Per dimostrare la grande vitalità del movimento giovanile della Germania e celebrarne la raggiunta consacrazione bastava osservare i Mondiali under 17 del 2007 e l'Europeo under 19 dell'anno scorso. Il recente Europeo under 17, che si aggiunge alla bacheca della Deutscher Fußball-Bund dopo la vittoria sul campo di casa (Magdeburgo), in finale sull'Olanda, ci offre l'opportunità di osservare in controluce questo boom del calcio tedesco e di decriptarne gli elementi chiave.
Paradigma dell'assunto appena suggerito, proprio questo Europeo under 17. La Germania che ha portato a casa il torneo ha messo in mostra ottime doti fisiche, buonissime opzione tattiche, potendo contare su una tecnica di base diffusa di livello superiore. Segnatamente, le letture strategiche di Marco Pezzaiuoli son risultate vincenti perché lineari quindi fondative, identitarie nelle dinamiche di un gruppo dotato di grande forza fisica. Come contraltare evidente sottolineare l'Europeo della Spagna, la squadra più dotata tecnicamente e col maggior numero di talento “puro” ma senza una linea comune d'intenti è riuscita nel miracolo al contrario di farsi eliminare dalle prime quattro, riuscendo però ad ottenere il minimo obiettivo della qualificazione per il prossimo Mondiale di categoria, organizzato per la fine di ottobre in Nigeria. Diventa altresì chiaro che la componente fisica risulta sempre più determinante, ovvio però che non deve brillare di luce propria, ma occorre che accompagni tecnica e “testa”. Non a caso sono andati bene in questo Europeo anche gli azzurrini di Pasquale Salerno, che nella semifinale meritavano addirittura di spedire a casa i padroni di casa, lì però è mancata la convinzione in alcuni giocatori chiave e alla prima difficoltà (l'1-0 di Yabo) gli azzurrini si sono sciolti soccombendo per la seconda volta (rete di Basala). Proprio i gol dei due ragazzi tedeschissimi ma di origine africana offrono una bella storia e una ulteriore chiave di lettura per una squadra multicolore e multietnica: giocatori figli di stranieri che in Germania sono andati a lavorare in tutti questi anni. Niente germanizzazione forzata ma Nazionale figlia di un Paese che sta cambiando, senza che movimenti o proposte xenofobe possano fortunatamente fermare il corso della storia.
La vittoria nella finale è arrivata solo al supplementare, per giunta in rimonta dopo l'iniziale gol di Castaignos, ma il match decisivo ha seguito un percorso netto con tre vittorie nel girone eliminatorio e la vittoria in semifinale con l'Italia. Proprio la semifinale, sofferta, con gli azzurrini ha visto il CT Pezzaiuoli rinunciare a un briciolo di equilibrio, chiedendo maggiore sacrificio alla linea mediana condotta da capitan Reinhold Yabo per il supporto di un attacco costruito su due punte di ruolo come Lennart Thy, co-capocannoniere del torneo e sicuro bomber del futuro della Germania, e il generoso Kevin Scheidhauer, sommate a due “numeri 10” quali il tecnicissimo Mario Götze e la grande speranza Christopher Buchtmann, che sta crescendo in quel di Liverpool. Il 4222 offensivo ma ordinato dei tedeschi godeva della spinta anche dei terzini, specie a destra, con quella forza della natura di Bienvenue Basala-Mazana che appoggiava l'azione in stile Maicon. Insomma, un 11 zeppo di talento a cui si deve aggiungere una “riserva” decisiva nelle due partite più importanti: Florian Trinks ha dato il l'avvio all'azione decisiva, con una bella percussione sulla destra, nella partita contro l'Italia e ha segnato il gol che ha scritto il definitivo 2-1 nella partita conclusiva con l'Olanda. Proprio gli Oranje e la squadra azzurra condotta a centrocampo dall'ottimo Marco Fossati possono dividersi gli elogi, insieme ai tedeschi. L'Italia, storicamente mai protagonista in questo torneo, ha vissuto un brutto scivolone con la Svizzera ma ha messo in mostra giovani interessanti e un'idea di gioco propositiva e matura: pressing, dominio degli spazi, equilibrio, ha peccato un po' davanti, forse. L'Olanda ha organizzato una formazione attenta dove eccellono Luc Castaignos davanti ( azzeccato il paragone che lo accosta a Roy Makaay) e l'esterno destro offensivo Shabir Isoufi, entrambi del Feyenoord, squadra che supportato il cammino olandese con ben sette elementi (bene anche il centrale difensivo Stefan de Vrij). A illuminare tutto, il talento sconfinato di Oguzhan Özyakup. Buonissimo anche il torneo degli svizzeri, che hanno raggiunto la semifinale prima di arrendersi agli inglesi: molto solidi dietro, duri in mezzo e con due giocatori offensivi come Nassim Ben Khalifa e Haris Seferovic, scuola Grasshopper, in cui si intravedono buone potenzialità. La delusione più cocente è arrivata dalla Spagna, anche se una Francia fuori dalla prime sei, quindi non qualificata al prossimo mondiale (unitamente all'Inghilterra), grida un po' vendetta anche considerando la qualità bassina di questa nidiata. Vediamo di intenderci: è probabile che a distanza anche solo di cinque anni troveremo incredibile come questa Spagna, con tutto questo ben di dio, abbia potuto registrare un simile flop. Quindi è evidente che saranno proprio gli iberici a regalare la maggior parte dei giocatori di alto livello al calcio europeo del futuro. Ma proprio questo concetto deve valere come aggravante per il lavoro dello staff Gines Melendez, che non ha costruito nulla più di tre pareggi senza reti in questa spedizione. Un po' poco se si elencano i giocatori di qualità. Pescando nel mazzo, il centrale Marc Muniesa, Koke e Alex in mezzo, Borja, Pablo Sarabia e Isco davanti, non si accontenteranno di questa mediocrità ai prossimi Mondiali.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo n.22/2009
TOP 11
4312
Benjamin Siegrist (Svizzera)
Bienvenue Basala-Mazana (Germania)
Simone Benedetti (Alessio Campioli) (Italia)
Marc Muniesa (Spagna)
Atila Turan (Francia)
Shabir Isoufi (Olanda) (Christopher Buchtmann- Germania)
Reinhold Yabo (Germania)
Marco Fossati (Italia)
Oguzhan Özyakup (Olanda)
Luc Castaignos (Olanda)
Lennart Thy (Germania)
MVP
Tante le stelline che hanno brillato a questo Europeo, difficile però non rimanere abbagliati dal super talento di Oguzhan Özyakup: il numero 10, of course, dell'Olanda, in una posizione a metà tra il centrocampo e l'attacco, ha regalato assist, segnato (un gol all'Inghilterra) e in generale promosso la manovra della sua squadra con tocchi perfetti e di una eleganza che produce innamoramento istantaneo a tutti i veri appassionati. Non si fa troppa fatica credere come questo sentimento possa essere stato condiviso da Arsène Wenger in persona nel momento in cui (Aprile 2008) il suo Arsenal se l'è portato a casa, prelevandolo dal settore giovanile dell'AZ, in quel di Alkmaar. Il suo nome (che in Inghilterra hanno subito rielaborato in “Ozzie”), però evidenzia l'origine turca. Özyakup è infatti nato nel settembre del '92 nell'estremo oriente della penisola ottomana, a Trabzon (Trebisonda), lasciata in gioventù per i canali di Zaandam. Quell'estrema familiarità col pallone, quei movimenti armonici, il carisma in campo richiamano alla mente il forse irripetibile Zinedine Zidane. Forse.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo n.22/2009
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