29 luglio 2011

Copa America all'Uruguay




Fonte: Max

Se l'Inghilterra è la madre del calcio, l'Uruguay ne è certamente il padre. Tra i festeggiamenti per la recente vittoria in Copa America, questo si dice in riva al Rio de La Plata. E a ragione: non è un caso che sulla gloriosa casacca Celeste non ci sono solo le due stelle per la vittoria nei mondiali del 1930, il primo della storia, e del 1950 (il celebre Maracanazo, in cui sconfisse in casa il Brasile). Le altre due segnalano la vittoria alle Olimpiadi del 1924 e del 1928: quando appunto i Mondiali non esistevano... Padre del calcio, anche sudamericano: con la vittoria netta di domenica contro il Paraguay allo Stadio Monumental di Buenos Aires ha sollevato la quindicesima Copa America, un record assoluto. Miglior giocatore della competizione è stato giustamente votato Luis Suarez: nel Mondiale giovanile del 2007, in Canada, stupì tutti: un uruguayano che militava nel Groningen che deliziò letteralmente per buona parte della competizione. I nostri club lo hanno snobbato e, dopo un passaggio all'Ajax, è ora al Liverpool, proverà a riaccendere di entusiasmo Anfield Road. La storia dell'Uruguay è però incarnata nel sangue di un altro giocatore: Diego Forlan. L'anno scorso eletto miglior giocatore del Mondiale in Sudafrica (dove l'Uruguay si è issato fino alle semifinali), Forlan ha completato una incredibile tripletta. Suo nonno materno, Juan Carlos Corazzo, aveva vinto la Copa America da allenatore per ben due volte, il padre, Pablo Forlan, se la aggiudicò nel 1967, e ora tocca a Diego, che per l'occasione ha colto un altro record. Con la doppietta in finale ha raggiunto il miglior marcatore della storia dell'Uruguay, Hector Scarone, uno che a inizio secolo ha contribuito ad appuntare le tre stellette sulla maglia Celeste. Una maglia unica, in un Paese con soli tre milioni di abitanti, spinti dalla garra “charrua”, che nel calcio ha fatto storia, e continua a perpetuarla, ogni giorno.

05 luglio 2011

Copa America - Argentina 2011



Inizia la Copa America. Un impegno come consulente redazionale di Sky non mi permetterà di aggiornare il blog con continuità. Brevi post appariranno sul blog della Gazzetta, Tropico del Calcio

Di seguito, alcuni miei pezzi apparsi sullo speciale del Guerin Sportivo.

COLOMBIA

Chi c’è dopo Brasile e Argentina in Sudamerica? La risposta non può essere resa se non esibendo delle distinzioni temporali. Dietro le due big del subcontinente, tante nazionali si avvicendano, illuminate, di volta in volta, da una buona generazione di giocatori, da una condizione tecnica coerente, da una gestione complessiva migliore. La Colombia è stata la terza forza del Sudamerica negli anni Novanta. Non solo e non tanto perché, in quel periodo, ha avuto una presenza fissa ai Mondiali, dopo che, fin lì, aveva partecipato soltanto all’edizione del 1962 in Cile (peraltro tornando a casa subito), e neppure perché, all’inizio del nuovo Millennio, raggiungeva il risultato più prestigioso della sua storia, la vittoria della Copa América (gol decisivo e trofeo alzato al cielo di Bogotá per il capitano Iván Ramiro Córdoba). La Colombia di quel tempo aveva esportato una idea di calcio, una filosofia di gioco che mescolava le avanguardie europee dell’epoca (in primis la rivoluzione di Arrigo Sacchi e del suo Milan, ma anche gli esperimenti vincenti di Louis van Gaal all’Ajax) con una visione fortemente autoctona del futbol, basata su ritmi bassi. L’uomo-vessillo di questa nuova via è stato Francisco “Pacho” Maturana che, dopo una discreta carriera da difensore, ha guidato la nazionale in diversi periodi dopo aver portato il Nacional di Medellín fino alla conquista della Copa Libertadores, nel 1989, sfiorando poi l’Intercontinentale nell’ormai mitica finale contro il Milan decisa nei supplementari dalla punizione di Alberigo (Chicco) Evani. Figlio della media borghesia, laureato in odontoiatria, amante della buona conversazione ma senza quei tratti snobistici che spesso hanno contraddistinto altri fumosi sudamericani, Maturana ha avuto un ruolo che andava oltre quello del Commissario Tecnico: ha appoggiato tante battaglie per l’istruzione e la cultura ed è stato parlamentare nelle liste dell’M-19, un gruppo della sinistra riformista che si opponeva tanto ai cartelli del narcotraffico quanto ai sedicenti marxisti-leninisti della guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), cercando di mantenere quei brandelli di democrazia che una serie di governi corrotti stava invece definitivamente sfilando.
Nessuna concessione al populismo ideologico e materiale dei boss alla Pablo Escobar, Maturana lottava sostenendo che «il nostro calcio e la nostra società hanno bisogno di maggior cultura» e dopo il barbaro omicidio del calciatore Andrés Escobar, a seguito di un battibecco degenerato in rissa nato con l’accusa di aver causato l’autorete che di fatto aveva eliminato la Colombia da USA 94, Pacho aveva sottolineato come la scelta non fosse frutto solo del caso: «A pagare è stato il più bravo. Andrés aveva tutto. Possedeva le capacità calcistiche, umane e morali per essere un leader. Il colombiano diverso, e nuovo. Un uomo con la “u” maiuscola. Avrebbe dovuto sposarsi con una ragazza intelligente, colta, laureata». La “zona” colombiana di Maturana è fatta di tanta organizzazione, di ritmo basso e avvolgente, di passaggi spesso corti e di prima finalizzati al logorio altrui (fisico e mentale), senza però la rinuncia alla giocata di estro, visto che proprio il Ct confessava che da difensore centrale «non mi negavo dribbling e colpi di tacco, pure nella nostra area». La vittoria dei Cafeteros del 2001 in Copa América è il loro apice, ma anche l’inizio del declino: Maturana non riesce a mantenere una rotta vincente, i suoi successori non ne identificano una chiara, l’appeal del fútbol colombiano termina, cominciano i confronti demoralizzanti, e controproducenti, con l’Età dell’oro. Oggi, Hernán Darío Gómez, primo Ct a portare l’Ecuador ai Mondiali, prova a «riappropriarsi dello stile di gioco colombiano», sostenendo di avere «gli uomini giusti per farlo». Di sicuro, lui è il primo, dato che è stato assistente tecnico di Maturana sia al Nacional sia nella selezione cafetera. “El Bolillo”, come lo chiamano tutti, adotta il 4-1-4-1, una specie di evoluzione del 4-2-2-2 del “Maestro” Maturana, fatto di tanta qualità, dietro e davanti, con Juan Camilo Zúñiga e Pablo Armero a spingere sulle fasce e la concentrazione e l’esperienza di Cristián Zapata e Mario Yepes, che c’era già nel 2001. In attacco sono pronti ad alternarsi Radamel Falcao, cecchino nel Porto, Teófilo Gutiérrez del Racing Avellaneda, e Hugo Rodallega che in Premier League ha salvato il Wigan e con la maglia cafetera ha vinto, da protagonista, un Sudamericano Under 20 contro l’Argentina dell’allora solo promettente Lionel Messi. Uomini in più potrebbero essere quel Fredy Guarín, decisivo lui pure nel finale di stagione del Porto di Andrés Villas-Boas e un attaccante come Dayro Moreno, sedotto e abbandonato dallo Sporting Lisbona e accasatosi alla fine in Messico. Rielaborare il passato, per guardare un futuro vincente: la Colombia ci prova, e può dare fastidio a tante squadre.

01 luglio 2011

Corinthians nuovo leader. Ronaldinho capocannoniere trascina il Flamengo

Fonte: Tropico del Calcio

Cambia la guida. Il vertice del campionato brasiliano subisce il primo terremoto. Cade, per la seconda volta consecutiva, il San Paolo, e cede la poltrona del primo posto al Corinthians, nuovo leader.
Il Tricolor cede in casa al Botafogo mentre il Timao, che aveva distrutto il San Paolo nell'ultima giornata, regola il Bahia a Salvador, non senza difficoltà. L'unica rete dell'incontro, di Chicao, su rigore, è stato protetto dall'ennesima, ottima prestazione del portiere Julio Cesar. Bella l'immagine a fine partita col pubblico di casa che applaude la propria squadra, tributandogli un omaggio per la gran partita, nonostante la sconfitta finale.

RISORGE RONALDINHO. Deriso da più parti, Ronaldinho segna due gol decisivi contro l'America di Minas e trascina il Flamengo, imbattuto, a tre punti dalla capolista, in una classifica molto corta con tante squadre in pochi punti. Dinho con 5 gol è anche capocannoniere del torneo, nonostante samba, pagode e albe: la classe non si cancella.

I CAMPIONI RITORNANO. Battere l'Avaì, come è avvenuto nel turno precedente, e ora l'Atletico Paranense, attuale lanterna della classifica, non può essere catalogato come evento, ma i campioni in carica del Fluminense, dopo l'arrivo di Abel Braga in panchina hanno ripreso a marciare. Nel 3-1 contro il Furacao, da segnalare la doppietta di Ciro, atteso a una consacrazione in una grande dopo le belle parole che si sono spese su di lui in questi anni.

CIAO RENATO. Addio strappalacrime, in settimana, di Renato Gaucho al "suo" Gremio, dove probabilmente è il massimo idolo della storia, e l'emozione dei tifosi certifica l'assunto. Navigante in zona medio-bassa della classifica, sotto il tecnico ad interim Roger, il Gremio coglie un pareggio rocambolesco, in casa, contro l'Avaì: dopo un rigore dubbio, il 2-2 finale è colto con un gol in pieno recupero.

EXPLOIT. Subito bene Maikon Leite col Palmeiras (in rete contro l'Atletico Goianiense), tornato alla vittoria, riprende la corsa il Cruzeiro (3-0 fuoricasa al Vasco) e, dopo un primo tempo balbettante, l'Internacional di Falcao seppelisce sotto 4 gol il povero Atletico Mineiro