L'Inter, dopo 45 anni, ritorna sul tetto d'Europa, dopo un'incredibile serie di peripezie. Ci ritorna dopo aver battuto l'élite del football continentale: i campioni d'Inghilterra (Chelsea), quelli di Spagna (Barcellona) e, in finale, il Bayern re di Germania. La squadra italiana è certo cresciuta mentalmente e, nelle sfide decisive, ha trovato una superiorità tecnico tattica che gli ha permesso di spuntarla: l'Inter di José Mourinho ha grande consapevolezza, vive di certezze e riesce a cambiare faccia a seconda dell'avversario, riuscendo magnificamente ad adattarsi ad ogni situazione. Non è la migliore squadra europea né per profondità di rosa né per qualità, questo è evidente, però riesce sempre ad avere una identità chiara durante la partita ed è un vantaggio che unito al forte spirito di gruppo ha portato la squadra dello Special One alla vittoria anche nell'ultimo match.
COMPATTEZZA E RADDOPPI DEI NERAZZURRI. L'Inter non ha a disposizione l'unico uomo - Thiago Motta - che può pulire le giocate nella prima fase di costruzione dell'azione, e considerato anche che non deve dare spazio a Olic (utilizzato da prima punta è stato il giocatore chiave della stagione del Bayern) Mourinho sceglie di giocare con tanta densità davanti alla difesa; ciò gli serve pure per i raddoppi su Robben (a triplicare ci penserà l'attaccante). L'olandese è l'uomo che può cambiare la partita per i bavaresi e parte quasi sempre palla al piede e in uno contro uno: Chivu è solo il primo ostacolo, l'Inter deve fare in modo che il rumeno sia costantemente supportato, per questo è importantissimo non concedere mai la transizione primaria al Bayern: Robben deve partire da fermo e il centrocampista e/o la punta devono essere pronti a raddoppiare. L'obiettivo è quasi sempre raggiunto: il Bayern gira palla orizzontalmente ma non muove mai la difesa a sufficienza e, soprattutto, non coglie mai impreparata la parte sinistra dove agisce Robben: l'olandese è un fuoriclasse, riesce comunque ad avere spunti interessanti sia cercando il passaggio filtrante sia provando il tiro ma non genera mai elevata pericolosità alla retroguardia nerazzurra.
MEDIOCRE TRANSIZIONE BAVARESE. In fase di possesso l'Inter deve trovare la possibilità di fare giocare Diego Milito uno contro uno con i centrali difensivi. Soprattutto, è necessario sfruttare la mediocre transizione difensiva del Bayern, finora coperta da qualche alchimia di van Gaal ma che proprio nei suoi interpreti non ha le caratteristiche per essere efficace. Nei secondi successivi alla perdita di palla, i bianco-rossi non sono sempre decisi nella fase di pressione, soprattutto non sono coordinati: è una fase delicatissima e deve essere sempre precisa, altrimenti la squadra si spacca, con giocatori che si alzano e altri che rinculano, producendo confusione e, soprattutto, spazi che Milito è deputato ad occupare (Sneijder deve essere sempre pronto centralmente a sfruttare e "punire" il primo raddoppio dei tedeschi, che arriva spesso coi tempi sbagliati dai centrocampisti centrali o dai terzini). Proprio la relativa qualità della transizione difensiva del Bayern uccide la partita, producendo occasioni per l'Inter. Non sono solo i gol, è pure il sorgere di dubbi nella testa dei tedeschi, il notare che le cose non funzionano alla perfezione che mina le certezze del Bayern e, di contro, fa crescere la consapevolezza dell'Inter. Non intervengono situazioni che modificano il corso della partita né van Gaal trova antidoti nei cambi. La Coppa va, dopo 45 anni, e meritatamente, alla Milano Nerazzurra.
BAYERN MONACO (4-4-1-1): Butt; Lahm, Van Buyten, Demichelis, Badstuber; Robben, Van Bommel, Schweinsteiger, Altintop (dal 18’ s.t. Klose); Mueller; Olic (dal 38’ s.t. Gomez). (Rensing, Contento, Gorlitz, Pranjic, Tymoshchuk). All. van Gaal.
INTER (4-2-3-1): Julio Cesar; Maicon, Lucio, Samuel, Chivu (dal 23’ s.t.Stankovic); Zanetti, Cambiasso; Eto’o, Sneijder, Pandev (dal 33’ s.t. Muntari); Milito (dal 46’ s.t. Materazzi) (Toldo, Cordoba, Mariga, Balotelli). All. Mourinho.
Gol: Milito al 35′ p.t. e al 25′ s.t.
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