19 febbraio 2007

[recap] Werder Brema-Amburgo 0-2




Depurato dall’eccessiva sovraesposizione mediatica, comunque ridimensionata rispetto ai tempi dell’Ajax, e al netto degli infortuni che lo colpiscono con scientifica regolarità, Rafael van der Vaart rimane uno dei pochi giocatori in grado di cambiare veramente il volto di una squadra. Peccato che il suo talento poggi su fondamenta di cristallo, ma quando la forma fisica è in buono stato, e il modulo quello giusto, c’è da divertirsi. L’ha capito Huub Stevens, che per la trasferta di Brema lo ha collocato alle spalle dell’unica punta, il grezzo Olic, sciogliendolo da qualsiasi vincolo tattico e lasciandolo libero di svariare lungo tutto il fronte offensivo. Ne è scaturita una prestazione di altissimo profilo tecnico (tra cui un auto-assist di tacco che, se finalizzato, sarebbe stato un gol da antologia) che e’ stata la chiave di volta di un incontro in cui, per quanto visto in campo, non sembrava proprio di assistere a un testa-coda tra la seconda e l’ultima classificata in Bundesliga. C’è da dire che il Werder Brema è in netto calo e non è più la squadra brillante che ha “rischiato” di accedere agli ottavi di Champions a spese del Barcellona (a posteriori, il gol di Messi al Weserstadion all’ultimo minuto è valso una stagione); legnoso Mertesacker in difesa, appannato il talento di Diego, imbambolato Jensen (colossale l’ingenuità sul fallo da rigore), tutto fumo il neo acquisto Rosenberg. Si salvano Frings, uno che a livello di grinta e impegno vale almeno cinque dei proprio compagni di squadra, Fritz, che spinge parecchio ma deve imparare a crossare meglio, e parzialmente Klose, che almeno ci prova, anche se la giornata non è delle migliori (ma con simili partner d’attacco…). Da rivedere lungo i novanta minuti invece Hunt e Niemeyer, che meriterebbero più spazio. L’Amburgo invece, con un Van der Vaart così, è una squadra come minimo da piazzamento Uefa, ma ormai quello che conta è tirarsi fuori dal pantano della zona retrocessione il prima possibile. Molti elementi importanti della squadra, da Mahdavikia ad Atouba, da Jarolim a Sorìn, sembrano essersi finalmente risvegliati dopo mesi di obnubilamento, Atouba addirittura dopo aver litigato con la tifoseria. In difesa piace parecchio Joris Mathijsen, anche contro il Werder puntuale nelle chiusure ed efficace in marcatura; meglio del più quotato Kompany, tanto per parlare chiaro. Agli anseatici manca però un finalizzatore; Sanogo è partito bene ma si è spento presto, Guerrero è una delusione, Olic non è mai stato un bomber, Ljuboja no comment. Chiudiamo ancora con Van der Vaart; nella nazionale olandese risulta spesso essere la controfigura di sé stesso. Schierarlo come interno sinistro (o come ala sinistra) ne limita il talento, ma mentre nell’Amburgo è la stella assoluta, in maglia oranje è uno dei tanti galli in un pollaio fin troppo affollato. La differenza è tutta qui…

Werder Brema (4-3-1-2): Wiese; Schultz, Naldo, Mertesacker, Fritz (Niemeyer 76’); Frings, Vranjes (Hunt 45’), Jensen; Diego; Rosenberg (Hugo Almeida 63’), Klose.

Amburgo (4-4-1-1): Rost; Benjamin, Mathijsen, Reinhardt, Atouba; Mahdavikia, Laas (Nigel de Jong 82’), Jarolim, Sorìn; Van der Vaart; Olic (Sanogo 67’).

Marcatori: Van der Vaart 42’ (rig.) e 87’.

Weserstadion - Brema, 17 febbraio 2007

ALEC CORDOLCINI

14 febbraio 2007

[preview] Sporting Braga

L’ambizione di scrostare un triumvirato durato troppo a lungo resta all’orizzonte. Lo Sporting Braga viaggia sulle montagne russe, sfiora il cielo con un dito e scende precipitosamente, per poi risalire. Difficile, quando si cambia sempre: anche perché quando una grande, nazionale o europea, bussa alla porta per richiedere talento, ci si limita a stabilire il prezzo. L’ultima partenza annunciata riguarda Diego Costa, straripante talento brasiliano, classe ’88, firmato dall’Atletico Madrid: rimarrà a Braga fino al termine della stagione, e nella gara col Parma può fare molto male. Quest’anno poi il progetto tecnico ha subito una sforbiciata significativa con il licenziamento del tecnico Carvalhal, teorico sublime ma giudicato troppo poco uomo di campo per poter surrogare nei cuori biancorossi Jesualdo Ferreira (ora al Porto), l’uomo che ha marchiato sulla cartina nazionale la Braga calcistica. La vicenda di Carvalhal, che è nativo di Braga, ha avuto un disgustoso retroscena che ha pesato più dei risultati che non giungevano come reclamati: i continui insulti a cui era sottoposta la sua famiglia. Adesso tocca al più ordinario Rogério Gonçalves. L’olfatto delicato per il talento nella “Città degli Arcivescovi” (prima dell’indipendenza dalla Spagna la città fu retta dai religiosi) lo conservano ancora e nel recente mercato ecco giungere dal Sudamerica, Andrade Amaral, protagonista nella buona stagione del Vasco nel Brasilerao, e Alberto Rodriguez, 22enne peruviano proveniente dallo Sporting Cristal. Basteranno per riaccendere i sogni?

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo

11 febbraio 2007

[recap] Germania - Svizzera 3-1

«Ogni nostro giocatore sapeva esattamente cosa fare per puntare a diventare campione del mondo». Le dichiarazioni di Löw suonavano come consigli per Kuhn in vista degli Europei casalinghi, ma se effettivamente consigli erano, il selezionatore rossocrociato ha dimostrato contro la Germania di essere ancora molto lontano dal poterli capire. Se ogni giocatore deve sapere cosa fare per imporsi ad Euro 2008, allora ogni giocatore deve essere in primo luogo messo nelle condizioni di interpretare al meglio la propria funzione sul campo. Indispensabili in questo senso sarebbero ordini inequivocabili, e indispensabile uno schema che spinga i calciatori a svolgere mansioni a loro naturali.
L'amichevole di Düsseldorf, disonorata dal disordine elvetico, suona come uno spietato campanello d'allarme e riporta alla ribalta il tema della già discussa inadeguatezza di Köbi Kuhn nel guidare una nazionale che sogna di essere del tutto protagonista, finalmente vincente, all'altezza delle situazioni. Il tecnico zurighese ha spiazzato tutti proponendo una formazione obiettivamente imprevedibile, priva di equilibrio, infarcita di giocatori anarchici e fuori ruolo, soprattutto svuotata di spirito. Accantonata l'idea della doppia punta, ecco un quartetto di centrocampisti avanzati coperti dal solo Vogel e da una difesa che, senza il leader Müller, si è dimostrata assolutamente non in grado di arginare il peso di un reparto d'attacco interessante come quello tedesco (bene sia Gomez che Kuranyi, ma benissimo il centrocampo con il completo Frings e con il "carneade" del Werder, Fritz, sulla destra). I due estremi sono stati "coperti" da Benaglio e da Frei, il primo preda della sindrome del "portiere svizzero" e il secondo isolato come non mai.
Di questo marasma ha ovviamente approfittato la Germania, ben disposta in campo, pungente senza essere sfacciata, rampante al punto giusto pur non avendo a disposizione grossi fenomeni. Perfetta interpretazione di gara: alla Svizzera chiediamo proprio questo, non i miracoli. Di Ballack e compagni è piaciuta anche la capacità di far male all'avversario nei momenti giusti. Per l'occasione poi le sbavature dei rossocrociati non erano neppure delle più piccole, anzi macroscopiche, clamorose. Sui tre gol c'è lo zampino dei disastrosi elvetici: sul primo è stato ingenuo il fallo di Grichting da cui è giunta la punizione per la testa di Ballack e per il tap-in vincente di Kuranyi, sul secondo addirittura puerile l'errore di marcatura di Magnin tagliato da Friedrich con conseguente cross di Fritz per la capocciata di Gomez, sul terzo evidente l'appisolamento di Benaglio sullo spiovente da fermo di Frings. Inutili i troppi cambi di Kuhn (come sorvolare sul dilettantesco errore nelle sostituzioni che ci ha portato a giocare per oltre un minuto in dieci???), inutile il gol di Streller.
Ingenuità, disordine, mancanza di grinta: che rabbia fare queste figuracce! E pensare che credevamo che questa Svizzera potesse in qualche modo invertire il trend negativo contro la Germania... Avversari di questo tipo sono sì indispensabili da affrontare, ma unicamente perché ci riportano con i piedi sulla terra e ci fanno capire che Kuhn è su una strada sbagliata, che porta nella direzione di nuove e dolorose delusioni.

Germania: Lehmann - Arne Friedrich, Mertesacker, Metzelder, Lahm - Fritz, Frings (74. Hitzlsperger), Ballack (46. Borowski), Schweinsteiger (74. Jansen) - Gomez (58.), Kuranyi (83. Schlaudraff)

Svizzera: Benaglio - Philipp Degen, Senderos, Grichting, Magnin (59. Dzemaili) - Vogel (58. Streller) - Behrami, Yakin (58. Vonlanthen), Margairaz (78.Inler), Barnetta (70. David Degen) - Frei (58. Spycher)

Gol: 1:0 Kuranyi (7.), 2:0 Gomez (30.), 3:0 Frings (66.), 3:1 Streller (71.)

LTU-Arena, Düsseldorf - 7 febbraio 2007

PAOLO GALLI
Giornale del Popolo - Lugano

08 febbraio 2007

[recap] Juventud de America - Sudamericano sub 20

Sempre Brasile, ma non più Brasile. E’ l’onda verde oro ad agitarsi sotto la coppa “Juventud de America”, il torneo continentale under 20 quest’anno svoltosi non senza complicazioni in Paraguay, ma i crismi della vittoria in stile futebol bailado devono essere ricercate altrove. Inoltre, se è vero, che negli ultimi lustri le squadre brasiliane sono cresciute anche tatticamente, certo non lo hanno dimostrato in questo torneo portato a casa grazie a feroci ripartenze, volontà, grande attenzione nelle situazioni di palla ferma e qualche lampo limpidissimo di talento dei suoi interpreti. Su tutti, l’annunciato Alexandre Pato, di due anni sotto il par richiesto per la partecipazione (credeteci: è un 1989), ha sonnecchiato per diverse parti del torneo ma ha esploso, di tanto in tanto, accelerazioni palla al piede e colpi di testa da lasciare di sale gli astanti, l’incisione del tabellino viene di conseguenza. Sintetizzo: assolutamente completo, questo menino dell’Internacional che ha fatto cadere in deliquio tutto il Vecchio Continente. Certo, deve esser più presente nel match e deve essere maggiormente collaborativo con la squadra, però la carta d’identità è dalla sua. Il classico 4222 brasiliano ha mostrato altre gemme, a cominciare dal capitano, Lucas. Già stella nascente nell’ottimo campionato del Gremio, comparso a dismisura nelle tabelle del calciomercato dei giornali, anche di casa nostra, Lucas è un buon interditore che ha un fiuto del gol smisurato (alla fine chiuderà la classifica marcatori a 4, solo un gol meno di Pato e tre del capocannoniere Cavani): buono nell’inserimento senza palla, è esiziale nelle mischie derivanti da calci d’angolo o punizioni. Molto bene anche il terzino sinistro Carlinhos, facilità di calcio invidiabile e buon fisico, il portiere Cassio, incredibilmente eletto titolare solo nel girone finale, e la mezzapunta Tcho, cambio di direzione elegante e efficace e bel tiro secco, schierata sempre col contagocce dal non impeccabile Nelson Rodrigues. Si qualifica per le olimpiadi di Pechino (erano solo due i posti disponibili) anche l’Argentina, e anche qui, Eupalla, dio breriano del football, ci ha messo del suo. A differenza del Brasile, Hugo Tocalli, storico collaboratore di José Pekerman, è alla continua ricerca di un’identità che trova solo a tratti. Continua a modificare la difesa( benino Cahais e Fazio, appena firmato dal Siviglia), ha la fortuna di scovare il baby attaccante Mouche, grande movimento e buona educazione con la palla, ma non trova un equilibrio definitivo. Ever Banega, super talento del Boca (“ha la mia stessa filosofia di gioco, anche se siamo un po’ diversi” dirà Fernando Gago, a cui il giovane bostero è stato già paragonato), baricentro basso, grande controllo di palla e inventiva superiore, incide parecchio anche se non riesce ad accendere tutta la squadra, profondamente delusa dalle prestazioni Moralez, speranza del Racing Avellaneda. Ottime prestazioni di Ismael Sosa e di Di Maria, entrambi con evidente talento e buon fisico che, con un affinamento calibrato, possono mirare a palcoscenici molto illuminati. Sono Cile e Uruguay, qualificatesi comunque per il mondiale di categoria che si disputerà a luglio in Canada, le squadre a cui tocca il rammarico maggiore. Entrambe hanno sviluppato un buon calcio, hanno messo in mostra buoni giocatori, ma ingenuità colossali gli hanno impedito il traguardo più prestigioso. L’Uruguay, addirittura, ha perso la qualificazione a Pechino nel recupero dell’ultima partita con i cugini del Rio de La Plata. Una disdetta, anche se le ultime apparizioni della Celeste sembravano le pallide copie di quelle ostentate a inizio torneo. Esegesi: si sono fermati davanti Cavani, l’ottimo esterno dell’Udinese Juan Surraco, forse eccessivo nella ricerca dell’uno contro uno, e l’ingegno di Gerardo Vonder Putten; la garra e la voglia nel reparto difesa e recupero non è mancata mai (menzione d’onore per il centrale difensivo Martín Cáceres e per il centrocampista Mathías Cardaccio). Buon torneo anche per la Rojita del Niño Maravilla, Alexis Sánchez, anch’esso controllato dall’Udinese: nella stagione con il Colo Colo gli è stato rimproverato un egoismo che qui ha mostrato piuttosto contenuto, buon segno. L’altra mezzapunta cilena, Mathías Vidangossy, ha mostrato spunti pregevoli e l’ottenimento del passaporto comunitario (è di origine italiana) dovrebbero fargli salutare le Ande molto presto. Molto bene pure il centrocampista Dagoberto Currimilla, corsa ma anche qualità, e il portiere Cristopher Toselli, anche se a brillare è stata la squadra nel suo equilibrato 3421, rivoluzionato solo nell’harakiri finale contro il Paraguay. I padroni di casa hanno evidenziato, se non qualità, molta voglia, addirittura eccessiva quella di Montiel (lui pure adottato dal Friuli e già battezzato in serie A) che nella partita decisiva contro il Brasile ha sfiorato più volte l’espulsione e una volta coltala si è tolto la maglia e l’ha scaraventata per terra inveendo contro l’arbitro. Ultima nota per la Colombia campione uscente, partita benissimo (2-1 all’Argentina nell’esordio), è crollata nel girone finale dove ha racimolato la miseria di un punto. In maglia gialla da segnalare una delle più belle realtà del torneo, la mezzapunta Juan Pablo Pino, gran controllo di palla, velocità, fisico, fantasia e tiro: è già in Europa.

CARLO PIZZIGONI

Fonte: Guerin Sportivo

05 febbraio 2007

[recap] Psv Eindhoven - Az Alkmaar 2-3

Ognuno ha le sue idee su squadre, tattiche e giocatori, ma se c’è una cosa innegabile riguardo all’Az Alkmaar di questi ultimi anni (diciamo a partire da quello dell’era Adriaanse) è che con loro allo stadio ci si diverte, sempre, perché si vede del buon calcio. Non hanno ancora vinto nulla perché gli manca il cinismo della grande squadra, e soffrono le grandi sfide. Questione di maturità; difficile capire se con la vittoria sul campo del Psv questa sia stata raggiunta, ma indubbiamente è stato compiuto un notevole passo avanti. Il primo tempo ha rispecchiato vecchi copioni; Az contratto, quasi intimorito di fronte all’avversario, e alla fine il prolungato possesso premia il Psv, in vantaggio grazie all’asse Culina-Cocu-Farfàn. Se c’è una cosa che l’Az non deve fare è attendere gli avversari, non è nel suo dna, e le recenti defezioni nel reparto arretrato (quanto manca Joris Matijsen, uno dei pochi che si sta salvando nel naufragio-Amburgo in Bundesliga) hanno reso ancora più evidente il vero tallone d’Achille della squadra. Poi Van Gaal, un grande allenatore che nel corso del tempo ha mostrato una flessibilità tattica impensabile solo qualche anno fa (con l’Az ha abbandonato il dogma del 4-3-3 per proporre un 4-4-2 modellato sulle caratteristiche degli elementi a disposizione), ha corretto la prudente impostazione iniziale e la partita è cambiata. Fuori l’acerbo Donk e lo spento Opdam (non ha la velocità per fare l’esterno di sinistra a centrocampo) e dentro due ali vere quali Jenner e Boukhari, quindi, dopo il 2-2 firmato da Cocu, fuori il trequartista Martens per Koevermans, che ha segnato il gol partita, confermandosi la versione olandese di Christian Riganò, ovvero un attaccante sbocciato tardi ma che ai livelli più alti ci sa stare, eccome. Negli ultimi venti minuti l’Az, sul campo della capolista e con il punteggio in parità, schierava tre punte e due esterni di spiccate propensioni offensive, in una sorta di 4-1-1-4. Un azzardo che ha pagato anche grazie a un pizzico di fortuna; ma è giusto che la dea bendata sorrida a squadre che giocano con una simile filosofia. Due nomi su tutti: Tim de Cler, uno stantuffo sulla fascia sinistra e una bella alternativa per chi è stufo di vedere in maglia oranje Van Bronckhorst, e Mendes da Silva, uomo-ovunque, jolly che sa ricoprire, e bene, qualsiasi posizione in difesa e a centrocampo. Psv alla seconda sconfitta consecutiva, ma ci può stare; la squadra non è in crisi e gioca pure bene, anche se stavolta sia Alex che Gomes non hanno sfornato le solite prestazioni super (del resto sono esseri umani pure loro). Il periodo-no può essere tranquillamente superato, soprattutto se Koeman spostasse nuovamente Salcido al centro (Da Costa per ora non offre adeguate garanzie, vedremo il neo-acquisto Alcides…), anche se poi sulla sinistra il ballottaggio sarebbe tra Reiziger e Lamey, ovvero come scegliere tra mal di pancia e mal di testa. Dalla cintola in su però il Psv può far male a chiunque.
PS complimenti vivissimi a Sportitalia, che per l’ennesima volta ha mandato in onda l’incontro di Eredivisie, in questo caso Ajax-Feyenoord, in orario diverso da quanto indicato nel palinsesto. Evidentemente lo scarso rispetto per il telespettatore non è una prerogativa Rai e Mediaset…

Psv Eindhoven (4-4-2): Gomes; Kromkamp, Alex (Kluivert 90’), Da Costa (Alcides 56’), Salcido; Culina (Vayrynen 77’). Mendez, Simons, Cocu; Konè, Farfàn.

Az Alkmaar (4-4-2): Sinouh; Steinsson, Donk (Jenner 46’), Jaliens, De Cler; De Zeeuw, Mendes da Silva, Martens (Koevermans 71’), Opdam (Boukhari 46’); Arveladze, Dembele.

Marcatori: Farfàn 20’, Dembele 50’, Jenner 62’, Cocu 65’, Koevermans 88’.

Philips Stadion – Eindhoven, 03 febbraio 2007

ALEC CORDOLCINI
Guerin Sportivo