09 gennaio 2006

[figura] Trond Sollied


Nell'estate del 2003 feci un tour per le diverse città ( e squadre di calcio) del Belgio. Rimasi favorevolmente colpito da Trond Sollied (foto a fianco) di cui mi avevano già parlato molto bene. Ora allena l'Olympiacos che domina il campionato greco, ha portato al Pireo Yaya Touré, talento ivoriano cristallino, fratello del difensore dell'Arsenal, e ha firmato per la prossima stagione anche un altro ivoriano, altrettanto talentuoso, Marco Né del Beveren, uno che se riesce a raggiungere un minimo di solidità mentale è destinato all'élite mondiale.
All'epoca Sollied allenava un Bruges che avrebbe espugnato San Siro in Champions'. Era il giorno di Ferragosto, c'erano 18 (diciotto) gradi e un piccolo seguito a vedere l'allenamento della squadra. A bordo campo incontrai un assonnato Van der Elst (foto sotto), indimenticato eroe di un Belgio che faceva la storia.
"Sono qui - mi disse - per assistere all'allenamento di Sollied, è sempre molto interessante quello che fa." Si fermò a parlare con me una decina di minuti, poi l'arrivo di una splendida bionda, capello lungo sciolto e visino nordico, lo trascinò via. Oh, ma non era interessante l'allenamento?
Questo l'articolo che scrissi per il Guerin Sportivo:

Forse è quel cielo terso che qui a Bruges copre le case coi tetti spioventi, accarezza l’erba verdissima e rende ogni cosa più nitida, come in un quadretto che ricorda tanto il Nord e rievoca la sua Norvegia. I top club europei,però, che l’anno prossimo, alla scadenza del contratto, se lo contenderanno si limitano a riconoscere che Trond Sollied è un professionista serio e capace e se l’insistenza della federazione norvegese non dovesse convincerlo appieno (quest’anno è giunta a proporgli il part-time) sicuramente lo vedremo su una panchina importante.
Sollied, cresciuto alla convincente scuola Rosenborg ha azzeccato tutte le mosse anche qui, in una città che spasima per il Cercle, l’altra squadra cittadina, e si lascia solo incuriosire dai successi dei Blauw en Zwart, che beneficiano quindi dell’arma della tranquillità, anche se il tecnico norvegese, che ha portato definitivamente la squadra nell’élite del calcio belga e di quello continentale, preferisce quella dell’organizzazione di gioco. Sollied è da sempre fedele al 433, ma questo tipo di presentazione non precisa la complessità delle variabili che, secondo un’esegesi spiccia, possono qualificarsi così: squadra corta e compatta, decisione nel ripartire e nell’accompagnare (la linea a 4 dietro grazie alle letture di un talento come Rozehnal non si stacca mai dagli altri reparti) e continuità di concentrazione: tutti, attaccanti compresi (quindi anche l’eccentrico bomber Mendoza), devono partecipare alla fase di non possesso. Il calcio, per Sollied, uno che non vende fumo, non sarà scienza ma non può e non deve essere esercizio di improvvisazione per 11 uomini. Il riscontro è nell’approccio mentale dei due giocatori simbolo del Club Brugge, Verheyen e da Van der Heyden, che solo una cultura superficialmente spettacolare del gioco, in voga nei circoli televisivi, non riesce ad esaltare.

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