Lo dice chiaramente Gian Piero Gasperini, nella conferenza stampa post partita: “questa squadra, secondo me, non può più giocare come negli anni vincenti, non ha più gli uomini per ripartire velocemente, difendere e ripartire.” La frase è chiara e nel seguito, Gasp sottolinea i suoi propositi: “ dovremo essere un poco più alti, un po' più compatti, l'azione deve partire da dietro, o la palla deve essere recuperate più alta: stiamo lavorando per questo.” Questo approccio lo pone in diretta contrapposizione con un suo sfortunato predecessore: Rafa Benitez credeva in un 442, più o meno mascherato da 4231 (un refrain della sua carriera, d'altronde), per rianimare questa squadra dopo il Triplete. Un progetto sostanzialmente fallito. Gasperini prova con diverse modalità e approccio a strutturare la squadra, modificando anche di partita in partita il sistema di gioco, un po' per far rendere al meglio i suoi uomini, un po' perché deve trovare un'identità precisa.
Con la Roma, il processo (dopo un mercato lunghissimo e sempre col sottofondo di polemiche molto spesso pretestuose) è cominciato dalle fondamenta. Dopo i buchi in zona centrale nella partita contro il Palermo, contro la Roma la difesa schierata con tre difensori puri (Lucio-Samuel-Ranocchia)ha rischiato solo in rare occasioni. Interssante la marcatura quasi a uomo nella zona di Ranocchia e Lucio, e in generale la presa di consegna di un uomo nella fase difensiva anche dai centrocampisti, un po' alla maniera di van Gaal. Il giro palla dei giallorossi è stato lasciato sbollire lontano dalla zona pericolosa: la palla non è mai stata cacciata alta,ma si è preferito la copertura e il raddoppio. L'obiettivo era non retrocedere troppo con i tre dietro, non appiattirsi: salvo alcune situazioni, tra primo e secondo tempo (dove Gasp ha sofferto di più il possesso romanista), la squadra è rimasta concentrata e attenta. Non prendere gol rimaneva un dogma, a questo è stato anche sacrificato un certo tipo di accompagnamento nella ripartenza: con Gasperini si dovrà studiare meglio la fase di rimorchio dei centrocampisti.
352 spurio, quasi un 3142 con Cambiasso sempre davanti alla difesa, a cercare di infastidire Totti, che partiva dal ruolo di centravanti ma si abbassava tantissimo, favorendo il possesso ma alcune volte anche a scapito della pericolosità nei 16 metri. Sneijder in una posizione ibrida tra il centrocampista e il rifinitore, Forlan praticamente da seconda punta e Milito riferimento offensivo. La squadra è rimasta spesso compatta, le rare volte, specie nel primo tempo, in cui è uscita a blizzare con un pressing alto (Zanetti, Nagatomo) è scivolata bene all'indietro: si tuazione che dovrà essere ripetuta con maggiore frequenza e consapevolezza nelle proprie capacità. Difficoltà a costruire da dietro, specialmente nel secondo tempo. Nella prima frazione, nonostante il pressing alto della Roma, l'opzione Sneijder era sempre disponibile (anzi: più volte l'olandese si è lamentato della mancata ricezione) e i difensori lo hanno trovato, dopo è diventato più difficile, il numero 10 si è abbassato meno, e i difensori sono andati più volte in affanno, sparacchiando palle lunghe.
Il possesso palla della Roma è stato molto lodato da critica e tifosi. In generale c'è molto entusiasmo rispetto a questo modalità, non solo all'interno dell'ambiente giallorosso. Contro l'Inter, si è però di nuovo palesata la mancanza di un riferimento credibile, in mezzo. Inoltre, il solo Totti, abbassandosi, ha trovato l'uomo nello spazio in verticale. Borini e Osvaldo non hanno concluso tanto, anzi. Il pressing ultra offensivo voluto da Luis Enrique ha messo più volte in difficoltà l'Inter: manca ancora però un'adeguata seconda fase: dopo il superamento della prima linea, l'Inter ha avuto diverse situazioni di transizione quasi in parità numerica; c'è da lavorare, ma la linea è tracciata. I due terzini adattati, Perrotta e Taddei, oltre che in appoggio al possesso, sono serviti anche per accorciare sulle fasce: opzione interessante, anche se poi, nel finale di partita la Roma ha sofferto moltissimo a sinistra, con Zarate che ha più volte saltato Taddei nell'uno contro uno (dando origine, anche, all'azione più pericolosa della gara, con Sneijder che ha colpito a botta sicura da posizione favorevole all'interno dell'area di rigore).
Il cambio Forlan-Muntari ha acceso le critiche di stampa e tifosi. Tuttavia, l'ingresso del ghanese ha ridato equilibrio all'Inter (spostamento di Sneijder a seconda punta, con Zarate però comunque largo). Tutto ciò ha dimostrato, al di là di mille congetture, che il tecnico pensa (eventaualmente sbaglia) solo con la propria testa, senza obbedire a diktat dall'alto, come conferma pure la scelta di Alvarez spedito in tribuna. I giocatori appaiono col tecnico, disponibili ad assecondare una nuova via, necessaria per rilanciare la squadra dopo i successi degli anni passati.
I due tecnici hanno le idee chiare sul progetto da costruire, sono ancora all'altezza delle fondamenta e reclamano tempo e pazienza.
INTER-ROMA 0-0
INTER (3-5-2): Julio Cesar; Lucio, Samuel, Ranocchia; Nagatomo, Zanetti, Cambiasso, Sneijder, Obi (dal 17’ s.t. Jonathan); Milito (dal 13’ s.t. Zarate), Forlan (dal 34’ s.t. Muntari). (Castellazzi, Bianchetti, Castaignos, Pazzini). All. Gasperini.
ROMA (4-3-3): Stekelenburg (dal 17’ p.t. Lobont); Perrotta, Burdisso, Kjaer, Taddei; De Rossi, Pizarro (dal 13’ s.t Gago), Pjanic; Osvaldo, Totti, Borini (dal 33’ s.t. Borriello). (Cassetti, Rosi, Heinze, Bojan). All. Luis Enrique.
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