03 febbraio 2008

Coppa d'Africa - Speciale Costa d'Avorio

Fonte: Giornale del Popolo - Lugano

C’è una rivoluzione del calcio africano che sta prendendo forma, l’abbiamo intravista in questa Coppa d’Africa, ma proverà ad esplodere nel 2010 in Sudafrica. Ha i colori verdi e arancio della Costa d’Avorio e un’anima che viene da lontano. E’ il 1993 quando Jean Marc Guillou arriva all’aeroporto Houphouet Boigny di Abidjan, per incontrare Roger Ouegnin: insieme danno il via alla più fruttuosa scuola calcio dell’Africa. Guillou era un centrocampista francese estroso (partecipò, con l’ovvio 10 sulle spalle, al Mondiale del 1978 in Argentina) che voleva mettere alla prova le sue poco ortodosse idee sul calcio, Roger Ouegnin era (ed è) il presidente dell’Asec, la squadra più amata di Abidjan e della Costa d’Avorio. L’idea comune: costruire una nuova primavera calcistica africana. Guillou, però, abiura il concetto stesso di scuola calcio e distrugge i canoni che vigevano allora su queste strutture: vuole qualcosa di realmente nuovo e diverso. Passa giornate ad osservare i ragazzi africani, organizza partitelle in tutti gli anfratti del Paese, ricerca ragazzi adatti alla sua “Accademia, un nome che richiama la musica e il talento.” Nel 1994 i primi 26 ragazzi sono accolti nel pensionato, a Sol Beni: lì potranno studiare, dormire, mangiare e ovviamente apprendere su campi d’erba vera e curata l’arte del football, naturalmente Guillou style: tutti allenamenti con la palla, per affinare la tecnica di base, nozioni di tattica sui generis ma scarsa attenzione alla preparazione atletica. I nomi di quei ragazzi? Copa, Kolo Touré, Zokora, Tiene, Boka, Aruna Dindane, metà della squadra che ha giocato in questi giorni la coppa d’Africa. Buona parte del resto della rosa ha partecipato alle successive generazioni (nel 1996, nel 1998 e nel 2000) della Academie Mimosas, come venne poi chiamata: già, anche gli Yaya Touré, i Romaric, gli Eboué, i Kalou hanno seguito il medesimo percorso e sono lì, oggi, al fianco di Drogba. Moltissimi altri sono poi discreti-buoni-ottimi giocatori che portano il marchio dell’Academie in giro per l’Europa calcistica, maggiore o minore che sia. La storia dell’Academie ha un passaggio centrale, che pare un romanzo: i ragazzini dell’Academie mettono sotto, nella Supercoppa d’Africa, giocata nel febbraio del 1999, l’Esperance di Tunisi, una delle squadre più note del Continente Nero, zeppa di veterani. Quel capolavoro era però l’inizio della fine. Arrivarono dall’Europa le richieste per i migliori talenti: Kolo Touré e Aruna Dindane presero il volo per l’Europa. “Finanzieremo l’Academie coi proventi delle loro cessioni”. Il rapporto Guillou – Ouegnin si incrina, il francese ormai guarda all’Europa, l’ivoriano vuole fare dell’Asec la squadra più vincente d’Africa. Le strade si dividono, Guillou prova a costruire un’enclave ivoriana in quel di Beveren: ha buoni risultati sul campo ma critiche e addirittura accuse di “schiavismo”: abbandona. Oggi, l’esperienza della prima Academie prosegue distinta in varie realtà, che si ignorano. Ouegnin ha proseguito l’Academie Mimosas all’Asec, Guillou ne ha fondate altre in Costa d’Avori ma pure in giro per il mondo, un collaboratore del francese, il brasiliano Carlos, guida “Ivoire Académie” con i finanziamenti di un uomo d’affari pakistano proprietario di una squadra di serie B belga, l’Olympique Charleroi.

CARLO PIZZIGONI

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