05 marzo 2012

Non è un Paese per interisti? L'Inter ovvero l'impossibilità di essere ordinari

Dell’impossibilità a essere ordinari, ovvero l’Inter. La squadra nerazzurra nel maggio 2010, a occhio e croce quindi non un secolo fa, vinceva tutto in Italia e in Europa, e avrebbe poi vinto anche il Mondiale per Club nella stagione successiva. Oggi, marzo 2012, dopo una stagione nata male e proseguita peggio, è diventata popolata da incompetenti e San Siro è ritornato insofferente, mugugna a ogni passaggio e si lamenta perché le conclusioni non finiscono sempre nella porta avversaria.

Si sa, in Italia, non solo al Meazza, si reagisce male a ogni stagione storta, o vinci (nel caso dell’Inter stravinci, in ossequio all’assenza di ordinarietà del club) e sei un semidio o “devi andare a lavorare”. Non è solo l’assenza di cultura sportiva del nostro Paese, è proprio non riuscire ad accettare l’idea che professionisti seri, pur lavorando al massimo possano, in una stagione, non riuscire a trovare una quadratura d’insieme (ma non succede così anche nelle aziende di tutto il mondo?): no, se non vinci, te ne freghi, te ne basti, sei un infame. Punto.

L’Inter ieri è finita sotto due a zero contro il Catania, probabilmente la squadra con la migliore proposta di calcio di tutto il campionato, ma non si è mai arresa: Forlan (miglior giocatore dell’ultimo Mondiale e reduce dal successo in Coppa America), ha collezionato un gol e un assist, giocando in un ruolo totalmente inedito (e inadatto alle sue caratteristiche), così come Milito, declassato da Principe dei sogni delle notti di Champions a infido mercenario, che si è scoperto tappabuchi di fascia, e ha segnato la rete del pareggio.

Tra incitamenti random della curva, lamentele dei distinti, fischi e applausi, il top della serata si è avuto con il boato nel momento della sostituzione di Esteban Cambiasso, uno dei cardini dell’Inter vincente di questi anni, dentro e fuori dal campo. Sì, perché il Cuchu, secondo la vulgata semplicistica e per questo accreditatissima, sarebbe uno dei “senatori” - cancro che sta affossando la squadra con non meglio definiti poteri di veto su campagna acquisti e schieramento in campo. Ma siccome all’Inter non si fanno mancare nulla, non sono sufficienti le critiche al presidente Moratti, che avrà anche avuto fortuna nella vita, ma è stato lui l’inventore di Roberto Mancini come tecnico di alto livello ed è stato sempre lui a volere a Milano José Mourinho, uno dei miglior allenatori della storia del calcio (cfr. anche la stagione in corso).

All’Inter esagerano per statuto: le colpe principali sarebbero del direttore sportivo: tutto vero. La prima squadra al mondo che critica il DS. Cioè Marco Branca l’uomo che ha portato all’Inter per due soldi (in alcuni casi manco per quelli) Julio Cesar, Maicon, Lucio, Cambiasso, Sneijder e compagnia, senza parlare di Ibrahimovic ed Eto’o, è ricoperto di contumelie da stampa e tifosi, perché quest’anno ha sbagliato mercato, prendendo Alvarez e Jonathan. Sbagliare, perché lavorando si sbaglia (e vince chi sbaglia meno), è vietato. Lo sa bene anche Villas Boas, finito nel tritacarne Chelsea dopo aver vinto tutto, nella scorsa stagione, col Porto: la mai silenziosa maggioranza rimane ferma lì: o vinci, sempre, o rubi i soldi che ti danno.

Se il feeling con le anime forti dello spogliatoio del Chelsea era doloso lo sapremo subito, vedendo la reazione che i giocatori avranno col nuovo tecnico Di Matteo. Noi che non crediamo alla teoria del “vincente nato”, sappiamo che Villas Boas potrà imparare anche da questa esperienza per dimostrare in futuro di essere un ottimo professionista. Dove? Mourinho abbandonò il Chelsea (Abramovich ancora rimpiange quel distacco) per vincere tutto nell’Inter, Villas Boas parla già italiano e non crediamo sia un pirla: ad Appiano Gentile potrà ribadirlo, citando il suo connazionale e cercando di far pentire l’oligarca russo.

Fonte: Max

1 commento:

olag ha detto...

Impeccabile, Carlo.
Chapeau.