Il Portogallo è un mistero. Accovacciato all’estremo dell’Europa, guarda l’Atlantico e pare gire le spalle al Continente. “Ah, c’è anche il Portogallo!” Sì, in Europa si tende sempre a dimenticarsi dei lusitani, non li si incontra ma in giro e hanno pochissima visibilità in ogni cosa che fanno. Secoli fa i portoghesi si imbarcavano su una nave e attraccavano in qualche posto sconosciuto del mondo, Sudamerica, Asia, Africa: traversate memorabili che non hanno prodotto quei frutti che altre nazioni colonialiste possono vantare, anche e soprattutto d’immagine. I portoghesi restano un mistero, con una lingua che tutti fanno fatica a captare e che solo la fantasia dei brasiliani ha reso musicale, e una malinconia di fondo, espressa in pieno nel fado, la musica nazionale, che li accompagna spesso, insieme a quel vento dell’Oceano che non smette di battere le città di mare. Eppure il Portogallo, per chi va più in profondità, diventa un mistero affascinante, unico. Così, nel calcio: dominatori nei Sessanta con continue punte di successo fino ai giorni nostri (e stimo parlando di una nazione di dieci milioni di abitanti) eppure sostanzialmente ignorati dal grande giro mediatico. Tuttavia possono vantare giocatore di primissima fascia e allenatori vincenti quanto pochi. Soprattutto possiedono un sottobosco di tecnici molto preparati con una competenza didattica difficilmente comparabile anche in nazioni calcisticamente più note. Il campionato portoghese è di buonissimo livello, rimane per intenditori, dato lo scarso seguito fuori da i confini ma, assicuriamo, con significati tecnici tutt’altro che banali. Anzi. Il Porto, campione in carica, rimane favorito nonostante l’affare Quaresma. Il 433 di Jesualdo Ferreira, persi giocatori chiave come Paulo Assunçao(Atletico Madrid) e Bosingwa (Chelsea), dovrà essere rivisto e le difficoltà risiedono soprattutto in mezzo al campo in cui la maglia da affiancare a quella di Lucho Gonzalez e Raul Meireles è ancora in bilico tra Guarin (ex Saint Etienne) e Tomas Costa (Rosario Central). Saponaru prenderà posto a destra ma di Bosingwa non ha certamente la facilità nel proporsi sulla fascia. Davanti il botto con l’ispiratissimo uruguayo Rodriguez, di proprietà del PSG, la scorsa stagione in prestito al Benfica e quest’anno acquisito a titolo definitivo dai Dragoni. Il Benfica ha scelto la rivoluzione dopo la disastrosa stagione dell’anno passato. Il neo DS Rui Costa ha scelto l’ex Valencia Quique Flores in panchina per tornare a dare quadratura alla squadra più amata del Paese. Nelle prime uscite il tecnico spagnolo, al di là delle scommesse Aimar e Reyes, ha mostrato una squadra lineare che ricerca un pressing alto, non sempre, per ora, convincente. Sanguinosa la perdita in mezzo al campo di Petit, anima della squadra in questi anni, ma la scelta di fare tabula rasa lo imponeva, anche se gli attuali titolari Yebda (Le Mans) e Carlos Martins (Recreativo Huelva), non paiono opzioni all’altezza e nelle prime uscite hanno mostrato scarsa precisione negli appoggi, fondamentale importante soprattutto in questo nuovo 4411, dove la certezza rimane il centravanti Oscar Cardozo. Pochi cambiamenti, fra la disapprovazione dei tifosi, in casa Sporting, con l’arrivo di Rochemback che doveva sostituire uno dei pezzi da novanta del club (Joao Moutinho e Miguel Veloso) che prima o poi partiranno. Ora restano e giocano. Sono stati proprio i Leoni a portare a casa il primo trofeo della stagione(supercoppa col Porto), grazie a un ispirato Djalò ma i mugugni all’Alvalade sono ancora tanti. La stagione post- scandalo arbitri che ha retrocesso il Boavista resta un enigma. Affascinante. Portoghese.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo
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