12 maggio 2009

C'era una volta Diego

Nella primavera del 2004 mi trovavo in Brasile, scrissi una serie di pezzi sul sito di Stefano Olivari, "Indiscreto". Uno di questi riguardava Diego, oggi promesso sposo bianconero. Lo ripropongo esattamente come lo scrissi all'epoca.


Mercoledì 5 maggio 2004

'Diego non viene', dice la ragazza; poi sventola i suoi lunghi capelli neri suscitando qualche tremore nei maschi che ha al fianco. Essi non possono fare a meno di abbassare lo sguardo verso la maglietta rigonfia: 100 % Santos, c'è scritto sopra. La curva Est dello Stadio 'Orlando Scarpelli' di Florianópolis è riempita dalla 'Gioventú Santista', un gruppo di ragazzi che non assomigliano agli ultras, mentre in campo, in attesa del match 'vero' c'è la partitella delle giovanili di Santos e Figueirense, come si faceva una volta anche negli stadi italiani. Ai bordi del rettangolo verde i ragazzi meraviglia del Santos osservano con le spalle rivolte ai propri tifosi; poi, Robinho si volta, piazza un sorriso, sale un urlo dei giovani santisti e tutti si avvicinano alla rete in prossimitá del campo: la giovane stella di Vila Belmiro si atteggia un po', trascina la gamba come se fosse al centro del palcoscenico e inizia a firmare autografi.

'Diego non viene', ripete la ragazza, insensibile al sette bianconero. Poi, invece, la giovane mezzapunta smette di parlare col grande Zito, si volta, ride per una battuta di Elano e si dirige verso il suo pubblico. 'Diego è arrivato', la ragazza non ha piú occhi per nessun altro, e io sono costretto a pensare se e quando questa esclamazione si rinnoverá sui quotidiani europei.
Dovesse bagnarsi con la pioggia di Londra o confondersi nell'anonimato di Manchester o Liverpool, pronosticheremmo la nomina a baronetto. Ma in Italia? Diego non puó correre e muoversi come una seconda punta classica, questo è certo. E, forse, piú di un tecnico italiano reclamerebbe maggiore dinamismo dal ragazzo: nelle situazioni di transizione o mezzo contropiede scordatevi che parta palla al piede e dopo 30-40 metri arrivi a concludere, anzi, si fida poco della sua corsa e dopo alcuni passi appoggia l'esterno al cuoio e alza la testa per leggere l'azione. Negli ultimi venti metri, peró, puó essere letale a tutte le latitudini: è svelto ( tira in un amen, si coordina all'istante), ha una tecnica fenomenale e la giusta capacitá di inventare giocate geniali in maniera continua durante il match. Il che non significa che non partecipi al gioco nel resto del campo: puó illuminare ovunque. In piú, nonostante i gridolini delle fans, che in mancanza della sua presenza si accontentano di baciare la copertina dei giornali non solo sportivi dove il Nostro, capelli lunghi sulla fronte e occhi stretti, simula la faccia da duro (ma il risultato resta a metá tra la pubblicitá L'Oreal dei parrucchieri e un dettaglio leoniano da spaghetti western), Diego , come urlerebbe qualcuno al primo anello di San Siro, non é un 'fighetto'. Anzi, sempre per rimanere al codice sansiresco, 'è uno che mette la gamba': possiede un buon tackle, anche per la compatta formazione fisica, e, piú importante, un'ottima predisposizione ad eseguirlo, come ci conferma Alessandro Penna, uno che il futebol brasiliano lo mastica davvero, come certificano le sue cronache sul Guerin Sportivo.

A questo punto, peró, appare l'asterisco, che semplifichiamo nella locuzione (o file) 'Questione Carnevale'. Sí, perché per il giornalista europeo l'acquisto
di un brasiliano possiede un grado di rischio legato alla volontá di passare il febbraio sopra un carro allegorico e in una scuola di samba, oppure, senza doppiare il viaggio di Cabral, il garotinho viene considerato eccessivamente scrupoloso sulla quantitá di cachaca (o di pinga) nella caipirinha, specie quando le lancette dell'orologio ricominciano a girare dall'inizio. 'Ehi, te lo ricordi Edmundo?' Qui peró interviene l'ingombrante figura del padre a proteggerlo, anche se temiamo che sará molto piú delicato (doloroso e pericoloso insieme) il distacco dal genitore, quando e se avverrá, rispetto a qualunque décolletés siringato di una showgirl in cerca di copertine. A suo favore potrebbe, paradossalmente, giocare l'esperienza dell'eliminazione nel torneo pre-olimpico, quando la preparazione della squadra brasiliana, costituita da molti santisti, era fatta piú con le pistole ad acqua che con il pallone. Diego, dopo la brutta esperienza, si é presentato in televisione quasi a implorare perdono dal suo Paese, e le sue lacrime ci sono sembrate vere. Diego non é una bufala, ma un prospetto di grande giocatore, il problema é che non dipende solo da lui: sono cosí tante le societá che avrebbero cura per il proprio investimento milionario?

Carlo Pizzigoni

1 commento:

Brahma ha detto...

Grande Carlo! siamo in due. Pensa che in questi giorni giro con in borsa il numero 1268 di Placar dove c'è Diego in copertina(Marzo 2004)e l'ho mostrato a un pò di bella gente...
Abraço