05 luglio 2011
Copa America - Argentina 2011
Inizia la Copa America. Un impegno come consulente redazionale di Sky non mi permetterà di aggiornare il blog con continuità. Brevi post appariranno sul blog della Gazzetta, Tropico del Calcio
Di seguito, alcuni miei pezzi apparsi sullo speciale del Guerin Sportivo.
COLOMBIA
Chi c’è dopo Brasile e Argentina in Sudamerica? La risposta non può essere resa se non esibendo delle distinzioni temporali. Dietro le due big del subcontinente, tante nazionali si avvicendano, illuminate, di volta in volta, da una buona generazione di giocatori, da una condizione tecnica coerente, da una gestione complessiva migliore. La Colombia è stata la terza forza del Sudamerica negli anni Novanta. Non solo e non tanto perché, in quel periodo, ha avuto una presenza fissa ai Mondiali, dopo che, fin lì, aveva partecipato soltanto all’edizione del 1962 in Cile (peraltro tornando a casa subito), e neppure perché, all’inizio del nuovo Millennio, raggiungeva il risultato più prestigioso della sua storia, la vittoria della Copa América (gol decisivo e trofeo alzato al cielo di Bogotá per il capitano Iván Ramiro Córdoba). La Colombia di quel tempo aveva esportato una idea di calcio, una filosofia di gioco che mescolava le avanguardie europee dell’epoca (in primis la rivoluzione di Arrigo Sacchi e del suo Milan, ma anche gli esperimenti vincenti di Louis van Gaal all’Ajax) con una visione fortemente autoctona del futbol, basata su ritmi bassi. L’uomo-vessillo di questa nuova via è stato Francisco “Pacho” Maturana che, dopo una discreta carriera da difensore, ha guidato la nazionale in diversi periodi dopo aver portato il Nacional di Medellín fino alla conquista della Copa Libertadores, nel 1989, sfiorando poi l’Intercontinentale nell’ormai mitica finale contro il Milan decisa nei supplementari dalla punizione di Alberigo (Chicco) Evani. Figlio della media borghesia, laureato in odontoiatria, amante della buona conversazione ma senza quei tratti snobistici che spesso hanno contraddistinto altri fumosi sudamericani, Maturana ha avuto un ruolo che andava oltre quello del Commissario Tecnico: ha appoggiato tante battaglie per l’istruzione e la cultura ed è stato parlamentare nelle liste dell’M-19, un gruppo della sinistra riformista che si opponeva tanto ai cartelli del narcotraffico quanto ai sedicenti marxisti-leninisti della guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), cercando di mantenere quei brandelli di democrazia che una serie di governi corrotti stava invece definitivamente sfilando.
Nessuna concessione al populismo ideologico e materiale dei boss alla Pablo Escobar, Maturana lottava sostenendo che «il nostro calcio e la nostra società hanno bisogno di maggior cultura» e dopo il barbaro omicidio del calciatore Andrés Escobar, a seguito di un battibecco degenerato in rissa nato con l’accusa di aver causato l’autorete che di fatto aveva eliminato la Colombia da USA 94, Pacho aveva sottolineato come la scelta non fosse frutto solo del caso: «A pagare è stato il più bravo. Andrés aveva tutto. Possedeva le capacità calcistiche, umane e morali per essere un leader. Il colombiano diverso, e nuovo. Un uomo con la “u” maiuscola. Avrebbe dovuto sposarsi con una ragazza intelligente, colta, laureata». La “zona” colombiana di Maturana è fatta di tanta organizzazione, di ritmo basso e avvolgente, di passaggi spesso corti e di prima finalizzati al logorio altrui (fisico e mentale), senza però la rinuncia alla giocata di estro, visto che proprio il Ct confessava che da difensore centrale «non mi negavo dribbling e colpi di tacco, pure nella nostra area». La vittoria dei Cafeteros del 2001 in Copa América è il loro apice, ma anche l’inizio del declino: Maturana non riesce a mantenere una rotta vincente, i suoi successori non ne identificano una chiara, l’appeal del fútbol colombiano termina, cominciano i confronti demoralizzanti, e controproducenti, con l’Età dell’oro. Oggi, Hernán Darío Gómez, primo Ct a portare l’Ecuador ai Mondiali, prova a «riappropriarsi dello stile di gioco colombiano», sostenendo di avere «gli uomini giusti per farlo». Di sicuro, lui è il primo, dato che è stato assistente tecnico di Maturana sia al Nacional sia nella selezione cafetera. “El Bolillo”, come lo chiamano tutti, adotta il 4-1-4-1, una specie di evoluzione del 4-2-2-2 del “Maestro” Maturana, fatto di tanta qualità, dietro e davanti, con Juan Camilo Zúñiga e Pablo Armero a spingere sulle fasce e la concentrazione e l’esperienza di Cristián Zapata e Mario Yepes, che c’era già nel 2001. In attacco sono pronti ad alternarsi Radamel Falcao, cecchino nel Porto, Teófilo Gutiérrez del Racing Avellaneda, e Hugo Rodallega che in Premier League ha salvato il Wigan e con la maglia cafetera ha vinto, da protagonista, un Sudamericano Under 20 contro l’Argentina dell’allora solo promettente Lionel Messi. Uomini in più potrebbero essere quel Fredy Guarín, decisivo lui pure nel finale di stagione del Porto di Andrés Villas-Boas e un attaccante come Dayro Moreno, sedotto e abbandonato dallo Sporting Lisbona e accasatosi alla fine in Messico. Rielaborare il passato, per guardare un futuro vincente: la Colombia ci prova, e può dare fastidio a tante squadre.
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