11 gennaio 2012

Messi Tri-Pallone d'oro e quelli che malpensano





Pensare e scrivere un articolo “contro” Lionel Messi, nel giorno in cui riceve il terzo Pallone d’Oro consecutivo, è affare per masochisti. Il piccolo-grande Leo è un super in campo e, fuori, una calamita di aggettivi non superlativi: umile, misurato, sobrio. Però, come sosteneva quel genio tedesco, dato che è ormai difficile trovare posto dalla parte dei fan, ci sediamo nei palchetti deserti del torto e, tra realtà e finzione, ricostruiamo i fumetti di quelli che malpensano di Leo. Il primo è certamente quello che lo ha accompagnato in tutte le premiazioni, lo ha osservato sempre dai gradini più basso dell’ipotetico podio:
Xavi. “ Bravo Leo, ma io che gioco 15 metri più indietro, faccio girare questa squadra che appartiene già alla leggenda perché devo accontentarmi di un paio di sottolineature, prima dell’immancabile “però uno come Messi...” ? Caro Leo, poi, se le Coppe blaugrana le abbiamo alzato insieme, tu ci mettevi i gol, io gli assist e la regia, come la mettiamo coi Mondiali? Io e Andres lo abbiamo dominato e non mi pare di averti visto in campo con la maglia rosso fuoco, anzi, se ricordo bene avevi abbandonato da un po’ il Sudafrica, mentre noi ci passavamo quell’oggettino d’oro massiccio. In più, ci lasci sempre il lavoro sporco: per farti rendere al massimo abbiamo dovuto spedire a Milano quel tipo svedese che ti toglieva spazio. Però mentre tu ti chiudevi nello stanzino con Pep per criticarlo, noi lo abbiamo affrontato occhi negli occhi. E ora ti godi la solitudine del nostro attacco.”

Un altro che avrebbe due o tre cose da dire a Messi, gioca ora dall’altra parte del Mondo, in Nuova Zelanda, all’Auckland City FC, ma ha ricevuto da Leo diversi assist quando entrambi frequentavano il Mini Estadi, focolare del Barça B, fucina dei talenti blaugrana. Si chiama Manel Exposito. “ Complimenti Leo, però anch’io nel mio piccolo, ho vinto la Champions. D’accordo, è quella dell’Oceania, e mentre palleggiavamo all’ombra del Camp Nou, mi immaginavo qualcosa di diverso. Però qui sono un idolo, anche se fuori dal campo di allenamento faccio fatica a trovare una palla sferica: qui la allungano e se la passano con le mani, pare siano anche bravini nell’esercizio. Sarò franco: una parolina, tu che sei buono e giusto, alla persona giusta, per farmi abbandonare queste lande e acchiappare un’opportunità europea, potresti anche spenderla. Eri il più piccolo tra noi, eppure con la maglia blaugrana addosso, i tuoi assist sono diventati gol grazie al fiuto del sottoscritto...

Spegniamo l’invidia dei colleghi, eccellenti o meno, e indoviniamo le pretese di tanti tifosi al di là dell’Atlantico. Prima l’hincha del Newell’s, la squadra del cuore di Messi.
“ Sei di Rosario e, bontà tua, hai sempre preferito noi lebbrosi (nomignolo dei supporter rossoneri) alle canaglie del Central. Hai cominciato con la nostra maglia, nelle giovanili, e forse potevi rimanere qualche anno in più con noi. Lo so, dicono tutti che sei andato in Spagna per curarti. Però il tuo medico, che è un nostro tifoso, ci disse che a quel tipo di disfunzione poteva provvedere anche da qui. E poi non capiamo perché tu debba scegliere l’Inter quando giochi con la playstation! Puoi rimediare però: Perché non ci metti per iscritto che terminerai la carriera qui? Dopo il Loco Bielsa, a cui abbiamo dedicato lo stadio, e il “Tata” Martino, che ha rifiutato la Colombia per tornare da noi, quest’anno, se vinci qualcosa col Newell’s potrai diventare finalmente un idolo, almeno qui, lontano dai porteños di Buenos Aires...

Il neo-tri-Pallone d’Oro è l’argentino più amato del Mondo, fuori dall’Argentina. Conta il carattere schivo, non esattamente un’abitudine fra i vialoni di Buenos Aires, ma è la criptonite della maglia della Seleccion che ha fatto disamorare i più. Quando indossa il bianco-celeste Messi smette di essere decisivo e, perso in giocate individuali velleitarie, abbandona i super poteri. Fuori dall’Argentina è consacrato non solo erede di Maradona, ma addirittura in corsia di sorpasso su Diego, in Patria non tiene la targa di Carlitos Tevez, il giocatore nettamente più amato dal popolo, ora impegnato in partite di golf e pranzi luculliani con fotografi al seguito. Caro Leo, com’è che l’Altro con un’armata brancaleone al seguito ci ha portato sul tetto del Mondo e tu, che hai al servizio giocatori veri, non riesci nemmeno a renderci competitivi ( dobbiamo ricordarti che abbiamo lasciato l’ultima Copa America, organizzata in casa, alla provincia uruguaya?)?

Un sorriso quasi imbarazzato ha accompagnato a Zurigo Messi nel sollevamento del Pallone d’Oro, specialità in cui eccelle. Noi, quelli che malpensano, lo abbiamo scambiato per un ghigno, nei nostri confronti e in quello di quei pochissimi pazzi che non credono che Lionel Messi sia oggi il più grande giocatore del Mondo. E un domani potremmo probabilmente anche abolire il carattere transitorio dell’assunto, per renderlo assoluto ed eterno.

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Giornale del Popolo - Lugano del 10 gennaio 2012

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