Le ultime uscite dell'Inter avevano illuso che si fossero consolidate certezze all'interno del progetto nerazzurro. E in effetti in campionato l'ultima prova di Bologna è stata molto buona: sicurezza e organizzazione. Il problema è che il Barça è una squadra unica e giocare nell'ampio Nou Camp le regala anche notevoli vantaggi, psicologici e tecnici. C'è ampio dibattito su come si debba cercare di fermare i Blau-Grana in casa propria. L'Inter di Mourinho sceglie di giocarsela uscendo palla al piede, evitando il lancio lungo e il gioco diretto sulle punte, seguendo la nuova mentalità suggerita dalla società allo Special One: più palla a terra, e in quest'ottica si legge anche la rinuncia a un attaccante come Ibrahimovic. La scelta dei centrocampisti è tutta discutibile, ma è ovvio che in nerazzurro si sta assistendo a una rivoluzione che non ha ancora visto la fine, anzi: il percorso è appena iniziato. Tornando alla gara del Nou Camp, le assenze di Ibra e Messi hanno forse illuso molti ma, quantunque giocatori di altissima levatura, non sono il Barça. Il Barça ha una filosofia di squadra che non può mutare, specie se in campo ci sono fenomeni come Xavi e Iniesta, giocatori-chiave ancor di più degli attaccanti assenti. Il Barcellona ha dominato la partita, non tanto per le occasioni da gol (in fin dei conti non così tante) quanto per come ha disposto dell'avversario, a piacimento, tanto per testimoniare come il Barça sia, anche da questo punto di vista, "più di un club", appartiene a un'altra galassia ( e questo, i Moratti di questa terra dovrebbero riconoscerlo a mente fredda, non si costruisce in un anno). Cercare di battere il Barça sul proprio campo, quello del palleggio, mi pare davvero impossibile, almeno oggi. Vero che nella partita di andata l'Inter aveva giocato un buon venti minuti di possesso palla ordinato e efficace, mettendo sotto il Barça. Ma la differenza l'ha fatta il pressing ultra-offensivo dell'altra sera, facilitato (bestemmia) dalla non presenza in campo soprattutto di un giocatore come Ibra: Pedrito e Henry (anche questo Henry) sono più funzionali per una situazione di pressing rispetto allo svedese. Inoltre, proprio non disponendo di un appoggio sicuro come Ibra davanti devi riconquistare palla il più alto possibile e Guardiola ha esasperato il suo pressing offensivo, già di norma abbastanza alto (secondo me la vera arma in più targata Pep, nel Barça che possiede una filosofia definita almeno dopo l'era Cruijff). La pressione del Barça non è solo esercitata nei confronti dei giocatori più vicini alla palla ma è necessario che la linea difensiva (davvero ottimo Piqué) sia altissima nei momenti giusti, per ridurre lo spazio tra le linee. I giocatori riconoscono quando devono salire per pressare o scivolare per riequilibrare. Una volta riconquistata palla il Barça, grazie alla qualità che possiede, la gira come vuole, allarga il campo, trova spazio ovunque, sa dove e quando entrare, con giocatori che, tranne rarissime eccezioni, hanno capacità di calcio, anche lungo, molto preciso e buone doti di corsa.
C'è di più: subire questo tipo di gioco, essere al centro del "torello" è altamente frustrante, specie per una squadra che si considera legittimamente di alto livello, e l'autostima si autodistrugge quando si prende il gol dopo aver continuamente barcollato.
Il 2-0 di Pedrito: la filosofia del Barça
Nessun commento:
Posta un commento