Sempre Brasile, ma non più Brasile. E’ l’onda verde oro ad agitarsi sotto la coppa “Juventud de America”, il torneo continentale under 20 quest’anno svoltosi non senza complicazioni in Paraguay, ma i crismi della vittoria in stile futebol bailado devono essere ricercate altrove. Inoltre, se è vero, che negli ultimi lustri le squadre brasiliane sono cresciute anche tatticamente, certo non lo hanno dimostrato in questo torneo portato a casa grazie a feroci ripartenze, volontà, grande attenzione nelle situazioni di palla ferma e qualche lampo limpidissimo di talento dei suoi interpreti. Su tutti, l’annunciato Alexandre Pato, di due anni sotto il par richiesto per la partecipazione (credeteci: è un 1989), ha sonnecchiato per diverse parti del torneo ma ha esploso, di tanto in tanto, accelerazioni palla al piede e colpi di testa da lasciare di sale gli astanti, l’incisione del tabellino viene di conseguenza. Sintetizzo: assolutamente completo, questo menino dell’Internacional che ha fatto cadere in deliquio tutto il Vecchio Continente. Certo, deve esser più presente nel match e deve essere maggiormente collaborativo con la squadra, però la carta d’identità è dalla sua. Il classico 4222 brasiliano ha mostrato altre gemme, a cominciare dal capitano, Lucas. Già stella nascente nell’ottimo campionato del Gremio, comparso a dismisura nelle tabelle del calciomercato dei giornali, anche di casa nostra, Lucas è un buon interditore che ha un fiuto del gol smisurato (alla fine chiuderà la classifica marcatori a 4, solo un gol meno di Pato e tre del capocannoniere Cavani): buono nell’inserimento senza palla, è esiziale nelle mischie derivanti da calci d’angolo o punizioni. Molto bene anche il terzino sinistro Carlinhos, facilità di calcio invidiabile e buon fisico, il portiere Cassio, incredibilmente eletto titolare solo nel girone finale, e la mezzapunta Tcho, cambio di direzione elegante e efficace e bel tiro secco, schierata sempre col contagocce dal non impeccabile Nelson Rodrigues. Si qualifica per le olimpiadi di Pechino (erano solo due i posti disponibili) anche l’Argentina, e anche qui, Eupalla, dio breriano del football, ci ha messo del suo. A differenza del Brasile, Hugo Tocalli, storico collaboratore di José Pekerman, è alla continua ricerca di un’identità che trova solo a tratti. Continua a modificare la difesa( benino Cahais e Fazio, appena firmato dal Siviglia), ha la fortuna di scovare il baby attaccante Mouche, grande movimento e buona educazione con la palla, ma non trova un equilibrio definitivo. Ever Banega, super talento del Boca (“ha la mia stessa filosofia di gioco, anche se siamo un po’ diversi” dirà Fernando Gago, a cui il giovane bostero è stato già paragonato), baricentro basso, grande controllo di palla e inventiva superiore, incide parecchio anche se non riesce ad accendere tutta la squadra, profondamente delusa dalle prestazioni Moralez, speranza del Racing Avellaneda. Ottime prestazioni di Ismael Sosa e di Di Maria, entrambi con evidente talento e buon fisico che, con un affinamento calibrato, possono mirare a palcoscenici molto illuminati. Sono Cile e Uruguay, qualificatesi comunque per il mondiale di categoria che si disputerà a luglio in Canada, le squadre a cui tocca il rammarico maggiore. Entrambe hanno sviluppato un buon calcio, hanno messo in mostra buoni giocatori, ma ingenuità colossali gli hanno impedito il traguardo più prestigioso. L’Uruguay, addirittura, ha perso la qualificazione a Pechino nel recupero dell’ultima partita con i cugini del Rio de La Plata. Una disdetta, anche se le ultime apparizioni della Celeste sembravano le pallide copie di quelle ostentate a inizio torneo. Esegesi: si sono fermati davanti Cavani, l’ottimo esterno dell’Udinese Juan Surraco, forse eccessivo nella ricerca dell’uno contro uno, e l’ingegno di Gerardo Vonder Putten; la garra e la voglia nel reparto difesa e recupero non è mancata mai (menzione d’onore per il centrale difensivo Martín Cáceres e per il centrocampista Mathías Cardaccio). Buon torneo anche per la Rojita del Niño Maravilla, Alexis Sánchez, anch’esso controllato dall’Udinese: nella stagione con il Colo Colo gli è stato rimproverato un egoismo che qui ha mostrato piuttosto contenuto, buon segno. L’altra mezzapunta cilena, Mathías Vidangossy, ha mostrato spunti pregevoli e l’ottenimento del passaporto comunitario (è di origine italiana) dovrebbero fargli salutare le Ande molto presto. Molto bene pure il centrocampista Dagoberto Currimilla, corsa ma anche qualità, e il portiere Cristopher Toselli, anche se a brillare è stata la squadra nel suo equilibrato 3421, rivoluzionato solo nell’harakiri finale contro il Paraguay. I padroni di casa hanno evidenziato, se non qualità, molta voglia, addirittura eccessiva quella di Montiel (lui pure adottato dal Friuli e già battezzato in serie A) che nella partita decisiva contro il Brasile ha sfiorato più volte l’espulsione e una volta coltala si è tolto la maglia e l’ha scaraventata per terra inveendo contro l’arbitro. Ultima nota per la Colombia campione uscente, partita benissimo (2-1 all’Argentina nell’esordio), è crollata nel girone finale dove ha racimolato la miseria di un punto. In maglia gialla da segnalare una delle più belle realtà del torneo, la mezzapunta Juan Pablo Pino, gran controllo di palla, velocità, fisico, fantasia e tiro: è già in Europa.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: Guerin Sportivo
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