Gli USA sono stati eliminati dall'Austria nei quarti di finale dei Mondiali Giovanili in Canada (e appena possibile cerchero' di scrivere un recap su questo match che ho visto allo stadio di Toronto). Pero', seppure favoriti, gli States portano a casa buone indicazioni per il futuro. Ho scritto il pezzo di seguito sul Giornale del Popolo (che ha sede a Lugano, in Svizzera) nei giorni scorsi, per cercare di trovare alcune di queste indicazioni.
My Way. La via degli Stati Uniti al calcio e' differente, ed e' forse
stata definitivamente tracciata. Dopo aver scimmiottato l'Europa,
ricercato negli altri sport, specie i piu' diffusi negli States, i
valori e modelli di riferimento, il Team USA ritorna ad avere una sua,
precipua identita'. La predicava tempo fa Bruce Arena, selezionatore
Stars and Stripes in un grande mondiale Nippo-Coreano, per poi
dimenticarsene in quello successivo, quando il grande numero di
giocatori che hanno attraversato l'Atlantico per la pagnotta hanno
pesato troppo all'interno dello spogliatoio. Il calcio statunitense ha
metodo, disciplina tattica e forza fisica: lo stanno dimostrando i
ragazzi dell'under 20 impegnati nei campionati mondiali giovanili,
gia' giunti ai quarti di finale con la preziosa scorta di due scalpi
celebri, il Brasile (nel girone eliminatorio) e l'Uruguay negli ottavi
giocati l'altra notte. Proprio in questo ultimo match si sono
evidenziati i limiti e la forza di un calcio che puo' crescere solo se
mantiene un'idea precisa di gioco e di applicazione. La disciplina
tattica della squadra di coach Thomas Rongen e' esemplare, e non deve
essere un caso che il tecnico sia olandese (cittadinanza, questa, che
di norma certifica un tipo di calcio rigoroso), anche se ormai vive
negli Usa dalla fine degli anni Settanta. Rongen vuole un 442 come
recita il manuale e in questo i giovani gli regalano un'applicazione
ferrea: paradigmatico come a inizio partita i giocatori prendano una
posizione precisa in campo, quasi fosse un primo down da conquistare
nel football americano. Diversi giovani schierati sono ai primi anni
di professionismo (quasi tutti nella Major League Soccer, la rinata
lega americana di calcio) e alcuni stanno ancora frequentando il
College, dove, secondo tradizione americana, lo sport ha spazi
importanti.
La cura dell'aspetto fisico e' importante e molto curato (anche per
l'esperienza maturata negli altri sport americani, basket e football
su tutti) ma e' naturale che a questi giovani difetti l'esperienza:
manca la malizia e a volte si trascende in totale sconsideratezza.
Nella partita degli ottavi, gli americani avevano di fronte l'Uruguay,
squadra giovane solo sulla carta: la maggior parte dei giovani guidati
da Gustavo Ferrin ha esperienza di prima squadra in un campioanto duro
come quello uruguagio, quando non esperienza internazionale: Mathias
Cardaccio ha giocato da leader la Libertadores col Nacional
Montavideo, facendo pure una bella figura, Luis Suarez gioca nel
Groningen, in Olanda, ed ha gia' indossato la Celeste dei "grandi", lo
stesso dicasi per Edison Cavani (novello Batistuta) che a Palermo,
nella serie A italiana, ha fatto gia' la differenza in alcuni match.
L'esperienza conta, e infatti grazie a una bella giocata di Suarez e,
a seguito di un colpo di testa di Cavani, a una mezza papera del
portiere Usa Perk (gioca a UCLA), l'Uruguay ha artigliato il
vantaggio, senza sostanzialmente rischiare nulla dietro. Ecco, pero',
spuntare l'eccezione: negli Usa c'e' un ragazzo (anche se alcuni
ironizzano sulla sua carta d'identita', non noi) differente dai
compagni: l'unico che accarezza la palla, che la gioca di esterno con
tranquillita', che anche (se non soprattutto) spalle alla porta "vede"
gioco, e lo apre, trovando spazi dove non esistevano. Freddy Adu e'
ghanese, ha il passo rapido. una frequenza di appoggi veloce, e una
cadenza di corsa tipica dell'africano dell'Ovest, la zona dove e' piu'
sviluppato questo sport nel Continente Nero. Adu sprona i compagni, ha
carisma, protesta con l'arbitro per ottenere crediti, e nella parte
finale del match riesce a spaventare gli Uruguay andando a cercare un
rigore che poteva anche essere concesso e calciando un angolo sul
secondo palo dove palesemente per tutta la partita Irrazabal, il
portiere uruguagio, ha avuto difficolta': uscita alta imperfetta,
mischia e poi gol del pareggio.La rete che fa sognare gli States e li
quota gia' ora come favoriti per la partita dei quarti contro
l'Austria (vincitrice del Gambia per 2-1) e' siglato da Michael
Bradley, mediano di metacampo, forte fisicamente e geometricamente
buono ( e' lui il delegato alla ricezione della palla dai difensori
che da' il la all'inizio dell'azione da dietro degli Usa) che gioca in
Olanda...Esperienza? Esperienza. Quella che e' mancata al Brasile nel
difficile match con la Spagna: in vantaggio, a una decina di minuti
dal termine si sono fatti uccellare da Javi Garcia che ha calciato una
punizione dal limite quando ancora il portiere Cassio stava sistemando
la barriera... Poi sono crollati. Mancanza di esperienza unito, in
questo caso, a non-gioco assoluto: Nelson Rodrigues, CT del Brasile,
dovra' spiegare come con una serie di talenti (Pato su tutti, ma non
e' il solo) si possa andare a casa negli ottavi dopo aver preso sei
gol dalla Polonia ed essersi qualificati come migliore terza nel
girone eliminatorio. O trova buoni avvocati o (forse) prende la strada
del Qatar, dove non si trova ( e non si cerca) identita' nel calcio,
esattamente come nelle nazioni piu' evolute calcisticamente dell'area
asiatica: qui in Canada non ne e' rimasta piu' nessuna (eliminato
anche il Giappone, dopo l'harakiri perpetuato quando avevano due gol
di vantaggio). "For what is a man, what has he got? If not himself,
then he has naught" Se non e' se stesso, l'uomo non conta nulla,
cantava Sinatra. Vale anche per le squadre, Frank.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: Giornale del Popolo, Lugano
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