22 giugno 2012

Europei 2012: il Portogallo di Paulo Bento

Ho scritto per il Guerin Sportivo il pezzo di presentazione sul Portogallo, prima degli Europei.


Esaurita ormai definitivamente l'era della Geração de Ouro, quella dei Luis Figo e dei Rui Costa, il Portogallo mantiene una posizione d'élite nel football continentale non solo per la presenza in squadra di un fuoriclasse come Cristiano Ronaldo.  L'attaccante del Real Madrid è evidentemente al centro del progetto, e non solo in termini esclusivamente sportivi, tuttavia il rischio in questi casi è quello di costruire una squadra che appassisce dietro il talento dell'isola di Madeira, invece di esaltarlo. E' una questione tecnica e psicologica, coinvolge il terreno di gioco ma non può limitarsi ad esso. Per sviluppare tale compito la federazione portoghese ha scelto, dopo il regno di Felipe Scolari e il flop di un tecnico preparato e ammirato come Carlos Queiroz, di affidarsi a Paulo Bento. Ex centrocampista dal cervello fino, tecnico delle giovanili dello Sporting promosso in prima squadra, Paulo Bento è arrivato presto alla Nazionale. E da subito ha mostrato idee chiare. Dal primo giorno il commissario tecnico ha voluto una squadra che aggredisse l'avversario e la partita: in campo si vedono subito i primi risultati. Ma era soprattutto importante “ripulire” l'ambiente dopo le polemiche intestine del periodo legato all'era Queiroz. E non era facile. L'ex tecnico del Real Madrid, protagonista in panchina di tutte le vittorie a livello giovanile della Generazione d'Oro del futebol portoghese, non è riuscito a trovare una linea condivisa e ferma nella gestione, e i brusii dello spogliatoio sono presto diventati boati impossibili da accomodare. Paulo Bento ha deciso di costruire il gruppo, di edificare lo spirito di squadra senza fare sconti a nessuno ed è arrivato a scontrarsi con diverse personalità forti del calcio portoghese, fuori e dentro il terreno di gioco. Con alcune il dibattito acceso ha trovato una via d'uscita proficua, con altre, come Ricardo Carvalho e Bosingwa, c'è stato uno strappo che non è stato ricucito e che ha portato alla non convocazione dei reprobi, condita da velenose polemiche accese sui giornali. Almeno finora, però, il tecnico ha avuto il supporto dei risultati, ha ripreso un girone di qualificazione iniziato male sotto la passata giurisdizione e nei playoff ha spazzato via senza problemi la temibile Bosnia e Erzegovina di Dzeko e Pjanic. Grazie soprattutto alla compattezza, e nonostante i diversi infortuni, che lasceranno peraltro lontano da Polonia e Ucraina il bomber dello Zenit, Danny. La Federazione lusitana, in passato non certo brillantissima nella gestione tecnica, ha stavolta giustamente rinnovato almeno fino ai Mondiali 2014 il contratto di Paulo Bento: ci crede. Diversi i meriti che il CT può appuntarsi al petto. Uno in particolare ha convinto tanti commentatori e dirigenti. La capacità di gestire molto bene le partite importanti è stato un segnale davvero forte per l'ambiente, che Paulo Bento ha trovato decisamente depresso e alquanto sfiduciato. Tale capacità distingue certamente questo Portogallo dalle versioni precedenti, anche se permangono, ormai è un classico portoghese esattamente come un film di Manuel de Oliveira, l'assenza in squadra di un centravanti finalizzatore così come di un portiere di fiducia. In porta, Rui Patricio  deve ancora dimostrare di valere appieno quanto di buono si è sempre detto su di lui fin dalle giovanili dello Sporting, mentre Eduardo, dopo l'anno disastroso col Genoa, si è ritrovato spettatore non pagante nelle partite del Benfica, scavalcato con merito dall'ex Roma Artur. In avanti si punterà su Hugo Almeida, non esattamente un cecchino, o sull'ex grande promessa (mai mantenuta) Helder Postiga, nella speranza che la buona vena di Cristiano Ronaldo e di Nani possa improvvisamente accenderli.
Cristiano in questa Nazionale rimane sempre il discrimine tra un'aurea mediocritas e l'élite assoluta. Il solo fatto di essere in campo, come dimostra la straordinaria stagione di quest'anno sotto José Mourinho al Real Madrid, è di per sé un grande vantaggio per la sua squadra, poi nelle giornate dove il fuoriclasse di Madeira è illuminato, il Portogallo può usufruire di un paio di giocate che cambiano l'inerzia di una partita. L'importante, comunque, è quello di metterlo in condizione di fare male agli avversari. La situazione in cui gli si recapita la palla tra i piedi nella speranza che, da fermo, possa inventarsi chissà cosa (cliché consumato in passate gestioni) è doppiamente controproducente; primo, perché quando  le giocate non gli riescono, la grande responsabilità che tutti, naturalmente, gli consegnano e che il ragazzo sente tantissimo, lo spinge a forzare situazioni non produttive; secondo, perché la squadra, in quei frangenti, smette di giocare in maniera compatta, anzi spesso proprio smette letteralmente di giocare, perdendo concentrazione e attenzione e regalando opportunità agli avversari.
 Alla Selecçao manca anche un numero 10, un regista offensivo che era una presenza fissa negli ultimi anni, da Rui Costa a Deco: sarà il ritmo, la pressione alta a stabilire i tempi di gioco. Il giocatore brasiliano in forza al Fluminense ha detto addio alla sua nazionale adottiva, così come hanno salutato la maglia con gli scudi sul petto anche Paulo Ferreira, Miguel, Simão e Tiago. Mica poco, considerando che i portoghesi sempre poco più di dieci milioni di anime rimangono.
Senza un creativo in mezzo, il commissario tecnico ha optato per il 4-3-3. Ha qualche chances di finire tra i titolari del centrocampo anche Miguel Veloso del Genoa, mentre ad oggi paiono intoccabili, in mezzo, Raul Meireles e João Moutinho. Accantonato un po' per scelta e un po' per l'indisponibilità di Carvalho, l'esperimento (tra l'altro poco fruttuoso) di Pepe davanti alla difesa, il centrale brasiliano naturalizzato portoghese sarà l'uomo chiave del pacchetto arretrato, supportato da Bruno Alves e con due laterali di grande spinta come João Pereira e il madridista, ex ala sinistra, Fabio Coentrão.
Sui generis, l'Europeo è tradizionalmente un torneo molto competitivo già dal primo incontro e il Portogallo ha un girone, tutt'altro che agevole, che comprende una delle favorite, la Germania, una outsider pericolosa e talentuosa come l'Olanda più la Danimarca, che ha vinto il gruppo di qualificazione dei lusitani. Il rischio è quello di deragliare subito. Ma la squadra ha oggi molta fiducia e se riesce a consolidarla durante il tortuoso percorso del torneo può arrivare fino alla stazione finale. Magari riuscendo a cancellare l'impresa al contrario, tipicamente portoghese, che ha visto i lusitani attapirati spettatori dei festeggiamenti della Cenerentola Grecia, nell'Europeo casalingo del 2004.


CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo

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