C'era volta un ragazzino ivoriano che adorava il football. Voleva entrare nella scuola calcio che era appena nata nella sua città. I genitori volevano terminasse il Collège St Jean Bosco di Treichville (municipalità di Abidjan), una scuola d'élite che gli avrebbe concesso tante chances nella vita. C'era una volta l'Africa, piena di vita e piena di problemi, di crisi che si aggiustavano, poi tornavano. Nel Paese di Christian, il nostro ragazzo, tutto filava per il verso giusto. C'era la Liberia, la Sierra Leone, e poi c'era la Costa d'Avorio. Il Padre della Patria, Felix Houphouet-Boigny l'aveva condotta lontana dai problemi: un democrazia compiuta? forse no, ma una società in cammino con un sviluppo economico e sociale garantito a una larghissima fetta della popolazione. Si stava bene in Costa d'Avorio, c'era il tempo per dedicarsi ad altro, allo sport per esempio. E lo sport in Africa Occidentale è quasi ovunque il calcio. Ad Abidjan c'era l'Académie:lì si studiava, si mangiava, si dormiva e si giocava a calcio. Tutto in una una struttura, un paradiso, non solo per l'Africa. A volerla, allo sbocciare degli Anni Novanta, è stato Roger Ouegnin, presidente dell'ASEC, la squadra più amata dagli ivoriani. Per guidare questa Rivoluzione serviva un uomo di rottura. Ouegnin sceglie Jean-Marc Guillou, nazionale francese a Argentina '78 col 10 sulle spalle, e sognatore-visionario di un calcio in cui è la tecnica che comanda, ma anche educatore preparato, in grado di plasmare un giovane giocatore con metodi che ne facciano pure un uomo. Christian partecipa ai provini che il tecnico francese sta promuovendo in città per selezionare i miglior talenti. Guillou si innamora subito di quel sinistro, anche perché si vede poco altro in quello scricciolo determinato ma invisibile. Quante scuole calcio l'avrebbero accolto, ad altre latitudini? Per Guillou il pollice è alto. Si va a Sol Beni (la sede dell'Académie)! A casa non ci sentono nemmeno: devi studiare, lascia perdere. Christian però ha la testa dura, non molla e alla fine riesce a ottenere il sì dei genitori.
Quando entri all'Académie ricevi un nuovo battesimo, quello calcistico: tutti, alla brasiliana, adottano un nomignolo. Christian N'dri Koffi diventa Romaric. Ed è iscritto al corso denominato Johan (negli anni seguiranno l'Armando”, il Puskas, il Di Stefano...). E' la prima nidiata degli Académiciens. Esercizi col pallone si mescolano a educazione, scuola, con professori preparati assunti dalla società: tutto a Sol Beni, in riva al mare, coi campi verdi e con strutture in muratura che richiamano altri panorami. I compagni di banco di Romaric ora giocano nell'Arsenal (Kolo Touré e Eboué), nel Barcellona (Yaya), nel Chelsea (Salomon Kalou), nel Tottenham (Zokora), nello Stoccarda (Boka), nel Marsiglia (Baky) e in molte altre squadre europee. Compagni di una scuola calcio al centro dell'Africa. C'è di che stropicciarsi gli occhi,
C'era un volta una favola, e ora forse non c'è più. Non c'è più quella Costa d'Avorio, ora divisa in due dai militari e messa in ginocchio dalla crisi. L'Académie c'è ancora, ma è ormai affiancata da altre scuole: una galassia polverizzata piena di sigle che pretendono di ripercorrere lo spirito dell'inizio. Ouegnin, Guillou, i suoi collaboratori ne hanno fondate tante, dopo aver litigato anche davanti a tribunali. Il presidente voleva vedere i suoi giovane portare l'ASEC sul tetto del continente, il francese voleva costruire un ponte per l'Europa. Incrocio pericoloso e inconciliabile. Dal caldo sole primaverile di Abidjan alla bruma novembrina delle Fiandre Orientali. L’esperimento-Beveren che tenta Jean Marc Guillou con il proprio braccio destro Régis Laguesse (l’uomo che, quando vide per la prima volta in azione l’allora 12 enne Yaya Tourè, annotò sul proprio taccuino: “Se una determinata situazione di gioco presenta quattro o cinque possibilità di scelta, lui sa trovarne una sesta; farà strada”) è tanto coraggioso quanto radicale. Si tratta di trasferire, a gruppi di dieci-dodici elementi per volta, i migliori talenti dell’Académie nella squadra belga del Beveren. Testare il calcio europeo sul campo, un’esperienza formativa, durissima ma preziosa. Partono per il Belgio giocatori quali Gilles Yapi Yapo, Arsène Né, Yaya Tourè e Zézéto, seguiti nelle stagioni successive da Emmanuel Ebouè, Arthur Boka, Baky, e con loro il nostro Romaric. Al Freethiel Stadion si vede un calcio spumeggiante e ricco idee, ancorché acerbo. Il laboratorio-Beveren arriva fino alla finale di Coppa di Belgio, poi persa contro l’Fc Bruges, e si qualifica alla Coppa Uefa. Non tutti però condividono la filosofia all-blacks di Guillou, accusato da parte della stampa locale di essere un “moderno negriero”. Senza dimenticare i cori razzisti di parte dei tifosi. Finisce con il licenziamento del francese e del suo staff a causa di “risultati poco soddisfacenti”. Una volta tornato “fiammingo” e depurato dall’africanismo spinto, il Beveren è immediatamente retrocesso e oggi il club milita nella Tweede Klasse belga. Romaric sopporta quel freddo. Lo notano in Francia e vola a Le Mans. Lì trova un fratello académicien, Gervais Yao Kouassi, ribattezzato Gervinho, velocità, tecnica e voglia di emergere, come ha dimostrato nell'ultima Olimpiade, dove ha sfavillato. Nato nel 1987 è un prodotto della nuova Académie di Guillou, anche se il francese non può metterci piede, dato che è ufficialmente ( e tristemente) “indesiderato” ad Abidjan. Forse raggiungerà suo “fratello”, Romaric, che nella sua ulteriore scalata, dopo aver giocato anche il Mondiale in una nazionale piena di “accademici”, è arrivato a Siviglia quest'anno, ondeggia tra il centrocampo e la posizione dietro le punte, con la solita eleganza, lui, il prodotto tecnicamente più elevato di tutta l'Académie. Ci sono buchi grossi come crateri nelle strade di Abidjan, l'erba vicino alla Cattedrale è alta, non la taglia più nessuno, la spesa si fa intorno a bancarelle malferme. La Costa d'Avorio che c'era una volta, non c'è più. Ma i ragazzi ivoriani, non smettono di sognare, e gli Académiciens vengono anche prima di Didier Drogba.
CARLO PIZZIGONI
(Ha collaborato Alec Cordolcini)
Fonte: Guerin Sportivo n.46/2008
Le qualità di Romaric
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