21 giugno 2012

Corinthians in finale di Copa Libertadores: come hanno giocato Paulinho e Neymar?

Dopo più di cento anni di gloriosa storia, nell'anno in cui mediaticamente nessuno puntava su di loro, il Corinthians raggiunge la sua prima finale di Copa Libertadores. Dopo la vittoria dell'andata a Vila Belmiro, al Timão è stato sufficiente pareggiare in casa per eliminare il Santos, campione uscente.



Corinthians. Lo abbiamo ribadito più volte, seguendo il percorso del Timão in Libertadores: la squadra di Tite è quella che, tra le favorite alla vittoria finale, ha offerto maggiore solidità. Grande attenzione nelle spaziature, perfetta collaborazione tra i reparti, grande capacità di concentrazione sono alcune delle caratteristiche più evidenti di questo monolite chiamato Corinthians. L'attacco ordinato, speso proposto con ripartenze, non modifica mai l'equilibrio della squadra, che non va mai in parità numerica difensiva nelle zone pericolose del campo. Quando la difesa è schierata, poi, c'è davvero poco da fare: la linea non è altissima, e c'è molta attenzione alla fase di pressing a non concedere spazi interni. Solo un super talento come Neymar è riuscito a trovare qualche pertugio, ma mai con continuità. Il lavoro di Tite è stato ottimo, e molto sottovalutato, soprattutto in Patria: la storia, anche se sarebbe più giusto dire il cliché legato al futebol del joga bonito, esigerebbe un altro tipo di proposta di calcio per una squadra brasiliana. La diversità del Corinthians è stata però vincente: farà scuola?

Neymar. Il ragazzo d'oro del calcio brasiliano (e mondiale) esce battuto dalla semifinale, ma non ridimensionato. Neymar è più di un talento, è un giocatore vero pronto a fare la differenza a qualunque livello, già da subito. Prima sull'esterno, poi da centravanti: l'uomo con la cresta è stata l'unica opzione offensiva credibile del Santos, e non solo in quest'ultima partita. Spesso ha inventato giocate anche triplicato o partendo da fermo. Non sempre le sue ricezioni sono state pulite, ma non si è mai scoraggiato e ha provato fino alla fine a trovare la rete che avrebbe regalato la seconda finale di Libertadores in due anni al Peixe. Classe 1992, rimarrà quasi sicuramente in Brasile fino al Mondiale casalingo del 2014. Toccherà vedere parecchio futebol brasiliano, per ammirare questo fenomeno. Bravo anche a fine partita, davanti a un microfono, dove fa i complimenti agli avversari e dice pure che tiferà per loro, per il calcio del suo Paese, nella prossima finale di Libertadores.

Paulinho. In Italia lo hanno cercato Inter e Roma, e forse qualche altra squadra. Il Cska Mosca ha offerto circa 10 milioni per portarlo in Russia e in Spagna hanno chiesto informazioni su di lui, specialmente da Valencia. Nel Corinthians di Tite è l'uomo disequilibrante del centrocampo: forza fisica, capacità realizzative di piede e di testa ( suo l'assist nel gol dell'andata che ha reagalato il vantaggio decisivo al Corinthians nel duello tutto brasiliano), buone letture nelle transizioni offensive.  Inserito nel mosaico perfetto di Tite brilla enormemente. Il giocatore è sicuramente di ottimo livello. Due i dubbi che però qualche osservatore nutre su di lui, in vista di un approdo europeo . Fuori dal campo è certo un ragazzo a posto, ma potrebbe pesare a livello psicologico il fallimento della sua prima esperienza nel Vecchio Continente: il transito da giovanissimo in Polonia, dove il solito impresario poco lungimirante lo aveva spedito, non è stato tutta rosa e fiori. E infatti Paulinho vuole valutare bene l'eventaule destinazione, altrimenti rimane qui in Brasile, idolo di una torcida di 35 milioni di tifosi appassionati. Poi c'è un discorso tecnico: Paulinho è perfetto per questo sistema, ma non è un giocatore totale, in altri contesti le sue qualità non sarebbero così esaltate e i suoi difetti probabilmente resi più visibili. Al Corinthians se lo tengono volentieri: e sperano di vederlo presto in una foto con al fianco l'imponente Copa Libertadores...

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Tropico del Calcio

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