30 settembre 2007

[analisi] Mondiali under 17


Fantastica giocata di Kabiru Akinsola durante i supplementari della finale Spagna-Nigeria


Il ritorno dell’Africa. Sotto le continue piogge dei cieli coreani la Nigeria vince per la terza volta il Mondiale under 17 e, di concerto con l’ottima semifinalista Ghana, ridona prestigio e credibilità al Continente Nero. La solita querelle sul calcio del futuro stavolta merita un approfondimento più circostanziato. La squadra di Yemi Tella “allarga” il campo. La palla viaggia molto in aria perché la capacità di calcio di quasi tutti gli elementi della squadra nigeriana è notevole, così come il fisico che permette continui scatti e accompagnamenti numericamente importanti dell’azione. Ma la variabile decisiva è un’altra. I nigeriani sono nettamente migliorati rispetto agli ultimi anni sotto l’aspetto tecnico: molti i giocatori da segnalare per il bel controllo di palla, la familiarità con essa in più situazioni e per la precisione dei lanci. La Nigeria, rispetto alle altra potenze calcistiche del Golfo di Guinea, culla del football africano, ha sempre avuto gap deficitari rispetto al Ghana o alla Costa d’Avorio, storicamente meglio preparati sotto il profilo dei fondamentali. Soprattutto la Costa d’Avorio negli ultimi anni ha conosciuto, grazie alla “rivoluzione” dell’Academie voluta diversi lustri fa da Jean Marc Guillou e da Roger Ouégnin, presidente dell’Asec di Abidjan, un incredibile sviluppo tecnico. A maggiore ragione, in un Paese sconfinato e con un numero di praticanti elevatissimo come la Nigeria, questo percorso potrebbe rappresentare una chiave di volta decisiva. Sarà questo fattore, e non la tanto invocata preparazione tattica, la nuova frontiera dell’Africa calcistica? Il 442 (o 4411) nigeriano è senza fronzoli, ma sviluppato con i valori fisici e tecnici di cui si parlava, diventa difficilmente arginabile: infatti, pur vincendo solo ai rigori e non offrendo il meglio di sé nella finale, gli aquilotti nigeriani hanno dominato il torneo con sei-vittorie-sei dal primo turno alle semifinali. Quando subisce il possesso di palla altrui, come è stato nella semifinale con la Germania, rischia di perdere in concentrazione e di indolenzirsi, abbassando eccessivamente le prime due linee, ma le ripartenze sono micidiali, e il raggio di tiro di tanti elementi supera comodamente i venticinque metri. Là davanti è stato molto celebrato, a ragione, Macauley Chrisantus, centravanti capocannoniere del torneo (7 gol in 7 partite), attaccante longilineo e con buone intuizioni, ma la squadra presenta più di un elemento interessante. Il capitano Lukman Haruna, il tecnico rifinitore Rabiu Ibrahim, un grande cursore di centrocampo come Ganyu Oseni, attivissimo sottoporta, la forza fisica di Yakubu Alfa, la spinta sulla fascia di Mustapha Ibrahim, la grande pulizia del difensore centrale Kingsley Udoh, e gli inserimenti spesso decisivi di Kabiru Akinsola e Ademola Rafeal. Da aggiungere la grande prestazione, specie nella finale dove ha ipnotizzato tutti i tiratori spagnoli, del portiere Oladele Ajiboye. Del Ghana si è detto, ma l’Europa che conta ha fatto il suo. Spagna, Germania, Francia e Inghilterra hanno tutte proposto squadre altamente competitive. Se dagli spagnoli ci si aspettava molto, pure se a livello di prestazione mai ha del tutto convinto (ha giocato la finale senza la stella Bojan, espulso in semi), la sorpresa è arrivata dalla Germania. I tedeschi hanno prodotto un calcio fatto di possesso palla, di grande qualità tecnica e hanno forse difettato di “punch” in mezzo al campo. Ottima davvero la Francia, uscita rocambolescamente dal torneo dopo una partita sostanzialmente dominata nei quarti con la Spagna. Bene anche l’Inghilterra.
Disastro, ormai l’ennesimo, per il Brasile. Dopo aver fatto una magra figura in patria nei Giochi Panamericani (ma lì c’era la gabola: altre squadre han schierato, legittimamente, una formazione under 20 contro i diciassettenni brasiliani), i giovani di Luiz Nizzo si sono ripetuti qui contro i pari età: partiti con due vittorie tonitruanti con Nuova Zelanda (7-0) e Corea del Nord (6-1) hanno balbettato calcio fino a uscire contro il Ghana negli ottavi, peggiore prestazione di sempre in un mondiale under 17. Male Lulinha, sempre a caccia della giocata ad effetto, e quasi mai con la necessaria concentrazione. L’Argentina non aveva grandi pretese da questo gruppo di ragazzi, uscito comunque con onore contro la Nigeria ai quarti. In crescita le altre due formazioni sudamericane, Colombia, soprattutto, e Perù. Desolante, ma ormai è un’abitudine, la prestazione delle asiatiche: quella che più ha convinto è stata la Siria, uscita dopo una partita gagliarda contro l’Inghilterra. Bene, in relazione alle possibilità, anche il Tagikistan, mancano però le nazioni guida: la Corea padrona di casa ha fatto peggio dei cugini del Nord vincendo una sola partita (contro il Togo) e abbandonando dopo la fase a gironi il torneo, esattamente come il Giappone. Tra due anni l’organizzatore della competizione sarà proprio il paese campione, la Nigeria.

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Al fianco degli ottimi nigeriani, molti sono stati i giovani interessanti, i cui nomi hanno fatto capolino sui bloc notes degli osservatori. La Spagna, da tanti considerata la favorita, in finale si è arresa solo ai rigori, e molto del suo percorso lo deve alla qualità dei singoli. Di Bojan si sa già tutto, dato che è oramai pronto per l’empireo Barça dopo aver segnato senza posa in tutte le formazioni giovanili blau-grana, Fran Merida è l’altro predestinato: centrocampista offensivo con classe da vendere a cui manca ancora la continuità, i colpi ci sono tutti e Wenger, come ha fatto con Cesc Fabregas, ha pensato bene di operare un altro “furto” alla florida cantera del Barcellona, portandoselo all’Arsenal. Dietro, bene il “Kaiser” Rochela, centrale molto interessante, e sicuro il portiere dell’Atletico Madrid, De Gea. Nella semifinale con i Ghanesi l’hanno vista però poco: tra gli africani, segnaliamo il “mini” cannoniere Ransford Osei (elogi pubblici da Claude Le Roy, tecnico della nazionale “senior” delle Black Stars), il compagno di reparto Sadick Adams e il centrocampista Enoch Adu. Al fianco del miglior giocatore del torneo, Toni Kroos (vedi box), ottimo il centravanti Sukuta Paso, agile e potente, bravo anche schiena alla porta. Mettesse su qualche chilo (oggi supera a fatica i 50…) sarebbe da seguire la carriera di Sascha Bigalke, centrocampista tecnico dei teutonici. Nell’Inghilterra, che forse meritava un po’ di più, molta autorità del centrocampista centrale Henri Lansbury e segnalazione per Rhys Murphy, entrambi dell’Arsenal. Livello medio alto anche tra i francesi: scegliamo l’ala destra Henri Saivet, classe ed eleganza. Nel Brasile si salvano in pochi, citiamo il vascaino Alex, mezzapunta, dribblomane di qualità.

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Non che mancassero le alternative, eh. Però la scelta di premiare il tedesco Toni Kroos come miglior giocatore del Mondiale ha messo d’accordo tanti. Grande tecnica, sublime visione, ha giocato dietro la punta evoluendo a destra e a sinistra dell’attacco e favorendo con le sue rasoiate in profondità gli inserimenti dei compagni, grazie anche alla dimestichezza con entrambi i piedi (4 assist vincenti in tutto il torneo). Bravo a difendere la palla, sa riconoscere il momento esatto dell’assist, e poi vede la porta: 5 gol all’attivo nella competizione. Nuovo Riquelme? Mmmh, ci sta…Nato nel ’90 a Greifswald, dove solo sulla carta non era più Germania Est, Kroos esplode calcisticamente nelle giovanili dell’Hansa Rostock e viene prelevato dal Bayern che anticipa anche offerte straniere. Uli Hoeness, GM dei bavaresi, l’ha voluto già quest’anno nella rosa della prima squadra.

CARLO PIZZIGONI

Fonte: Guerin Sportivo

14 commenti:

Antonio Giusto ha detto...

Davvero un bell'articolo Carlo, complimenti.

Sono d'accordo con il paragone fatto Tra Kroos e Riquelme, non però su quello con Ballack: ha 10 cm e tanti chili in meno del giocatore del Chelsea (ancora per poco, anche se con l'addio di Mourinho le cose potrebbero cambiare). In compenso Kroos è un assist-man superiore, e sa calciare le punizioni anche di precisione, a differenza di Ballack, il quale però gli è fisicamente superiore ed è soprattutto un ottimo colpitore di testa, dote che Kroos non ha.

Carlo Pizzigoni ha detto...

No, anche secondo me Kroos non può diventare Ballack

Anonimo ha detto...

Ciao Carlo, volevo sapere che impressione ti ha fatto Ismael Lopez, che quest'anno gioca nel Bilbao Athletic ed è una delle grandi promesse del vivaio biancorosso. Non sono riuscito a seguire nemmeno la finale e purtroppo in rete non trovo nulla di nulla. Valentino di Calciospagnolo mi ha detto che non gli è sembrato niente di speciale, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi tu che hai seguito tutta la manifestazione. Grazie.

Carlo Pizzigoni ha detto...

Se lo dice Valentino, io non posso che accodarmi. Tutta questa pubblicità ai giocatori spagnoli mi è parsa eccessiva, anche se, preciso, la mia visione si limita a questo Mondiale. Detta tutta, la Spagna non mi ha mai persuaso completamente: anche Bojan, tremendamente a strappi. Ripeto: parlo esclusivamente del torneo. Per me, il figlio dello slavo diventerà giocatore vero, però il giudizio di un osservatore mi ha tramortito: e se diventa un Portillo? Ecco, mi ha convinto Rochela dietro. Adoro Fran Merida, ha davvero le movenze del grandissimo, però, mamma mia, un po' di voglia di segnare la partita...

Anonimo ha detto...

Anche a me, dopo aver letto delle medie realizzative di Bojàn nelle giovanili, è tornato alla mente Portillo. I due giocatori sono comunque diversi, Krkic sembra avere più testa, ma il rischio resta comunque....a mio parere dovrebbe fare una-due stagioni da titolare lontano da Barcellona, dove lo spazio è per forza di cose ridotto all'osso.

valentino tola ha detto...

Fran Mérida sembra stia lì per farti un favore... Credo che questa Spagna avesse alcune individualità di primissimo livello (Bojan, Iago, lo stesso Fran Mérida e Rochela, che già dall' Europeo mi è sembrato un giocatore di maturità rara) ma che come resa collettiva sia stata in assoluto fra le più brutte nazionali giovanili spagnole degli ultimi anni (di questo mondiale ho visto solo semifinale e finale, ma avevo seguito dettagliatamente tutto l' Europeo di categoria).
Per quanto riguarda Bojan, credo sia un' altra storia, a livello tecnico e mentale, rispetto a Portillo. Saranno l' istinto e l' intuito a fare la differenza fra questo ed altri giocatori anche complessivamente più completi di lui (come Kroos). Oltre alle opportunità di mettersi in mostra, chiaro...

Carlo Pizzigoni ha detto...

A livello di Under 17 non è che, naturalmente, si possa vedere qualcosa di sistematico, specie a livello di nazionali. Però strutture basi di gioco, credo sia auspicabile. Insomma, capire cosa vuole fare la squadra, indicativamente. E della Spagna io ci ho capito poco. Con la Francia avrebbe già potuto salutare la compagnia, ma in qualche modo è riuscita a salvarsi (più che altro per errori altrui), nello stesso modo è andata col Ghana. Mi pare di aver colto un'eccessiva, spasmodica attenzione verso i giocatori della Spagna: la copertura mediatica li ha sovraesposti, delineando caratteristiche tecniche e tattiche che naturalemnte non sono e almeno ora non possono essere delineate. Tra l'altro l'attenzione mediatica è spesso effimera, raramente va in profondità. In Canada, dov'ero per il Mondiale under 20, la Spagna era seguitissima dai media di casa. Bene, appena è uscita dal torneo facevi fatica a trovare un periodista, come se il Mondiale fosse terminato con l'eliminazione dei giovan iberici. Non mi pare un grande aiuto al movimento, mi pare.

valentino tola ha detto...

Verissimo, eccessiva attenzione mediatica: per fare un esempio, agli Europei Bojan giocò le prime partite letteralmente bloccato, oltre che sorvegliato dagli avversari in maniera decisamente inusuale per una partita di Under 17.

valentino tola ha detto...

Ah, poi mi ero dimenticato di aggiungere: mi trovo molto d' accordo con le considerazioni sul calcio africano che esprimi nell' articolo: anch' io, vedendo le ultime coppe d' Africa, ho sempre pensato che il problema di molte nazionali di quell' area fosse molto più tecnico che tattico, nonostante il luogo comune voglia il contrario.

Anonimo ha detto...

Della Nigeria mi è piacito Haruna il capitano, tecnico personalità gran controllo palla e bella visione di gioco; e sicuramente il mediano Alfa forza fisica e anche tecnica.
comunque complimenti alla Nigeria che ha vinto ma non mi è sembrata granch'è dal punto di vista tecnico, anzi tanta corsa e forza fisica.
Oseni a mio avviso comunque ha giocato da seconda punta mobile non da centrocampista incursore.
Uno dei migliori giocatori secondo me è stato Tales del Brasile.

ciao
Santeria

Carlo Pizzigoni ha detto...

Naturalmente esistono prospetti interessanti (anche)tra i brasiliani. Tales poi è anche scuola Inter, dovrebbe rappresentare una garanzia. Tuttavia rispetto a due anni fa mi pare ci sia davvero meno. Meglio, ci sono ancora ragazzini dorse talenntuosi ma un po' indietro nello sviluppoo del gioco mentre eravamo abituati a individualità notevoli: in Perù nel 2005 c'era Anderson... E poi in quanto a collettivo hanno davvero fatto male, non sapendo bene quale linee perseguire. La Nigeria aveva idee chiare e, oltre a potenza, mi pare di aver visto una buona tecnica media, senza arrivare a Rabiu Ibrahim non a casa immediatamente cooptato dallo Sporting Lisbona ( e lì se ne intendono). Oseni partiva da centrocampo per andare a concludere, da lì la mia definizione. Molti nigeriani, Haruna, ad esempio, ma più o meno tutti quelli al di là dela metacampo hanno buone capacità offensive e corsa che gli permetterebbe di giocare diversi ruoli dal centrocapo in su.

Anonimo ha detto...

Rabiu Ibrahim � un bel giocatore.
brevilineo, leggero (forse troppo..) buona tecnica e bella visione di gioco. complimenti allo Sporting (che � la mia squadra in Portogallo).

cosa vuol dire che Tales � scuola Inter?


Santeria

Carlo Pizzigoni ha detto...

Tales è dell'Internacional di Porto Alegre, e ultimamente da lì sono usciti ottimi giocatori, specie davanti (Daniel Carvalho, Rafael Sobis, Nilmar i primi che mi vengono in mente). Sta crescendo nel posto giusto!

Carlo Pizzigoni ha detto...

Naturalmente, la perla del vivaio dell'Inter rimane Pato