inter ritrova incisività e nel secondo tempo del prolungamento trova il gol in mischia dopo un miracolo di Andujar. Il Beira Rio si riaccende, ora è davvero finita: applausi per tutti, però la Coppa Sudamericana va per la prima volta in Brasile.

CARLO PIZZIGONI



03 dicembre 2008

AFF Suzuki Cup (ex Tiger Cup): preview









Inizia venerdì la settima edizione della Tiger Cup, la competione per nazionali del Sud Est Asiatico (ASEAN la Federazione internazionale di riferimento) da quest'anno sponsorizzata Suzuki. Ospitano Indonesia e Thailandia.

Breve rassegna delle partecipanti:

GRUPPO A

INDONESIA

La stampa locale riconoscerebbe esclusivamente la vittoria, e non solo perché è, insieme ai thailandesi, nazione ospitante. Una delle favorite. Radja Nainggolan, il centrocampista del Piacenza classe '88 nato e cresciuto in Belgio ma di padre indonesiano, sarebbe ancora in tempo per scegliere la nazionale A del Paese di Suharto. La vedo dura.

Ranking FIFA: 132º

CT: Benny Dolo, indigeno, ha sostituito il bulgaro Ivan Kolev. Cultore della preparazione fisica-atletico.

STELLA: Bambang Pamungkas (1980). Attaccante. Passaggio anche nelle serie inferiori olandesi (stretto il legame Indonesia-Paesi Bassi anche nel calcio). Scattante, non altissimo ma buono di testa.


SINGAPORE

Hanno vinto le ultime due edizioni (tre in totale). Singapore ha anche la Lega più organizzata della zona e una squadra giovane molto interessante.

Ranking FIFA: 136º

CT: Radojko Avramovic, serbo molto amato qui, dal 2003 sulla panchina dei Leoni.

STELLA: Lionel Lewis(1982). Portiere. Riconosciuto come uno dei migliori portieri del Sudest, ha effettuato diversi provini anche in Europa.


MYANMAR


Ha vinto la Royal Challenge Cup (mini competizione con Indonesia e Bangladesh), organizzata in casa. La struttura calcistica di questo Paese, notoriamente attraversato da diversi problemi extra calcistici, è in mano a una truppa di brasiliani.

Ranking FIFA: 158º

CT: Marcos Falopa, brasiliano giramondo.

STELLA: Soe Myat Min (1982). Mezzapunta. A 15 anni giocava coi migliori del suo Paese, a 20 è stato nominato capitano della sua nazionale. Una superstar per il Sudest. Miglior giocatore dell'ultima Royal Challenge Cup.

CAMBOGIA

Uno dei paesi con meno tradizioni e mezzi di tutto il football mondiale. Passare il turno sarebbe un capodanno.

Ranking FIFA: 182º

CT: Prak Sovannara, cambogiano assunto in estate.

STELLA: Teab Vathanak. C'è qualche cronaca che narra di lui...


GRUPPO B


THAILANDIA


Nostri favoriti. Giocano in casa e hanno la selezione migliore. L'arrivo sulla panchina di Peter Reid, già nazionale inglese e coach in Premier, denota anche la voglia di emergere della federazione siamese. Un paese calcisticamente in cammino, serio (vedi anche la nascita di scuole calcio vere).

Ranking FIFA: 116º

CT: Peter Reid, inglese. Ha programmi ambiziosi e idee chiare. Il suo contratto, firmato nel settembre del 2008, è quadriennale: il sogno è la qualificazione ai mondiali del 2014.

STELLA: Terathep Winothai (1985). Attaccante. Nome interessante, ha esperienze nelle giovanili di Crystal Palace e Everton. L'anno scorso capocannoniere del torneo thailandese, è arrivato in Belgio, giocherà nel Lierse, seconda divisione.


MALESIA


Eliminata nella scorsa stagione, ai rigori, in semifinale, dai rivali storici di Singapore, medita riscatto. Per alcuni potrebbe essere la sorpresa del torneo, ma la rosa non sembra profondissima e di qualità.

Ranking FIFA: 151º

CT: B. Sathianathan. Malese. Grande esperto di calcio, super appassionato non solo di football asiatico, ha lavorato molto bene con i giovani.

STELLA: Mohd Norhafiz Zamani Misbah (1981). Difensore. Giocatore con più presenze tra i convocati, ha ricevuto diversi elogi dai tecnici delle squadre europee che hanno giocato la prestagione in Asia.

VIETNAM

Paese che ha molta passione per il calcio. Fanatismo che esige buoni risultati anche alla propria nazionale.

Ranking FIFA: 159º

CT: Henrique Calisto. Criticatissimo allenatore portoghese. Dopo una carriera di secondo piano in Patria ha allenato in Vietnam. Con la Nazionale finora ha avuto poca fortuna.

STELLA: Le Cong Vinh (1985). Attaccante. Per tre volte eletto miglior giocatore del Campionato Vietnamita. Veloce, è un attaccante di livello continentale.

LAOS


L'obiettivo unico è passare il turno, non si può chiedere di più a una squadra che ha un'età media bassissima (solo 5 giocatori maggiori di 25 anni!).

Ranking FIFA: 162º

CT: Valeri Vdovin. Russo. Primo allenatore straniero della federazione laotiana, deve cercare di costruire con i giovani che ha a disposizione. Crescere, è la parola chiave.

STELLA: Lois Syamate(1981). Centrocampista. Capitano della Nazionale, è nato in Francia e cresciuto nel football d'Oltralpe (Paris Fc e Metz). Ora è in Uzbekistan.

02 dicembre 2008

Il Guille superstar


Guillermo Barros Schelotto, che ha voluto chiudere la carriera ai Columbus Crew della MLS, è l'uomo dell'anno per il soccer a stelle e strisce. Votato MVP della Lega, è stato scelto come sportivo della stagione da SI Latino, la versione “ispanica” di Sports Illustrated (oh, l'anno scorso fu Leo Messi il premiato) ed è riuscito anche a vincere il titolo con la squadra della capitale dell'Ohio. Cresciuto nel Lobo, la squadra meno fortunata di La Plata, il GyE, Barros Schelotto ha vinto tutto col Boca Juniors, di cui rimane uno degli idoli indiscussi e celebrati.

Il Mondo che segna. 29/30 novembre

ARGENTINA

Boca Juniors - Racing 2-1 A due giornate dalla fine, il Boca comanda con due punti di vantaggio sul Tigre

Tigre - River Plate 3-1

Lanus - Arsenal 2-1

Tutti i gol della giornata

BRASILE

San Paolo - Fluminense 1-1 Tre punti di vantaggio sul Gremio: basta un pari in Goiania per il titolo al Tricolor



Ipatinga - Gremio 1-4


Internacional - Cruzeiro 1-0

Flamengo - Goias 3-3

Coritiba - Vasco 0-2 Al Vasco non basterà nemmeno vincere l'ultimo match, deve sperare nei risultati delle avversarie per rimanere nella massima serie. Vera tristezza...



Europa


INGHILTERRA

Manchester City - Manchester United 0-1

Chelsea - Arsenal 1-2

Middlesbrough - Newcastle 0-0

Liverpool - West Ham 0-0

SPAGNA

Valencia - Betis 3-2

Getafe - Real Madrid 3-1

Siviglia - Barcellona 0-3



ITALIA

Palermo - MIlan 3-1

Inter - Napoli 2-1



Roma - Fiorentina 1-0


Juventus - Reggina 4-0

GERMANIA

Bayer Leverkusen - Bayern Monaco 0-2


PORTOGALLO

Benfica - Vitoria Setubal 2-2 (0-1, 1-1, 2-1 Suazo, 2-2)

Porto - Académica 2-1 (1-0, 1-1, 2-1 )

Sporting - V. Guimaraes 2-0 (1-0, 2-0)

Leixoes - Naval 1-1 (1-0, 1-1)

01 dicembre 2008

ANALISI LIVE - Inter - Napoli 2-1 (da San Siro)

LA PARTITA. Reja non cambia sistema di gioco ma interpreti. Conferma la difesa a tre ma inserisce Rinaudo in mezzo, sposta Paolo Cannavaro a destra e sceglie Aronica come vice Contini (a casa con la febbre). Teme le palle alte e lascia in panchina Santacroce. In mezzo al campo Pazienza è schermo davanti alla difesa mentre Gargano (anche ieri ottimo) è spostato sul centro destra. Hamsik, all'ennesima partita da fantasma, dovrebbe accompagnare la transizione offensiva, ma non si vede mai. Gli esterni, Maggio a destra e Mannini a sinistra, si dannano ma con pochi risultati. Davanti arrivano poche palle, e spesso sporche alla coppia Zalayeta - Lavezzi, col Pocho al solito costretto anche lontano dalla porta. L'Inter, riproposta con Stankovic davanti a tre centrocampisti (ha anche compiti di contenimento su Gargano, dirà poi Mourinho in conferenza stampa), inizia bene anche in fase offensiva, Cruz si muove bene e si fa trovare, Ibrahimovic alterna buone giocate a errori ma rimane "perno" indispensabile per la manovra. La squadra di Mourinho trova due gol, il primo dopo un calcio d'angolo battuto corto e dietro (il Napoli difende a uomo) con Cordoba, il secondo con una ottima e partecipata combinazione Maicon-Cruz(tacco)-Maicon- Muntari(tacco), dopo una buona pressione degli attaccanti con Iezzo costretto al rinvio di piede e sempre il difensore colombiano in anticipo. L'Inter anche con un buon pressing ultra offensivo (bene Zanetti, Cambiasso, Muntari) possiede una notevole transizione difensiva (sicuramente il fondamentale meglio digerito della nuova gestione tecnica): ferma la palla, ha coperture, non va mai in parità numerica attorno alla palla. Anche nel gol del Napoli che riapre il match, quando Lavezzi salta il primo avversario, Samuel (succederà raramente durante la partita), c'è copertura e la squadra è in sovrannumero, solo che uno splendido tacco di Zalayeta taglia fuori la linea e il Pocho davanti alla porta la mette.




Nel secondo tempo, il Napoli che non riesce praticamente mai a ribaltare bene l'azione (eccezioni notevoli il gol e un'azione di Lavezzi) in costruzione di manovra è piuttosto lenta. L'Inter smette il pressing ultra offensivo, fa densità dieci-quindici metri più indietro e fa fatica a trovare gli attaccanti e il passaggio di apertura è sempre ben letto dalla difesa del Napoli (bene Rinaudo). Al Napoli non rimane che l'opzione del tiro da fuori, esperita poco e male. Mourinho prova con il fisico a tenere su, più e meglio, la palla: Adriano per Cruz, ma la partita cambia poco e nel finale si adegua all'inerzia del match con Burdisso al posto di Stankovic e le linee difesa-centrocampo strettissime. Il Napoli ci prova con il terzo attaccante, Denis(difesa a 4 dietro con Mannini che si sposta a destra e Aronica a fare il terzino sinistro), ma Julio Cesar di palle difficili non ne vede.



PIU'

1. L'Inter ha sempre buone spaziature e la transizione difensiva è notevole, merito di tutti, specie dei centrocampisti, bravi a scalare rallentando il pallone.

2. Lavezzi rimane super giocatore da uno contro uno, sbaglia qualcosa ma lotta sempre e davanti alla porta conclude una bella azione che lui stesso ha messo in moto.

MENO

1. Nel secondo tempo non c'è l'accompagnamento dei centrocampisti alla manovra: vero che gli attaccanti non riescono a tenere su la palla e dare il tempo di salita, ma vero anche che non c'è la forza di ripartire palla al piede, di iniziare la manovra, coinvolgendo gli esterni. Qualche errore di troppo di Ibrahimovic.

2. Praticamente assente la transizione offensiva e malissimo Hamsik, con Reja costretto a toglierlo anche in un momento in cui, più che mai, ha bisogno di gente che vede la porta. Ma la giornata dello slovacco è nerissima.

28 novembre 2008

Copa Sudamericana. Finale d'andata. Estudiantes - Inter 0-1

Fonte: Gazzetta.it




L'Internacional di Porto Alegre vince bene la finale d'andata della Coppa Sudamericana, giocata allo stadio di La Plata con la solita cornice del fenomenale tifo argentino, 40mila presenze non certo discrete, colori e cori (il migliore: "Vamos Pincha vamos/ ustedes pongan huevo que ganamos/ vamos a traer la copa a la Argentina/ la copa que perdieron los Bosteros/ y las Gallinas" : metteteci il... cuore e vinciamo questa coppa che non figura nelle bacheche di Boca e River).
VERON IL FARO - Ambiente favoloso e gran bel match, specie nel primo tempo, quando l'Estudiantes gioca le sue miglior cartucce: il 4-4-2 di Astrada gira attorno alle aperture di Veron, trova diversi inserimenti di Benitez (largo a sinistra, poteva diventare la chiave della partita, visto il modo di difendere dei brasiliani che soffrivono i cambi di gioco, se servito con maggiore frequenza) e del terzino destro Angeleri e movimenti e appoggi dei due attaccanti Salguiero e Boselli. Il Pincha arriva più volte al tiro ed è sempre perfetto il portiere dell'Inter, Lauro, segnalandosi anche per diverse uscite quasi sempre precise e comunque importanti per la sua linea difensiva.
ANCORA ALEX - La squadra del sud del Brasile regge abbastanza bene in mezzo al campo, Magrao e Edinho sono buoni recuperatori di palla e sanno pressare, D'Alessandro e Alex rientrano dietro la linea della palla e la linea di difesa è attenta a non schiacciarsi troppo. Il Pincha però controlla ritmo e spazi della partita e quando al 24' un evitabile fallo duro di Guinazu (argentino che è giunto in Brasile passando anche per una mezza stagione al Perugia, stagione 2000-01) su Veron lascia l'Inter in dieci, il pubblico si scalda e pregusta l'assedio, ma il match cambia realmente pochi minuti dopo. Poco dopo la mezz'ora, infatti, il mobilissimo D'Alessandro trova una favolosa palla in profondità per Nilmar, centravanti che ha parecchi estimatori in Europa ed è ancora sogno proibito del Palermo, steso dentro l'area da un'entrata ingenua del centrale Desabato: rigore (ripetuto) e gol di Alex, talento dormiente ed esploso un po' tardi (ha 26 anni), ad oggi capocannoniere della manifestazione.
SITUAZIONE RECUPERABILE - L'Estudiantes prova a scuotersi ma piano piano il vigore degli argentini viene a spegnersi, sostituendosi con inerzia poco produttiva. Veron, con il contachilometri che denuncia 33 anni, non regge ad alto livello per 90 minuti e la qualità del gioco ne risente parecchio: aumentano errori e nervosismo e tutto a vantaggio degli uomini di Tite, che non modifica l'assetto grazie anche al buon lavoro in fase di non possesso delle punte che non permettono una ripartenza facile dell'azione. L'anima vera della squadra del "Jefe" Astrada, il solito Veron, non si arrende né in campo (non lesina "complimenti" che coinvolgono familiari, dopo qualche errore di appoggio dei suoi compagni), né nel dopo-partita: "Possiamo benissimo ribaltare le sorti a Porto Alegre, dato che il gol fuori casa non vale doppio: le due squadre si equivalgono, ci metteremo quel qualcosa in più in Brasile". Il 3 dicembre, tra una settimana, prosegue la battaglia.

0. Estudiantes: Mariano Andújar; Marcos Angeleri, Agustín Alayes (m.67, José Luis Calderón), Leandro Desábato, Juan Manuel Díaz; Diego Galván (m.60, Iván Moreno), Matías Sánchez, Juan Sebastián Verón, Leandro Benítez; Juan Manuel Salgueiro (m.58, Gastón Fernández), Mauro Boselli. Entrenador: Leonardo Astrada.
1. Internacional: Lauro; Bolívar, Indio, Álvaro, Marcao; Edinho, Pablo Guiñazú, Magrao, Andrés D'Alessandro (m.87, Sandro); Alex (m.79, Gustavo Nery), Nilmar (m.90, Danny). Entrenador: 'Tite'.

Gol: 0-1, m.34: Alex su rigore


CARLO PIZZIGONI
Dal sito della Gazzetta dello Sport

25 novembre 2008

Giorgio Manganelli

Carissima Angiola,
(...) eccoci ora davanti a qualcosa di nuovo ed ignoto; qualcosa di più difficile di qualsiasi altra esperienza, una terribile e abbagliante prova, un fuoco che oscilla tra il calore e l'ustione, una assenza che fa sì che tutti i nostri sguardi siano in essa confitti, una scomparsa che è intensa come una apparizione, un silenzio che ci dice tutte le parole che nella vita sono state alluse; la scomparsa di Renzo, del tuo, del mio caro dolcissimo Renzo, ha scatenato in noi tutti:; in tutti coloro che lo hanno avuto vicino, una coscienza d'amore che ci ha svelato a noi stessi ; non sapevo, molti non sapevano di essere così vicini alla sorgente originaria dell'amore, di quell'amore che tutti gli altri imitano e ripetono. Così, quel posto che doveva restare vuoto, quell'assenza umana è stata colamta da un impetuoso, doloroso e dolcissimo atto d'amore: una restituzione quale mai ho vista giacché quell'amore che abbiamo consegnato a colui che ne era il signore era quello che egli aveva saputo creare e far crescere in tanti che senza saperlo pagavano il oro dovuto tributo a questo re in incognito senza sudditi che non lo fossero (...)
Quale terribile ricchezza ci ha non lasciato ma consegnato; e l'ha fatto silenziosamente e insieme pacatamente; ma ora noi siamo angosciati perché sappiamo quanto sia difficile questo dono, quale angoscioso privilegio; ma pur sempre in primo luogo privilegio. La sua scomparsa ha moltiplicato la coscienza dell'amore che egli aveva generato e che gli veniva portato; ma ora questo amore, come è consentito e comandato a ciascuno di noi, deve essere vissuto, usato, amato cresciuto, come se la lingua in cui ci era consentito di esprimerlo fosse ora dichiarata inidonea, ed un'altra ci venisse subitamente proposta, che dobbiamo imparare, e che impareremo, giacché il contrario è l'afasia e la perdita dell'amore. Bisogna educare il nostro orecchio di terra a cogliere i messaggi infiniti e indiretti che a noi giungono per un lungo e istanteneo itinerario; bisogna resistere alla tentazione del dolore.

Giorgio Manganelli, Circolazione a più cuori. Lettere familiari, Aragno, 2008

24 novembre 2008

Hassan Yebda



Ad Auxerre, se provi a chiedere di Hassan Yebda, oggi centrocampista del Benfica ma cresciuto in Borgogna, avrai due risposte distinte. Risposta A: Talento che non abbiamo capito. Risposta B: Talento che si perderà. Essì perché le qualità per diventare un centrocampista di altissimo livello ci sono. Da sempre. “Yebda, fai conto un Diaby o un Sissoko, ma con più talento, peccato che qualche volta troppo.” L'anonimo di Auxerre cita non a caso centrocampisti che sono passati per la società borgognona. La versione del centrocampista di origine algerina, classe '84, è lineare e conciliante: “Sono stato campione del Mondo under 17 con la Francia- dice-, pensavo di diventare un titolare nell'Auxerre ma ho avuto due brutti infortuni: il crociato nella mia prima stagione, dove sono stato fuori più di sette mesi, e la pubalgia nella stagione successiva. Quando mi sono ripreso non c'era più Guy Roux a gestire il gruppo ma Jean Fernandez, che non aveva fiducia in me. Così ho preferito andare a Le Mans.” Il nostro non racconta di un rigore battuto, anche se non designato dal Mister, alla Panenka e sbagliato che è ancora negli dei tifosi dell'AJA e qualche atteggiamento non esattamente irreprensibile. A Le Mans ha mostrato enormi progressi. Quest'anno ha tutta la fiducia di Quique: il talento è sempre lì, qualche imprecisione di troppo negli appoggi e alcune letture di situazioni un po' immaginifiche, ma soprattutto corsa, intensità, inserimenti e recuperi continui.

CARLO PIZZIGONI



Fonte: Guerin Sportivo n.47/2008

Angel Di Maria

Due prove schiaccianti: l'ultimo Mondiale under 20 e la recente Olimpiade. I cercatori di grandi giocatori, che passano al setaccio il mondo del football appuntano queste due perle ad Angel Fabian Di Maria. Due perle lucentissime per una parure che non è ancora completa, ma che si pregusta già scintillante. In poco più di due anni dalla periferia del Mondo alla marcetta della Champions League, con lo sguardo umile e un po' impacciato di sempre, solo, ora, con due brillanti ai lobi che in quel viso allungato e genuino, ancora da ragazzo stridono un po'. Anche pensando alla faccia
nera e sudata che Di Maria aveva davanti agli occhi ogni giorno a tavola, il viso di papà Miguel, uguale a quello dei tanti che si massacrano riempiendo sacchi di carbone per pochi spiccioli nell'Argentina della crisi.



“Quando sono entrato al Monumental – dirà poi Di Maria – ho pensato alla mia famiglia e a tutti i sacrifici che hanno fatto per farmi arrivare fin qui.” Alla schiena che si spezzava a ogni sforzo di papà, alla bicicletta scalcagnata di mamma Diana che lo accompagnava al campo di El Torito, club della Lega di Rosario dove ha cominciato anche Nestor Sensini, apprezzatissima testa calcistica anche alle nostri latitudini. Solo che l'ex Udinese diventa presto un Lebbroso, e Angelito una Canaglia. A Rosario il calcio è diviso in due, rossonero Newell's o gialloblù Central, e quei nomignoli che si portano dietro da sempre per una partita amichevole saltata all'ultimo minuto, decenni fa, sono segno distintivo profondo. Quando arriva al campo del Rosario Central, 40 minuti di bicicletta, unica unità di misura della famiglia, la malnutrizione dovuta alla povertà viene notata immediatamente dal medico e dai compagni che lo ribattezzano Fideo, il nome dello spaghetto finissimo. Di Maria è un viso allungato e un sinistro da favola. Vederlo oggi appoggiare così velocemente quei primi passi, piantare scatti che lasciano inchiodati all'erba i difensori, colpire in maniera così coordinata la palla, agendo su leve non robustissime fa impressione: tutto frutto di undici anni alla scuola del Central, quel contropiede, lo scavino, il pallonetto che decide la finale Olimpica nasce negli anni Canalla. Mica tutta una storia semplice, chiaro. Nemmeno in campo. Ma c'è sempre, o quasi sempre, l'uomo buono che salva chi merita. Nella storia Angelito è certamente Angelo Tulio Zof, un istituzione al Central, che promuove in prima squadra un ragazzino che giocava poco nelle giovanili. Qui, oltre alla bontà, ci vuole occhio e competenza che non sono mai mancate al Viejo. In maglia gialloblù è insieme a tanti giovanissimi, con l'unica chioccia a nome Kily Gonzalez, venuto a chiudere la carriera dove l'aveva cominciata. Di Maria debutta a 17 anni, vince under 20 e Olimpiadi raggiunge la nazionale maggiore in due anni. Il Benfica anticipa l'Arsenal e Angelito deve abbandonare casa: per la prima volta i suoi genitori prendono l'aereo ed escono dal Paese. Giocatore da campo aperto, ottima corsa, esplosività nei primi passi, bel calcio, ottima tecnica: le virtù non mancano. Ma nemmeno i vizi: se è molto migliorato il suo modo di stare in campo, lascia qualche volta perplessi nella scelta della giocata: un dribbling di troppo o in una zona pericolosa, un passaggio ritardato o troppo anticipato. Qui c'è da lavorare, e quest'anno un tecnico rigoroso (pure troppo) come Quique potrà certamente aiutarlo. Per ora Angelito vede spesso la panca, ma non perdetelo di vista. Qui siamo tra i top 5 dei Grandi Giocatori ancora dormienti, ma pronti a esplodere alla prima scintilla. In fondo stiamo parlando di un ragazzo del 1988. Una vita di povertà, una bicicletta guidata dalla mamma per attraversare il quartiere pericoloso, e il carbone da tagliare e da rivendere tutti si santi giorni: no, decisamente non il vostro solito talento pronto a prendersi il palcoscenico. Proprio per questo può venire fuori di tutto, e c'è materiale per considerare quel tutto una sorpresa molto positiva. All'Inter hanno già preso informazioni.

CARLO PIZZIGONI


Fonte: Guerin Sportivo n.47/2008

22 novembre 2008

Copa Sudamericana. Semifinali

Fonte: Gazzetta.it



Le manifestazioni “minori” ritrovano appeal poco a poco che ci si avvicina all'epilogo. Vale a tutte le latitudini, dato che un po' dappertutto si gioca due volte a settimana. La Copa Nissan Sudamericana è un po' così. Soldi, garanzia della casa automobilistica nipponica, ne girano, ergo le presidenze dei club spingono per giocare sempre. E poi dai quarti di finale in avanti, con partite di andata e ritorno, si ritrovano nomi che han fatto la storia del calcio mondiale e per creare l'evento basta la scenografia della Bombonera o del Maracana.
GLOBALE - Dal Messico fino alla punta estrema del Continente Sudamericano, questo torneo, che è partito l'ultima notte di luglio e si concluderà il 3 dicembre prossimo, lo giocano tutti, anche quelli che poi saranno in campo per la Libertadores, che invece coinvolge solo l'élite. Quest'anno la finale recita Internacional – Estudiantes, alta borghesia del futbol. La marcia dei brasiliani, trascinati da Andres D'Alessandro e Nilmar, gente che potrebbe rivedere a breve l'Europa, è stata impetuosa negli ultimi turni. Fatto fuori ai quarti il Boca, sbancando anche la Bombonera, in semifinale il Colorado ha disintegrato le Chivas di Guadalajara: 4-0 a Porto Alegre e 2-0 allo Jalisco. Figuraccia messicana dopo un quarto di finale col River Plate che prometteva parecchio e che aveva costretto Diego Simeone alla definitiva resa: il Cholo sperava in un rilancio dei suoi Millionarios, lontani anni luce dalla vetta del campionato nazionale, proprio in questa competizione. E invece, nada: sconfitta e dimissioni. L'Estudiantes guidato in mezzo al campo da Juan Sebastian Veron, e che a inizio stagione vedeva in panchina Nestor Sensini, prima che risultati balordi esigessero l'assunzione del “Jefe” Astrada, ha eliminato ieri notte l'Argentinos Juniors (boia del Palmeiras ai quarti). Un gol per parte alla Paternal e ritorno alla Plata, nelle giornate immediatamente precedenti all'evento dell'anno in Argentina: la finale di Coppa Davis ( e infatti ha assistito al match anche David Nalbandian). Semifinale di ritorno dove la voglia di rischiare era pochina e il gol decisivo è arrivato grazie a una capocciata di José Luis Calderon, entrato pochi secondi prima.
VECCHIO BOMBER - Il “Caldera”, esimio giocatore di futbol anche alla faccia della carta d'identità che riporta 38 primavere, un passaggio sfortunato e frettoloso al Napoli peggiore degli ultimi anni, ha cambiato la partita, aumentando la pericolosità del Pincha giocando al fianco dell'ex Boca Mauro Boselli. L'Estudiantes torna a giocare una finale internazionale dopo oltre 35 anni: non sarà la Libertadores (che il Pincha ha vinto per tre volte, consecutive tra l'altro) ma è qualcosa che conta davvero, visto anche il momento non certamente florido del club. Juan Sebastian Veron, tornato all'ovile dopo una favolosa carriera, ha regalato alla sua gente, dopo il fantastico titolo del 2006, anche quest'ultimo sigillo. Papà Juan Ramon, che con i bianco-rossi alzò la Libertadores del 1968 e la coppa Intercontinentale contro il Manchester United di Bobby Charlton e George Best (segnando tra l'altro ad Old Trafford), può essere orgoglioso: il suo numero 11 è rimasto in buone mani...

CARLO PIZZIGONI



Estudiantes - Argentinos Jrs. 1-0




Internacional - Guadalajara 4-0

21 novembre 2008

Qualificazioni Mondiali. Si salva il Messico di Eriksson

Fonte: Gazzetta.it


Ha sfiorato la tragedia (sportiva) Sven Goran Eriksson con la sua nuova creatura, la nazionale messicana. Dopo una serie di prestazioni incerte, soprattutto fuoricasa (sconfitto in Giamaica e bloccato sul pareggio dai canadesi), il Messico si giocava la possibilità di accedere alla fase successiva di qualificazione del prossimo Mondiale, il cosiddetto “Hexagonal”, dove le miglior sei squadre del raggruppamento di Nord e Centro America si sfidano per i tre posti di Sudafrica 2010 ( la quarta classificata spareggerà con la prima delle non qualificate sudamericane).
LA PARTITA - Trasferta a San Pedro Sula, Honduras, per il “Tri” dell'ex Roma e Lazio: un pari gli bastava. La partita con la nazionale “catracha” diventa un mezzo incubo, non solo per l'ambiente caldissimo. Almeno all'inizio, Eriksson rinunciava al 4-3-3 che aveva spesso proposto, per un atteggiamento più equilibrato e prudente, ciononostante subiva l'Honduras di David Suazo, e alla fine cadeva per un brutto autogol di un uomo chiave della nazionale allenata dallo svedese, Ricardo Osorio, giunto in Bundesliga (Stoccarda) dopo le belle prestazioni al Mondiale tedesco. La paura aumentava con il gracchiare della radio: la Giamaica, tre punti in meno in classifica, ammontichiava gol contro il Canada. Il 3-0 finale dei Reggae Boyz e l'1-0 sudato con l'Honduras (alla fine riproposte le tre punte da Eriksson: Nery Castillo, Omar Bravo e Carlos Vela, con l'attaccante dell'Arsenal espulso nel finale) bastavano in conclusione al Messico per sopravanzare i giamacani nella differenza reti.
IN EXTREMIS - Sospiro di sollievo nel Mesoamerica, ma ora le certezze dello svedese cominciano a diventare meno persuasive. “L'importante è essere qualificati al turno successivo, sono sicuro che arriveremo al Mondiale”, assicura ancora Eriksson, ma la ferocissima critica messicana, finora insolitamente quieta circa le performance di Sven, comincia a intingere la penna nel curaro, anche perché le prestazioni del Tri lasciano parecchie perplessità, e rischiare di non arrivare nemmeno alla fase di qualificazione del Mondiale in un raggruppamento con avversari poco più che modesti se comparati ai messicani, semina dubbi nella testa dei cronisti.

Honduras - Messico 1-0

USA QUALIFICATI - Tutto semplice invece per il team degli Stati Uniti di cui si segnala anche il primo gol nella selezione maggiore del celebrato Freddy Adu (classe 1989), nel 2-0 al già eliminato Guatemala. Trindad e Tobago, Costarica, El Salvador sono le altre compagini che raggiungono l'Hexagonal e che contenderanno il terzo posto disponibile per il viaggio diretto in Sudafrica all'Honduras, posto che Messico e Stati Uniti, a meno di suicidi oggi, nonostante certe prestazioni, poco pronosticabili.


Giamaica - Canada 3-0 / USA - Guatemala 2-0

EQUILIBRIO ASIATICO - In Asia regna l'equilibrio. I due gruppi di qualificazione che consegneranno le magnifiche quattro per Sudafrica 2010 (più un'eventuale quinta) non vivono di certezze. Nel gruppo A l'Australia procede sì a punteggio pieno (tre vittorie su tre) ma in Bahrein soffre per più di novanta minuti i padroni di casa prima di trovare il gol vincente di Mark Bresciano nel recupero. Netta e significativa vittoria invece per il Giappone che si impone 3-0 in Qatar: dalla squadra di Bruno Metsu, santone del Senegal ai Mondiali Nippo – Coreani, ci sia aspettava qualcosa di più. Nel Gruppo B comanda la Corea del Sud con sette punti grazie alla vittoria in Arabia Saudita, mentre l'ex capolista Iran, guidato dall'ex centravanti di Bayern e Herta Berlino Ali Daei, si salva a Dubai solo nel finale e non va oltre i cinque punti. La marcia è ancora lunga e le sorprese non mancheranno.


Bahrein - Australia 0-1

CARLO PIZZIGONI
Dal sito della Gazzetta dello Sport

18 novembre 2008

La Scuola ivoriana

C'era volta un ragazzino ivoriano che adorava il football. Voleva entrare nella scuola calcio che era appena nata nella sua città. I genitori volevano terminasse il Collège St Jean Bosco di Treichville (municipalità di Abidjan), una scuola d'élite che gli avrebbe concesso tante chances nella vita. C'era una volta l'Africa, piena di vita e piena di problemi, di crisi che si aggiustavano, poi tornavano. Nel Paese di Christian, il nostro ragazzo, tutto filava per il verso giusto. C'era la Liberia, la Sierra Leone, e poi c'era la Costa d'Avorio. Il Padre della Patria, Felix Houphouet-Boigny l'aveva condotta lontana dai problemi: un democrazia compiuta? forse no, ma una società in cammino con un sviluppo economico e sociale garantito a una larghissima fetta della popolazione. Si stava bene in Costa d'Avorio, c'era il tempo per dedicarsi ad altro, allo sport per esempio. E lo sport in Africa Occidentale è quasi ovunque il calcio. Ad Abidjan c'era l'Académie:lì si studiava, si mangiava, si dormiva e si giocava a calcio. Tutto in una una struttura, un paradiso, non solo per l'Africa. A volerla, allo sbocciare degli Anni Novanta, è stato Roger Ouegnin, presidente dell'ASEC, la squadra più amata dagli ivoriani. Per guidare questa Rivoluzione serviva un uomo di rottura. Ouegnin sceglie Jean-Marc Guillou, nazionale francese a Argentina '78 col 10 sulle spalle, e sognatore-visionario di un calcio in cui è la tecnica che comanda, ma anche educatore preparato, in grado di plasmare un giovane giocatore con metodi che ne facciano pure un uomo. Christian partecipa ai provini che il tecnico francese sta promuovendo in città per selezionare i miglior talenti. Guillou si innamora subito di quel sinistro, anche perché si vede poco altro in quello scricciolo determinato ma invisibile. Quante scuole calcio l'avrebbero accolto, ad altre latitudini? Per Guillou il pollice è alto. Si va a Sol Beni (la sede dell'Académie)! A casa non ci sentono nemmeno: devi studiare, lascia perdere. Christian però ha la testa dura, non molla e alla fine riesce a ottenere il sì dei genitori.





Quando entri all'Académie ricevi un nuovo battesimo, quello calcistico: tutti, alla brasiliana, adottano un nomignolo. Christian N'dri Koffi diventa Romaric. Ed è iscritto al corso denominato Johan (negli anni seguiranno l'Armando”, il Puskas, il Di Stefano...). E' la prima nidiata degli Académiciens. Esercizi col pallone si mescolano a educazione, scuola, con professori preparati assunti dalla società: tutto a Sol Beni, in riva al mare, coi campi verdi e con strutture in muratura che richiamano altri panorami. I compagni di banco di Romaric ora giocano nell'Arsenal (Kolo Touré e Eboué), nel Barcellona (Yaya), nel Chelsea (Salomon Kalou), nel Tottenham (Zokora), nello Stoccarda (Boka), nel Marsiglia (Baky) e in molte altre squadre europee. Compagni di una scuola calcio al centro dell'Africa. C'è di che stropicciarsi gli occhi,

C'era un volta una favola, e ora forse non c'è più. Non c'è più quella Costa d'Avorio, ora divisa in due dai militari e messa in ginocchio dalla crisi. L'Académie c'è ancora, ma è ormai affiancata da altre scuole: una galassia polverizzata piena di sigle che pretendono di ripercorrere lo spirito dell'inizio. Ouegnin, Guillou, i suoi collaboratori ne hanno fondate tante, dopo aver litigato anche davanti a tribunali. Il presidente voleva vedere i suoi giovane portare l'ASEC sul tetto del continente, il francese voleva costruire un ponte per l'Europa. Incrocio pericoloso e inconciliabile. Dal caldo sole primaverile di Abidjan alla bruma novembrina delle Fiandre Orientali. L’esperimento-Beveren che tenta Jean Marc Guillou con il proprio braccio destro Régis Laguesse (l’uomo che, quando vide per la prima volta in azione l’allora 12 enne Yaya Tourè, annotò sul proprio taccuino: “Se una determinata situazione di gioco presenta quattro o cinque possibilità di scelta, lui sa trovarne una sesta; farà strada”) è tanto coraggioso quanto radicale. Si tratta di trasferire, a gruppi di dieci-dodici elementi per volta, i migliori talenti dell’Académie nella squadra belga del Beveren. Testare il calcio europeo sul campo, un’esperienza formativa, durissima ma preziosa. Partono per il Belgio giocatori quali Gilles Yapi Yapo, Arsène Né, Yaya Tourè e Zézéto, seguiti nelle stagioni successive da Emmanuel Ebouè, Arthur Boka, Baky, e con loro il nostro Romaric. Al Freethiel Stadion si vede un calcio spumeggiante e ricco idee, ancorché acerbo. Il laboratorio-Beveren arriva fino alla finale di Coppa di Belgio, poi persa contro l’Fc Bruges, e si qualifica alla Coppa Uefa. Non tutti però condividono la filosofia all-blacks di Guillou, accusato da parte della stampa locale di essere un “moderno negriero”. Senza dimenticare i cori razzisti di parte dei tifosi. Finisce con il licenziamento del francese e del suo staff a causa di “risultati poco soddisfacenti”. Una volta tornato “fiammingo” e depurato dall’africanismo spinto, il Beveren è immediatamente retrocesso e oggi il club milita nella Tweede Klasse belga. Romaric sopporta quel freddo. Lo notano in Francia e vola a Le Mans. Lì trova un fratello académicien, Gervais Yao Kouassi, ribattezzato Gervinho, velocità, tecnica e voglia di emergere, come ha dimostrato nell'ultima Olimpiade, dove ha sfavillato. Nato nel 1987 è un prodotto della nuova Académie di Guillou, anche se il francese non può metterci piede, dato che è ufficialmente ( e tristemente) “indesiderato” ad Abidjan. Forse raggiungerà suo “fratello”, Romaric, che nella sua ulteriore scalata, dopo aver giocato anche il Mondiale in una nazionale piena di “accademici”, è arrivato a Siviglia quest'anno, ondeggia tra il centrocampo e la posizione dietro le punte, con la solita eleganza, lui, il prodotto tecnicamente più elevato di tutta l'Académie. Ci sono buchi grossi come crateri nelle strade di Abidjan, l'erba vicino alla Cattedrale è alta, non la taglia più nessuno, la spesa si fa intorno a bancarelle malferme. La Costa d'Avorio che c'era una volta, non c'è più. Ma i ragazzi ivoriani, non smettono di sognare, e gli Académiciens vengono anche prima di Didier Drogba.

CARLO PIZZIGONI
(Ha collaborato Alec Cordolcini)

Fonte: Guerin Sportivo n.46/2008

Le qualità di Romaric