21 aprile 2007

[analisi] Academia Sporting


Sostiene Pereira che quei due ragazzi erano proprio diversi. Certo, arrivarono al campo in periodi differenti e con l’unico tratto comune delle grande classe quando si esibivano con un pallone tra i piedi, sostiene Pereira. Ricorda Pereira, che uno, il più anziano, arrivò a dodici anni all’Academia: fragile, deboluccio, piccolino ma con un senso di responsabilità e un equilibrio da vero adulto. L’altro, il più giovane, era alto e magro, tanto vivace che era impossibile tenerlo fermo, irrequieto: un undicenne estroverso, un ragazzino cresciuto tra le strade di Madeira, dove si era imposto come leader riconosciuto anche dai bambini più grandi. Sostiene Pereira che con il primo ragazzo tutto è filato liscio, naturalmente, mentre con il secondo è stato molto importante l’intervento psicologico che avevano a disposizione all’Academia dello Sporting Club.

Risoluzione facile del crittogramma: i due in questione rispondono al nome di Luis Figo e Cristiano Ronaldo. Entrambi prodotti creati dalle escolinhas dello Sporting, la società di calcio della capitale portoghese che da più di un secolo rivaleggia con il mito cittadino del Benfica. Pereira, ovviamente non è il dottor Pereira, giornalista del" Lisboa" nel romanzo di Antonio Tabucchi, ma avrebbe potuto ugualmente essere uscito dalla penna del celebre scrittore (che però è benfiquista) :un uomo che dall’ombra ha retto, con onestà e competenza, le sorti di quelli che sarebbero diventati grandi giocatori, senza mai una prima pagina dedicata.

Aurelio Pereira, baffo portoghese d’ordinanza, una sessantina d’anni e oltre 35 dedicati ai Leoni dello Sporting, anzi ai leoncini. Perché Pereira, una volta appesi gli scarpini al chiodo ha gestito, organizzato e guidato la prestigiosa Academia della società bianco-verde, costruendo la fortuna di questa società, che da qualche anno viene presa ad esempio, in Europa e nel mondo, per come gestisce e riesce a crescere i suoi piccoli calciatori. Negli ultimi mesi la BBC ha invaso il centro di Alcochete, la bellissima sede dell’Academia a venti minuti d’auto da Lisbona, per carpire il segreto di tanto successo. Successo non decretato da una giuria, ma dall’unico vero giudice in questioni calciofile, la Cassazione: il Campo. Paulo Futre è stato il primo vero campioncino costruito in casa dopo che la società ha scelto di investire nei giovani: tutto cominciò a metà degli anni Settanta con alcuni tornei per ragazzi di 8, 10 e 11 anni. Futre fu seguito da un’altra leggenda Luis Figo, ma i nomi sono tantissimi: il citato Ronaldo, poi, solo per riconoscere i più noti: Quaresma, Simão (oggi, dopo l’infelice passaggio al Barça, è il capitano del Benfica e in quanto a popolarità, tra i meno apprezzati all’Alvalade…), Hugo Viana, Nuno Valente, Caneira (rientrato a “casa”), Boa Morte, Paulo Santos e Miguel (“un ragazzo che mi ha davvero sorpreso, nelle giovanili giocava da centrocampista di costruzione, in seguito si è scoperto laterale di successo” sostiene con un po’ di rimpianto Pereira). Una lista fortemente incompleta, anche perché è al netto dei giocatori dell’ultima generazione, che oggi compongono la struttura base della squadra che sta ancora rivaleggiando con le altre due big portoghesi per aggiudicarsi il titolo (e rimane favoritissima nella coppa nazionale che ha già perso per strada Porto e Benfica). Nani, João Moutinho, Yannick Djálo, Miguel Veloso sono i ventenni più riconosciuti e ammirati ora agli ordini di Paulo Bento, oggi allenatore dei Leoni e con un passato, recente, da coach dei biancoverdi più piccoli. Nani e Moutinho, ormai stabilmente anche nel giro della Selecçao di Felipe Scolari, sono ormai da mesi lusingati dai club dell’aristocrazia europea. A Nani è stato appena rinnovato il contratto, con l’obiettivo di lucidare l’allegato della clausola di rescissione, che oggi dice trenta milioni di euro. Moutinho ha meno talento scenografico, è un mediano che sa giocare, e bene, senza palla ma soprattutto è molto duttile e capace tatticamente: rimane fregato dall’occhio di bue delle telecamere che si incolla alla palla, però, come noto, le verità ultime vengono proclamate dalla tribuna e dalla panchina, e lì il giudizio sul piccolo Joao non va mai sotto il buono. Se Djálo, attaccante- mezzapunta dai grandi mezzi atletici e tecnici sta guadagnando spazio e visibilità, Miguel Veloso, difensore centrale riciclatosi alla grande davanti alla difesa, ha da poco abbandonato l’oblio che gli era stato imposto per una mancata firma sul rinnovo. Perché all’Alvalade saranno pure orgogliosi delle belle parole che hanno tutti per il loro sistema e della riconoscenza che, ad esempio, Cristiano Ronaldo continua a dimostrare, però proprio da fessi non vogliono passare, e hanno tirato fuori gli artigli per controbattere ai sempre più intraprendenti manager dei giocatori.

E’ sempre più difficile trovare, crescere e difendere i propri gioielli, specie i più preziosi. Per farlo sono necessarie strutture adeguate ma anche conoscenze e voglia di rischiare, anche economicamente, su giovani e giovanissimi.

“Avevamo un credito con il Nacional di Madeira: circa 250.000 euro- sostiene Pereira. Un giocatore chiamato Franco aveva iniziato nella nostra Accademia e aveva poi firmato per loro: quei soldi ci spettavano per diritti di formazione. Loro però non potevano o volevano pagare: ci offrirono un ragazzino di undici anni. “Vediamolo” dissi. Arrivò per una settimana, in prova, e strabiliò tutti, tecnica e personalità. Il direttore finanziario del club mi prese per matto: “se lo vuole, mi deve assicurare che arriverà in prima squadra...” Gli risposi che avrebbe fatto ancora di più, e il contratto di Cristiano Ronaldo fu siglato.”

Sostiene Pereira che quel giovane avrebbe dominato e insieme ad altri giovani provenienti dalla scuola dello Sporting avrebbe fatto molto bene nel mondo.

Quel pomeriggio, sostiene Pereira, fece un sogno. Un sogno bellissimo, riguardo ai suoi giovani, riguardo al suo Paese. Ma preferisce non rivelarlo, perché i sogni non si devono rivelare, sostiene. Ammette solo che era felice. Noi lo abbiamo forse indovinato, e non vogliamo togliere l’incantesimo. Certo, aspettare ancora tre anni…

CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo



1 commento:

Antonio Giusto ha detto...

So che l'articolo parla delle giovanili dello Sporting, ma vedendo Pauleta nella "copertina" del video a inizio articolo mi sono domandato cosa avrebbe potuto combinare il Portogallo degli ultimi anni con, chessò, Toni e Van Nistelrooy al posto di Pauleta e Nuno Gomes. Forse adesso i campioni del mondo sarebbero loro.