12 maggio 2008

Libertadores - quarti di finale

La chiamano “Champions del Sud America”, ma il paragone non regge. La Libertadores offre sì il miglior calcio del continente, come succede da noi con il torneo di metà settimana, però rispetto alla giostra dell’Uefa ci sono meno lustrini e più sostanza. Ecco, solo le trasferte basterebbero per distinguere le due competizioni, e non solo per le distanze, che sono abbissali (dal Messico alla Terra del Fuoco è lunga…). Giocare in altura, poi passare al livello del mare, e soprattutto sfidare in stadi mitici e capienti squadroni che ti accolgono senza scopiazzare Haendel, ma con cori non proprio da educande.
IL CONTINENTE - La Libertadores è affare per duri veri, e arrivare in fondo non significa solo produrre il miglior calcio, ma tenere testa a tutti i fattori extra-calcistici che abbiamo elencato. Oggi ne sono rimaste 8, con le potenze del “Continente” (Brasile, Argentina e Messico) che la fanno un po’ troppo da padrone con 7 rappresentanti. Unica intrusa, la Liga di Quito. Rispetto al’anno scorso, spriscono quindi le cilene (via Borghi, terminerà il ciclo del colo Colo?), le colombiane, la paraguayane e le uruguagie (il Nacional Montevideo meritava però l’accesso).
LE FAVORITE - Otto squadre sopravvissute ai destini ineffabili della Libertadores, quest’anno più ballerini che mai. Le rimonte di America e San Lorenzo su Flamengo e River Plate bastano per un romanzo corposo, e illustrano bene cos’è la Copa. Il pronostico rimane apertissimo, anche se finora le due pauliste Santos e San Paolo hanno offerto sensazione di solidità, pur non offrendo un calcio esteticamente troppo presentabile, specie la squadra di Adriano, che a queste latitudini è giunto proprio per offrire prestazioni degne di nota in copa Libertadores. A queste “favorite” si deve aggiungere il Boca Juniors, che questa competizione l’ha vinta per ben sei volte, l’ultima proprio l’anno scorso grazie a un super Riquelme.
Carlo Pizzigoni
Fonte: Gazzetta.it

Quarti: America - Santos

AMERICA - Per l’America di Città del Messico è una delle stagioni più deludenti della storia: solo il regolamento del campionato messicano, che manda in seconda divisione chi ha la media punti peggiore degli ultimi tre anni, la mantiene nell’élite del calcio del Paese. Poi, il guizzo. Che si legge Maracanazo. Ecco, la portata dell’impresa dell’America non avrà lo stesso peso specifico del Mondiale del ’50 con la sconfitta subita dalla Seleção per mano dell’Uruguay, però i tifosi del Flamengo si ricorderanno a lungo di questi ottavi di finale. Vittoria Rubronegra in terra azteca per 4-2, ritorno a Rio nello stadio dei sogni: 3-0 per i messicani! Il segreto del successo? Guidati da un allenatore ad interim (dimesso Ruben Romano e panchina affidata a Juan Antonio Luna), la differenza l’ha fatta ancora una volta Salvador Cabañas, eletto miglior giocatore del Sudamerica nel 2007, attaccante multifunzionale di straordinaria efficacia: un vero peccato che il Torino, che si era interessato al giocatore nella scorsa estate, non abbia proseguito il corteggiamento.

SANTOS - Emerson Leão è tornato a Vila Belmiro per rinnovare i fasti degli anni d'oro del Santos di Diego e Robinho, che proprio l’ex portiere ha visto crescere. Missione compiuta, almeno per ora, in Libertadores. Nonostante giovani di buona prospettiva Leão va con l’usato sicuro: giocatori di sostanza in mezzo al campo (Rodrigo Souto e Marcinho Guerreiro), il carisma di Fabio Costa in porta, le invenzioni di Mauricio Molina e una macchina da gol come Kleber Pereira davanti: riscoprirlo a più di 32 anni è ingeneroso, avrebbe meritato una carriera più celebrata, e l’ultimo lustro passato a gonfiare reti in Messico lo dimostra. Tutta gente non di primo pelo, che sa barcamenarsi tra le insidie di questo torneo.

San Paolo - Fluminense

SAN PAOLO - Eliminato dal Palmeiras dello stregone Luxemburgo nel campionato Paulista, il San Paolo continua la sua marcia in Libertadores. L’estetica dei suoi match non è mai apprezzatissima ma i passi avanti ci sono, altrimenti non avrebbe eliminato una squadra come il Nacional Montevideo di quest’anno, una delle migliori sorprese del torneo. Più vulnerabile dietro e comunque meno incisiva in fase difensiva (nonostante Alex Silva), la squadra di Muricy ha un potenziale offensivo enorme che ha in Adriano un elemento chiave. La brillantezza va e viene, l’istinto rimane e cresce la voglia di tornare ai vecchi fasti: intanto, piazza gol decisivi. Chiaro che un bell’aiuto giunge da Jorge Wagner, giocatore sopra la media che l’Europa non ha capito e valorizzato per quanto meritava; e dal redivivo Hernanes, giovane di belle speranze che pareva perso e che in questa stagione ha ritrovato una titolarità stabile oltre agli spunti dei bei giorni, quando in molti lo paragonavano a Kakà. Il “derby” brasiliano con il Fluminense ci consegnerà la reale consistenza del Tricolor, che ha sempre nel suo portiere goleador, Rogerio Ceni, il simbolo e l’anima di tutta la squadra.

FLUMINENSE - Ci scommettevano in pochi e invece il Fluminense è ancora vivo. Anzi, la squadra di Renato Portaluppi (lontane le notti romane) ha offerto un buon calcio, almeno nella prima parte della manifestazione. Negli ottavi, è subentrato un futebol un po’ più speculativo: soprattutto, è mancata la stellina Thiago Neves, numero 10 classe 1985 avvicinato da tanti club europei, sonoramente fischiato nell’ultima uscita al Maracanã contro il Nacional di Medellin, eliminato non senza patemi. Iniziato il torneo con il fu fiorentino Leandro Amaral (chi se lo ricorda nella stagione della Viola targata Terim poi Mancini?), poi finito al Vasco, ora l’attacco è sulle spalle di Dodo e Washington (visto anche in Giappone negli Urawa Red Diamonds che sfidarono il Milan nel Campionato del Mondo per Club), ma Renato ha scoperto anche il valore di Cicero in mezzo al campo che regala parecchio equilibrio alla squadra.

Boca Juniors - Atlas


BOCA JUNIORS - Barcolla ma non molla, il Boca Juniors. Criticato continuamente, e spesso a ragione, ritrova più nella celeberrima garra che negli esercizi tattici dell’allenatore Carlos Ischia l’arma per non affondare, in campionato e soprattutto in Libertadores. Nonostante i de profundis il Boca è ancora vivo, e va a vincere al Minerão dopo aver bastonato il Cruzeiro del capocannoniere boliviano (e molto ricercato al di qua dell’Atlantico) Marcelo Moreno alla Bombonera (squalificata nell’occasione per il ferimento di un guardalinee: sarà di nuovo disponibile forse solo in caso di finale). Le firme? Le solite. Il Pa-Pa funziona ancora: Palermo e Palacio. Il cervello rimane Juan Roman Riquelme che, se fisicamente integro, a queste latitudini e in questo sistema fa ampiamente la differenza. Ischia, tecnico cresciuto all’ombra di Carlitos Bianchi (e, pare, proprio da lui consigliato), sperimenta un po’ troppo e con difensori giovani come Maidana e Paletta (di grande prospettiva ma ancora troppo acerbi). Forse non sarebbe il caso: meglio, molto meglio la squadra è andata con Morel (imprescindibile) e Caceres.

ATLAS - Pronosticata fuori già dalla fase a gironi, l'Atlas Guadalajara si è lasciato alle spalle il quotatissimo Colo Colo di (all’epoca) Claudio Borghi e il Boca Juniors. Poi, giunto agli ottavi, gli Zorros han fatto fuori il Lanus del celebrato Diego Valeri oltre che di Lautaro Acosta e Sebastián Blanco. Anima argentina, anzi proprio xeneize: a capo della truppa c’è l’ex giocatore e tecnico azul y oro Miguel Brindisi, davanti Bruno Marioni, sedotto e abbandonato due stagioni fa dalla Bombonera e riscopertosi bomber a Guadalajara, lui che proprio a sud degli Stati Uniti si è costruito la fama di cecchino, tra Pumas e Toluca. Vendetta, tremenda vendetta è l’occasione che ora si presenta ai due ex avvelenati: nei quarti incontreranno proprio il Boca Juniors. Brindisi propone il suo calcio fatto di densità difensiva a oltranza e contropiede. Una mano gliela danno i precisi e potenti lanci del portiere uruguagio Jorge Bava, che rilancia sempre e subito per le punte, adattissime a questa modalità di gioco: a dare una mano a Marioni troviamo Jorge Achucarro e Ulises Mendevil.

San Lorenzo - Liga di Quito


SAN LORENZO - Un autentico miracolo tiene in corsa il San Lorenzo di Ramon Diaz. Sotto di due gol e in nove per le espulsioni di Bottinelli e Rivero negli ottavi al Monumental contro il River Plate di Simeone, trova una doppietta di Gonzalo Bergessio ed è di nuovo in vita. Bergessio fa parte di una colonia di “rimpatriati”, delusi dall’esperienza all’estero e tornati a casa, che comprende anche Daniel Bilos (Saint Etienne e America di Città del Messico) e Andres D’Alessandro (Wolfsburg e Saragozza, più il pesante fardello di Nuovo Diego). Se questi ultimi stanno facendo fatica, lo stesso non si può dire di Bergessio, e il miracolo del Monumental è una fotografia paradigmatica dell’assunto. Dopo un buon passaggio nel disastrato (allora come oggi) Racing Avellneda, di lui si innamorano i portoghesi del Benfica che lo bloccano per cinque anni. Ma in Europa il suo passaggio è etereo (tre presenze) , e l’inversione a U lo riporta in patria, ma al Boedo. Ramon Diaz, che non ha certo fatto della manovra elaborata il suo marchio di fabbrica, ringrazia.

LIGA DI QUITO - Partita come sempre a fari spenti, la Liga di Quito ha piazzato un 6-1 contro l’Arsenal di Sarandi (pessima la campagna della squadra creata da Grondona), che ha messo le cose in chiaro. Giocare ai 2850 metri della capitale ecuadoriana certo aiuta, ma l’organizzazione della Liga fa il resto, anche se l’eliminazione dell’Estudiantes passa pure per il mezzo errore dell’ex Palermo Mariano Andujar nella partita di ritorno, dopo che in cima alle Ande i padroni di casa avevano accumulato due reti di vantaggio. La Liga, che comanda il torneo del suo Paese, ha una mente e un braccio argentino: alla guida della squadra c’è Edgardo Bauza, la fantasia è assicurata da Damian Manso, un passaggio anche in Corsica (Bastia) e in Tracia (Xanthi).

Carlo Pizzigoni

fonte: gazzetta.it

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