26 maggio 2007

[analisi] San Lorenzo




Il ritmo del Tango è sincopato. Una veloce discesa agli inferi e una immediata resurrezione, nelle pieghe del mastice del bandoneón, lo strumento che lo accompagna e ne segna il tempo. La storia del Tango ha vissuto la tappa fondamentale della sua genesi al Boedo, quartiere di Buenos Aires, celebrato anche in “Sur”, un classico del repertorio dei tangueros, in cui si menziona proprio l’angolo che interseca questo “Barrio” alla via San Juan. Il quartiere del tango, ora meno povero di allora ma sempre suggestivo, profondo e pieno di fascino propone un altro passatempo popolare, la squadra del San Lorenzo. El Ciclón, che sta conducendo il campionato Clausura di quest’anno, ha vissuto il più incredibile dei rivolgimenti in stile tango, una “ripresa” degna di un passaggio di Astor Piazzolla. All’inferno e ritorno: se l’anno scorso la squadra con praticamente i medesimi elementi viaggiava nell’anonimato della classifica, quest’anno il Boedo deve solo guardarsi indietro. Il merito principale di questa rivoluzione prima di tutto mentale è da appuntare al petto di Ramon Angel Diaz, indimenticabile centravanti, allenatore sempre sottovalutato e spesso svillaneggiato, nonostante vittorie importanti come la Libertadores col River Plate. Dopo aver raggiunto traguardi notevoli (anche cinque campionati vinti col “Millo”), sceglie l’Inghilterra di frontiera e accetta l’invito dell’Oxford Athletic, non esattamente una pennellata d’oro sulla sua immagine. Ai più pare veramente uno scherzo, probabilmente erano veri, verissimi gli accrediti mensili sul conto. Della storia che sarebbe stata quella l’unica possibilità di ingresso nel Vecchio Continente, facciamo volentieri a meno. Toccata e fuga.“Vuelvo al Sur”, tanto per spolverare un altro diamante di Piazzolla, poteva pure canticchiare Diaz rinnegando la perfida Albione e osservando compiaciuto, una volta riaccomodatosi davanti al profumo dell’asado, il frettoloso modificarsi della considerazione (specie mediatica) nei suoi confronti: da barzelletta a racconto epico, lo stile è stato decisamente rivisto.
Un racconto di vita che sarebbe piaciuto a Osvaldo Soriano, grande tifoso del Ciclón. Probabilmente Soriano avrebbe indagato anche l’altra faccia della luna del San Lorenzo: Oscar Ruggeri (una puntata della sua carriera anche sul Conero: meno che memorabile), l’ex allenatore sanlorencista, che da una squadra piena di talento ha ottenuto davvero poco. E quest’anno era pure iniziata una grande contestazione a squadra e giocatori: nel mirino il “Pocho” Lavezzi, grande scoperta di Preziosi anni fa, prima che una valigetta sospetta mandasse all’aria la promozione del Genoa in Serie A e di conseguenza il volo intercontinentale dell’attaccante esterno. Lavezzi al principio del Clausura 2007 era sulla strada per Nuñez, il River cercava un esterno della sua classe. “Pesetero”, l’unico insulto riportabile rivolto al “Pocho” dalla tifoseria azulgrana. E invece no, Lavezzi rimane, e conduce il San Lorenzo lassù: le sue sgroppate e i suoi uno contro uno sono sempre vincenti: fisicamente massiccio quest’anno vede con regolarità anche la porta e Basile lo ha già vestito di Albiceleste. Novità importanti rispetto al campionato concluso ad inizio anno non ce ne sono eppure oggi con Diaz la squadra vola. Più convinto Fernandez: la “Gata” ritorna quello del River, un giocatore davvero interessante e che aveva giustificato l’investimento dei messicani del Monterrey (maglia Rayados). Tornato sui prolifici livelli “messicani” pure Andres Silvera: a Monterrey, però sponda Tigres, ricordano ancora con nostalgia i suoi gol. Questi tre sono stati già schierati tutti assieme in un tridente mascherato che ha dato ottimi frutti, anche perché si è riusciti a mantenere equilibrio tra i reparti. La fase di copertura è assicurata dai polmoni e dalla testa di Cristian Ledesma, vera anima del “Pelado” in campo, anche lui finito sulla lista del “Coco” Basile per le doti di recuperatore di palla. La scelta dell’ex centravanti dell’Inter trapattoniana di puntare su Agustín Orión in porta, ha pagato: sostituire Saja, finito in Brasile, non era facile anche perché l’ex Brescia al Boedo era calcisticamente nato e cresciuto. Dietro, molto bene anche Sebastián Méndez e Jonathan Bottinelli, che ha visto il suo borsino europeo salire di quotazioni, anche considerando l’anno di nascita, il 1984.
I puristi però storcono un po’ il naso: c’è poca continuità di gioco, anche tempi interi in cui si fa enorme fatica contro chiunque. Eppure il calcio di Diaz è sempre stato così e, considerazione non proprio accessoria, è sempre stato vincente. Davanti sono i giocatori a leggere le situazioni che la difesa oppone e a comportarsi di conseguenza, niente metodicità, però fiducia, grande fiducia nei suoi uomini: l’ex compagno di Baggio a Firenze è entrato sotto pelle ai suoi ragazzi, che giocano finalmente senza paura, rischiano quando devono e ottengono il massimo anche grazie a situazioni che possono solo superficialmente essere considerate fortunate. Crederci vale sempre un rimpallo in più. L’elemento motivazionale è risultato chiave in questa squadra da troppo tempo vittima di paure ingiustificate. Gli alti e bassi del Boca Juniors autorizzano a pensare in grande, ma non c’è da fidarsi ancora dell’Estudiantes del “Cholo” Simeone, all’ennesima conferma: il suo status di allenatore d’élite continua a crescere in maniera inversamente proporzionale al valore delle sue squadre, non certo di primissima fascia. Boca permettendo, quindi, altri due ex Inter alla conquista del titolo: quest’anno va di moda il nerazzurro.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo

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