10 aprile 2007

[figura] Pepe





Da Maceió al tetto del mondo. No, no, non è la storia di Mario Zagallo, che dalla capitale dello stato dell’Alagoas, Nordest del Brasile, è diventato un grande del calcio mondiale ed è ancora adesso un maestro venerato. Questa è una storia che riguarda l’oggi, una versione riveduta e corretta del mito di Zagallo, anche se mantiene come luogo di gestazione Maceió e un destino che molti pronosticano roseo. Képler Laveran Lima Ferreira è il nuovo protagonista, il mondo lo sta imparando a conoscere come Pepe. Un giornale spagnolo, uno inglese e uno italiano, a rotazione, stanno, ormai da mesi, ipotizzando scenari per pronosticare quella che appare una certa dipartita del difensore centrale brasiliano da Porto, squadra dove quest’anno Pepe ha trovato la definitiva affermazione continentale, sfiorando, con gli azul e branco, di estromettere il Chelsea dalla Champions’. Ma questo è il finale del racconto, quello che ci narra di un difensore sicuro, forte di testa, alto ma molto agile, più coordinato e pulito negli interventi della maggior parte dei big mondiali del ruolo. Se torniamo indietro lo rivediamo giovanissimo a tirare calci a un pallone nel Corinthians Alagoas (che ovviamente non c’entra nulla con il Corinthians di San Paolo, la squadra più amata, dopo il Flamengo, di tutto il Brasile, presidente Lula in testa). Ora, se da questo stato uscì un campione come Zagallo, chissà quanti altri buoni giocatori può mettere in mostra. Bene, nell’ultimo campionato brasiliano, i calciatori di serie A provenienti da questo micro stato vicino Bahia erano zero (sic). “Promettente quel lungagnone, lo portiamo a casa noi”: a 18 anni si accorgono di lui solo dall’altra parte dell’Oceano, e non è proprio un top team. Col volo Varig atterriamo a Funchal nell’arcipelago di Madeira, al club del Marítimo. Nel primo anno ci scaldiamo con la squadra giovanile, ma a più di un tecnico viene un sussulto: “è pronto”. Nella stagione d’esordio gioca quattro partite, l’anno dopo è titolare ben 29 volte, mette due gol (altra specialità della casa) ed è schierato quasi sempre da difensore ma anche da centrocampista e, addirittura, una volta pure al centro dell’attacco. Il Porto gioca come spesso gli capita d’anticipo e nel 2004 lo porta in continente per due milioni di euro. Co Adriaanse è il tecnico della svolta: l’olandese lo riconosce come centrale del futuro ma anche del presente e, a testimonianza di ciò, una leggenda dello spogliatoio biancoblù, Jorge Costa, viene gentilmente invitato a svernare da un’altra parte. L’indicazione di Adriaanse è chiara: Pepe è un difensore moderno che assomma anche la caratteristica di essere un buon lettore di situazioni, caratteristica fondamentale per giocare la difesa a tre, a sistema puro, cioè senza esterni che continuano ad abbassarsi sull’ultima linea. Il resto è cronaca, con il presidente Pinto da Costa che ad ogni richiesta proveniente dall’Europa più nobile fa montare il prezzo del cartellino del giocatore: oggi non bastano nemmeno venti milioni di euro.
Pepe sarebbe brasiliano, sarebbe un centrale difensivo: perché non veste l’amarelinha? La gloriosa casacca verde oro l’ha sfiorata solo una volta quando Ricardo Gomes lo voleva nell’under 23 che doveva vincere le Olimpiadi e che invece nemmeno si qualificò per Atene. Poi, interruzioni delle trasmissioni per Pepe, e ancora adesso, si rivoltano le squadre più impensate per trovare un centrale difensivo decente mentre se ne avrebbe uno pronto per l’uso immediato. “Beh, allora basta, voglio giocare per il Portogallo!” ha precisato Pepe, che ha la cittadinanza lusitana, e per rincarare la dose contro Dunga, prima dello scontro tra le due nazionali ha chiamato i giornalisti per far sapere al mondo che lui avrebbe tifato per gli europei. Il Ct Scolari rimane in ascolto, certo che Ricardo Carvalho e Jorge Andrade, gli attuali titolari, sono una garanzia. Si vedrà.
Una bella storia, quindi, dopo Zagallo un altro maceioense che sfonda per davvero. Bella storia, ma non proprio limpida. Dal Corinthians di Alagoas è passato anche Deco, prima di venire in Europa, all’Alverca: è passato solamente, non ha mai giocato. Altri giocatori di discreto livello hanno fatto la stessa strada, Serginho Baiano, ad esempio, ora al Nacional, sempre nell’arcipelago colonizzato dai portoghesi. Quantomeno strano. La chiave di volta di tutti questi misteri risponde al nome di Antonio Araújo. Araújo è un brasiliano attualmente sotto l’occhio del ciclone in Portogallo per lo scandalo legato alla corruzione arbitrale, il cosiddetto caso “Apito dourado” (fischio d’oro, letteralmente). Un caso ancora non chiuso, pieno di polemiche, smentite e contro smentite. Sembra che tra le altre cose Araújo organizzasse a Madeira un bel dopo cena per gli arbitri, che si intrattenevano con giovani ragazze molto disponibili: nelle intercettazioni le chiama “frutas”, il nobiluomo. Le conversazioni coinvolgono in qualche modo anche Pinto da Costa. Lo stesso presidente del Porto che ha sganciato i due milioni per Pepe. Due milioni che però non sembrano essere andati tutti nelle casse del Maritimo. La metà della cifra qualcuno sostiene essere stata ceduta ad Araújo, “rappresentante” del Corinthians di Alagoas nelle trattative e, secondo più fonti, all’epoca ancora proprietario del 50 per cento del cartellino. “Tutte balle” sostiene Carlos Pereira, presidente dei rosso verdi dell’isola, “quei due milioni sono finiti solo a noi.” Il fisco portoghese vuole vederci più chiaro e sta ancora indagando. Tutta l’Europa che si occupa d’altro ha già visto: Pepe è davvero bravo.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo

2 commenti:

Antonio Giusto ha detto...

Articolo già apprezzato sul GS.

Pepe lo notai quando segnò una doppietta in Champions, nella fase a gironi. Il regazzo ha i numeri per diventare un ottimo difensore, cosa che implica l'addio al Porto.

Carlo, una curiosità: sei un appassionato del calcio portoghese?

Carlo Pizzigoni ha detto...

Me ne occupo sul GS da un po' di tempo. E' un calcio che mi ha sempre affascinato. Negli ultimi anni, poi, ho seguito con interesse lo sviluppo formativo dei tecnici, sempre più scrupolosi tatticamente. Mi piace poi molto questa patina di calcio di frontiera che spesso gli viene sovrapposta.