05 giugno 2009
Javier Pastore
Se la vita è un mistero, il calcio ci mette quel briciolo di follia in più e rende tutto più complicato.
Per esempio, testimoniare la vita di Javier Pastore, nuovo talento del calcio argentino, sembra come recitare una sceneggiatura con un numero eccessivo di “buchi” disseminati qua e là. Vediamo.
Correvano i primi mesi del 2007 a La Quemita, quartier generale dell'Huracan. Il presidente della squadra di Buenos Aires, Carlos Babington, osservava quasi distrattamente un match tra i puerperi dell suo Globo e il Talleres di Cordoba. Una, due, tre giocate: scusa, chiede in giro, ma li avete visti anche voi i numeri di quel numero 10 vestito in bianco-blu? Il pibe in questione risponde al nome di Javier Pastore. Chi ne detiene la procura si chiama Marcelo Simonian, dice niente? Simonian, menemista convinto nel periodo del sacco dell'Argentina da parte del presidente coi basettoni e i soldi nei caveau svizzeri, introdotto nel calcio da Guillermo Cóppola, l'arcinoto ex manager di Maradona, ha fondato l'agenzia sportiva “Dodici” più di dieci anni fa e da agente FIFA controlla un gran numero di giocatori argentini. Uno lo, diciamo così, conosciamo bene, è quel Leandro Grimi transitato non si capisce bene perché da Milanello con una fama immeritata e quasi immediatamente messo alla porta. Un'operazione poco comprensibile ma sicuramente non gratuita, dove il Simonian si è messo in tasca un bel gruzzolo di dollari. Ma torniamo a La Quemita. Il presidente dell'Huracan chiama Simonian e sonda la possibilità di portare a Parque Patricios il giovane talento. “No hay problema”. Anche perché, e qui i misteri continui, piacerebbe sapere perché il giovane Pastore continua a proporre evoluzione nelle selezioni giovanili quando la prima squadra del Talleres, disastrata come da tradizione, non azzecca una stagione: senz'altro, il team di Cordoba avrebbe bisogno di qualche contributo sostanzioso dei ragazzini, in Argentina, stante la situazione economica, forzatamente contigui alla formazione principale. Peggio: in realtà questo ragazzo nato a La Para, provincia di Cordoba, nel 1989, tifosissimo fin dall'infanzia della “T”, realizza il sogno di giocare per la sua squadra del cuore sul finire del 2006. L'ex attaccante della nazionale argentina Ricardo Gareca gli concede il debutto contro il Defensa y Justicia di Florencio Varela, Grande Buenos Aires, e lo lascia in campo in altre quattro partite. Poi, la dirigenza di Barrio Jardín, probabilmente per non concedergli il contratto da professionista, ma le interpretazioni sono diverse e sempre più fantasiose, lo confina ancora nelle giovanili. Perché? Mah...sta di fatto che Simonian, il suo agente, lo porta all'Huracan. Entrambi ci credono. Meno, molto meno i due tecnici che in quei tempi si susseguono sulla panchina del Globo, Osvaldo Ardiles e Claudio Úbeda. Nessuno riconosce il talento di Javier Pastore, troppo lungo (187 cm), troppo smilzo, e soprattutto senza tutta la grinta necessaria che occorre nel campionato argentino. Poi, a Parque Patricios arriva Ángel Cappa. In passato assistente di Jorge Valdano e Luis Menotti, il tecnico è reduce addirittura da una parentesi sulla panchina della squadra più ricca del Sudafrica, i Mamelodi Sundowns. Cappa punta forte su quel numero 10 che in tanti avevano messo all'angolo senza un fondato motivo, e Pastore fa volare l'Huracan, che torna a battersi per il titolo, una vita dopo l'unico titolo messo in bacheca nel 1973 da Luis Menotti. Buona tecnica, pulizia nella giocata, ottimo tempismo nell'inserimento, Pastore è un centrocampista offensivo che vede molto bene anche la porta. E al di qua dell'Atlantico se ne accorgono subito. Dopo le prime partite sono i club di piccolo-medio livello a farci un pensierino (il primo è stato il Rayo Vallacano, poi un gruppo di agenti voleva portarlo in Scozia), piano piano si alza il livello si alza fino a raccogliere l'interesse dell'Arsenal e, buon ultimo, il Manchester United che mette sul banco ben 10 milioni di euro. Sul banco di chi? Altro mistero. Eh sì, perché i diritti “federativi” appartengono ancora al Talleres di Cordoba, che all'Huracan ha solo prestato il giocatore. Mentre i diritti economici sono goduti dal suo agente e dalla Dodici, che l'ha protetto finora. Al di là delle scritture e dei contratti è comunque evidente che a tirare i fili sia proprio il potentissimo Simonian, che sta cercando la destinazione adeguata per il suo protetto. Vero che il suo Clausura è fenomenale ma un ragazzo di vent'anni come potrà adattarsi al calcio e all'ambiente europeo? Meglio andarci coi piedi di piombo, anche perché c'è il rischio che una certa indolenza in alcuni momenti della partita di Pastore possa etichettare negativamente il suo pupillo, bruciandolo definitivamente per i grandi palcoscenici. La preoccupazione di Pastore, per ora, è altrove. C'è da vincere il titolo con l'Huracan a fianco di compagni loro pure appetitissimi in Europa, a cominciare dal coetaneo, baby-bomber (170 cm scarsi) Matías De Federico, e dal concittadino cordobes Mario Bolatti, in prestito dal Porto (altro club interessatosi, tempo fa, a Pastore). In più piacerebbe al ragazzo cresciuto nelle giovanili del Talleres, che la sua squadra, della quale ha confessato di essere rimasto tifosissimo, tanto da dimenarsi come e più di un hincha a ogni partita che la interessa, potesse servirsi del denaro comparso nella casse a seguito della sua cessione per rinforzare la rosa e tornare a disputare la massima serie (attualmente è in “B”). Visto come è stato trattato a Barrio Jardin, non male pure questo di mistero. Ma al cuore, pare non si comandi. A questo pasticciaccio tecnico, sportivo, morale, affettivo pare si siano interessati anche in Italia. sicuri della cosa più chiara dell'enigma: sulla classe del giocatore c'è poco da aggiungere. Bisogna vedere se basta:la carta d'identità fa pendere la bilancia sul sì.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo
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