27 novembre 2007

[recap] Bellinzona - Sion 2-1

Stadio Comunale di Bellinzona bello pieno per uno degli ottavi di finale della Coppa di Svizzera (manifestazione molto sentita nel paese rossocrociato, sia dalla gente che dai club, i quali a differenza di quanto accade ad altre latitudini non la considerano una pura e semplice seccatura) sulla carta più incerti. Doveva essere la partita del grande ritorno, quello del funambolico Saidu Alade Adeshina, 21 gol in 30 partite nella stagione e mezza spesa in maglia granata, ma Alberto Bigon gli ha concesso solo una manciata di minuti nel finale. Questione di feeling, non ancora pienamente sbocciato tra il giocatore e il tecnico italiano (che in un’intervista sul Corriere del Ticino non ha mancato di palesare una certa insoddisfazione sull’intensità mostrata in allenamento dall’attaccante nigeriano), ma anche parzialmente di modulo, perché nel 4-3-2-1 del Sion nel ruolo di unica punta funziona meglio il nazionale costaricano Alvaro Saborio, meno guizzante e veloce di Adeshina ma più adatto a giocare di sponda e con un “peso” maggiore a centro area, come dimostrato anche dalla girata, su cross di Obradovic, che ha portato in vantaggio il club del Canton Vallese. Bigon ha scelto un approccio di contenimento, con la chiara intenzione di far sfogare il Bellinzona nel primo tempo (dominato dai granata, con Vailati provvidenziale in un paio di occasioni) per poi colpirlo nella ripresa quando la condizione fisica cala e le idee si annebbiano; impostazione più che condivisibile, specialmente quando in squadra si hanno due trequartisti quali Alvaro Josè Dominguez e Goran Obradovic (la personificazione del luogo comune sui giocatori slavi, ovvero genio e discontinuità), inventori di gioco capaci di piazzare la zampata vincente in qualsiasi momento. Ci stava riuscendo meglio Obradovic, in giornata positiva, ma a scombinare i piani del Sion ci ha pensato un Bellinzona tra i più belli visti in stagione, a dispetto della tenuta rosa shocking quantomeno curiosa. Schierati con un 3-4-3 atipico senza una prima punta di ruolo (Pouga era squalificato, Grabbi è entrato solamente nel recupero), gli uomini di Vladimir Petkovic hanno dato vita ad una prestazione tonica, determinata e vitale. Sugli scudi il serbo Ifet Taljevic, sulla carta attaccante centrale del tridente (completato dal classe 86 Senad Lulic e dal classe 88 scuola Fiorentina Alessandro Gherardi, entrambi dinamici e con buona personalità, tecnica discreta, nessun timore a provare la giocata), in realtà un numero 10 completo che ha svariato lungo tutto il fronte offensivo senza sosta per novanta minuti creando e finalizzando (sua la rete del pareggio); il centrale di centrocampo Manuel Garrido Rivera, spiccato senso geometrico e grande lucidità nell’impostare l’azione (peccato per l’autonomia limitata, durante gli ultimi minuti era chiaramente sulle ginocchia); il portiere Lorenzo Bucchi, fondamentale nella ripresa con un intervento alla disperata su Virgile Reset (prospetto interessante, lui e il terzino figlio d’arte Bastien Geiger sono stati un moto perpetuo sulla fascia destra) presentatosi solo davanti alla porta dopo un dribbling stretto in area di rigore. Era il momento di maggior pressione del Sion, con il Bellinzona che aveva arretrato il proprio baricentro perché la fatica cominciava a farsi sentire; il riflesso di Bucchi ha assunto lo stesso valore di un gol, che invece è arrivato nel primo minuto di recupero grazie ad Angelo Raso, dribbling a rientrare dalla sinistra e palla sotto la traversa per scacciare lo spettro dei supplementari da affrontare ormai senza benzina. E la festa ha potuto avere inizio.


Bellinzona (3-4-3): Bucchi 7; Belotti 6, Mangiarratti 6, La Rocca 6.5; Miccolis 5.5, Rivera 7, Wahab 6 (63’ Da Mota sv), Raso 6.5; Lulic 6 (93’Grabbi sv), Taljevic 7.5, Gherardi 6.5 (78’ Conti sv).

Sion (4-3-2-1): Vailati 6.5; Geiger 6.5, Kali 5, Vanczak 5.5, Paito 6 (86’ Bhuler sv); Reset 6.5 (86’ Adeshina sv), Beto 6, Ahoueya 6; Dominguez 6, Obradovic 7; Saborio 6.

Marcatori: 24’ Saborio (0-1), 32’ Taljevic (1-1), 91’ Raso (2-1).

Bellinzona, Stadio Comunale, 25 novembre 2007

ALEC CORDOLCINI

21 novembre 2007

[recap] Svizzera - Nigeria 0-1

Preview:
Prosegue tra polemiche e risultati non esaltanti la marcia di avvicinamento della Nigeria di Berti Vogts verso la Coppa d’Africa 2008. Il match di stasera con la Svizzera sarà l’ultimo test amichevole prima della spedizione in Ghana, e il viatico è tutt’altro che sereno. Battuti 1-0 dall’Australia sabato scorso a Londra, Vogts ha riferito che le maggiori preoccupazioni riguardano il centrocampo, orfano ancora di Obi Mikel (Chelsea)e senza un play maker adeguato al nuovo 433 spurio già provato lo scorso mese nell’amichevole con un Messico sperimentale, alla fine pareggiata 2-2. Tant’è vero che l’idea di Vogts e del suo staff di tecnici nigeriani prevede Kanu, ora al Portsmouth dietro alle punte con due mediani a copertura della difesa in linea a 4. Kanu, capitano delle Super Aquile, è assente come tanti altri (Yobo, Utaka, Yakubu: tutti potenziali titolari), troppi secondo la stampa nigeriana che gradisce poco questi infortuni più o meno diplomatici. E meno ancora la conduzione di Vogts, sul pino della Nigeria da febbraio ma decisamente poco convincente se si tiene conto che la Nigeria è una delle più grandi corazzate del Continente Nero, 19° nel ranking Fifa e appena vincitrice del mondiale under 17 (e molti osservatori vorrebbero addirittura questi campioncini già tra i “grandi”).Insomma, non si può presentare la qualificazione alla coppa d’Africa come biglietto da visita, dunque la missione in Ghana sarà lo spartiacque decisivo: Vogts deve alzare la coppa e convincere altrimenti ad Abuja si prevedono grossi sommovimenti. I tre attaccanti, proposti da un po’, sanno poco della farina del Vogts, ciò significa che esistono già suggeritori influenti e l’equilibrio all’interno dello spogliatoio deve essere tutto verificato: l’idea di squadra deve cominciare a nascere. Coi tre attaccanti, uno dei quali spesso deputato al rientro a centrocampo,si vuole lo spostamento dell’ex Inter Obafemi Martins sul centro sinistra e una punta centrale che con l’Australia è stata il poco convincente Makinwa. A destra, in contumacia Utaka, ha giocato Osaze Odemwingie (ora al Lokomotiv Mosca dopo le buoni stagioni al Lille)ma già stasera può essere provato Uche, del Getafe. La squadra però manca di equilibrio, anche se può incontrare quarti d’ora di ispirazione e trovare la porta avversaria con facilità. La coppia centrale Shittu (Watford) – Afolabi (Sochaux) è forte fisicamente, difetta nelle letture delle situazioni anche se dovesse giocare Obinna Nwanerri del Sion, così come Taiwo (Marsiglia) a sinistra, che però possiede un calcio alla Roberto Carlos e può aprire il gioco in maniera repentina. I già citati problemi di centrocampo(anche per i cali di forma di Yusuf- Dinamo Kiev) non sono stati risolti, almeno per ora, da Okonkwo(Tico, per gli svizzeri) dello Zurigo, deludente in Nazionale, forse potrebbe essere una buona idea, anche già da stasera al Letzigrund, provare Eromoigbe (Levski Sofia) in mezzo al campo e non terzino di destra come ha spesso fatto finora Vogts.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: Corriere del Ticino



Recap del Match:
Partita di vigilia. Vero che quella nigeriana è più prossima dato che tra due mesi circa sarà già Coppa d'Africa mentre per l'Europeo manca ancora un po' di tempo, ma la verifica c'è stata, e per entrambe c'è una sonora bocciatura, al di là del freddo di ieri sera (secondo tempo con piedi congelati in tribuna stampa, per noi) e delle assenze piuttosto pesanti, specie nella selezione africana. La Svizzera, come ormai sempre nel post Mondiale, offre prestazioni spesso al di sotto della sufficienza: a difesa schierata si affida quasi esclusivamente alle invenzioni di Barnetta (ieri febbricitante e quindi giustificato del primo tempo anonimo). La punta unica non convince, ma a disposizione c'è poco. Ieri c'è stata la solita insistenza nell'imbucata centrale (con Nkufo in appoggio spalle alla porta) quasi mai produttiva. Poco o nullo l'appoggio delle fasce, la fase migliore della Svizzera rimane quella di recupero palla con Inler, soprattutto, e Gelson: azione ribaltata e possibile conclusione, ieri situazione sprecata continuamente da Gygax, evanescente a dir poco. Non meglio la Nigeria. Linea difensiva incredibilmente disattenta, errori individuali a ripetizione e comportamento di reparto imbarazzante. Nel primo tempo si è vissuto con i lungolinea di Taiwo (che nelle letture difensive è ancora alle aste) per la punta esterna, spesso Uche, benino all'inizio poi piano piano sfiorito. A metacampo soliti difetti d'impostazione, già senza Mikel il continuo palleggio mi pare non produttivo e ieri hanno fatto male, per l'ennesima volta, Yusuf e Tiko: solo sufficiente Etuhu, anche per qualche sberla da fuori che ha preoccupato non poco Benaglio. Pochissimi i cambi di gioco, e quando ci sono stati la Svizzera si è trovata spesso in difficoltà. Attacco a tre, quasi da subito con Odemwingie dietro a due punte: comunque grande mobilità, anche se la costruzione di azioni pericolose, specie nel primo tempo, rimaneva limitata. L'idea di un calcio così attendista da parte di Vogts rimane incomprensibile, specie per le doti di fondo dei nigeriani che fino alla fine, nel freddo di Zurigo, hanno corso senza problemi: organizzare più pressing di squadra e ripartire velocemente: sarebbe devastante l'applicazione con i giocatori a disposizione (a proposito: Obinna a fine partita ha fatto bene - ciò dimostra una certa profondità della panchina delle Super Aquile, viste le assenze-: provarlo prima?).

Svizzera: Benaglio; Philipp Degen (9. Lichtsteiner), Djourou (81. Grichting), Eggimann, Magnin (76. Spycher); Fernandes, Inler; Gygax, Yakin (76. Ziegler), Barnetta (46. David Degen); Nkufo.

Nigeria: Ejide; Ifeyani, Nwaneri, Shittu, Taiwo (87. Afolabi); Etuhu, Ayila (70. Olofinjana), Tico; Uche (78. Obinna), Odemwingie; Makinwa (68. Manasseh).

Gol: 79' Taiwo

12 700 spettatori.
Letzigrund, Zurigo - 20 novembre 2007

20 novembre 2007

[figura] Miguel Veloso

I Leoni vedono meglio delle Aquile. Ultima scoperta scientifica? No, semplice constatazione. In Portogallo è certo, dato che ormai è prassi riscontrare i migliori prospetti nel settore giovanile dei Leoni (Sporting), piuttosto che in quello delle Aquile (Benfica). Ma al Da Luz han fatto pure di peggio. Vediamo. La storia comincia da lontano: fine anni Settanta, piena euforia per l’appena celebrata Rivoluzione dei Garofani che riapre il Portogallo al Mondo. Voglia di costruire, correre. Nel calcio chi lo fa con notevoli risultati si chiama Antonio Veloso, gioca sulla corsia di destra, terzino di spinta, ma ha provato anche a giocare dall’altra parte e in centro: nemmeno la polivalenza gli manca (ah, a questo proposito, facciamoci un nodo al fazzoletto, vien buono più avanti). Antonio Veloso è conteso dalle tre grandi del Portogallo dopo i bei campionati col Beira Mar, e come più di metà dei lusitani ha già scelto: “ voglio il Benfica!” Corre l’anno 1980 quando il nostro esordisce con la maglia rossa delle Aquile in campionato, al suo fianco c’è ancora gente che conta come Chalana, Humberto Coelho, Bento, Carlos Manuel. Antonio diventa titolare fisso l’anno e nessuno lo ferma più. Piano piano entra nella storia della squadra che fu di Eusebio: 15 stagioni di cui 7 da capitano, diventando il secondo giocatore di sempre, dietro solo un monumento come Coluna,come numero di presenze con la fascia al braccio. Aggiungere una quarantina di caps in nazionale, levare, cancellare una brutta storia di doping in cui fu coinvolto e in cui professò innocenza. L’aveva perdonato subito sicuramente il primo tifoso di Antonio, il figlio Miguel, classe 1986, anche lui fin da giovanissimo vestito di biancorosso Benfica. E qui intervengono gli abbagli delle Aquile e la lungimiranza del Leone. Miguel Veloso è troppo grassottello per giocare a calcio, dicono, almeno non può farlo al Benfica. Ma Miguel ha la testa dura, e come il babbo in campo non ha intenzione di mollare dopo la bocciatura subita. Si mette in riga, e bussa alla porta dei rivali cittadini. Prego si accomodi, all’Academia Sporting sbagliano di rado. Lavoro, metodo, sacrificio: ne viene fuori un centrale difensivo molto promettente che con tale Paulo Bento, appena passato dal campo – bel centrocampista- alla panchina, vince il campionato nazionale Juniores. Poi, una serie di vicissitudini del club e il licenziamento di José Peseiro promuovono proprio l’ex mediano alla guida della prima squadra. E’ il 2005, per qualche osservatore è solo una parentesi: Paulo Bento invece raddrizza la baracca e raggiunge il secondo posto che significa Champions ed è ancora lì, oggi, anche perché da subito ha fiducia nei giovani che lui stesso ha cresciuto nelle giovanili del club. Tra questi non manca certo Miguel Veloso: Peseiro l’aveva mandato a farsi le ossa nella Olivais e Moscavide, terza serie portoghese, Paulo Bento sa che può essergli utile e lo richiama all’Alvalade, conoscendo pure (sciogliete pure il nodo di qualche riga più su) le doti di Miguel davanti alla difesa, a centrocampo. L’esordio abbaglia tutti, anche perché avviene in Champions’ proprio con l’Inter che è una delle big d’Europa ( il Real Madrid sta però eccellendo nel corteggiamento) che ha già chiesto relazioni dettagliate sul giovane portoghese. Veloso va in campo con i Nerazzurri perché lo Sporting è in emergenza: Custodio e Paredes non ci sono, nasce così uno dei miglior centrocampisti difensivi d’Europa. I due calciatori citati malediranno quel giorno: il primo è finito in Russia, il secondo, ex Reggina, fa tappezzeria allo Sporting: il figlio di Antonio si è preso tutto. Bella corsa, sinistro educato, personalità, tackle incisivo Miguel Veloso eccelle nelle letture delle situazioni di gioco, seppure ancora molto giovane. Vede lontano Miguel e come tutti i Leoni portoghesi, vede bene, molto bene…
CARLO PIZZIGONI
(ha collaborato Mario Ventura)


Fonte: Guerin Sportivo

18 novembre 2007

[applausi] Ricardo Lavolpe

Se ne va Ricardo Lavolpe. Dopo quel maledetto spareggio che lo vide sconfitto contro l'Estudiantes,la non eccellente esperienza al Velez, che in questi giorni ha lasciato. Lavolpe, attaccato da buona parte della stampa argentina, per noi rimane un punto di riferimento di proposta di calcio. Anche con tutti i suoi difetti e i suoi errori. "Non ha vinto nulla", continueranno a dirci, e avranno sempre ragione loro, forse. Ma "verrà il giorno" (cit.)

Qui discetta di futbol, alla sua maniera, con Horacio Pagani, storica firma del Clarin, e storico portavoce degli antiLavolpe (vedere Youtube per conferme)


Qui sentenzia, Lavolpe style.

12 novembre 2007

[figura] Christian Pouga

Trascinati dal sodale al Guerin Alec Cordolcini, spulciatore come noi di calcio di frontiera e periferia (anche estrema), abbiamo passato il pomeriggio del sabato allo stadio comunale di Bellinzona. Match tra i padroni di casa e il Losanna, valido per il campionato di Challenge League, la serie B svizzera. Campionato che da ieri i granata ticinesi comandano. Oggetto del viaggio, il camerunense Pouga, classe 1986, fisico bestiale, tecnicamente scolastico ma non da buttare e lucido anzichenò sotto porta. Bellinzona discreto ma lento nello sviluppo della manovra, qualche cambio di gioco interessante di Andjelkovic, discreti recuperi di Da Mota ('87, controllato Samp) ma poca profondita. Pouga viene sempre incontro per aprire spazi ma c'è poca coordinazione col movimento dei compagni e il suo lavoro è poco efficace, tanto che piano piano scompare dal gioco. Il Losanna riparte abbastanza bene e termina il primo tempo in vantaggio. Secondo tempo con un centrocampo più aggressivo dei granata, anche per l'entrata di Rivera. Pouga si sblocca segnando di testa e da lì si galvanizza proponendo assist e sponde interessanti e riuscendo a finalizzare con continuità e determinazione. Segnerà altri due gol. Prospetto interessante, il giovane camerunense, possiede qualche colpo ma deve lavorare molto: è ancora troppo anticipato per il fisico che possiede, la palla giocata su di lui deve essere un approdo sicuro per tutta la squadra. Il fatto che si sia galvanizzato e abbia cercato con maggiore insisitenza e più raziocinio lo smarcamento chiama dubbi sulla sua continuità: deve essere più presente nella partita, proprio per le caratteristiche chiave che ha: la squadra che lo schiera vuole il suo fisico prima ancora dei suoi gol con i quali comunque dimostra una certa dimestichezza, che mai guasta. Il futuro della sua carriera passa da lì.Certo, la determinazione non gli manca dato che dopo un'esperienza in una scuola calcio di Douala non ha temuto l'esperienza in Cina, dove si è trasferito per poi giocare in una squadra della seconda divisione del Paese. In bocca al lupo.
Aggiungo le note di Alec: Viaggio a Bellinzona per visionare dal vivo Christian Pouga, attaccante camerunese classe 86 principale protagonista dei granata in un questo primo scorcio di stagione, e attese mantenute grazie a una tripletta che ha permesso alla squadra ticinese di archiviare la pratica Losanna (3-1 il risultato finale) e di issarsi al comando della Challenge League (la Serie B svizzera). Fisicamente prestante (193 cm x 90 kg), atletico, dinoccolato, in ombra nel primo tempo quando gira spesso a vuoto, poco assistito ma anche un po’ spaesato, protagonista nella ripresa con due reti di testa e una con un bel diagonale rasoterra dalla sinistra dopo un ottimo movimento a liberarsi in area di rigore. Da sgrezzare tatticamente, gli mancano ancora certe malizie nella protezione della palla, nella gestione degli spazi e nei tempi di inserimento, ma la materia per costruire qualcosa di buono indubbiamente c’è. Cresciuto in patria per poi emigrare nello Shangai Zobon, Pouga (11 reti in 14 partite di campionato) è alla sua seconda stagione in Svizzera dopo la doppia esperienza dello scorso anno in Super League con Zurigo e Aarau. Due parole infine sul Bellinzona; in svantaggio nel primo tempo dopo aver creato poco, la squadra si è trasformata nella ripresa con l’ingresso di Manuel Rivera Garrido, stagionato classe 78 al rientro dopo un infortunio, capace di garantire ai granata quel cambio di marcia utile a sopravanzare un Losanna ordinato ma nulla più. Nel Bellinzona anche alcune vecchie conoscenze del campionato italiano; lo stagionato Davide Belotti (ex Treviso, Vicenza, Monza, Seregno e Lecco), partita onesta sul versante destro della difesa a tre predisposta da mister Petkovic, l’ex doriano Bruno Da Mota, molto deludente e infatti sostituito dopo 45 minuti di gioco, e Corrado Grabbi, riflessi rallentati e fisicamente impresentabile. Ormai quasi un ex giocatore, un po’ come il suo vecchio compagno di squadra (ma solo per una manciata di settimane) Saliou Lassisi, al quale il Bellinzona ha rescisso il contratto per motivi comportamentali.

07 novembre 2007

[analisi] Tippeliga 2007

La top 10 della Tippeliga 2007

Competitivo, incerto, emozionante; il campionato norvegese appena concluso ha confermato la tendenza degli ultimi anni regalando un torneo intenso e ricco di spunti. Non siamo logicamente in presenza di livelli tecnici eccelsi, ma per gli amanti di un certo calcio “minore” non ancora piegato alle ferree logiche del business il divertimento non è comunque mancato. Ha vinto meritatamente il Brann, prevalendo sul sorprendente Stabaek, in seconda divisione solo due stagioni fa, sul Viking e su un parzialmente deludente Lillestrøm. Pessimo il torneo del Rosenborg, squadra non priva di talento ma talmente intermittente che sembra trovare più difficoltà a giocare contro il Fredrikstad che in Champions contro Chelsea e Valencia. I tempi del dominio assoluto che avevano trasformato la Tippeliga in uno dei tornei più a senso unico d’Europa sembrano ormai definitivamente tramontati. Di seguito una piccola classifica sui migliori giocatori del campionato appena concluso.

Somen Tchoiy (Stabaek)

Centrocampista multidimensionale da tre anni in Norvegia (prima nell’Odd Grenland, poi nello Stabaek), coniuga fisicità e buona tecnica con una grande costanza di rendimento, che gli è valsa la miglior media-voto di tutta la Tippeliga. Un Barusso meno esplosivo ma con maggior raggio d’azione e puntuale negli assist, una manna per la super-coppia d’attacco Daniel Nannskog-Veigar Pall Gunnarsson, 34 reti in due. Camerunese classe ‘83, è sbarcato in Scandinavia dall’Union Douala come esterno di centrocampo ma ha saputo dare il meglio di sé in posizioni più centrali. Difficilmente lo rivedremo in maglia nerazzurra il prossimo anno.

Marek Sapara (Rosenborg)

Sottovalutato e non di poco. Già architetto del Ruzomberok campione nazionale (più coppa e terzo turno dei preliminari di Champions) del 2006, Sapara è il mastice del centrocampo del Rosenborg, il freno all’anarchia tattica dei vari Traorè, Ya Konan e Tettey, la fonte primaria (7 gol, 14 assist) alla quale si abbevera un club che stenta ancora a ritrovare sé stesso. Punizioni velenose, cross taglienti come lame di rasoio, verticalizzazioni improvvise, il tutto condito da tanto dinamismo. Un Hamsyk con qualche anno in più; quanto ci vuole ancora per accorgersi di lui?

Alan Carlos Gomes da Costa “Alanzinho” (Stabaek)

Folletto tanto minuscolo (1.64 di altezza) quanto imprendibile, la taglia ridotta di questo classe ’83 scuola Flamengo rappresenta contestualmente il suo punto di forza e quello di debolezza. Inarrestabile palla al piede, sulla fascia sinistra riesce a creare la superiorità numerica con facilità imbarazzante ma vede meglio il compagno smarcato piuttosto che la porta. Ha evitato i carri armati della Tippeliga usando l’arma della velocità, ma in un campionato di maggior livello potrebbe non bastare.

Thorstein Helstad (Brann)

I 22 gol che gli sono valsi il titolo di capocannoniere, ma non solo; nella stagione di Helstad c’è stata tutta la rabbia e la determinazione per una carriera che forse non ha girato come avrebbe dovuto, con quell’unica parentesi extra-Norvegia (l’Austria Vienna) che poteva e doveva essere sfruttata meglio. Ma c’è stata anche la rivincita nei confronti del suo vecchio club, il Rosenborg, che lo scorso anno lo ha scaricato a stagione inoltrata. Motivo? Segnava troppo poco. Può capitare se fai giocare una punta pura come ala in un tridente. I neocampioni del Brann hanno risolto l’equivoco.

Christian Grindheim (Valerenga)

Partito con ambizioni di titolo, il Valerenga si è rivelato un clamoroso flop non andando oltre il settimo posto finale a dispetto di un rosa che annoverava diversi giocatori con esperienza internazionale (Lange, Mila, Zajic, Sørensen, successivamente Thorvaldsson). Si è salvato dal disastro questo piccolo Gattuso nordico classe ‘83, dinamite nei piedi e presenza “pesante” nel centrocampo del club di Oslo. Ultimo ad alzare bandiera bianca, la fascia di capitano assegnatagli lo scorso gennaio non poteva essere scelta più azzeccata.

Rune Jarstein (Odd Grenland)

Decidere chi tra lui e Håkon Opdal del Brann sia stato il miglior portiere della Tippeliga sarebbe un pò come scegliere se si vuol più bene al papà o alla mamma. La preferenza per il talento dell’Odd Grenland, inversamente proporzionale alla (pessima) qualità della squadra, si basa su ragioni puramente anagrafiche (23 anni contro 25). Opdal è stato eletto miglior numero uno del 2006, quest’anno quindi toccherà probabilmente a Jarstein, portiere attento, reattivo, carismatico e dai nervi d’acciaio, qualità quest’ultima indispensabile quando si è costretti a guidare una difesa scombiccherata come quella del club di Skien. Lo segue l’Arsenal.

Frode Kippe (Lillestrøm)

Giudizio senza fronzoli, come il suo stile di gioco: miglior difensore della Tippeliga. A tratti feroce (6 gialli e 3 rossi in 18 partite), ma sempre efficace, specialmente sulle palle alte. Quattro anni nel Liverpool (inframezzato da un prestito allo Stoke City), forse un livello un po’ troppo alto per lui

Per Ciljan Skjelbred (Rosenborg)

Si chiama Profdrømmen ed è la versione norvegese del (tristissimo) reality Campioni-Il Sogno. Skjelbred lo ha vinto a 15 anni guadagnandosi una settimana di stage con il Liverpool, ma poi ha rifiutato l’offerta di contratto dei Reds per firmare con il Rosenborg. Talento mediatico? Risposta negativa, perché questo classe ’87 originario di Trondheim si è fatto tutta la trafila delle nazionali minori, dall’under-16 all’under-21, fino a esordire lo scorso marzo (contro la Turchia) con la Norvegia dei “grandi”. Ala destra già in rete due anni fa in Champions League (avversario l’Olympiacos), quest’anno qualche ombra ma anche lampi di luce intensissimi, che gli sono valsi l’interessamento di Alex Ferguson, garanzia anti-bluff per eccellenza.

Kristjàn Örn Sigurdsson (Brann)

Tanti i protagonisti nella vittoria del Brann, dal già citato Helstad a capitan Andresen, dagli esterni Solli e Vagaan Moen al portiere Opdal. Una menzione particolare la merita però questo solido difensore islandese che ha dato vita, assieme al connazionale Ölafur Örn Bjarnason, a una delle coppie di centrali più affidabili di tutto il campionato. Li chiamano Ørneredet, il Nido dell’Aquila, giocando con il loro secondo nome, che sia in norvegese che in islandese significa “aquila”. In campo però niente scherzi; il muro da loro eretto si è rivelato vitale per una squadra dalle spiccate propensioni offensive quale il Brann.

Chinedu Obasi Ogbuke “Edu” (Lyn)

Solo undici partite nel Lyn 2007 prima di prendere la via della Zweite Liga tedesca, sponda TSG 1899 Hoffenheim, ma tanta qualità, con 5 gol (inclusa una bella doppietta al Rosenborg) e 3 assist. Attaccante classe ’86 veloce e tecnicamente valido, carattere un tantino focoso da sistemare, la scelta della seconda divisione tedesca può sembrare un declassamento. L’Hoffenheim però è ambizioso e pieno di grana. L’opposto del Lyn.

ALEC CORDOLCINI