Ricominciare da capo è complicato. L’Egitto è il Paese guida del mondo arabo, culturalmente, prima ancora che politicamente o economicamente. Dopo l’entusiasmo dei giorni di Piazza Tahrir, è ora il momento di costruire il post Mubarak, con tutte le difficoltà e le pressioni interne e internazionali, anche quelle oscure. C’è da ricominciare anche nel calcio, vera passione degli egiziani, proponendo un modello nuovo. Per dare un chiaro segnale, la Federazione (forse su imbeccata extrasportiva) ha scelto un CT statunitense, Bob Bradley, ex direttore tecnico del team USA, apprezzato insegnante di calcio, per costruire la Nazionale del futuro, dopo la débâcle della mancata qualificazione alla Coppa d’Africa. I Nuovi Faraoni si intravedono già, da Hegazy a Salah, da El-Nenny a Sobhy, solo per citare i più talentuosi, tutti tra 19 e 20 anni. E per loro un probante banco di prova sarà il campionato nazionale che è iniziato lo scorso week end. E’ interessante notare come questi ragazzi debutteranno in squadre di non elevato rango, al riparo dalle troppe pressioni che si respirano invece negli squadroni. Ma se l’Al Ahly, campione d’Egitto ininterrottamente dal 2004, ha comunque pensato a un ringiovanimento della rosa e a una programmazione a medio termine, lo Zamalek deve vincere, subito.
Per riuscirci ha richiamato uno dei suoi figli prediletti, Hassan Shehata, il tecnico tre volte campione d’Africa con l’Egitto (2006-2008-2010). Grande centrocampista, proprio dei “Bianchi” del Cairo (anche se la squadra formalmente è di Giza, la località dove sorgono le piramidi più note dell’Egitto), Shehata ha iniziato la carriera da allenatore senza grandi exploits. Nel 2004 la Federazione, stufa di Marco Tardelli si affida a lui: più di qualcuno racconta che, oltre al suo curriculum da calciatore, abbia contato, ai fini dell’ingaggio, anche la sua amicizia con Gamal Mubarak, potentissimo figlio del presidente dell’Egitto oggi incriminato. Shehata però stupisce tutti. I suoi metodi non saranno all’avanguardia, né i suoi modi molto liberal, ma il gruppo che crea raggiunge il massimo dei risultati, vincendo in serie (chiude con 59 partite vinte e solo 18 sconfitte). Il CT assomiglia più a uno di quei grigi burocrati che troviamo nei romanzi di Ala Al-Aswani che a un allenatore di livello, eppure i risultati sono dalla sua, e lui non manca di ringraziare il regime per il continuo appoggio, tanto che qualche lingua lunga inizia a chiamare i Faraoni con un nuovo nome: “Selezione del Partito Democratico Nazionale”, quello, ovviamente, di Hosni Mubarak. Come vivesse in simbiosi col passato, la Nazionale si sfalda alle prime picconate della Rivoluzione. La Mummia Mubarak (83 anni, 30 anni di governo del Paese) si è portato via anche i Faraoni. Shehata, inviso a tanti appassionati, proprio per questa “vicinanza” al Rais, poteva ripartire solo da casa sua, dallo Zamalek. Una partenza stentata la sua, però. Alla prima occasione ha subito fallito, perdendo la finale di Coppa d’Egitto con il non irresistibile ENPPI. E una partenza non scevra da polemiche, visto che alla sua corte ha voluto quello che per anni è stato il giocatore copertina degli acerrimi rivali cittadini dell’Al Ahly, l’icona sportiva Ahmed Assan. Scaricato dai rossi del Cairo, Ahmed, apprezzato fantasista all’Anderlecht, ha scelto di prendersi la rivincita col club maggiormente assetato di vittorie: lo Zamalek continua a sopportare i festeggiamenti dei rivali che, oltre a vincere in Patria, negli ultimi due lustri hanno messo in bacheca quattro Champions africane. L’anno passato si è vissuta l’ennesima umiliazione, con i Bianchi avanti nettamente in campionato prima dello stop dovuto alla Rivoluzione e la rimonta in classifica subito nella prosecuzione del torneo. Quest'anno si deve vincere: così si giustifica anche l’ingaggio di Mido, lui pure cresciuto nello Zamalek. L’ex Roma ha avuto la carriera internazionale stroncata proprio da Shehata, che lo sostituì nella Coppa d’Africa del 2006, giocata in casa, e si prese gli insulti dal bizzoso attaccante (vedi video sotto): Mido fu allontanato come un reprobo e lì si capì chi e cosa rappresentava il CT. Oggi ripartono, insieme, anche loro. Come il Nuovo Egitto.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: Extra Time - Gazzetta dello Sport del 18 ottobre 2011
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