Questa settimana al Bar si leggono le opere di uno dei più grandi uomini del nostro tempo.
La luna è più pallida di un'attrice, e ti piange, New York;
cercando di vederti attraverso i ponti a brandelli,
e si china per udire il timbro falso
della tua voce troppo raffinata
i cui canti non si odono più!
(...)
Come sono state distrutte, come sono crollate,
quelle grandi e possenti torri di ghiaccio e d'acciaio,
fuse da quale terrore e da quale miracolo?
Quali fuochi, quali luci hanno smembrato,
nella collera bianca della loro accusa,
quelle torri d'argento e d'acciaio?
...
Le ceneri delle torri distrutte si mescolano ancora alle volute del fumo,
velando le tue esequie nella loro bruma;
e scrivono il tuo epitaffio di braci:
Questa fu una città
che si vestiva di biglietti di banca...
...era senza cuore come un taxi,
aveva occhi altocoturnati talvolta blu come il gin,
e li inchiodava, ogni giorno della sua vita
sul cuore dei suoi sei milioni di poveri.
Ora è morta nel terrore d'una improvvisa contemplazione,
annegata nelle acque del proprio pozzo avvelenato.
(1947)
da Thomas Merton, Immagini per un'apocalisse: Nelle rovine di New York in Poesie, Garzanti, Milano 1962
*Sul comodino non può mancare "La montagna dalle sette balze" di Merton.
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