19 giugno 2006

[dialoghimondiali] Italia Usa 1-1

Avevo già avvistato - verbo, vi assicuro, usato non a caso - l'Italia a Ginevra, dove aveva faticato contro una Svizzera certamente non al suo meglio. L'ho ritrovata, o meglio, riavvistata a Kaiserslautern, nel Fritz Walter Stadion, contro gli Stati Uniti di Bruce Arena, un personaggio che sembra uscito dai cartoni animati, incazzato e arrogantello come da copione. A proposito di arrogantelli, alcuni li abbiamo visti anche coperti da una magliettina azzurra, brutta a mio avviso come solo la Puma in questi Mondiali avrebbe potuto farla, trasparente appena lasci traspirare una goccia di sudore. La trasparenza ha svelato poi, dopo l’illusoria vittoria sul Ghana, anche il carattere di quest'Italia, con poca voglia di soffrire e con la testa altrove, anche senza tirare in ballo per l'ennesima volta i casini-juve. Pochi i pregi apparsi contro gli americani, pochi e da ricercare unicamente in difesa, con quel Cannavaro che visto dal vivo è più simile a robocop che ad un umano qualsiasi e con Nesta e Zambrotta rinfrancati rispetto ai loro standard recenti. In quanto a Zaccardo, beh, che non fosse un terzino tra i più sicuri del calcio moderno lo si sapeva, lo sapevano tutti tranne Lippi forse, che pur di non chiamare Panucci, pur di non sacrificare Zambrotta, pur di non schierare Oddo, ha scelto proprio lui. Altro dato di fatto noto è la superficialità di De Rossi, buon centrocampista (non un fenomeno come qualcuno vuol far credere) con il vizio però di un'aggressività del tutto immotivata. Il discorso da fare con uno così, l'unico da fare a mio avviso, non può essere che qualcosa di molto simile ad un ultimatum: o la smetti o sei fuori dal giro! Senza fronzoli; invece Lippi a fine gara “rispondendo” alla pertinente domanda sull'impertinenza di quel gesto si è rifugiato nella diplomazia più fastidiosa. Perché non si può più dire “basta!”? Perché si fa di tutto per spingere sul fondo la cultura sportiva? Tornando al calcio giocato, o quasi, va rivista anche la prontezza di Lippi sui cambi, oltre che sulle scelte iniziali. Sabato non si è davvero capito nulla delle sue intenzioni a partita in corso. La sostituzione di Totti, piuttosto che di un attaccante – Toni lo si era visto già dai primi minuti che non era in grande spolvero quando Pope l’ha anticipato di testa girandogli addirittura attorno come neanche tra i “pulcini” –, mi ha sorpreso. Non che Totti meritasse di restare in campo, ma allora perché schierarlo titolare e in un ruolo che tutti sanno non ricopre più da anni? Discorso simile per l’inserimento di Del Piero, tozzo e brutto dal vivo che se pensiamo a com’era qualche anno fa viene da piangere (da quant’è che lui o Totti non saltano un uomo con un vero e proprio dribbling, con un doppio passo alla Robinho? ricordo male o lo sapevano fare con qualche chilo di muscoli in meno addosso?). Di Iaquinta preferirei non parlare. Anzi, dai, facciamo questo sforzo! Lippi lo preferisce a Inzaghi. Lippi lo preferisce a Inzaghi perché lavora di più per la squadra, perché si sa allargare: ma allora non era meglio portarsi un Marchionni o un Semioli, o puntare sull’ex pupillo Camoranesi? Non che siamo tifosi scatenati dell’argentino, ma avrebbe comunque più senso che non Iaquinta in quel caso. E non dimentichiamoci, questo assolutamente no, di Inzaghi in panchina. Inzaghi è il classico centravanti da Mondiale, come lo è Klose, come lo saprebbe essere un normale Ronaldo, come lo sarebbe un Rooney in forma: brutti e cattivi insomma. Tutti continuano a sognare il fantasma di Schillaci, c’è chi ce l’ha e non lo sfrutta. Basti pensare alle sciagurate scelte di Domenech, con la sostituzione simbolo di Zidane con Trezeguet, tenuto in panchina per 180 minuti e usato nei tempi di recupero tanto per consentire al mister di umiliare Zizou. Gli States hanno giocato un’onesta partita, con il loro gioco scolastico e senza sbocchi offensivi, ma davanti hanno trovato un’Italia apatica e noiosa, con un Lippi mai così poco ispirato.
PAOLO GALLI da Kaiserslautern

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