17 dicembre 2012

Millonarios campioni di Colombia




I Millonarios dopo 24 anni tornano campioni della Colombia, hanno battuto nella notte, in finale, il Medellin. Avevo presentato la sfida su Extra Time della Gazzetta:

Rinascita, è la parola giusta per il futbol colombiano. La Nazionale cafetera acquisisce appeal giorno dopo giorno, con Radamel Falcao che viene celebrato miglior attaccante del pianeta, James Rodriguez talento dal potenziale immenso, più una pattuglia di giocatori dal presente e dal futuro interessante.
Ma “Rinascita” è termine perfetto anche per fotografare il campionato colombiano. A giocarselo nelle due finali di domani e domenica ci saranno il Deportivo Independiente Medellin (DIM) e i Millonarios. A dirigere il Medellin c'è Hernán Darío Gómez, detto il “Bolillo”, il manganello, per la sua rigidità nei rapporti interpersonali. Gómez è una gloria del futbol nazionale: era l'uomo di campo che tramutava in realtà la filosofia di futbol del Pacho Maturana, di cui è stato assistente per anni, prima al Nacional, poi in Nazionale. Testa calcistica sottilissima, uomo genuino e un po' di grana grossa al Bolillo era stata affidata la guida di una Selezione di cui già si intuivano gli amplissimi orizzonti. Nell'ultima Copa America, giocata in Argentina, aveva iniziato a mostrare una modernizzazione di quel calcio cerebrale che anche Arrigo Sacchi aveva in più di una occasione elogiato. La squadra stava prendendo forma, nell'attesa di una maturazione definitiva degli elementi di grande talento. Nella notte del 6 agosto del 2001, il Bolillo entra barcollante nel pub “El Bembe” di Bogotá, la donna che lo accompagna, che non è sua moglie, da lì a poco sarà oggetto di un violento attacco di Gómez. Nasce una violenta campagna di stampa e opinione per opera di alcune associazioni di difesa delle donne. Il Bolillo è costretto alle dimissioni ed esposto al pubblico ludibrio: altro che allenare, manco può uscire di casa. Solo un club gli regala una chance, quel Medellin in cui è sì nato calcisticamente ma che nella vita ha più volte messo sotto da tecnico, con il Nacional, l'altra squadra della città dalla eterna primavera. La rete vittoria al 90' nell'ultima gara di playoff contro l'Itagüí guidato da Leonel Alvarez, già suo assistente nella Nazionale dell'ultima Copa America ma soprattutto polmone nel Nacional che vinse la Libertadores proprio col Bolillo in panchina da assistente di Maturana, ha ridato la vita, non solo calcistica, a Gómez. Che rinasce, come i Millonarios, la squadra che si troverà di fronte in finale e che dal 1988 non vince un titolo. Anzi: che ha promesso di restituire tutti quelli vinti quando a controllare il club c'era il “Mexicano”, Gonzalo Rodríguez Gacha, sodale di Pablo Escobar nel Cartello di Medellin. A guidare il Millos in panchina c'è Hernán Torres, ex portiere del Medellin, un tecnico a cui in pochi consegnavano chance di vittoria. Ora, la tifoseria più numerosa e appassionata del Paese, vuole il titolo. Capofila degli hincha proprio quel Radamel Falcao, simbolo della rinascita calcistica del Paese, che nella notte madrilena della sua cinquina contro il Deportivo è rimasto sveglio: non per l'emozione ma, come ha raccontato via twitter, per vedere la squadra del suo cuore, i Millonarios che si qualificavano per la finale.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Extra Time - La Gazzetta dello Sport

10 dicembre 2012

Liga. Real Madrid rimonta e vince a Valladolid

Vince 3-2 (doppietta di Ozil) a Valladolid il Real Madrid di José Mourinho, gioca un discreto calcio, soprattutto ci mette convinzione e voglia. Ma dietro manca ancora la concentrazione giusta e, nonostante un dominio piuttosto netto, gli uomini dello Special One devono sudarseli tutti questi tre punti che li pongono a meno otto dal Barcellona, in attesa della partita dei catalani col Betis a Siviglia.



Mourinho sceglie di partire con Callejon, esterno alto, e il canterano Nacho, terzino sinistro, nel suo abituale 4-2-3-1. Prova a comandare da subito il gioco, ma va immediatamente sotto. Al primo corner del Valladolid, marcatura superficiale in area, Casillas per niente reattivo e dopo un pasticcio nel mucchio, mette dentro l’angolano Manucho. Non sono passati nemmeno sette minuti. Il regalo viene restituito pochi minuti più tardi dal Pucela: errore in uscita di palla di Balenziaga, intercetta Callejon che mette in mezzo dove Benzema a porta sguarnita non può sbagliare. Il Madrid prende campo, ma lascia l’ennesimo gol su errore difensivo. Terzo corner del Valladolid, ennesima dormita di Casillas con Sergio Ramos che perde il duello con Manucho, che mette dentro il gol del 2-1 al 22’. Il ragazzo che aveva impressionato Sir Alex Ferguson in una coppa d’Africa, tanto da portarselo immediatamente a Manchester (dove però mai si integrò), dimostra di avere i numeri per giocare a buon livello nella Liga. Zona chiave la fascia destra del Valladolid, con Rukavina e Ebert, ma alla mezz’ora i padroni di casa perdono il tedesco per infortunio, si abbassano troppo e subiscono la pressione del Madrid. I Viola-bianco difendono con elevata densità, giocando parecchio per l’intercetto sulle linee di passaggio dei rivali, inoltre l’dea del tecnico Djukic è che i tre alle spalle di Manucho levino spazio a Xabi Alonso in costruzione. La squadra di Mourinho insiste molto nella zona centrale e poco, pochissimo sugli esterni: Il Valladolid inibisce la ricerca dei giocatori che trovano la profondità esterna davanti e lasciano l’appoggio semplice alla poca qualità che i terzini del Madrid possono offrire. Però proprio una delle tante giocate centrali, regala al Madrid il pareggio. Favolosa combinazione tra Ozil e Benzema: azione individuale del tedesco che va a a cercare la in area con l’ex Lione.  Benzema restituisce di tacco il dai e vai, e Ozil insacca. Golazo pochi attimi prima del fischio che manda le squadre al riposo. Mourinho deve allargare lo spazio di gioco e dal primo minuto del secondo tempo inserisce subito Di Maria, spostando Callejon a terzino, e finalmente sfida il freddo di Valladolid e si alza dalla panchina. Dopo alcuni minuti di predominio Blancos, la partita diventa un susseguirsi di transizioni, anche se il Madrid è molto più pericoloso: clamorosa la rete annullata a Sergio Ramos, per fuorigioco inesistente, al 64’. Gli uomini di Mourinho non si arrendono, e la pressione monta, esce Arbeloa, dentro Modric e Xabi Alonso scala a difensore centrale con Sergio Ramos a destra. Meritato il vantaggio al 72’, favolosa pennellata mancina, ancora di Ozil, su punizione da destra. I madridisti sfiorano in più occasioni il poker (più di una occasione per Cristiano), Varane sostituisce Benzema e riequilibra il sistema di gioco di Mourinho. Finale senza preoccupazioni.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta.it

06 dicembre 2012

NextGen. L'Inter batte il Rosenborg e si qualifica




Lancio lungo da destra, Thomas Pedrabissi, talento classe 1995, mette il corpo in modo da controllare la palla e immediatamente direzionarla: la sfera muore sul sinistro dell'attaccante, che poi di destro trova il palo lungo. Imparabile. Questo gioiello è incastonato nella rimonta dell'Inter sul Rosenborg: norvegesi alla fine battuti 3-1 e qualificazioni dell'Inter Primavera per il prossimo turno di Next Generation Series, la competizione ormai nota come Champions dei giovani. Il tecnico, Daniele Bernazzani,  aveva già da qualche minuto invitato “Tommy” ad adeguare la sua posizione sul lato debole, quando la palla correva lungo la fascia opposta: “stringi Pedra!” E' il 70' di una partita molto fisica, la giocata di Pedrabissi regala ai nerazzurri il 2-1.  L'Inter è andata sotto al 24', corner da sinistra, Dalle Vedove sbaglia il tempo dell'uscita ma viene palesemente caricato prima che Blakstad metta dentro. Il pareggio giungeva grazie a una giocata individuale di Bocar che pescava Forte davanti alla porta: lo Squalo, come lo chiamano a Interello, aveva messo dentro. Il 4-2-3-1 dell'Inter non ha sbocchi centrali, mancando di sponde efficaci, le situazioni nascono solo sugli esterni, specie a destra dove capitan Bandini è bravo a proporsi con i tempi giusti a supporto dell'attaccante di destra Belloni. Quando però Duncan entra in partita, centralmente l'Inter sale di colpi, e si sviluppano transizioni interessante, trascinate dal ghanese, anche oggi migliore in campo. L'ultima porzione di partita, Bernazzani la gioca con il 4-4-2, e l'Inter aumenta i ritmi di gioco e ha il controllo totale della gara; solo l'imprecisione sotto porta mantiene in bilico il risultato. L'ennesimo corner, a cinque minuti dalla fine, chiude la gara: ancora Forte, in mischia. Soddisfatto a fine gara Bernazzani: “ Abbiamo giocato una buona gara, non era facile rimontare. La scelta di Pedrabissi? Thomas sta facendo bene da un po' (In gol anche in Coppa Italia, ndr), e l'ho visto in forma per potermi anche fare la fascia, poi lui i colpi ce li ha...” Tra il pubblico, il direttore sportivo del Napoli, Riccardo Bigon: oltre a diversi giovani dell'Inter, avrà ammirato il centrocampista del Rosenborg Sakor, un '96 dall'ottimo fisico che gioca davanti alla difesa.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Gazzetta dello Sport - Milano e Lombardia

INTER-ROSENBORG 3-1
Marcatori: 24' Blakstad, 37' Forte, 70' Pedrabissi, 85' Forte

INTER (4-2-3-1): Dalle Vedove; Bandini, Zaro, Mbaye, Ferrara; Duncan, Olsen; Belloni, Bocar (90' Colombi), Pedrabissi (77' Terrani); Forte. Allenatore: Daniele Bernazzani


ROSENBORG (4-3-3): Storevik; Kvande, Bjornstad, Togstad, Lundal (83' Haarberg); Strand, Sakor, Blakstad; Oien, Sorloth (77' Iqbalzadeh), Bjornholm. Allenatore: Stale Stenssas

03 dicembre 2012

Premier: Chelsea e City rallentano

Cade contro il West Ham (3-1, rimontato) il nuovo Chelsea di Rafa Benitez, che gioca un secondo tempo senza attenzione nel primo derby della 14ª giornata di Premier League: continuano le polemiche attorno al coach spagnolo. I Blues avevano iniziato però bene la gara. Rafa cambia il modulo e, dopo l’esperienza con Romeu davanti alla difesa e due intermedi, scegli di tornare al 4-2-3-1, col doble pivote formato da Mikel e Ramires, come ai tempi di Di Matteo (sempre invocato dai tifosi del Chelsea). Approccio molto buono dei Blues che spingono bene coi terzini, specie Azpilicueta a destra. Frequenti le ricezioni semplici dei tre dietro Torres, molto ispirato all’inizio, poi lentamente sparito. E proprio dal Niño nasce il vantaggio, taglio in profondità ben pescato da Moses, ricerca del fondo e poi palla dietro: le coperture del West Ham sono disastrose, e Mata mette facilmente dentro, al 13’: per l’ex Valencia è l’ottavo gol della stagione (più undici assist, niente male). Allardyce che è senza Andy Carroll (un mese out), propone l’ex Carlton Cole davanti: il senegalese Diamé parte stranamente dalla panchina. Il primo tempo è dominio Blues, ma rimane un solo gol di vantaggio. Allardyce cambia tutto nella ripresa, dentro finalmente Diamé: si alza il ritmo, il pubblico entra in gioco e il risultato si riequilibria per una rete di Cole (62’), che forse commette fallo nello stacco su Ivanovic (male comunque la difesa Blues). La gara si apre e fioriscono palle gol un po’ ovunque (la più ghiotta è il palo di Mata su punizione, al 65’), ma sempre il senegalese del West Ham è decisivo: assist di Cole e rete di Diamé all’86’, chiude Maiga (errore di Ashley Cole), nel recupero.

Bloccato in casa il Manchester City da un ottimo Everton. Mancini dirotta in panchina Balotelli, Aguero e Javi Garcia: davanti Tevez con Dzeko, Barry-Yaya Toure davanti alla difesa. L’Everton di David Moyes organizza dei blitz di pressione ultra offensiva, per poi scivolare indietro e prendere bene l’attacco posizionale del City. Che fa molta fatica, anche a causa della pessima vena di Nasri e David Silva (salirà di colpi nella seconda parte). Proprio da un recupero alto di palla giunge, dopo un match piuttosto equilibrato, la rete del vantaggio dei Toffees, al 33’: la palla viene girata a sinistra dove crossa Baines, deviazione in area che allunga la traiettoria sul secondo palo dove Fellaini sovrasta Zabaleta: compie un miracolo Hart, ma il secondo tocco del belga è decisivo. Ottava rete della straordinaria stagione di Marouane Fellaini, uomo chiave della squadra sia nel gioco diretto dove è imbattibile di testa, sia nella gestione dell’attacco a terra, apparendo in diverse zone del campo. Unica macchia della partita dell’ex Standard, la trattenuta in area compiuta ai danni di Dzeko su traversone da corner: trasforma il rigore Tevez al 43’. Seconda parte con Mancini che si gioca la carta Aguero, qualche fiammata di Maicon, ma senza costrutto: pochissime comunque le conclusioni verso le due porte, anche se la riconquista veloce della palla da parte del City permetteva agli uomini di Mancini di condurre il ritmo della gara. Dieci minuti di Balotelli nel finale, non aggiunge molto al forcing del City, che produce solo qualche mischia.

CARLO PIZZIGONI 
Fonte: Gazzetta.it