Terminato il Torneo Interliga in Messico ("Rumbo a la Libertadores") è definito il quadro delle partecipanti alla prossima copa Libertadores. Il recento invito alla competizione delle squadre messicane ha ancor più colorito e reso interessante sotto il profilo tecnico la copa. Recentemente ho scoperto il campionato messicano, il grande interesse di pubblico che lo circonda e il buon livello dei match. Nella presentazione della Copa Libertadores dell'anno scorso fatta per il Guerin Sportivo io e Alessandro Penna abbiamo sottolineato il definitivo approdo all'élite del futbol mexicano. Ripropongo di seguito il pezzo, scritto a quattro mani in una località segretissima.
Scordatevi la Champions’. La Libertadores è una coppa brutta, sporca e cattiva, senza jingle introduttivi e strette di mano. Figlia legittima della Copa Rio de La Plata, che incrociava le scudettate di Argentina e Uruguay, spunta nel 1960 e intitola se stessa agli eroi che liberarono il Continente dai ceppi del Colonialismo. Il vernissage finisce nella bacheca del Peñarol, per la gioia dei dirigenti aurinegros che più di tutti si erano prodigati per la nascita della competizione. Nel 1962 comincia il “balletto bianco” del Santos di Pelé poi la leggenda si arresta e irrompe la cronaca, anche quella nera. Risse, minacce, imboscate, comida avvelenata, notti rese bianche da tifosi dediti a rumorose serenate sotto le finestre delle squadre ospiti: sono gli ingredienti e il contorno della coppa più indigesta del globo.
Quest’anno abbiamo appena attraversato il primo girone, e già si contano vittime illustri: è caduto il San Lorenzo, squadra zeppa di talenti con la testa già in Europa (il genoano Lavezzi, l’esterno Zabaleta, il centrale Garcia, i folletti Peirone e Barrientos); sono affondate le uruguagie Danubio, Penarol e Nacional, crollate tutte le peruviane. Sopravvissuti a fatica i campioni uscenti dell’Once Caldas, rimangono le sorprese “accademiche” dell’Universidad de Chile e della Liga Deportiva Universitaria di Quito, oltre al solito (e solido) Cerro Porteno. Poi, gli storici blocchi del Brasile (4 times), dell’Argentina ( 3 club) e il nuovo modello economico-futbolistico del Messico (3 compagini). Tra le brasiliane, a secco dal ’99, Santos e Sao Paulo sembrano attrezzate per festeggiare: il Peixe punta sull’infinita vena di Robinho e sull’istinto matador di Deivid; i tricolori guidati dal “Sergentao” Paulo Autuori, attesi negli ottavi dai cuginastri del Palmeiras, su meccanismi consolidati e sugli sprazzi di Grafite. L’Atletico Paranaense è in crisi nera: ha appena silurato il tecnico Edinho (ex idolo del Friuli), è penultimo nel Brasilerao (3 sconfitte in 3 jogos), ha affittato la panchina a Borba Filho, professione osservatore. L’Argentina rivede il luccichio della coppa solo dal Monumental. Il River, infatti, macina il calcio più fotogenico del Continente grazie soprattutto alla giocate del miglior Gallardo di sempre e a un organico di una profondità difficilmente rintracciabile altrove: Mascherano e Lucho Gonzalez vogliono congedarsi con la pancia piena, l’ex palermitano Farias, la Gata Fernandez e l’ultimo Salas assicurano tabellini movimentati. Miscela maldosata, invece, alla Bombonera, dove stentano a convivere la vecchia guardia di Bianchi (Guillermo Barros Schelotto, Cascini, Cagna, Palermo) e giovani virgulti come Palacio e la sensazione Fernando Gago. Le idee del tecnico Benitez non combaciano perfettamente con la tradizione dei bosteros che prevede la garra avanti a tutto. Il Banfield, con il portiere Barbosa troppo attratto dalle sirene europee (anche Arsenal e Inter nel gruppo), è la gradita sorpresa che ha messo alla porta, andando a vincere a domicilio, la storia dell’Alianza Lima. Infine, Arriba Mexico! Chivas Guadalajara, Tigres e i deb del Pachuca aggiungono chili alla coda della manifestazione. I felini di Monterrey giocano un calcio lineare di appoggi corti, davanti delegano i punteros argentini Walter Gaitan, Andres Silvera e Sixto Peralta (ex Inter e Toro). L’altro Messico spera più nei lampi individuali: l’immortale Borgetti per los Tuzos, Paco Palencia per il Chivas (occhio anche al compagno di reparto, Omar Bravo).
Vuoi vedere che alla fine la coppa si riempie di tequila?
ALESSANDRO PENNA
CARLO PIZZIGONI
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