30 aprile 2011
Thiago Silva: caduta, rinascita e consacrazione del migliore difensore del mondo
Le nottate di Ronaldinho. Il cliché del brasiliano sempre pronto a festeggiare danza
nel pregiudizio di tanti. Non lo scalfiscono nemmeno prove inoppugnabili che la realtà ci fornisce ogni maledetto week end. Se il Milan ha già pronti i preparativi per lo festa scudetto lo deve in buona parte a un’anima silenziosa come Thiago Silva, architrave del Milan di Massimiliano Allegri. Le sue chiusure in velocità esaltano San Siro come e più delle rabonas di Ronaldinho, in fase di costruzione, poi, si illumina il suo piede da centrocampista. Anzi, considerando le proprietà prestipedatorie di Gattuso, Van Bommel, Flamini, Boateng, uomini chiave della metacampo del Milan casciavitt che sta dominando in Italia quest’anno, il destro del carioca è qualcosa che vale oro. Lo dicono anche e soprattutto i dati statistici: nella prima parte di campionato i flussi di gioco (i passaggi eseguiti con maggiore continuità) stimavano la direttrice diretta Thiago- Ibrahimovic come la più frequente, ma i numeri non raccontano ancora tutto; per evidenziare la bontà dei tempi con cui i passaggi giungevano allo svedese basta ricordare che nel rosario blasfemo dello svedese non figura mai, a differenza di tantissimi che quest’anno hanno indossato il rossonero, il nome del il brasiliano, anzi.
La continuità di questo Milan, difensivamente imperforabile vive con la tranquillità di Thiago Silva, dentro e fuori dal campo. Una serenità che nasce dal carattere introverso, dall’educazione e da un ospedale moscovita.
Nel 2004 il Porto arriva, come spesso capita, prima di tanti club sul giocatore: decide di portarlo subito in terra lusitana per testarlo, insieme ad altri brasiliani di belle speranze come Diego e Luis Fabiano. E’ l’anno che deve segnare la ricostruzione dei Dragoni dopo la vittoria della seconda Champions League della sua storia: José Mourinho va a a costruire la storia del Chelsea, tanti giocatori obbediscono a super offerte di top club europei. Pinto da Costa, presidentissimo dei bianco-blu scommette su Gigi Delneri, tecnico che col Chievo ha stupito tanti appassionati e addetti ai lavori. La scommessa naufraga subito: i Dragoni vivono la peggiore stagione della loro storia recente, con tre cambi di panchina. Thiago Silva non si ambienta, gioca solo nella squadra riserve, il freddo e l’umidità della città del nord portoghese gli provocano spesso raffreddore e febbre, e la sottovalutazione di queste condizioni lo segnano. Riconosciuto l’andazzo poco favorevole il Porto acconsente alle richieste della Dinamo Mosca e gli affida il difensore in prestito. Per Thiago è la porta dell’inferno: nella capitale russa il suo fisico già segnato dalle intemperie portoghesi, crolla: si ammala di tubercolosi. “La città era brutta - racconta oggi il difensore -, faceva freddo e io mi sono ammalato. Sono stato in ospedale per sei mesi. Ero dieci chili sopra il mio peso. In ospedale nessuno voleva mangiare ed erano tutti magri, magri come il mio attuale compagno Antonini. Io invece avevo sempre fame". Una fame nervosa e compulsiva, provocata da una situazione che Thiago comprende poco e inconsciamente non riesce ad accettare: “mi hanno messo in isolamento, vedevo solo l’infermiera che veniva a farmi le punture: non diceva una parola, io non parlavo la sua lingua e dopo aver ingurgitato pillole di ogni colore, tornavo a giocare alla play o rimanevo ore e ore su internet, avevo un blocco psicologico che mi impediva di fare un passo, e ingrassavo.” Nel 2005 Thiago ha 21 anni, fino a qualche mese prima non era mai uscito dal suo paese, e ora si trova dentro un letto di ospedale a migliaia di chilometri lontano da casa. E’ finita, si dice più volte. E invece quelle corsie illuminate dal neon sono la sua palestra di vita. Guardarsi con sincerità dentro, specie nei momenti di difficoltà, stimola una confessione da cui si esce uomini nuovi, si riesce dare valore a tante piccole cose che prima sembravano nascoste, lontane. Nasce un nuovo Thiago Silva: la forza interiore che dimostra oggi si è formata in quei giorni: “il dottore che mi ha curato mi ha detto alla fine che ho davvero rischiato tanto.” Andare a spezzarsi la schiena sul lavoro insieme al fratello? Meglio riprovare col calcio, visto lo spropositato talento a disposizione, anche se i primi provini non vanno bene. La rinascita avviene nella sua città, a Cidade Maravilhosa, Rio de Janeiro, il Fluminense gli offre una chance: in poco tempo diventa l’idolo della torcida (a cui è ancora legatissimo) e quando decide di tornare a confrontarsi col grande calcio europeo a Laranjeiras, quartiere generale del club, scorrono davvero tante lacrime. Pantaleo Corvino, DS della Fiorentina, è il primo a prendere contatti, lo blocca l’Inter con il talent scout Pierluigi Casiraghi, sono però i buoni uffici di Leonardo con uno dei procuratori più potenti del Paese, Eduardo Uram, a portarlo nel gennaio del 2009 al Milan per 12 milioni di euro, un affare che ogni week end diventa più incredibile. Thiago Silva dimostra subito un approccio da professionista e un grande legame con la società: già nel giro della Seleção si accontenta di svolgere esclusivamente allenamenti dato che è irricevibile il tesseramento stante i posti da extracomunitario occupati da Shevchenko e Tabaré Viudez. Attende sei mesi, ma dopo un paio di settimane a Milanello hanno subito capito di avere per le mani un fuoriclasse. Un nuovo Kakà, dentro e soprattutto fuori dal campo, meno fanatico (religioso) epperò ugualmente innamorato della famiglia: unica debolezza realmente carioca, il nome del primo figlio battezzato Isago, mescolando Isabella, la mamma, e Thiago. Per il secondogenito, nato da pochi giorni, si è virato su Iago. Niente trenini nei locali: Thiago Silva “carioca da gema”, come dicono laggiù, carioca purissimo, le notti folli le spende cambiando pannolini, magari riesce anche a modificare certi cliché inviolabili.
CARLO PIZZIGONI
Fonte: GdP - Lugano
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